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Intervista ad una bibliotecaria della Euro & Promos

CAPITOLO VI LA RICERCA QUALITATIVA IN VEZ

6.4 Interviste ai bibliotecar

6.4.1 Intervista ad una bibliotecaria della Euro & Promos

Io: Allora, che tipo di contratto hai?

B.: Non lavoro per il comune, lavoro per una società, Euro & Promos, che ha vinto l’appalto per la biblioteca. Io non lavoro da molto tempo là.

Io: E quante ore di lavoro fai?

B.: Ti dico la media: 22 ore settimanali.

Io: Quali sono le tue mansioni lì invece?

B.: Allora, io faccio di tutto: dal reference, all’accoglienza al multimediale. Insomma, tutte le operazioni col pubblico. Noi non facciamo catalogazione, non facciamo servizio acquisti

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o la parte amministrativa interna. Non facciamo neanche la parte di etichettatura, tranne qualche volta.

Io: Ricollocazione?

B.: Quella sì, tantissima, fa parte delle operazioni col pubblico. Però, ad esempio, quando ci sono i prestiti interbibliotecari, facciamo solo la compilazione del modulo: non entriamo in relazione con l’altra biblioteca. Non facciamo la richiesta noi, perché c’è l’ufficio prestiti all’interno della VEZ. Loro son molto ben strutturati. Ognuno di loro ha delle operazioni ben specifiche: c’è chi cataloga, chi fa il servizio di prestiti ecc.

Io: Volevo chiederti una domanda che mi è scappata… an si, cosa intendi per multimedialità?

B.: Il multimediale è la parte dei DVD. O quando uno vuole andare su internet, gli si fa l’attivazione o lo si aiuta a fare le scansioni.

Io: Tu, lavorando lì, avrai visto il tipo di utenza che c’è… hai visto che tipo di utenza c’è?

B.: Beh, studenti ne hai tantissimi per vari motivi, sociali oltre che di studio. Ho visto però che, rispetto alle biblioteche universitarie, gli studenti vengono più che altro per studiare, mentre i prestiti li facciamo forse maggiormente con altri tipi di utenti, tipo i cittadini classici: dai pensionati che vengono spesso anche per i giornali e tra cui abbiamo degli utenti di ‘fiducia’…

Io: ‘affezionati’?

B.: esatto, che prendono o libri specifici; alla domenica mattina poi vengono altri per i quotidiani. Poi alla fine ci son utenti più “complessi”, che vengono perché hanno bisogno di un tetto, di coprirsi e… sì, di un posto dove stare alla fine.

Io: mi dicevano che la barriera all’entrata è stata messa apposta per evitare che ne entrassero più del...

B.: Si, hanno avuto forse qualche problema tempo fa, ma come in abbastanza biblioteche che ho visto.

Io: Ce ne sono ancora che entrano e rispecchiano la categoria delle persone che hanno bisogno di un tetto?

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B.: Si, però secondo me fa parte anche del gioco; cioè, può essere spiacevole, nel senso che magari alcuni di loro son a volte disperati e piuttosto ubriachi. Però fa parte del gioco; nel senso che è una biblioteca pubblica ed è aperta a tutti. Ovviamente non si può fare quello che si vuole, ci sono delle regole, quindi penso anche che i controlli li abbiano messi per filtrare il più possibile e fare in modo che infastidiscano meno le altre persone e ci fosse sicurezza. Ci son capitati dei casi in cui è stato necessario ‘educare’ queste persone per via della confusione che facevano o altre problematiche. Quindi, anche la guardia, a me non piace come idea, ma si è rivelata utile.

Io: Μa secondo te ci potrebbe essere qualcosa di alternativo alla guardia e alle barriere?

B.: No, a livello di biblioteca no. Non mi viene niente di più intelligente in quel senso da proporre. Dovrei pensarci, non ci ho mai riflettuto non essendo un dirigente. Dico solo che a livello ideale sarei contraria, ma a livello di efficacia purtroppo funziona e ce n’è bisogno. Per cui si prende quello che c’è…

Io: Per cui dici che, in qualche misura, è un compromesso necessario.

B.: Diciamo che, se fatto bene, è un buon compromesso. Magari noioso per chi entra ogni volta, ma il discorso sulla sicurezza riguarda ad esempio se dovesse succedere un incendio: così hai il nome di chi c’è o meno. Questo valeva anche quando lavoravo in altre biblioteche, era parte della regolamentazione, per cui io l’accetto. Poi dovrebbe essere anche d’aiuto per quando la biblioteca è piena, in modo da evitare alla gente di venire e non trovare un posto. Poi la gente vuole entrare lo stesso però… ti permette di controllare se effettivamente tutte le sedie sono occupate anche senza dovere fare il giro della biblioteca, perché noi vediamo anche il numero degli utenti presenti all’interno. Poi, per sicurezza, dovresti averne 150. E’ anche complesso perché ovviamente si creano situazioni in cui, a parte gli studenti che vogliono entrare a tutti i costi, alcuni escono, ma hanno le cose dentro. Tu invece hai la barriera bloccata perché sei già arrivato al numero massimo. Comunque sono stati anche utili.

Io: Μi verrebbe da chiederti, così a caldo, se ti trovi bene lì? Vedi te se vuoi o non vuoi rispondermi…

B.: E’ un lavoro che in sé mi piace. Come tipo di lavoro a me piace molto, e anche è un lavoro dignitoso rispetto a tutto quello che puoi fare adesso. Se guardi la media… c’è il rapporto con le persone, che magari non son sempre piacevoli, ma penso che lo scambio umano sia comunque importante. Hai una parte di organizzazione delle cose: a me piace

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mettere via i libri. Forse è un po’ meno stimolante per chi ha fatto biblioteconomia e vorrebbe catalogare eccetera. Forse in quel senso piacerebbe anche a me essere più stimolata, ma mi sta anche bene.

Io: Hai notato altre problematiche con gli utenti? Tipo oltre a quella dei posti riservati, dell’uscire e non poter rientrare…

B.: Beh, quello capita pochissime volte in realtà all’anno. Il problema è quando ti tengono fermi i posti con le loro cose. Questo succede soprattutto con gli studenti; arrivano altre persone che vogliono studiare, ma altri hanno lasciato la loro roba. Noi, per legge, non possiamo toccare, spostare e quant’altro. Ci son delle problematiche con questo che abbiamo tentato di risolvere. Il discorso del numero non te la risolve, perché hai dei posti già occupati e il computer, magari, ti segna che sei a 120, mentre dei posti sono già occupati così. Non abbiamo trovato una soluzione: abbiamo pensato di assegnare dei numeri manualmente, di far dei giri, ci son state delle ipotesi durante delle riunioni, ma niente.

Io: l’altro giorno ho visto che è comparso un cartello all’entrata in cui era scritto che si era arrivati al numero massimo. Quella cosa viene messa quando si arriva a 150?

B.: Teoricamente i tornelli dovrebbero anche bloccarsi. Altre problematiche… questa è una delle principali.

Io: Che è legata in particolare agli studenti, giusto?

B.: Si, ma giustamente ognuno porta acqua al proprio mulino. Nel senso che loro vogliono tornare dopo una pausa pranzo, però tutti hanno diritto di studiare e i posti disponibili son quelli.

Io: In un piccolo lavoro, che non saprei nemmeno classificare esattamente… era una specie di autorappresentazione della VEZ fatta da una serie di dirigenti del comune e della Rete delle biblioteche, in cui la VEZ presentava sé stessa come una piazza del sapere. Ne sai qualcosa al riguardo?

B.: No. Penso che sia una sponsorizzazione ma non so di più.

Io: In virtù di questo, c’era chi diceva che gli studenti non dovrebbero essere il target della biblioteca. Per te è un problema?

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B.: Perché Civica non è universitaria. No, nel senso che è vero che non dovrebbero essere l’unico target, ma sono tra quelli che la frequentano di più. Quindi è ovvio che bisogna considerare anche loro. E’ una biblioteca Civica: consideri la persona che viene a consultarsi il giornale: vecchietto, curioso o giornalista come lo studente o chi viene la per altri scopi. Quello che noi cerchiamo di filtrare è: «se vieni in biblioteca, almeno leggiti qualcosa». Se vieni in biblioteca devi venire almeno per leggere un libro o altro di annesso.

Io: Per deduzione, quello che non viene per altro di annesso, può essere che venga perché non ha un tetto.

B.: Si, ma anche là, c’è bisogno di socialità. Una delle cose che bisogna riconsiderare dei posti come le biblioteche, è che si viene per un discorso sociale, di scambi e anche tra studenti. Secondo me è un discorso globale: dall’utente ‘complesso’ che viene ubriaco perché c’ha i suoi problemi, agli studenti, al vecchietto, tutti hanno bisogno di fare la chiacchiera e di stare in relazione. Questo secondo me è il top. Prima del sapere, c’è anche un fatto di relazione sociale, e anche per di là passa la cultura perché è anche nella relazione che poi arriva lo scambio culturale. E anche si risolvono determinate situazioni in meglio. Anche entrando in relazione con tutti gli utenti che hai. Anche nei casi di attrito (in quei casi si cerca di essere professionali). Credo che questa sia una delle cose da sottolineare di più, il fatto del ruolo sociale della biblioteca, oltre che del sapere, ch’è razionale e astratto.

Io: Μa secondo te questo è incoraggiato lì in qualche misura?

B.: Non molto. Però è il luogo stesso che lo richiama. Non è incoraggiato, nel senso che fa parte del pacchetto senza che sia un obiettivo: mi pare si punti più alla cultura… non lo so, queste domande son più per persone di un livello più alto per quanto riguarda la visione che hanno dato alla biblioteca. Però quello che vedo è che sponsorizzano molto una cosa che a me piace tanto: gli eventi culturali della città. E su questo stanno puntando tanto. Per quanto riguarda la biblioteca come luogo sociale, forse un po’ meno anche perché ci sarebbero alcune problematiche in più. Però è uno dei ruoli principali delle biblioteche che andrebbe valorizzato.

Io: A te viene in mente qualche modo per valorizzarlo?

B.: Forse fare più laboratori, anche per adulti.

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B.: Anche i laboratori di arte o altro. O anche i laboratori di lettura per bambini ad alta voce: si può fare la stessa cosa anche per gli adulti. Promuovere gruppi con gli adulti che leggono i libri ad alta voce. Gruppi di lettura per gli adulti si chiamano.

Io: Che tu sappia se ne fanno lì?

B.: Io non ho mai visto farli. Ho visto gli eventi, ma là hai una forma in cui, se si può dialogare, è comunque attraverso una lezione frontale. Invece a me piacerebbe che sviluppassero la parte laboratoriale, anche molto pratica. Ad esempio - parlo d’arte perché mi piace – se c’è un artista che lavora col fil di ferro, e ci fosse un libro best-seller su di questo: fai un evento con un artista che ti insegna a lavorare il fil di ferro e leggi parti di questo libro, così sviluppi la socialità e in contemporanea presenti un libro ch’è magari è importante. A me piacerebbe tantissimo, ma qua non mi sembra sia ancora valorizzato. Potrebbe essere un’idea.

[…]

Io: Dicevi?

B.: Da parte degli studenti pare purtroppo essere un’aula studio più che una biblioteca in senso ampio. Anche se in effetti tanto materiale c’è, venivo spesso a prenderlo. E anche adesso. Ora pochi sfruttano la ricchezza di materiale secondo me.

Io: Quel materiale lo hai trovato utile quando studiavi?

B.: Per quando studiavo sì e anche ora. Ora gli studenti mi pare si mettono meno a fare ricerche, anche se abbiamo molto ad esempio a livello umanistico e non solo…forse lavorano più tramite internet… Secondariamente, proprio per il discorso che non ci sono solo gli studenti, ma anche i giornalisti, i vecchietti ecc. la ricchezza di materiale c’è.

Io: Μa per giornalisti cosa intendi?

B.: Son giornalisti che vengono a vedersi diversi quotidiani, consultandoli e confrontandoli. O il vecchietto che viene per il quotidiano o anche per il romanzo, o il cittadino, o per le persone che vengono per un posto caldo, secondo me la biblioteca non è un luogo sociale. La parte sociale non conviene tanto a livello economico, perché non te ne viene tanto, anzi crea casino per la confusione, ma è la ricchezza della biblioteca.

Io: Μa secondo te, la biblioteca ha una valore sociale nella misura in cui queste persone trovano cosa?

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B.: Tutte queste persone trovano quantomeno un luogo comune in cui stanno assieme e non stanno nella loro casetta chiusa – chi ce l’ha – o fuori in strada a sbevazzare o a cazzeggiare – chi non ce l’ha. Questo aspetto secondo me è fondamentale, è la cosa per cui per me è importante lavorare in biblioteca tra le varie. Però appunto io…

Io: Perché dici?

B.: Perché la società ha una serie di problematiche e qualsiasi tipo di confronto, anche scontro, va bene, è peggio stare nel proprio isolamento. E’ la che nascono i conflitti veri, non quando si litiga o si creano disagi in un luogo, perché là stanno persone diverse che si relazionano tra loro. Secondo e questo è importante.