• Non ci sono risultati.

La generale nozione di proprietà privata negli Stati costituzionali basati su principi di democrazia pluralistica

A LLA RICERCA DI UNA NOZIONE POCO UTLIZZATA

4. La generale nozione di proprietà privata negli Stati costituzionali basati su principi di democrazia pluralistica

Non vi è dubbio che un punto di notevole difficoltà nell’elaborare una nozione autonoma di proprietà secondo la Costituzione deriva dal fatto che nei moderni Stati costituzionali di democrazia pluralista la proprietà privata ha perso quel fondamento e quel carattere giuridicamente unitario che la connotava nello stato liberale(379).

È necessario, per un momento, volgere lo sguardo indietro(380).

Nella fase pre-liberale il rapporto del singolo con la cosa, alla base del diritto di proprietà, si configurava come il rapporto di un amministratore fiduciario al servizio di una unità. Nella fase proto-liberale, ancora dominata da un’economia domestica o di piccolo commercio, prevaleva ancora l’esigenza di trovare una giustificazione all’appropriazione privata attraverso il riferimento a valori strettamente personali, come il lavoro (Locke) o l’autoconservazione

(377) GAMBARO, cit., 120. (378) Ibidem.

(379) BALDASSARRE, Proprietà, cit., 3 ss.

118

(Hobbes, Grozio, ecc.). Invece nella fase del liberalismo “maturo” susseguente alla rivoluzione industriale si affermava il principio della separazione tra dominium (proprietà) e civitas (sovranità) che diventa il paradigma storico dell’affermazione dell’individuo (libertà) verso il potere pubblico (signoria politica) e delle conseguenti divisioni nell’organizzazione della comunità fra diritto privato e diritto pubblico, tra società e Stato, tra economia e politica.

Nello Stato liberale, dunque, il fondamento e il contenuto della proprietà privata vengono identificati con la libertà individuale, nel senso che la prima è positivamente concepita come manifestazione della libertà e pertanto come espressione della personalità umana o come presupposto necessario per lo sviluppo della stessa(381).

Come noto, il logoramento del sistema liberale, accelerato dallo sviluppo della grande impresa e dalla centralità assunta da quest’ultima nella produzione, si è poi consumato nell’incapacità di assicurare spontaneamente un sufficiente livello di eguaglianza sostanziale e di giustizia sociale. Ciò ha indotto, sin dalla seconda metà del secolo XIX, gli Stati ad abbandonare il paradigma costituzionale legato al binomio “libertà-proprietà”, e a intervenire nei rapporti economici e sociali al fine di correggere la formazione spontanea di situazioni di grave ingiustizia e sperequazione e di creare i presupposti per un più equilibrato sviluppo economico-sociale attraverso il riconoscimento costituzionale dei “diritti del lavoro” accanto a quelli della libertà e della proprietà (Stato sociale).

Da questo momento in poi la proprietà privata non è stata più qualificata dalle Costituzioni come “fine in sé”, ma è stata giustificata soltanto nei limiti e nelle forme non contrastanti con gli interessi generali della società (in questi modo entra nel circuito la c.d. funzione sociale della proprietà privata)(382).

In tal modo, si è realizzato un radicale rovesciamento di senso nel riconoscimento giuridico della proprietà privata: non è più quest’ultima ad essere il valore primario e assoluto che fornisce il criterio di legittimazione del potere pubblico, ma al contrario sono i valori costituzionali posti a base di un determinato ordinamento - che nei sistemi di democrazia pluralistica consistono nella garanzia per tutti i cittadini della piena autonomia individuale e della giustizia sociale - a determinare la misura, il contenuto e il significato della proprietà privata.

(381) Lo Stato liberale, infatti, presuppone una civitas di uomini liberi ed eguali di fronte alla legge, una civitas che è tale in quanto basata su una “società di liberi proprietari, e dunque senza classi” dove pertanto la proprietà-libertà è presupposto e limite di ogni agire dei singoli. La libertà civile è la disposizione o l’uso del proprio corpo e delle capacità possedute per natura, è cioè una forma particolare di proprietà avente ad oggetto la propria persona fisica; la libertà economica è lo scambio dei diritti di proprietà o l’ampliamento degli stessi attraverso le proprie capacità imprenditoriali; la libertà politica è la compartecipazione al potere collettivo di regolare in modo formalmente eguale, cioè in via generale e astratta, la libertà-proprietà dei singoli (MENGONI, cit., 433).

119

La proprietà privata, infatti, cessa di essere un diritto “inviolabile” o un attributo originario della personalità umana (diritto dell’uomo), nel senso di un diritto “pre-costituzionale” attraverso cui si manifesta immediatamente la libertà naturale dell’uomo(383), e diviene un diritto (valore) basato sulla Costituzione (positiva) e da questa variamente connesso ai valori posti al vertice del proprio ordinamento e correlato a interessi generali (collettivi) costituzionalmente tutelati.

Dunque, se nella fase liberale è la Costituzione che trova legittimazione nel fatto di accogliere nel suo seno la proprietà, negli stati costituzionali ispirati a principi di democrazia pluralistica la proprietà trova spazio in Costituzione al fine di potersi misurare con gli altri valori costituzionali e nel bilanciamento con questi trovare la propria definizione (o come è stato autorevolmente sostenuto, nel bilanciamento con tali valori trova “l‘ambito delle possibilità del suo sviluppo tipologico e della sua conformazione in relazione agli interessi generali con i quali funzionalmente si connette”(384)).

Da un’altra prospettiva, poi, nella fase liberale l’archetipo della proprietà fondiaria (immobiliare) è culturalmente ancora così forte da improntare l’istituto sulla base di schemi di statica giuridica, al contrario, nella fase di democrazia pluralistica, in un contesto sociale caratterizzato dai lineamenti propri del capitalismo finanziario e post industriale, in un modello dominato dalla proprietà mobiliare, si impone una considerazione più dinamica del relativo istituto, che esige dalla Costituzione soprattutto la predeterminazione dell’orizzonte e della costellazione dei valori e degli interessi pubblici entro i quali possono provare legittimo spazio nuove forme di appartenenza privata e nuove potenzialità di conformazione degli interessi patrimoniali dei singoli(385).

Le costituzioni degli Stati di democrazia pluralistica sembrerebbero dunque imporre una struttura aperta delle norme sulla proprietà. Struttura aperta che deve consentire il bilanciamento con altri valori e la comprensione delle molteplici forme di appartenenza che lo sviluppo del mercato dei beni impone. Pur tuttavia, una tale elasticità non esclude, ma anzi presuppone, l’esistenza a livello costituzionale di un comune denominatore, cui ricondurre ad unità la molteplicità degli statuti proprietari presenti nella legislazione attuale e in quella futura.

A questa esigenza la dottrina e la giurisprudenza dei vari Paesi hanno dato risposte differenti in dipendenza della tradizione culturale propria di ciascuna società e dei particolari valori recepiti da tali istituti giuridici nei diversi sistemi costituzionali.

In questa sede, è solo interessante notare che in ordinamenti la cui Costituzione ha più fortemente risentito dell’influenza dell’individualismo liberale (Stati Uniti d’Amerca e Germania), e dove pertanto non esiste nelle norme

(383) MENGONI, cit., 435. (384) BALDASSARRE, cit., 5. (385) Ibidem.

120

costituzionali una differenziazione delle varie posizioni economico-sociali, la nozione costituzionale di proprietà privata viene generalmente definita come “formula riassuntiva dell‘insieme dei diritti patrimoniali imputabili al soggetto privato”(386).

Un tale orientamento si fonda su una concezione istituzionalistica della proprietà privata, laddove, accanto al diritto soggettivo di proprietà tipico della codicistica moderna, si rinveniva una nozione costituzionale più ampia, comprensiva del complesso dei rapporti giuridici, aventi valore patrimoniale, tanto se reali quanto se obbligatori, dai quali potevano derivare diritti soggettivi per il singolo titolare(387).

Successivamente, a partire da questa teoria, si è elaborata una nuova versione dell’orientamento in discussione. Muovendo da una reinterpretazione del principio liberale, per il quale la proprietà privata è “lavoro accumulato”, si è infatti sottolineato il legame dell’appropriazione dei beni da parte dei privati con lo “svolgimento delle naturali capacità intellettuali e materiali dell‘uomo, in modo da configurare la proprietà privata come libertà individuale che si esercita nel mondo dei beni patrimonialmente vantabili nella forma di prestazioni o di aspettative giuridiche dei privati in relazione a questi ultimi”(388).

Come tale, la proprietà privata viene dunque ancora qualificata in base a questa teoria come “diritto dell’uomo di natura precostituzionale e prestatale”, ovvero come “diritto pubblico soggettivo” volto alla tutela della persona nella totalità dei rapporti patrimoniali dei privati, compresi quelli relativi alle posizioni giuridiche, tipiche dello Stato sociale, consistenti nelle pretese inerenti al sistema della sicurezza sociale (diritto alla previdenza, alla assistenza, a un salario dignitoso, ecc.).

Secondo Baldassarre, una tale formulazione rappresenta probabilmente l’unica possibilità teorica di intendere la proprietà privata come diritto soggettivo fondamentale all’interno di un contesto costituzionale cosiddetto di Stato sociale, pur fortemente influenzato dall’individualismo liberale(389).

Ciò spiegherebbe perché, come esaminato in apertura di questo lavoro, si sia potuta ad esempio sviluppare negli Stati Uniti, sotto l’etichetta di “New Property‖, una teoria, i cui fondamenti sono certamente liberali, consistente nell’estensione del paradigma proprietario alle pretese giuridiche dei cittadini rispetto alle elargizioni patrimoniali erogate dal sistema di assicurazione sociale.

(386) BALDASSARRE, cit., 6.

(387) E’ evidente che una simile teoria intendeva proteggere non la persona nel suo valore universale ma il cittadino proprietario, il bourgeois, che difende ciò che ha accumulato o guadagnato contro gli interventi del legislatore o della pubblica amministrazione (BALDASSARRE,

cit., 6).

(388) Ibidem. (389) Ib.

121

E spiegherebbe perchè, sebbene appaia a molti giuristi italiani come una indebita forzatura degli schemi proprietari(390), una tale teoria sia, oggi, come vedremo nel prossimo capitolo, alla base di quelle che vengono definite le c.d. “tradizioni costituzionali comuni europee” in tema di proprietà.

5. La nozione di proprietà privata nel pensiero di Baldassarre (una

Outline

Documenti correlati