• Non ci sono risultati.

Beni immateriali e proprietà: il caso esemplificativo delle energie La difficoltà ad applicare uno statuto definito alle cose non corporali è ben

O DELLE PROPRIETÀ “ SOTTO FALSO NOME ”

1. Beni immateriali e proprietà: il caso esemplificativo delle energie La difficoltà ad applicare uno statuto definito alle cose non corporali è ben

evidente nel caso delle energie. Per l'art. 814 del codice civile, esse “si considerano” – dunque “non sono” – beni mobili e la relativa disciplina va applicata non a tutte le energie ma alle sole “energie naturali”(173).

Una formulazione così ambigua nella determinazione dell’oggetto e nella individuazione delle regole di riferimento ha determinato l’insorgere di non pochi

(173) G. DE NOVA, I nuovi beni come categoria giuridica, in G. DE NOVA, B. INZITARI, G. TREMONTI, G. VISENTINI, Dalle res alle new properties, Milano, 1991, 13.

55

problemi di ordine pratico. Si è ad esempio discusso se la tutela possessoria in caso di spoglio dell’energia elettrica, che è l’unica forma di energia senz’altro inclusa nell’ambito di operatività dell’art. 814(174), si debba limitare alla sola energia immessa in rete (i.e. l’energia che per definizione si trova nella disponibilità dell'utente) o se, invece, essa debba estendersi, data la continuità della corrente, anche a quella che fluisce prima di detta immissione(175). Inizialmente, una tale tutela si era ritenuta ammissibile, configurandosi così come spoglio in senso tecnico il rifiuto del somministrante di proseguire l’erogazione(176), ma con la conseguenza di raggiungere “una confusione notevole perché oggetto del possesso è divenuta l‘energia non ancora distribuita in rete, e la morfologia del processo possessorio impedisce di discutere l‘unico dato che, in genere, merita discussione, ovvero la morosità o meno del somministrato”(177). Successivamente, si è concluso in senso opposto argomentando che “l‘utente che abbia subito il distacco della fornitura non può esperire le azioni possessorie, giacché l‘interruzione di energia (…) non comporta spoglio di energia – essendo questa già consumata (o accumulata) né è configurabile lo spoglio per quella eroganda, che non può essere oggetto di possesso attuale, perché prima dell‘apprensione vi è soltanto potenziale disponibilità”(178).

Questioni simili, attinenti alle particolarità della tutela in relazione alla natura del bene, si sono via via susseguite. In particolare, poiché non era e non è chiaro cosa si debba intendere per “energie naturali”, se solo le energie elettrica e termica, ovvero anche altre forme di energia, tra cui quelle c.d. radianti (derivanti cioè da onde elettromagnetiche, radioelettriche, da raggi cosmici, ecc.(179)), si è tra l'altro discusso su quale dovesse essere l’oggetto dell'azione di spoglio se si fosse ammesso che l'art. 814 riguarda anche le energie radianti. Anche in questo caso le conclusioni sono contraddittorie. Secondo la dottrina, tali azioni possono avere ad oggetto “le bande di frequenza, e cioè i canali per le trasmissioni anche

(174) All’energia si cominciò a fare riferimento nelle leggi quando per i bisogni e negli usi della vita sociale si diffuse la forma più utile e percepibile di essa, l’energia elettrica. In particolare, la formulazione dell’art. 814 nei termini di cui si è detto, origina dalla sua precedente inclusione nel codice penale che la considerò, agli effetti del reato di furto, come cosa mobile (GRECO, voce Beni

immateriali, cit., 358).

(175) Cfr. TRABUCCHI, La tutela possessoria nel godimento di energia elettrica, Giur. Ital., 1953, I, 1, 219ss.

(176) Cfr. Cass., 1970/225; Cass., 1968/2084; Cass., 1964/205. (177) GAMBARO, La proprietà, cit., 29.

(178) Cass., Sez. II, 30 dicembre 2004, n. 24182, Giust. Civ. Mass., 2005, f. 1. Conf.: Cass. 3 settembre 1993, n. 9312, Foro it., 1995, I, 322.

(179) In questo caso, è opportuno rilevare che le opinioni sono discordanti, secondo alcuni è “dubbio che le energie siano soggette al sistema dei diriti reali ove siano irradiate con sistemi che

non consentono il consumo ―non rivale‖” (GAMBARO, La proprietà, cit., 29). Peraltro, considerazioni analoghe si potrebbero fare a proposito dello spazio, sul quale l’art. 840 del codice si limita a legittimare le attività dei terzi quando si svolgano nello spazio sovrastante ad un’altezza tale che il proprietario del suolo non abbia interesse ad escluderle, ma che da taluni è pur tuttavia qualificato come non-cosa (GRECO, voce Beni immateriali, cit., 359).

56

radiotelevisive”(180), fermo restando che “non sono compresi nella relativa tutela i beni demaniali”(181). Secondo la giurisprudenza, “il possesso di apparecchiature e il possesso di energie si compenetrano (…). Il disturbo o la paralisi delle irradiazioni incidono sul possesso dell‘impianto (…). La signoria di fatto nella quale viene ad estrinsecarsi il possesso si risolve in una situazione possessoria sull‘impianto e sulle energie irradiate”(182). Sul punto sembrerebbe in realtà accoglibile la diversa impostazione secondo cui, per le energie c.d. radianti, stante l’impossibilità di isolarle o di procedersi ad una loro individuazione in senso giuridico, la protezione più efficace sarebbe determinata “dai diritti che assicurano l‘esclusiva o il monopolio di dati rami di attività economica”(183). Una tale conclusione, alla luce di quanto si dirà nei paragrafi immediatamente successivi, non equivarrebbe peraltro ad escluderne la natura di bene.

Gli esempi potrebbero continuare(184), ma in tutti i casi dalla formulazione dell’art. 814 si possono almeno ricavare le seguenti considerazioni: che il “sistema del codice” si conferma irrimediabilmente “fisicista”; che, pur tuttavia, come dimostra il caso dell’energia elettrica, l'appropriazione in forma esclusiva non è limitabile ad alcune cose (corporali) piuttosto che ad altre (non corporali); che, dunque, non vi è una impossibilità giuridica oggettiva di appropriazione di alcune utilità rispetto ad altre(185), ma è invece la natura del bene a rendere più o meno “semplice” la costruzione del regime delle tutele (e quand’anche esistesse un’impossibilità naturalistica, come è il caso delle energie radianti, una tutela efficace, almeno fino a quando il progresso tecnologico non avrà disposto altrimenti, la si può comunque realizzare approntando regimi di c.d. di monopolio); che, infine, per poter compiere una simile operazione di “adattamento” normativo deve comunque esistere una norma “generale” che lo consenta, come è stato fatto per le energie con l’art. 814.

Così ragionando, si può ulteriormente concludere che: è confermato che l'art. 810 si applica solamente alle cose corporali (l'art. 814 stabilisce infatti che le energie, “que tangi non possunt”, “si considerano” ma “non sono” beni); la norma di cui all'art. 814 relativa alle energie è norma di carattere speciale (inserita nel sistema come eccezione rispetto all'impianto “fisicista” del libro terzo del codice solo in virtù dell'enorme importanza che andava assumendo il bene energia elettrica e della generale insoddisfazione che avevano riscosso le soluzioni

(180) TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, cit., 568. (181) Ibidem.

(182) Pretura Torino 24 luglio 1981, in Riv. Dir. Ind., 1982, II, 58. E successivamente, in senso conforme, Cass., S.U., 1984/6339.

(183) Cfr. GRECO, Beni immateriali, Noviss. dig. it., cit., 359.

(184) Si è ad esempio opinato, escludendolo, se il riferimento alla locuzione “energie naturali” dovesse in qualche modo comprendere anche le energie c.d. da lavoro, cioè quelle prodotte con gli sforzi fisici dell’uomo (cfr. GAMBARO, La proprietà, cit., 28).

(185) Cfr. PUGLIESE, Dalle res…, cit., e ZENCOVICH, voce Cosa, cit., sulla cui posizione si è ampiamente dato conto supra.

57

alternative proposte dalla dottrina(186)); così essendo, mancando cioè una norma di carattere generale che disciplini i beni immateriali, l'applicazione di diritti di esclusiva a cose non corporali richiede una previsione normativa espressa e non può avvenire attraverso i meccanismi dell'interpretazione in via analogica od estensiva; ove manchi una norma speciale la tutela sarà giocoforza limitata.

Ne discende che, le norme “a disposizione” non possono essere considerate sufficienti a legittimare una generale operatività dei beni immateriali nel nostro ordinamento, e si dovrà per forza di cose concludere che è “Discussa (…) la concezione romana dei diritti come res incorporales, che formino oggetto di altri diritti: così il diritto di proprietà come oggetto di un diritto di usufrutto o di servitù prediale, di ipoteca o di pegno, il diritto di credito come oggetto del diritto di pegno concesso dal creditore al proprio creditore”, ecc.(187); che “Altrettanto dibattuta, sebbene prevalentemente esclusa, è la possibilità di considerare come beni immateriali (…) l‘azienda, l‘avviamento, le correnti di clientela”(188); e che “Più complesse sono le questioni che si presentano per i beni protetti da quei diritti che si usa designare col nome di proprietà letteraria, artistica ed industriale”, senza però che anche in questo caso si possa arrivare a “soluzioni” generalmente condivise quanto alla loro natura di beni, e alla conseguente applicabilità delle regole sulla proprietà(189)(190).

Pur tuttavia, questo di cui abbiamo dato conto fino ad ora è, appunto, il “sistema del codice”. Fuori del codice, o come ha rilevato Pugliatti, indipendentemente dai principi generali lì contenuti, si sono in realtà venute sviluppando una enorme quantità di utilità, che vanno verificate caso per caso, ma che all'esito di una analisi attenta potrebbero formare una vera e propria schiera di proprietà “sotto falso nome”.

Nei paragrafi che seguono si cercherà di tracciare una “mappa” di queste nuove utilità(191). La loro disciplina, come è per il caso esemplificativo delle

(186) L’ipotesi di regolare l’energia come oggetto di prestazione di dare è autorevole (cfr. CARNELUTTI, Studi sulle energie come oggetto di rapporti giuridici, Riv. Dir. Comm., 1913, I, 354 ss.), ma è poi rimasto senza alcun seguito (GRECO, Ult. cit., 357).

(187) GRECO, voce Beni immateriali, cit., 359. (188) GRECO, Ult. cit., 360.

(189) Ibidem.

(190) Più complesso perché per tali beni il nostro ordinamento ha da sempre previsto una disciplina organica, ancorché fuori dal codice, e questa disciplina si è andata completando fino all'emanazione nel 2005 del codice della proprietà industriale che ha per così dire portato a compimento un processo di armonizzazione a livello internazionale della disciplina di questi beni che si è svolto attorno all'attuazione di importanti trattati quali le Convenzioni di Strasburgo (1963), di Washington (1970), di Monaco (1973) e del Lussemburgo (1975), tale ultima istitutiva del brevetto comunitario.

(191) In linea generale, rispetto alla configurabilità di tali entità come beni, Greco sostiene che se l’interesse che si pone rispetto a una certa entità immateriale, è suscettibile di rappresentare un valore, sia esso morale o patrimoniale, e lo si trova protetto da una norma di diritto, non ci sarebbe nessun motivo, assumendo l'interesse il carattere di interesse giuridico, per non qualificare anche siffatte entità come beni giuridici al pari delle entità materiali (GRECO, Beni immateriali, cit., 356). Ma una così ampia definizione non consente di distinguere quali siano le forme con cui

58

energie, rende evidente, da una parte, che quando la realtà delle cose produce fenomeni non arginabili – in questo caso le nuove forme, per lo più immateriali, di ricchezza – l’ordinamento appronta comunque dei rimedi, che non hanno carattere generale o sistematico, ma possono essere in ipotesi efficaci, o parzialmente efficaci. Dall'altra parte, però, la “particolare” disciplina a cui queste utilità sono “costrette”, e in particolare l'esclusione dalla tutela dei casi dubbi o non disciplinati determinata dall’assenza di una norma “generale”, rende altrettanto evidente che, fino a quando non si assisterà ad una riforma organica in tema di beni, è essenziale - nel senso che può avere rilevanti conseguenze pratiche - verificare se si possa contare o meno sull'“aiuto” delle norme costituzionali in tema di proprietà.

Outline

Documenti correlati