CAPITOLO II BIBLIOTECONOΜIE E ΜETODOLOGIA QUALITATIVA
2.5 Gerarchia metodologica
Appurato sin dall’introduzione quanto si sia sentita la necessità di emanciparsi da ricerche esclusivamente incentrate sulla biografia di singoli istituti bibliotecari, di singole personalità, su tecniche classificatorie, di fabbricazione libraria ecc. in voga secoli orsono o nella contemporaneità, e quanto invece si sia sentita la necessità di avvicinarsi alla realtà in cui l’agenzia bibliotecaria vede sé stessa agire, sarà a seguito presentato il modo in cui si è inteso operare.
Nel panorama biblioteconomico si è rilevato che esiste una letteratura fortemente fattuale, cioè una lunga serie di opere il cui scopo è quello di proporre un modello di biblioteca (soprattutto la public library) che possa superare la grave situazione entro cui lavora - sebbene venga la tentazione di dire ‘sopravvive’. Lavori come quello dell’Agnoli, di Lankes e di moltissimi altri cui Ridi accenna sulle pagine di Biblioteche oggi [Ridi, 2014], sono tentativi di risposta ai segnali provenienti da una società in forte mutamento e che, in alcune sue caratteristiche strutturali, sono in corso, almeno in Italia, dal secondo dopoguerra38.
L’elaborazione di tipologie fortemente orientate alla fattualità, all’impegno a trasformare l’identità delle biblioteche, poggiano normalmente su una ricca e variegata quantità di argomentazioni che vanno da considerazioni antropologiche a quelle finanziarie, come abbiamo visto; dall’esternazione di bisogni normativi nei confronti delle istituzioni, a quelli di un’autonoma gestione organizzativa.
Ciò che manca spesso in questo genere di lavori, è una riflessione più approfondita di natura biblioteconomica. Nello stesso frangente temporale, si è visto, fortunatamente, un notevole dibattito anche sulla natura del campo disciplinare la cui motivazione è da ravvisare entro gli stessi motivi che hanno portato alla letteratura ‘d’azione’. In questo caso, come si è cercato di mostrare, si ponderano i presupposti teorici dai quali la
38 Ci si riferisce al definitivo passaggio da una società semi-industriale, qual era stata l’Italia fino agli anni ’50, ad una società pienamente industrializzata (almeno nel nord della Penisola). Tale cambiamento ha comportato la scomparsa definitiva della società contadina, in Veneto viva almeno fino agli anni ’60, e la sua sostituzione con una società industriale i cui valori, le abitudini, le logiche economiche, sociali e culturali ad essa connesse. Tra queste ne è un esempio lo sgretolamento delle comunità intese come gemeischaft, l’atomizzazione dell’individuo, l’imperio del consumismo come fine del consumo stesso, non sono novità di questi ultimi anni, ma erano rilevabili agli occhi attenti di un intellettuale come Pasolini ancora negli anni ’60-’70. Si veda, in questo senso, Scritti corsari, edizioni varie.
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biblioteconomia scaturisce e in virtù dei quali essa adotta le tecniche disciplinari necessarie a perseguire i propri fini conoscitivi.
Appurato che la bibliografia fa parte dell’anima della biblioteca (e della biblioteconomia), tanto da non essere esclusa neppure nelle prese d’atto della necessità di ampliamento dei confini epistemologici39, né, totalmente, dall’impostazione organizzativa sul modello
della piazza del sapere, di quello della biblioteca come luogo in cui si crea la conoscenza [Lankes, 2014] e probabilmente tutti i modelli proposti sino ad oggi, si è cercato di indagare quale fosse la percezione della Biblioteca Civica di Mestre da parte dell’utenza e da parte dei bibliotecari, su quali potessero essere le convergenze e quali, invece, le differenze.
Per dare corso al progetto, si è seguito il percorso gerarchico seguente: come paradigma si è scelto quello interpretativo; tale scelta è non motivata dall’accettazione acritica della
weltanschauung del momento, ma dall’assunzione che esistono visioni diverse rispetto
allo stesso oggetto di indagine, la biblioteca appunto, e obiettivo della tesi è quello di portarle alla luce ed elaborarle. Non è stata una scelta a priori, bensì si è intrapresa mano a mano che la ricerca proseguiva e i dati da indagare emergevano.
Al paradigma interpretativistico si associa normalmente la metodologia qualitativa, la quale «si basa sulle costruzioni sociali della realtà» [Pickard, 2010, p. 65]. Questa si dipana in una serie di metodi diversi che possono prevedere lo studio di caso, lo studio delphi, il sondaggio, l’etnografia. Di questi, quello che più sembrava corrispondere alle necessità è lo studio di caso. Di questo espressione sembra ci sia stata una notevole inflazione nell’uso per ricerche tra le più disparate [Ivi, p. 159], è bene dunque precisare quale sia stata l’accezione di cui si è tenuto conto.
Anzitutto,
lo studio di un caso dovrebbe essere lo studio di un “funzionamento specifico” […], vale a dire, un sistema che opera entro limiti ben definiti; non sono in questione l’ampiezza e il tipo di quel sistema: è lo scopo della ricerca a suggerire il caso. [Ivi, p. 160]
Il sistema, per quanto riguarda questo lavoro, è il sistema VEZ, snodo di vitale importanza di un sistema ben più ampio il cui nome è Rete Biblioteche Venezia. Il funzionamento,
39 Si ricorda al riguardo che la Faggiolani parla esplicitamente della biblioteconomia sociale come «sesto senso» della biblioteca, dopo che le indagini tradizionali rispondono ai primi cinque [Faggiolani, 2012]. La medesima autrice, assieme a Giovanni Solimine, considerano il settore sociale come un’integrazione al settori bibliografico e gestionale cui non si rinnega un ruolo entro le indagini del futuro, ma che va’ integrato con quello summenzionato [Faggiolani, Solimine, 2013].
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quello che talvolta è qui chiamato ‘percezione’, è come la biblioteca viene vissuta dall’utenza attraverso il modo in cui la usa. Lo scopo, in ultima, sarebbe rilevare quali siano le differenze tra le diverse percezioni, le problematiche e gli eventuali paradossi.
Gli strumenti usati sono quelli dell’osservazione semi-partecipante e dell’intervista semi- strutturata – strumenti tipici delle ricerche in ambito qualitativo. La prima si è sostanziata attraverso la registrazione di comportamenti, l’osservazione degli spostamenti, l’uso degli spazi bibliotecari e, per un breve periodo, la quantificazione numerica dei presenti. Quest’ultimo aspetto è stato presto abbandonato a causa della difficoltà incontrata nel seguire gli spostamenti dell’utenza e a causa della constatazione dell’insufficienza statistica dei partecipanti. Le osservazioni sono state riportate su un diario di campo in cui si sono annotati gli incontri giornalieri, le impressioni avute e tutto ciò che si è ritenuto di una certa importanza.
Le interviste sono state eseguite sfruttando la permanenza nella biblioteca di Villa Erizzo e attraverso una fortunosa serie di conoscenze personali utili. Lo strumento usato è stato quello della registrazione cui è seguita la consueta sbobinatura. Il passaggio dall’oralità alla scrittura è stato piuttosto difficoltoso a causa della complessità nel dare un equilibrio tra due necessità: da una parte una linguistica, ossia la frammentarietà tipica dei discorsi colloquiali; dall’altra la necessità di riportare i messaggi nel modo più chiaro possibile.
L’intervista è stata preferita al questionario, poiché la prima permette una maggiore libertà d’azione e la possibilità di un maggiore approfondimento. Il questionario, d’altro canto, consente una maggiore standardizzazione e una la facilitazione dell’analisi dei dati, ma rende le risposte piuttosto limitate, superficiali e prive della gamma emozionale che accompagna la colloquialità e che permette di avere un’idea di quanto un argomento possa interessare le persone.
Prima della ricerca sul campo, verrà illustrato il contesto storico relativamente alla public
library, delle biblioteche a Venezia, della società veneziana contemporanea e del recente
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