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Nuove proprietà e nuovi beni: un percorso a ritroso, a partire dalle “tradizioni costituzionali comuni” europee, come elaborate dalle Corti d

V ERSO UNO STATUTO EUROPEO DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ

1. Nuove proprietà e nuovi beni: un percorso a ritroso, a partire dalle “tradizioni costituzionali comuni” europee, come elaborate dalle Corti d

Strasburgo e Lussemburgo

Si è detto in chiusura del capitolo precedente della necessità di cercare altrove per completare la nozione costituzionale di proprietà.

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In questo senso, parte della dottrina costituzionalistica riflette da tempo sulla necessità di un nuovo statuto dei diritti fondamentali che abbia nella Costituzione europea, oggi Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il proprio radicamento positivo, e che sia in grado di realizzare una sintesi delle tradizioni costituzionali dei Paesi membri e dei principi fondamentali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo(407).

In tema di diritto di proprietà, le fonti essenziali di riferimento, a livello europeo e comunitario, sono: i “principi generali del diritto comunitario” (art. 6 del Trattato), come elaborati dalla Corte di Giustizia; l’art. 1 del Primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo; e l’art. 17 della Carta di Nizza, che, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dal 1° dicembre 2009, è divenuta la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, acquisendo così il medesimo valore giuridico dei Trattati istitutivi dell’Unione, e la cui interpretazione si può ricavare cumulativamente dalla giurisprudenza delle due Corti di Lussemburgo e Strasburgo(408).

Quanto alla prima fonte di riferimento (i “principi generali del diritto comunitario”), come noto, fin dalla sentenza Stauder (1969), la Corte di giustizia, rielaborando una serie di principi ricavabili dalla Cedu e dalle tradizioni costituzionali comuni ai Paesi membri, ha affermato l’appartenenza, all'ordinamento giuridico comunitario, della tutela dei diritti fondamentali.

Precisamente, nel caso Stauder(409) – con ordinanza del 18 giugno 1969, il Verwaltungsgericht di Stoccarda aveva deferito alla Corte di Giustizia, a norma dell' articolo 177 del Trattato Cee, la questione se fosse compatibile coi principi generali del vigente diritto comunitario, la norma contenuta nell'articolo 4 della decisione della Commissione delle Comunità europee 12 febbraio 1969, n. 69/71, che disciplinando la fornitura di burro a prezzo ridotto ai beneficiari di determinate forme di assistenza sociale, imponeva che tali soggetti dichiarassero previamente al venditore le proprie generalità(410) – la Corte statuisce che

(407) Tra i moltissimi contributi, cfr. A. MANZELLA, Dal mercato ai diritti, in Riscrivere i diritti in

Europa, a cura di A. Manzella, P. Melograni, E. Paciotti, S. Rodotà, Bologna, 2001; C.

MEZZANOTTE, Intervento, in I diritti fondamentali oggi, Padova, 1995; A. MOSCARINI, Proprietà

privata…, cit., 2006; RIDOLA P., La Carta dei diritti fondamentali dell‘Unione europea e le

―tradizioni costituzionali comuni‖ degli Stati membri, in Le riforme istituzionali e la partecipazione dell‘Italia all‘Unione europea, a cura di S. Panunzio e E. Sciso, Milano, 2002.

(408) Cfr., in questo senso, le Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali elaborate dal praesidum della Convenzione (in Gazzetta Ufficiale dell‘Unione europea, 14.12.2007, C/303/17). (409) Sentenza della Corte di Giustizia del 12 novembre 1969. Erich Stauder v. Citta'di Ulm-

Sozialamt (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dal verwaltungsgericht di stuttgart).

Causa 29/69.

(410) L' articolo 4 della decisione n . 69/71 stabilisce in due delle sue versioni, tra cui quella tedesca, che gli stati devono fare in modo che i beneficiari possano acquistare il prodotto di cui trattasi solo presentando un “buono indicante il loro nome”, mentre nelle altre versioni si parla solo della presentazione di un “buono individualizzato”, il che consente di valersi di mezzi di controllo diversi dalla designazione nominativa del beneficiario. Secondo la Corte, quando una

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“[c]iascuno degli stati membri può (...) scegliere fra vari metodi di individualizzazione” dei soggetti destinatari di certi benefici, e, in particolare, ecco il riferimento ai diritti fondamentali, “la disposizione di cui è causa non rivela alcun elemento che possa pregiudicare i diritti fondamentali della persona, che fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, di cui la corte garantisce l' osservanza”.

Il diritto di proprietà è incluso dalla Corte di Giustizia tra i diritti fondamentali di cui essa garantisce la tutela a partire dalle sentenze Nold (1974) e Hauer (1979).

Nel caso Nold(411) – a proposito di una decisione della Commissione del 21 dicembre 1972 che autorizza gli uffici di vendita delle imprese minerarie del bacino della Ruhr a subordinare la fornitura diretta di carbone alla stipula di contratti fermi biennali, aventi ad oggetto l'acquisto annuo di un minimo di 6.000 tonnellate per il rifornimento dei settori domestici e della piccola industria, quantitativo che supera di gran lunga le vendite annuali del ricorrente in detto settore, escludendolo così dalla sua posizione di grossista – la Corte afferma che:

“Benché l‘ordinamento costituzionale di tutti gli stati membri tuteli il diritto di proprietà e di analoga tutela fruisca il libero esercizio del commercio, del lavoro e di altre attività economiche, i diritti così garantiti, lungi dal costituire prerogative assolute, vanno considerati alla luce della funzione sociale dei beni e delle attività oggetto della tutela. Per questa ragione, la garanzia concessa ai diritti di tal sorta fa generalmente salve le limitazioni poste in vista dell'interesse pubblico”.

E dunque:

“Nell'ordinamento giuridico comunitario, appare legittimo sottoporre tali diritti a taluni limiti giustificati dagli obiettivi d'interesse generale perseguiti dalla comunità, purché non resti lesa la sostanza dei diritti stessi. Per quanto riguarda in particolare la tutela dell' impresa, non la si può comunque estendere alla protezione dei semplici interessi o possibilità d‘indole commerciale, la cui natura aleatoria è insita nell' essenza stessa dell'attività economica”.

Nel caso Hauer(412) – avente ad oggetto taluni limiti ad impiantare nuovi vigneti imposti ai viticoltori dal Regolamento del Consiglio 1162/76 – la Corte compie un passo ulteriore, statuendo che:

decisione è unica e destinata a tutti gli stati membri, l' esigenza ch' essa sia applicata e quindi interpretata in modo uniforme esclude la possibilità di considerare isolatamente una delle versioni, e rende al contrario necessaria l' interpretazione basata sulla reale volontà del legislatore. In questo caso risulta dall' ultimo considerando della decisione che la disposizione di cui e causa deve essere interpretata nel senso che essa non impone – senza tuttavia vietarla – l’identificazione nominativa del beneficiario.

(411) Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 14 maggio 1974. J. Nold,

Kohlen-Und Baustoffgrosshandlung v. Commissione delle Comunita europee. Causa 4/73.

(412) Sentenza della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1979. Liselotte Hauer v. Land Rheinland-

Pfalz (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgericht di Neustadt). Divieto

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“Il divieto di nuovi impianti di viti, divieto stabilito per un periodo limitato dal regolamento n. 1162/76, è giustificato dagli scopi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e che consistono nella riduzione, a breve termine, delle eccedenze produttive e nella preparazione, a scadenza più lontana, della riorganizzazione della viticoltura europea. Esso non lede quindi la sostanza del diritto di proprietà”.

Il principio della tutela dei diritti fondamentali è stato poi recepito dall’art. 6 del Trattato di Maastricht, secondo cui “l‘Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Cedu, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”(413).

E dal 1° dicembre 2009, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la nuova formulazione dell’art. 6 ancora più chiaramente sancisce che “[3.] I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”.

Vale la pena ricordare che in tema di proprietà, almeno nominalmente, la competenza dell'Unione è sempre stata esclusa in modo drastico dall'applicazione della clausola di rispetto prevista dall'attuale art. 295 del Trattato secondo cui “il presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri” (peraltro, si può dire che la norma sia figlia di un'altra epoca: essa infatti era stata inserita, nel 1950, a salvaguardia dei progetti di nazionalizzazione della proprietà di talune imprese, soprattutto inglesi, che stavano per essere intrapresi in quel periodo).

Ma la Corte di Giustizia se ne è comunque più volte occupata perché le libertà fondamentali stabilite dal Trattato – di circolazione delle merci, dei

(413) Art. 6 del Trattato di Maastricht: “L‘Unione rispetta l‘identità nazionale dei suoi Stati

membri, i cui sistemi di governo si fondano sui principi democratici. L‘Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell‘uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni ai Paesi membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”. Ora, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, il nuovo

art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (Versione Consolidata), recita: “1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre2007 a Strasburgo che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2 L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”.

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capitali, dei lavoratori, dei servizi – sono sovente entrate in rotta di collisione con i sistemi nazionali di protezione dei diritti di uguaglianza, di proprietà (per l'appunto), e di libera iniziativa economica.

La seconda fonte di riferimento – ma, come si vedrà, senz’altro la prima per il concreto rilievo che si è “conquistata” nelle prassi dei giudici comuni e per l’influenza dalla stessa esercitata sullo stesso diritto comunitario – è l’Articolo 1 del Primo protocollo allegato alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo(414), che come noto prefigura una tutela del diritto di proprietà assimilabile a quella riservata ai diritti umani fondamentali.

Vale qui la pena ricordare che il Protocollo è stato allegato alla Convenzione in un momento successivo rispetto alla sua approvazione proprio a causa delle difficoltà sorte nella ricerca di un accordo, tra le diverse forze politiche, in ordine alla conformazione dello statuto della proprietà (soprattutto in ragione dell’opposizione di Regno Unito e Svezia che si accingevano in quel periodo a varare un vaso programma di nazionalizzazioni), e che, a discapito di quella iniziale difficoltà, oggi, è di gran lunga, ad eccezione del parametro per così dire generale di cui all’art. 6 relativo “Diritto ad un processo equo”, il parametro “sostanziale” più utilizzato dalla Corte di Strasburgo per la risoluzione delle controversie rimesse al suo giudizio(415).

Come si dirà in dettaglio, la Convenzione entra nel nostro ordinamento sia in virtù della sua ratifica(416), e dunque come norma di diritto internazionale pattizio, sia, in via indiretta, in virtù del suo inserimento, ex art. 6 TUE, tra le fonti di diritto comunitario (dopo il Trattato di Lisbona, le norme della Convenzione “fanno parte” dei principi generali dell’ordinamento comunitario; la Carta dei diritti fondamentali è interpretata, con gli accorgimenti che vedremo, in conformità all’interpretazione che di tali diritti è data dalla Convenzione; e la

(414) L'art. 1 del Protocollo Addizionale CEDU, sottoscritto a Parigi il 20 marzo 1952, stabilisce che: “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere

privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l‘uso dei beni in modo conforme all‘interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

(415) Cfr. ww.echr.coe.int, voce Statistics, Overview 1959-2011, secondo cui il 13,35% dei casi decisi dalla Corte ha avuto ad oggetto la tutela del diritto di proprietà tutelato dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale.

(416) Sulla critica alla dichiarata inapplicabilità dell'art. 11 Cost. alla Cedu, cfr. A. Moscarini,

Proprietà privata e Costituzione dopo le sentenze della Consulta nn. 348 e 349 del 2007, in Diritto e società, 2008, 679, nota 21. Sull'insufficienza della soluzione offerta dalle sentenze 348 e 349 e

sulla "necessità" di utilizzare l'art. 11 Cost. sì da offrire alle norme Cedu rilievo costituzionale primario, cfr. A. Moscarini, Indennità di espropriazione e valore di mercato del bene: un passo

avanti (ed uno indietro) della Consulta nella costruzione del patrimonio costituzionale europeo, in Giurisprudenza costituzionale, 2007, 3529. Ma si può vedere anche F. Patroni Griffi, La giustizia costituzionale in trasformazione: la Corte Costituzionale tra giudice dei diritti e giudice dei conflitti, in www.federalismi.it, 19 ottobre 2011.

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Convenzione entrerà formalmente tra le fonti del diritto dell’Unione a seguito della programmata adesione di quest’ultima alla Cedu(417)).

Infine, il quadro delle fonti si è completato con l'approvazione della Carta di Nizza nel dicembre 2000, ove trovano posto, oltre all’art. 17(418), che specificamente tutela il diritto di proprietà, anche altre disposizioni a cui si farà costante riferimento nel proseguo, tra cui l’art. 52(419), secondo cui, tra l’altro, laddove diritti della Carta corrispondano a quelli garantiti dalla Convenzione “il significato e la portata degli stessi sono uguali”, e l’art. 53(420), secondo cui il “livello di protezione” minimo dei diritti e delle libertà enunciati dalla Carta è quello già previsto dalle Costituzioni degli Stati membri.

Come si accennava, il complesso di tali ultime disposizioni è stato dapprima trasfuso nel Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, e successivamente, a causa del fallimento dei referendum francese e olandese del 2005, ritrasfuso, così come stabilito dal Trattato di Lisbona, nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, da ultimo proclamata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, in occasione della firma del medesimo Trattato. A partire dal 1° dicembre 2009, data di entrata in vigore del Trattato, la Carta di Nizza ha il medesimo valore giuridico dei trattati,

(417) Merita notare che, secondo quanto rilevato lo scorso 14 ottobre 2011 dallo Steering Commitee

for Human Rights, l’Unione europea è in ritardo e gli Stati membri sono ancora divisi su alcune

questioni relative al processo di adesione alla Convenzione. Il gruppo di lavoro in seno alla Cedu, costituito da 14 componenti dei quali 7 non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, ha preso atto delle divisioni ancora esistenti e ha chiesto al Comitato dei Ministri di fornire linee guida sulla prosecuzione del cammino.

(418) Art. 17 della Carta dei Diritti di Nizza, ora Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: “Ogni individuo ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato

legalmente, di usarli, di disporne, e di lasciarli in eredità. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L‘uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall‘interesse generale. La proprietà intellettuale è protetta”.

(419) Articolo 52 (Portata dei diritti garantiti) Carta di Nizza: “1. Eventuali limitazioni all'esercizio

dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. 2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta che trovano fondamento nei trattati comunitari o nel trattato sull'Unione europea si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai trattati stessi. 3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa”.

(420) Articolo 53 (Livello di protezione) Carta di Nizza: “Nessuna disposizione della presente

Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione, la Comunità o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri”.

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talché si può affermare essere venuta meno anche quella considerazione più volte fatta propria dalla nostra Corte costituzionale secondo cui il testo è “formalmente privo di valore giuridico, ma di riconosciuto rilievo interpretativo”(421), potendo oggi la Carta di Nizza entrare nel nostro ordinamento attraverso la porta principale dell'art. 11 della Costituzione.

La Carta di Nizza, oggi Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea da strumento interpretativo è oggi fonte primaria e, come si diceva all’inizio di questo capitolo, suscettibile dunque di fungere da “radicamento positivo”, e, in prospettiva da vera e propria fonte di riferimento, a livello comunitario, per l’elaborazione di un catalogo europeo dei diritti fondamentali che possa essere sintesi delle tradizioni costituzionali dei paesi membri.

In sintesi, con specifico riferimento al diritto di proprietà, alla luce di quanto si può rilevare dalle disposizioni dei Trattati, della Cedu e della Carta, e più in generale dall'architettura stessa delle fonti comunitarie per come si sta sviluppando a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si può affermare che tale diritto non solo “appartiene” alla costituzione economica europea, ma, oggi, trova spazio direttamente tra i diritti di libertà, nel catalogo dei diritti cristallizzato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con “significato e portata identici al diritto garantito dalla CEDU”(422).

Fatte queste premesse di ordine generale, va a questo punto verificato quale sia la nozione di proprietà desumibile dalla Cedu e dall'ordinamento comunitario e, con specifico riferimento alla presente ricerca, quale sia, o meglio, quale possa in effetti essere, lo statuto delle nuove forme di ricchezza desumibile dalle norme convenzionali e dalle fonti comunitarie, così come esse sono attualmente interpretate dalle Corti di Lussemburgo e Strasburgo, e come una tale statuto si “armonizzi” con la nozione di proprietà nel nostro ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello di giurisdizione ordinaria, e, dunque, in definitiva, quali ne siano le concrete modalità di ingresso ed operatività.

2. I “beni giuridici” tutelati ai sensi dell'articolo 1 del Primo protocollo

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