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Le caratteristiche estetiche del prodotto

Nel documento La Comunicazione Corporate: (pagine 76-84)

La forma

La valutazione della forma posseduta dai prodotti non può lasciare da parte tipologia, classe, componenti, tecnologia dei prodotti stessi. È possibile identificare delle caratteristiche di tipo eidetico (che riguardano la forma) e che sono in grado di occupare degli spazi non determinanti da vincoli produttivi, ergonomici o di mercato.

Si possono considerare principalmente tre tipologie formali: la sfera, il cubo e la piramide. La sfera raccoglie molte simbologie, che la identificano con il tempo, la perfezione della divinità, la protezione materna, la dinamicità e la creazione. Il cubo può simboleggiare invece stabilità, solidità, perfezione morale e saggezza. La piramide con la punta orientata verso l’alto è un simbolo maschile, mentre con la

punta in basso è un simbolo di femminilità. Essa può rappresentare inoltre la convergenza e l’integrazione, il messaggio primario che trasmette è di sintesi: sintesi del sistema sociale e sintesi di crescita.

Alla preferenza dell’individuo per una determinata forma può essere fatto corrispondere un certo atteggiamento psicologico, per esempio di ricerca di mutamento e di tensione (piramide), di soddisfazione (sfera) o di attività (cubo).

Nella produzione dei beni, inoltre, è possibile identificare delle forme dominanti che si sono succedute nel corso del tempo. Negli anni Settanta prevalevano il cubo e la piramide: vi era infatti una netta distinzione delle forme, un’evidenziazione degli spigoli. Basta osservare i modelli di auto, elettrodomestici o mobili più diffusi in quel periodo.

Negli anni Ottanta, invece, è emersa la sfera, con un progressivo arrotondamento delle forme dei prodotti, in parte guidato da alcune necessità funzionali (aerodinamica delle auto, minore pericolo nell’uso), in parte legato a un certo addolcirsi dei rapporti sociali.

Negli anni Novanta e ancora oggi permane una supremazia della sfera e delle forme arrotondate.

Nel volume Marketing Aesthetics, Schmitt e Simonson22 hanno individuato quattro principali dimensioni della forma:

• la grandezza (size);

• l’angolarità (angularity);

• la simmetria (simmetry);

• la proporzione (proportion).

Per quanto riguarda la prima dimensione (grandezza), gli autori hanno sottolineato come le forme grandi, alte e ampie siano percepite normalmente come forti ed energiche, mentre le forme piccole e sottili siano percepite come deboli e

Per quanto riguarda l’angolarità, le forme spigolose sono associate ai concetti di conflitto, dinamismo e mascolinità, mentre le forme tondeggianti rappresentano la dolcezza e la femminilità.

Riguardo alla simmetria è stato evidenziato come forme simmetriche raffigurino l’equilibrio e la perfezione, pur ammettendo che un certo grado di asimmetria può essere utile a dare all’oggetto un tocco di originalità e unicità.

Identici ragionamenti possono essere fatti per la proporzione: una forma proporzionata in tutte le sue parti è in grado di evocare armonia e completezza, ma può anche correre il rischio di cadere nella banalità e nella noia.

Il design

Marco Senaldi23 ne dà una definizione molto accattivante: «Il design disegna il desiderio, poiché gli oggetti disegnati e prodotti hanno a che fare con le aspettative del soggetto, gli riempiono e corroborano una identità altrimenti debole o addirittura mancante, che è un altro modo per dire che parte della nostra identità di persone passa attraverso quello che compriamo e consumiamo».

Il design può consentire di incrementare anche in maniera consistente il valore posseduto dal prodotto.

Ciò può avvenire attraverso l’attribuzione al prodotto di un’identità specifica che lo distingua dalla concorrenza, un accrescimento delle prestazioni simboliche che è in grado di fornire, una migliore capacità di adattamento al contesto in cui viene inserito, una maggiore facilità d’uso, un’accresciuta gradevolezza nel rapporto con l’utilizzatore.

Il design riguarda inoltre le parti dell’azienda che presentano connotazioni, valori, immagini di carattere estetico, come gli edifici (uffici, stabilimenti, magazzini, mezzi di trasporto) e l’arredamento interno. Esso concorre a una costruzione armonica e coerente dell’immagine, che deve essere presente nell’insieme delle componenti di prodotto e relative all’azienda.

Per numerose tipologie di prodotti il design e l’immagine del designer rappresentano una forte motivazione d’acquisto, riferita a valutazioni di status oltre che estetiche, e sono divenuti protagonisti della progettazione di gran parte dei beni di consumo durevoli. Recentemente anche i beni destinati alla produzione, sia macchine utensili che attrezzature, hanno subito l’effetto di questo trend.

Un uso crescente del design interessa anche gli spazi di vendita (display), per i quali gli elementi estetici giocano un ruolo fondamentale di attrazione: essi riguardano la progettazione, l’arredamento del punto vendita e il contenuto estetico dei prodotti esposti. Quest’ultima preoccupazione coinvolge anche l’azienda produttrice, che deve farsi carico non solo del design del prodotto, ma anche della sua esposizione.

Per quanto riguarda la progettazione del prodotto, a livello internazionale esistono principalmente due scuole di design: una europea, che privilegia la semplicità funzionale, e una statunitense, che concepisce invece il design come strumento di vendita.

La prima tende a valorizzare il lato artistico e innovativo, mentre la seconda enfatizza il risultato di mercato. In generale, comunque, il rapporto tra prodotto e design è sempre caratterizzato dallo scambio dialettico tra il marketing e la tecnologia. La soluzione è da ricercare in un equilibrio tra le due parti, senza la supremazia di una sull’altra, tenendo conto che il risultato finale deve contenere una proposta di carattere innovativo, ma deve anche essere apprezzabile da parte del consumatore.

Si può individuare, quindi, un design mix che deriva dalla composizione corretta delle seguenti variabili:

• prestazione (attraverso il design si ottengono ulteriori prestazioni di prodotto, come per esempio manutenzione e sicurezza);

• stile (coerente immagine estetica del prodotto rispetto al suo posizionamento

• costo (giustificazione economica);

• ergonomia (capacità di adattarsi alla dimensione fisica e ai movimenti dell’utilizzatore);

• simbolo (elemento di differenziazione evocativa e di status del prodotto).

Se il design mix risulta coerente con il posizionamento ricercato per il prodotto, è possibile ottenere un differenziale positivo nella percezione che ne ha il consumatore.

La sua attuazione prevede il concorso di quattro categorie di attori aziendali: il design industriale, il marketing, la produzione e la progettazione. Spesso il designer è un consulente esterno all’azienda; la sua capacità d’integrazione nel team di lavoro sul prodotto si dimostra quindi una necessità irrinunciabile, poiché non deve essere un semplice fornitore di idee, ma un vero e proprio interprete della filosofia aziendale rispetto al prodotto.

Il ruolo del design va facendosi sempre più importante in seguito alle condizioni predominanti nei mercati, che tendono a favorire l’uso di questo mezzo come strumento per la costruzione della differenziazione di prodotto. Esso deve affrontare una serie di sfide crescenti, tra cui la situazione di maturità dei mercati, la frammentazione di questi ultimi, l’aumento della concorrenza, la diffusione delle nuove tecnologie e l’abbreviazione del ciclo di vita dei prodotti e della vita del design stesso.

Il colore

Anche il colore può diventare un elemento fondamentale nella scelta del prodotto da parte del consumatore, sia quando riguarda le componenti legate al design, sia nel giudizio diretto formulato sul prodotto. Il primo caso comporta una percezione che avviene secondo una modalità sostanzialmente razionale da parte del soggetto ed è molto evidente nell’abbigliamento, negli oggetti d’arredamento, nel settore dell’automobile.

Il secondo caso riguarda una sfera percettiva meno immediata e per questo profonda e più difficilmente modificabile. Tipico è il caso dei prodotti alimentari, per i quali la colorazione contribuisce a fare accettare il prodotto sul piano culturale.

I colori portano con sé una valenza evocativa e psicologica, oltre che sociale, di notevole forza. Da alcune ricerche risulta che il blu è di gran lunga il colore preferito nella cultura occidentale, seguito dal bianco, dal verde e dal rosso: questo risultato varia a seconda dei Paesi e delle età. I bambini preferiscono ovunque il rosso, mentre non si registra una differenza apprezzabile tra i sessi. Si amano i colori caldi da piccoli e i colori freddi da adulti. La ricerca del colore corretto da parte dell’azienda produttrice può prendere le forme di un’indagine antropologica e culturale del mercato di riferimento.

Fino al Medioevo il colore per eccellenza era il rosso. Più tardi, attraverso nuove tecnologie che permettono una tintura intensa e permanente, entra in campo il blu. Esso, per il costo superiore, viene subito considerato un colore di status elevato e di notevole eleganza, permesso solo agli strati sociali più alti e potenti, e ciò è in parte vero anche oggi (si pensi alle auto blu dei politici o all’abito blu dell’eleganza formale). La Riforma protestante costruisce una nuova morale del colore, portando al predominio del nero, opposto alle costose e sconvenienti tinture. Il sistema di colore si impernia sul bianco-grigio-nero e vengono rifiutati i colori caldi come il giallo e il rosso. I valori protestanti permangono fino alla prima metà del XX° secolo, sia nell’abbigliamento sia negli altri prodotti, superati solo dopo gli anni Cinquanta dall’introduzione dei pastelli, colori di passaggio, né densi né netti.

Nell’epoca contemporanea ai colori più comuni possono essere attribuiti alcuni significati, ricordando che il significato finale dipende dall’interazione di ciascun colore con la più generale struttura comunicativa di cui lo stesso colore fa parte:

• rosso: è un colore aggressivo e forte. Il rosso cupo ha simbologie femminili e misteriose. L’uso del rosso dovrebbe essere attentamente controllato: il rosso brillante induce a depressione e irritazione, il rosso più tenue è sensuale;

• arancione: è il colore più luminoso, rappresenta l’equilibrio tra lo spirito e la libido. Ha un significato più sottile del rosso, esprime azione e viene associato a una situazione accogliente, calda, sicura;

• giallo: è il colore più caldo, simbolo di luce, denota leggerezza, vivacità. La tonalità pallida dà un senso di delicatezza, quella oro di attività e preziosità, quella verde di malattia, quella profonda e forte di calore e sensualità;

• rosa: suggerisce femminilità e coinvolgimento. Manca di vitalità ma porta intimità, gentilezza, dolcezza. Un rosa brillante è frivolo;

• verde: è associato alla rigenerazione, alla giovinezza, alla crescita, alla speranza. È uno dei colori dell’acqua. Nelle colorazioni olivastre diviene simbolo di decadenza o di terrore;

• grigio: ha significato di sobrietà e di eleganza nelle tonalità più scure. Non è un colore evidente, richiama riservatezza;

• nero: rappresenta la negazione dei colori, il silenzio, la notte. Il nero brillante è simbolo di forza, vitalità, gioventù. Unito al bianco rappresenta l’unione degli opposti, il centro, l’uomo;

• blu: è freddo e spento, un po’ triste ma elegante. Se il verde suggerisce quiete terrena, il blu quiete celeste. È associato all’acqua, alla profondità, all’infinito.

I colori hanno delle valenze psicologiche. Ne consegue che il giudizio di preferenza risulta legato anche alla predisposizione psicologica del soggetto: una persona allegra tenderà a preferire in quel momento colori caldi, una triste colori freddi. In questa prospettiva si possono individuare i colori della tensione (rosso:

attività; verde-blu: sforzo di volontà), della stanchezza (grigio, marrone), del rilassamento (blu scuro), dell’allegria (giallo).

Esistono inoltre delle significative congruenze culturali e climatiche tra i consumatori e i prodotti.

Le popolazioni dei Paesi freddi tendono a privilegiare colori freddi e spenti, mentre le popolazioni del Paesi caldi sembrano preferire colori caldi e vivaci, secondo una logica di congruenza con l’ambiente.

8.IL PACKAGING E LE SUE FUNZIONI COMUNICATIVE

Il packaging entra di diritto nel communication mix di un’impresa e trova sempre più spazio e importanza. È un po’ come se il confezionamento di un prodotto fosse una voce, una nuova voce in grado di comunicare forte e chiaro tutti i valori di un’impresa. Questa voce riesce a parlare in modo articolato, suadente e spesso sorprendente, attraverso i canali più disparati. Troviamo il packaging non solo tra gli scaffali, sempre più colorati e vistosi, ma anche negli imballaggi di trasporto (il cosiddetto packaging secondario e terziario) nei prodotti di cosmesi e in quelli di lusso, in tutti i settori merceologici, concreti e virtuali. Si moltiplicano gli studi sul packaging in internet, sul pack dei punti vendita, addirittura sul pack delle star. Il packaging è sempre di più un mass-medium tramite cui non solo assumiamo delle informazioni, ma grazie al quale ci formiamo un gusto, esprimiamo un giudizio, costruiamo un immaginario.

Nel documento La Comunicazione Corporate: (pagine 76-84)