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Percezioni diverse e paternalismo

CAPITOLO VII RIELABORAZIONE DEI RISULTATI E CONCLUSION

7.5 Percezioni diverse e paternalismo

Per concludere, si è giunti al punto in cui l’esplorazione ha portato a notare delle differenze nella percezione della biblioteca tra l’utenza consultata, ch’è piuttosto conservatrice, e quello che la biblioteca potrebbe essere in futuro, di priorità dei bibliotecari. La percezione di Barbara Vanin, in particolare, riduceva la VEZ a piazza del sapere in quanto capace di condurre ad un impatto piuttosto generico sull’utenza (economico e non solo).

Come affermato più e più volte, è innegabile che la biblioteca intesa come un luogo in cui si studia è l’idea che, normalmente, l’utente medio tra quelli intervistati possiede.

Il bibliotecario, d’altro canto, intuisce, se non vorrebbe addirittura, che la biblioteca assumesse un ruolo più ampio, che preveda e che consideri la relazionalità attraverso le attività collettive (gruppi di lettura e laboratori sono quelli emersi) che, nelle parole degli stessi intervistati, risultano sempre riportare ai documenti, in modo da mitigare i processi negativi in atto nella società. Questo, in VEZ, non sussiste, se non presso la biblioteca VEZ Junior92 e nelle relazioni che più facilmente si creano esternamente ad essa e per le quali

funge da catalizzatrice. Difficile, dunque, parlare di VEZ come piazza del sapere, ossia di luogo in cui vi siano degli incontri, anche di approfondimento, tra privati cittadini. Si ricordi anche, infatti, che le attività culturali si risolvono entro il format delle lezioni frontali.

A questo va aggiunto che anche la violazione di uno dei principi etico-deontologici che, ai fini del mantenimento dell’ordine interno, dell’eliminazione degli elementi più disturbanti che, effettivamente, arrecavano diversi disagi, esclude determinate persone dall’accesso all’edificio. Tale esclusione è sempre orientata ai fini del preservare la Biblioteca VEZ come luogo di studio e di lettura, ovvero di attività individuali e non sempre aggreganti.

I bibliotecari sono perfettamente consapevoli di questo. Starebbe a loro, dunque, provare ad indirizzare le politiche che sottendono l’organizzazione dello spazio e delle attività in direzioni diverse. Per farlo, oltre ad avere a disposizione la necessaria sensibilità da parte dell’amministrazione, sarebbe necessario assumere anche una posizione paternalistica. Il

92 La bibliotecaria FTE rispondeva alla domanda sul perché non erano stati raggiunti i risultati attesi in merito alla VEZ come piazza del sapere che «Se non per una parte dell’utenza, che è quella dei bambini e delle famiglie con bambini […] questo è l’unico spazio in cui all’interno della rete si è tentato di imporre una dimensione politica della gestione delle biblioteche».

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motivo è che solo del personale specializzato possiede la conoscenza per capire, nell’ottica all’ambito biblioteconomico sociale prima e bibliotecario poi, quali siano le vere necessità del tessuto sociale locale in cui la biblioteca opera. E, come si è visto, non è necessario trasformare l’istituto in una costola dei Servizi sociali, quanto piuttosto collaborare con essi.

Il rischio di assumere la posizione paternalistica per la quale «noi bibliotecari sappiamo qual è il bene dell’utenza, ergo agiremo in tal senso» è inevitabile. Anzi, sembra essere una costante in ogni politica di indirizzo biblioteconomico: dalle posizioni dei promotori della public library a metà ‘800, per i quali era necessario ridurre la criminalità e per elevare moralmente il popolo, alla posizione di Baldacchini, per il quale le biblioteche dovrebbero pensare a continuare a promuovere l’attività di lettura poiché si rischia anche l’impoverimento dell’attività cerebrale [Baldacchini, 2015, p. 13]. Opinioni differenti implicano invece posizioni fatalistiche per le quali il «mandato sociale» ricevuto dalla società di riferimento non è da considerarsi «eterno» [Ridi, 2014, p. 35] e che implica un atteggiamento rassegnato verso i cambiamenti tecnologici ed abitudinari che stanno toccando il mondo dell’informazione. Senza contare che la library faith espressa da posizioni similari non è necessariamente aderente alla realtà, poiché, come si è potuto verificare nell’esperienza personale e nelle analisi riportate da Anna Galluzzi93, la

biblioteca può essere usata anche per fini puramente ricreativi. In quest’ottica sembra difficile si implementi una visione critica della realtà ed una propria opinione su di essa, proprio a causa della componente evasiva. L’unico modo attraverso il quale il cittadino usi la biblioteca in modo da implementare la concezione critica della realtà passerebbe per mezzo del filtro posto dal bibliotecario, il quale selezionerebbe – forse anche paternalisticamente - le letture ‘utili’ da quelle superflue.

Detto questo, si è totalmente d’accordo rispetto all’asserzione per la quale «non è poi detto che le biblioteche possano e debbano rispondere, da sole, alla totalità di tali richieste, e neppure che tale ascolto debba dettare le loro priorità» [Ivi, p. 36] perché, paradossalmente, le richieste qui emerse sono quelle di un servizio che ridurrebbe la VEZ

93 La library faith è stata recentemente analizzata da Anna Galluzzi [Galluzzi, 2018]. Essa consiste nell’ideologia di origine americana per la quale l’intermediazione informazionale fornita dalle biblioteche dovrebbe garantire il generarsi dell’opinione personale rispetto al mondo grazie alla documentazione gestita dall’agenzia. Il fine sarebbe quello dell’implementazione della vita democratica di un paese. Qui non si vuole assolutamente escludere tale principi poiché sembra fondamentale sia della crescita umana che relazionale in qualsiasi ottica la biblioteca si ponga. Ciò che se ne critica è l’assolutizzazione entro criterio fondante unico della biblioteca nella sfera della sua responsabilità sociale.

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alla funzione di biblioteca universitaria – se non di aula studio -, quando esistono già diversi luoghi preposti sia in Centro Storico che in Terraferma. Il compito di queste, infatti, consiste in quello di erogare servizi prevalentemente all’utenza studentesca.

Il sillogismo illustrato da Ridi94 è ulteriormente problematico, ad esempio, nella positività,

se non l’indifferenza, con cui l’utenza ha accolto l’esclusione dei ‘disturbatori’ la quale - si suppone sperando di sbagliarsi – manifesterebbe opposizione nell’eventualità che i tornelli vengano eliminati o lamentele nel caso in cui i posti per la consultazione/studio vengano ridotti. In questo caso, inoltre, si rischia di avallare una strisciante insensibilità nei confronti delle categorie di persone più problematiche e che avrebbero, si è convinti, maggiore bisogno di attenzione ed accoglienza.