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Trífero (2000) : un picaro contro la fisica quantistica

5. ray loriga

5.4. Trífero (2000) : un picaro contro la fisica quantistica

un picaro contro la fisica quantistica

Il libro narra le rocambolesche vicende di Saúl Trífero, un moderno pi- caro dal passato oscuro e vagamente aristocratico, destinato a farsi largo nella vita a colpi d’ingegno e malinconia. La trama del romanzo è piuttosto intricata. Trífero, per sopravvivere, si imbuca a feste e matrimoni e seduce ricche vedove dell’alta società. In un esclusivo club di Palma de Mallorca conosce Lotte Happensauer42, ultima rampolla di una stirpe di campionesse norvegesi di pattinaggio su ghiaccio. Tra i due scoppia un amour fou che in brevissimo tempo li fa convolare a nozze. La vita di Saúl sarebbe perfetta se non fosse per la sgradevole sensazione di inferiorità fisica nei confronti del- la moglie. L’arrivo di un figlio sembrerebbe poter rinsaldare il loro amore, eppure Trífero attende il momento della nascita con apprensione. Il parto è travagliato e la convalescenza di Lotte sarà lunga e per questo la coppia si trasferisce nella tenuta della famiglia Happensauer. In quel contesto idil- liaco avviene la tragedia che segna un punto di svolta nell’esistenza di Saúl: Lotte, una volta recuperate le forze, decide di pattinare sul lago ghiacciato di fronte alla magione, ma la superficie dello specchio d’acqua si incrina e lei viene inghiottita dal vuoto che si apre sotto le lame dei pattini.

Trífero, sconvolto e roso da un vago senso di colpa, il giorno successivo al funerale della moglie, abbandona l’Europa e si reca a New York. Qui lo sgan- gherato protagonista del romanzo si imbatte nella figura ancor più strampa- lata del professor Jerusalem, fumatore incallito e matematico mancato dalle grandi aspirazioni ma dalla vita ordinaria. I due, sfruttando la sfacciataggine di Saúl e le doti di calcolo di Jerusalem, improvvisano la teoria fisica degli universi ombra. Inizia così un comico viaggio lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, costellato di improvvise apoteosi e cocenti insuccessi in

42 Come segnala Magda Costa (2001: 28), il nome Lotte rimanda a uno dei nomignoli dati da

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convegni di dubbio gusto. La figuraccia rimediata al xV Congresso di Fisica Quantistica della scuola Ziegerniecht dà il colpo definitivo al sodalizio. Saúl decide di accettare l’offerta del professor Tauloski: rendere, ovviamente in forma anonima, più commerciale e leggibile il libro dello scienziato. Il com- penso previsto per il lavoro è di diecimila dollari e nel frattempo Saúl sareb- be stato spesato e avrebbe avuto a sua disposizione un alloggio a berlino. Il protagonista accetta: è stanco di tutto e smania per lasciarsi alle spalle gli Stati Uniti e la relazione burrascosa con albita, una donna piccola e insigni- ficante con cui condivideva un minuscolo appartamento.

Trífero ritorna così in Europa e lì, mentre è impegnato a ritoccare il volume di Tauloski, riceve due lettere, una dalla moglie di Jerusalem e una dall’anziano professore: nella prima la donna gli annuncia che il marito si è impiccato. Saúl si rifiuta di aprire l’altra missiva e durante la notte, per alleviare il dolore e il senso di colpa che lo invadono, si scola una bottiglia intera di vino, brucia il manoscritto di Tauloski e la lettera di Jerusalem. Per celebrare l’inizio di una nuova vita, decide poi di tuffarsi nella piscina dell’edificio, ma quando si ricorda che nella vasca non c’è acqua è troppo tar- di e atterra in malo modo sulle piastrelle. Verrà ritrovato il mattino seguente dal giardiniere. Trífero non si è fatto nulla, ma pensa di dare l’annuncio della sua morte: spedisce un necrologio a cinque riviste pseudoscientifiche e abbandona berlino, seguendo i passi erranti del caso. Quest’ultimo viag- gio si trasforma in un’immersione nel proprio abisso interiore e l’incontro con agedor Grenen – un avvocato assunto dalla famiglia Happensauer per tener d’occhio Trífero affinché non provasse ad appropriarsi del patrimonio familiare – gli rivela il suo lato oscuro. Saúl scopre il perché di tanta malin- conia: per tutta la vita aveva pensato solo a se stesso ed era stato incapace di ascoltare gli altri43.

5.4.1. ognuno di noi ha almeno due vite

Loriga con questo libro raggiunge la piena maturità. TR è un testo com-

plesso e i personaggi – soprattutto il protagonista – sono rifiniti con il ce- sello: l’estetica della ‘Generación x’ è ormai un pallido ricordo44. Il cambio è evidente fin dall’immagine di copertina, una fotografia in bianco e nero scattata da robert Capa: sullo sfondo di un pendio ricoperto di pini si sta-

43 «Trató de imaginar también, qué otras cosas no habría sido capaz de escuchar en todo ese

tiempo.» (Loriga 2001: 231).

44 «Viene cargando Loriga con el peso de una imagen pública, la acuñada en torno a la lla-

mada ‘Generación x’, que en verdad guarda poca relación con los propósitos de su literatura.

[…] Nada hay en esta novela [Trífero] de un testimonio inmediato y alicorto, como se supone que buscaba esa promoción, y sí un relato de soterrada intención filosófica y de tratamiento un tanto poemático.» (Sanz Villanueva 2000b).

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glia Gary Cooper, vestito di tutto punto, intento a camminare in precario equilibrio su un tronco che attraversa un avvallamento del terreno. Il ritratto ricorda il gusto di Enrique Vila-Matas e in particolar modo il libro Bartleby y

compañía45. Le corrispondenze fra i due autori non finiscono qui e, andando oltre un rapporto di stima reciproca e amicizia, sconfinano nella bizzarria dei personaggi, nell’atmosfera grigia e dimessa, illuminata da improvvise uscite ironiche, che permea l’opera.

La storia raccontata tocca temi universali e l’essere umano emerge dalle pagine del romanzo in tutta la sua statura tragicomica46: Loriga sta ponendo al centro della sua ricerca la letteratura e si sente finalmente libero di poter mostrare il suo bagaglio culturale, avendo trovato il giusto equilibrio tra le frasi e i concetti. Le tematiche affrontate, quali il (non)senso dell’esistenza, la contraddittorietà della vita e l’estrema futilità di ciò che circonda l’uomo (beilin 2004: 201), sono sapientemente ridotte a un gioco serio e faceto. L’au- tore sa calibrare il proprio talento, fondendo argomenti diversissimi in un amalgama compatto che possiede più livelli di lettura, ammantando il tutto con un’apparente leggerezza caustica e malinconica. La dimensione ludica è ben ravvisabile in alcune situazioni comiche o nel surrealismo di alcuni scambi di battute. Nel primo caso si è di fronte a sequenze che sembra- no mutuate dal cinema47, i dialoghi invece, oltre a un’arguzia vilamatiana, sfoggiano un umorismo tagliente e spaccone, alla Groucho Marx48. Que- sta vena comica non deve però trarre in inganno: la prosa si fa più densa, le frasi acquistano un maggior respiro sintattico, il lessico si complica e i concetti trattati sono di tutto rispetto. Lo stile non è più secco come un riff di chitarra, ma si fa più articolato e sincopato, attento alla scansione delle

45 I volumi, usciti entrambi nel 2000, sono stati pubblicati a pochi mesi di distanza. 46 «Un asunto fundamental para mí es cómo salvar la propia identidad del entorno. Otra

de mis obsesiones es el remordimiento, porque como buen ateo soy profundamente católico y aunque se deje de creer en el paraíso, los rescoldos del infierno siguen ahí, porque es una idea monstruosa y fascinante.» (León-Sotelo 2000: 60).

47 «El profesor Jerusalem nunca supo a ciencia cierta si realmente vio a Thelma. […] parada

en mitad de la calle, […] en el rostro una inocente sonrisa de bienvenida al ver aparecer a su ma- rido, y enseguida un implacable gesto de disgusto al descubrir un cigarrillo en la comisura de sus labios. Jerusalem, presa del pánico, trató de arrojar el cigarrillo por la ventanilla, pero esta- ba cerrada. La colilla aún encendida rebotó y fue a caer entre sus piernas. Trató de recuperarla y cuando levantó la vista se encontró en el jardín de los Kocinsky, sus ruidosos vecinos polacos, camino de la sala de estar. Lo último que vio fue al señor Kocinsky agitando el periódico como si tratara de apartar un insecto gigante.» (Loriga 2001: 113-114).

48 «–¿Cómo dice que se llama? –Carolina. Saúl seducía a las mujeres en el supermercado.

–bonita raqueta. –Es Dunlop. –ah. –¿Juega usted al tenis? –No soportaría ver una red entre no- sotros.» (Loriga 2001: 41). «–¿Sabe usted dónde está el bar? –preguntó Lotte. –Claro –respondió ofendido–, este lugar es mío, quiero decir que he pasado tanto tiempo en este viejo club de mar que no recuerdo si cuando llegué aquí estaba ya el mar o si lo trajeron luego.» (44).

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pause, improvvisa scale e fughe, avvicinandosi a un ritmo jazz49. Insieme al venir meno della cultura rock, si assiste a un ridimensionamento della sfe- ra sessuale che viene affrontata in maniera marginale e giocosa. al tempo stesso, prendendo il sopravvento una prosa più elaborata, anche l’aforisma o la greguería – quasi cifra della precedente produzione di Loriga – faticano a trovare spazio50, e quella che prima era una capriola concettuale assume ora l’aspetto di un ragionamento, più o meno filosofico, di auscultazione interiore51. Sopravvivono però lampi di poesia: lo sguardo tenero e surreale dell’autore non è diventato miope e ha saputo salvaguardare il tocco inge- nuo e immaginifico52.

Con TR Loriga cessa di essere uno scrittore ‘alla moda’ – la critica non

ha prestato grande attenzione a questo libro che invece la meriterebbe – e si ritaglia uno spazio nell’ambito delle lettere spagnole grazie alla sua voce originale che si fa sempre più simile a quella di un autore consapevole della responsabilità di chi prende in mano carta e penna e prova a spiazzare il lettore, sorprendendolo non con il sensazionalismo della droga o del sesso, bensì con l’abisso del dubbio53.

49 Nel testo vi sono pochissimi rimandi musicali, ma tra questi è possibile ravvisare, e non

è un caso, il seguente: «incluso tuvo oportunidad de lucir sus vastos conocimientos de jazz cuando Lotte, a los postres, comentó: –Oh, qué música tan encantadora. –John Coltrane, The

Night Has a Thousand Eyes – dijo Saúl, y hasta podía haber añadido la fecha, pero se contuvo

por miedo a resultar pedante.» (Loriga 2001: 49).

50 Se ne possono citare un paio: «El ruido es la consecuencia directa del esfuerzo de la gente

por luchar contra la naturaleza de las cosas. El ruido es el accidente que acompaña a los com- portamientos impropios.» (Loriga 2001: 38).

51 «¿Feliz? ¿Qué demonios es eso? Los nombres que la gente le otorga a las cosas imposibles

resultan tan arbitrarios como los números impresos en los billetes de lotería. 68273 significa que es usted millonario. 71539 no significa nada. La mano en la nieve. Los pies en el agua de un río. Las campanas de la iglesia. El miedo que nos sorprende al apagar la luz como si todas las noches fueran una sola y la primera. ¿Qué nombre le ponemos a eso, doctor?» (Loriga 2001: 63). «al fin y al cabo, ¿qué podía perder? Un buen impostor, mientras no se confunda, juega siempre con ventaja, pues no es más que un hombre de paja de sí mismo, y si la paja termina por arder, ¿de qué manera podría afectar eso al hombre que jamás estuvo allí? Si se dispara contra la sombra de un hombre, ¿contra qué se dispara? ¿Y no era Trífero el maestro de las sombras?» (147).

52 «La cabeza de Saúl tenía perros. Normalmente los perros dormían, pero a veces por culpa

del silencio los perros no podían dormir y entonces ladraban. No hay uno solo de nosotros que no tenga perros en la cabeza, se disculpaba, perros cobardes, perros valientes como dragones, pe- rros alegres que mueven el rabo ante los desconocidos con la inocencia de los idiotas. Están ahí, por eso vuelan los sombreros y caen rodando por el suelo. Son los perros.» (Loriga 2001: 38-39).

53 «Creo que la duda, el buscar el sentido a las cosas o descubrir el sinsentido a las cosas, que

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5.5. el hombre que inventó manhattan (2004):