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Giovani autori e mercato: lo snodo degli anni ’90

2. lib(e)ro mercato e ‘generación x’

2.3. Giovani autori e mercato: lo snodo degli anni ’90

buona parte degli autori nati nella seconda metà degli anni ’60 si trovò invischiata nella corsa al best-seller appena descritta. Sono la prima gene- razione spagnola soggetta, sin dal loro esordio letterario, alle dure leggi di un mercato che concede una sola possibilità di avere successo e condanna a rimanere nell’ombra – rischiarata di tanto in tanto da qualche apprezza- mento critico –, chi non conquista fin da subito un vasto seguito di lettori (Molinaro 2005: 302). Loriga, Mañas, Maestre, Prado, Etxebarría, ecc. si af- facciarono sulla scena letteraria come i portavoce della gioventù dell’epoca, traendo ispirazione dalla vita di tutti i giorni e dai molteplici stimoli che of- friva un universo sempre più legato alla multimedialità, in cui parola scritta, immagine e suono acuivano i sensi dell’individuo e lo abituavano a vivere in una realtà complessa contraddistinta da un sistema di referenti che an- dava ben oltre la semplice pagina stampata (Sanz Villanueva 1996a: 4). Ecco dunque che le loro opere apparivano congeniali per un vasto pubblico che normalmente non comprava libri (Ortega 1996: 30).

25 Nel frattempo, la dotazione aveva raggiunto i 30.000.000 di pesetas. Oggi ammonta a

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Nel 1992, Loriga pubblica Lo peor de todo con l’appoggio della casa editri- ce Debate – all’epoca indipendente – perché il responsabile editoriale d’allo- ra, Constantino bértolo, aveva intravisto tra le righe del testo il dischiudersi di un universo giovanile non ancora sondato26. Il libro non vende molto, ma non passa indifferente sotto lo sguardo della critica, inoltre Loriga, con i capelli lunghi, i tatuaggi che gli coprono le braccia, l’Harley Davidson e la sua aria da duro, appare un personaggio capace di attirare l’attenzione su di sé. In effetti, con l’aiuto dei media e con il sostegno di Plaza & Janés, un gruppo editoriale in grado di toccare i tasti giusti per promuovere il libro,

Héroes, il suo secondo romanzo, raggiunge in poco tempo le 100.000 copie vendute (Padilla 1999: 8). L’anno seguente scoppia il caso Mañas: Historias

del Kronen, manoscritto dichiarato finalista al Nadal, non gode del favore

della critica, ma a livello commerciale è un successo strepitoso. In dodici mesi vende 60.000 esemplari e la trasposizione cinematografica, opera del regista Montxo armendáriz, contribuisce a diffondere su vasta scala l’idea di una gioventù irrequieta e dannata. I conseguenti dibattiti generarono poi una cornice esistenziale che invitava un buon numero di giovani spagno- li a identificarsi con quel modello negativo perché spingeva all’estremo il loro disagio (Navarro Martínez 2008: 260-261). a ciò va sommato il fatto che la letteratura iberica negli anni ’90 si stesse definitivamente lasciando alle spalle il complesso di inferiorità che fino ad allora l’aveva spinta a guardare con ammirazione altre culture e tra i lettori stava prendendo piede un certo orgoglio campanilistico27.

La possibilità di conquistare un nuovo pubblico in grado di convertirsi in un’inattesa fonte di introiti risultò essere una tentazione troppo forte per le case editrici, tanto che queste diedero inizio a una parossistica ricerca di pro- satori autoctoni giovani o giovanissimi capaci di generare, e al tempo stesso di soddisfare, una domanda consistente. Prese forma così l’etichetta ‘Genera- zione x’, un vasto calderone in cui finirono vari scrittori: l’importante non era offrire un prodotto di qualità, ma cavalcare la moda del momento e si arrivò a porre sullo stesso piano autori con un solido progetto letterario, o con indub- bie potenzialità, e scribacchini, creando fenomeni generazionali discutibili. Quella che poteva essere una ricerca spontanea della propria dimensione sul- la pagina, si trasformò in una faccenda di copie vendute e classifiche.

26 «Cuando me llegó el manuscrito aprecié dos cosas: una, el valor del discurso literario. […]

Y lo más relevante: por primera vez tomaba la palabra una juventud que no era la del 68 y cuyo discurso ya no tenía los mismos imaginarios ni las mismas preocupaciones.» (ribas-Campaña

1999: 47).

27 «El cambio lo ha conducido un fenómeno que considero decisivo en la evolución de la

edición en nuestro país: el progresivo interés del lector español por las novelas españolas.

[…] Hoy […] los editores se disputan a cualquier autor español por el mero hecho de serlo, los lectores tienen sed de historias escritas por compatriotas, los novelistas españoles ocupan pre- ferentemente las listas de libros más vendidos.» (Guelbenzu 1998: 40).

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In quegli anni inoltre si stavano affacciando sulla scena letteraria spa- gnola altri due giovani autori, visceralmente legati a un’idea ‘classica’ del mestiere di scrivere: Juan bonilla e Juan Manuel de Prada. Il primo aveva pubblicato nel 1994, grazie alla casa editrice indipendente Pre-Textos, una

plaquette di poesie – Partes de guerra – e una raccolta di narrazioni bizzarre,

marcate da una netta impronta metaletteraria – El que apaga la luz –, ben accolta dalla critica e dai lettori; mentre Prada, nel 1995, aveva fatto irruzione nel mondo delle lettere con un libriccino di prose poetiche in stile ramo- niano dal titolo provocatorio, Coños, seguito a breve distanza dall’antologia di racconti El silencio del patinador. Questi esordi crearono un’aspettativa attorno ai due scrittori, soprattutto perché entrambi avevano annunciato di avere fra le mani un romanzo che avrebbero terminato di lì a poco, e le case editrici cominciarono un’asta per assicurarsi le loro opere future. bonilla ricevette un’allettante proposta da parte di Ediciones b28, con un lauto anti- cipo e un contratto che prevedeva la stesura di altri due libri, e ovviamente accettò. Prada invece, saprà resistere alle sirene di Planeta e di Plaza & Janés e rimarrà fedele a Valdemar per un senso di riconoscenza nei confronti del- la prima casa editrice che aveva creduto in lui (bueres 1996: 35). Las máscaras

del héroe verrà dato alle stampe nel 1996, ma l’anno successivo l’autore non si sottrarrà agli artigli dei grandi gruppi editoriali e si presenterà al premio Planeta, vincendolo, a soli ventisei anni, con La tempestad.

D’altronde, si è già accennato al fatto che uno dei mezzi sfruttati per promuovere scrittori giovanissimi era quello di concedere loro premi lette- rari prestigiosi, in modo tale che la gloria raggiunta in tempi sorprendenti funzionasse da cassa di risonanza e facesse impennare le vendite. È il caso anche dell’alicantino Pedro Maestre, autore sconosciuto che, dopo aver ot- tenuto il Nadal nel 1996, vedrà il suo libro, Matando dinosaurios con tirachi-

nas, resistere per ben nove settimane nelle classifiche dei titoli più venduti.

Sempre nel 1996, Lucía Etxebarría riscuote un buon successo di pubblico con Amor, curiosidad, Prozac y dudas e, due anni più tardi, vince il Nadal con

Beatriz y los cuerpos celestes. Nel decennio in questione si assiste a un vero

e proprio boom di giovani che godono di riconoscimenti di un certo peso: Martín Casariego (Madrid, 1962), premio Tigre Juan, nel 1993, con ¡Qué te

voy a contar!; Ismael Grasa (Huesca, 1968), finalista del premio Herralde e vincitore del Tigre Juan nel 1994 con De Madrid al cielo; Pedro Ugarte (bilbao, 1963), finalista del premio Herralde nel 1996 con Los cuerpos de las

nadadoras; antonio Álamo (Córdoba, 1964), premio Lengua de Trapo 1996

con Breve historia de la inmortalidad; Tino Pertierra (Gijón, 1964), premio Tigre Juan 1996 con Los seres heridos; Felipe benítez reyes (rota, 1960), pre-

28 Proprio Ediciones b, nel 1994, aveva lanciato la versione spagnola del libro di Douglas

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mio ateneo de Sevilla 1995 con Humo; Luisa María Carrero (Madrid, 1967), premio Juan Pablo Forner e Lengua de Trapo 1997 con La Cámara de las Ma-

ravillas; andrés Ibáñez (Madrid, 1961), premio Ojo Crítico 1995 con La mú-

sica del mundo; belén Gopegui (Madrid, 1963), premio Tigre Juan e premio Iberoamericano Santiago del Nuevo Extremo 1993 con La escala de los mapas;

Eloy Tizón (Madrid, 1964), finalista, nel 1995, del premio Herralde con Seda

salvaje; Juana Salabert (Parigi, 1962), finalista del premio Nadal 1996 con

Arde lo que será; Javier azpeitia (Madrid, 1962), premio Hammet Interna- tional 1997 con Hypnos; Lorenzo Silva (Madrid, 1966), finalista del premio Nadal 1997 con La flaqueza del bolchevique e vincitore del premio Ojo Crítico nel 1998 con El lejano país de los estanques; Ignacio García-Valiño (Zaragoza,

1969), finalista del premio Nadal 1998 con La caricia del escorpión; ecc. Questo proliferare di opere premiate, appartenenti a una generazione biologica che occupa un lasso di tempo di dieci anni – dal 1960 al 1970 –, favorisce nell’immaginario collettivo la rappresentazione di una gioven- tù arrembante che è già protagonista indiscussa del presente (Echevarría

1998: 8). I giovani scrittori sono visibili a livello mediatico e quindi spendi- bili all’interno del mercato: molti di questi autori, grazie al loro successo, ebbero la possibilità di comparire in televisione e di scrivere con costanza sulle più importanti testate giornalistiche del paese o su riviste letterarie (Montetes Mairal 1999: 29)29. Una presenza stabile tra le pagine dei giornali inoltre, non solo garantisce la possibilità di farsi conoscere da un numero elevato di persone, ma serve anche a porsi in evidenza di fronte alla critica che, in questo modo, si occupa dei soliti noti. Si alimenta così un effetto che si potrebbe paragonare a quello di un disco rigato: le puntine dei critici incidono sempre negli stessi solchi e tale reiterazione determina l’impor- tanza letteraria di uno scrittore di fronte al lettore medio, privato di valide alternative (Mancha 2006: 87).

Oltre a questa visibilità, destinata a un pubblico lettore, ve n’è però un’al- tra di più ampio respiro che raggiunge anche chi non ha dimestichezza con l’oggetto libro: il cinema. Si è già accennato al film Historias del Kronen, rielaborazione dell’omonimo romanzo di Mañas, in grado di inquadrare e al tempo stesso stimolare un fenomeno giovanile, a cui seguirà, nel 1997, la versione cinematografica di un altro volume dell’autore madrileno: Men-

saka. Quello stesso anno Loriga, dopo aver lavorato con almodóvar (Carne Trémula, 1997), esordiva come regista portando sul grande schermo il testo

Caídos del cielo con qualche cambio strutturale e un titolo più accattivante: La pistola de mi hermano. Nel 1999 Mateo Gil, sceneggiatore che aveva af-

29 I tre autori analizzati all’interno del presente saggio, di fatto, scrivono abitualmente su

quotidiani nazionali: Loriga pubblica spesso articoli su «El País», mentre Prada, dal 1995, è una firma fissa dell’«abC» e bonilla, concluso un periodo di apprendistato presso «El Diario de Jerez», è approdato a «El Mundo».

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finato le proprie tecniche a contatto con alejandro amenábar, presenta il suo primo lungometraggio: Nadie conoce a nadie, libera trasposizione del romanzo di Juan bonilla. Sempre nel 1999, Lucía Etxebarría redige, con i registi alfonso albacete e David Menkes, la sceneggiatura di Sobreviviré; esperienza che ripeterà nel 2001 con I love you baby e La mujer de mi vida (in collaborazione con José Luis acosta); non va poi dimenticato che Miguel Santesmanes, proprio in quel periodo, aveva girato una versione cinema- tografica di Amor, curiosidad, Prozac y dudas. Il 10 maggio 2004, è stata in- vece presentata La tempestad, una superproduzione internazionale che ha trasformato le disavventure di carta di alejandro ballesteros, protagonista dell’omonimo testo di Prada, in azioni in technicolor.

Quasi tutti questi film, inoltre, hanno in comune l’oculatezza con cui è stato selezionato il cast. Si è sempre cercato – tranne nel caso di La tempe-

stad, opera slegata dal clima di euforia giovanile degli anni ’90 – di scrittura- re attori o attrici che fossero icone giovanili del momento: si rafforzava così l’impressione di una cultura in cui la gioventù era un valore aggiunto e si aprivano nuove possibilità non solo per chi maneggiava la penna, ma anche per registi esordienti o interpreti alle prese con i primi ruoli importanti. La Spagna in quel momento rispecchiava nel campo delle arti la sua situazione sociale: era un paese di giovani30. Tra i nomi celebri del cinema spagnolo c’è solo l’imbarazzo della scelta: Juan Diego botto, a soli diciannove anni, è Carlos, il protagonista di Historias del Kronen, e reciterà anche in Sobrevivi-

ré; in Mensaka compaiono Gustavo Salmerón, Tristán Ulloa, Laia Marull e

Guillermo Toledo; nel cast di Nadie conoce a nadie sono presenti figure del calibro di Eduardo Noriega, Jordi Mollà, Paz Vega e Natalia Verbeke31.

Un tale boom non poteva passare sotto silenzio ed ecco che la presenza di un’arte giovane si impose, generando fiumi d’inchiostro e accanite di- scussioni. Lo slancio e l’apparente unità conferiti dal mercato a quello che, fuori dalle leggi della domanda e dell’offerta, sarebbe stato solo un periodo di formazione di ogni singolo autore, provocò uno sbandamento critico e il montare di un’onda mediatica difficilmente arrestabile: sotto la superficie increspata dell’oceano del capitale le correnti letterarie persero la bussola e le intenzioni di ogni scrittore naufragarono contro il monolito del termine ‘generazione’, estrema ratio arginatrice del caos, ditale che ha la pretesa di racchiudere nel suo spazio ridotto le acque irrequiete della letteratura.

30 «as Spain’s youth population is, at 24.44 per cent of the total population, the highest,

proportionately, in the UE.» (allison 2000: 266).

31 Il caso di quest’ultima giovane attrice è singolare, dal momento che è presente in altri due

3.

NESSUNO CONOSCE NESSUNO: La ‘GENEraCIóN x’

La critica, riguardo all’opportunità o meno di considerare i giovani autori degli anni ’90 come una generazione, si è mostrata arroccata su posizioni classiche oppure si è svincolata da qualsiasi dibattito liquidando il fenomeno come una montatura mediatica fomentata dall’industria culturale. Il nodo della questio- ne si sposterebbe dunque dall’ambito delle lettere a quello della sociologia, rendendo in teoria superfluo qualsiasi dibattito inerente al concetto di gene- razione letteraria, eppure, per avere un quadro chiaro del panorama è bene tracciare una visione d’insieme perché la lunga ombra di Ortega si estende, sorprendentemente, oltre oceano e intacca l’approccio critico di Henseler e Pope, i quali incespicano in una contraddizione evidente poiché ricorrono a concetti orteguiani, come il riflettere lo spirito di un’epoca (2007: xIV) o l’esi- stenza di generazioni fedeli a se stesse o infedeli ai principi di rinnovamento che dovrebbero incarnare (Ibidem), per poi tradirli restringendo prima il cam- po d’analisi alla letteratura e in seguito creando una generazione scissa (xII), idea ripudiata da Ortega e sostenuta invece da Petersen (1984: 159). Sempre nello stesso volume, Ortega y Gasset viene chiamato in causa per smentire che la ‘Generación x’ sia di fatto una generazione (Martín Cabrera 2007: 78). L’idea di contrasto generazionale, anch’essa di stampo orteguiano, tenta in- vece antonio Orejudo, il quale rifiuta qualunque valore intrinseco all’età di chi scrive e si appella al riconoscimento di un qualsiasi gruppo a partire da un’opportuna distanza storica: «Las generaciones nunca se reconocen a sí mismas, las definen los otros y el paso del tiempo» (Villena-Castilla 1998).

Qualcun altro prova a scovare la possibilità di qualche «contacto vital», una contiguità topografica che, oltre alla vicinanza temporale delle rispettive date di nascita, potrebbe riunire questa miriade di scrittori al riparo della ras-

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sicurante architettura generazionale1. Mancha, pur indicando un luogo pre- ciso di ritrovo per alcuni di questi autori – il bar madrileno La Guillotina –, è abile nel dare rilievo alla disorganicità della presunta ‘Generación x’, metten- do in evidenza le crepe che incrinano la superficie del quadro generazionale:

este grupo no es un conjunto de personas con un proyecto crea- tivo común, con un manifiesto de por medio […]. Sí puede existir, por el contrario, cierta solidaridad entre pares, bien por ser recién llegados o bien por compartir los sinsabores de una posición ma- nifiestamente desprestigiada. Incluso frecuentaban ciertos luga- res emblemáticos donde se encontraban, como el bar de los Ca- sariego en el centro de Madrid. No obstante, este movimiento o grupo de la joven narrativa supone, más bien, el vórtice de un en- frentamiento entre el campo literario y el campo periodístico y su vinculación con los grupos económicos. (Mancha 2006: 108-109)

Izquierdo (2001: 293-294), sebbene sia cosciente dei limiti imposti dal concetto di generazione, decide di applicare il modello sfruttato da Pedro Salinas nel definire la ‘Generación del 98’. Le labili o inesistenti relazioni personali che intercorrono tra gli scrittori citati, la vaghezza di concetti quali l’«experiencia generacional» (293) e la difficoltà nello stabilire se vi sia una continuità o una rottura rispetto a chi li ha preceduti, causano però un certo imbarazzo, e Izquierdo mutua da Castellet l’aggettivo «novísimos» (294), scevro di implicazioni generazionali. anche Moreiras Menor (2002: 193)

sembra propensa a negare il sussistere di una ‘Generazione x’, attaccando una visione retriva imperniata sul concetto di nazione.

risulta evidente che ci si trova di fronte a strumenti critici ormai desueti, invalidati da una realtà nuova che sfugge a letture statiche o generalizzanti e invita invece a glissare questi aspetti per concentrarsi sul versante econo- mico della faccenda, poiché l’idea di unità che accompagna questi autori sembra provenire più dallo strepito dei mass media e dall’impegno delle case editrici che da un’effettiva comunanza di intenti:

En las últimas fechas, sin embargo, parece ser que los poderes públicos y privados, políticos y económicos, se han propuesto convencer al ciudadano de que la juventud es un valor en sí mis- ma […]. La literatura no se ha librado del sarampión y el revuelo de los jóvenes ha levantado vendavales económicos en las edito- riales. […] Muy atinados y fidedignos han de ser los estudios de

1 «Pero, vistos desde fuera, aparecen unos cuantos rasgos comunes. […] aunque se presen-

tan bajo una infinita variedad de estilos, casi todos nutren sus relatos de historias urbanas de las grandes ciudades donde viven, especialmente Madrid, donde han nacido la mitad de los 38

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