• Non ci sono risultati.

Le gran forze d’amore (V 6 –Pampinea–)

Nel documento RAGIONI D'AMORE. LE DONNE NEL DECAMERON (pagine 160-163)

La quinta novella della Quinta giornata –narrata da Neifile– appartiene al genere dei fortuiti ricongiungimenti di persone smarritesi, e il personaggio femminile non vi ha altro ruolo che quello d’esser ritrovato dal padre e dalla madre, di riconoscere in uno dei due pretendenti un fratello, e di sposare l’al- tro, senza di fatto mai parlare e senza che altro interessi il ragionamento che stiamo cercando di svolgere.

Anche nella sesta novella, per la verità, la protagonista femminile, Re- stituta figlia di Marin Bolgaro gentiluomo di Ischia, non svolge un ruolo particolarmente attivo: bella e lieta molto, come s’usa, amava sopra la vita sua Gian di Procida, giovane di buona famiglia, che ricambia parimenti l’amore suo, e che non manca di venirla a vedere con un qualche pretesto ogni giorno e talvolta anche di notte, e che –quando non trova una barca– viene perfino a nuoto.

Poiché nessun ostacolo casalingo ancora si para, ci pensano dei giovani sici-

liani riparatisi con una loro fregata in un anfratto fra gli scogli, dove la giovane

per caso era andata a raccogliere patelle:

Li quali, avendo la giovane veduta bellissima e che ancor lor non vedea, e vedendola sola, fra sé diliberarono di doverla pigliare e portarla via; e alla diliberazione seguitò l’effetto. Essi, quan- tunque ella gridasse molto, presala, sopra la lor barca la misero, e andar via; e in Calavria pervenuti, furono a ragionamento di cui la giovane dovesse essere, e in brieve ciaschedun la volea; per che, non trovandosi concordia fra loro, temendo essi di non venire a peggio e per costei guastare i fatti loro, vennero a concordia di doverla donare a Federigo re di Cicilia, il quale era allora giovane e di così fatte cose si dilettava; e a Palermo venuti, così fecero (V 6, 650-651).

Dal tono del racconto si desume che l’evento non doveva apparire straordi- nario agli ascoltatori, a segnalare ancora una volta la condizione di provvisorietà

81 Branca ci ricorda che la novella di Pampinea “è in gran parte la trascrizione <…> di un

nella quale, all’epoca del Boccaccio, si trovava a vivere chiunque –specialmente se si trattava di donna– si trovasse fuori dalla protezione offerta dalle mura del borgo o della città, o di notte, o comunque isolato (anche altre novelle –dalla I 9 della gentildonna di Guascogna, alla II 2 di Rinaldo da Este o alla II 6 di madama Beritola, e altre fino alla V 5, nella quale Giannòle approfittando del buio notturno tenta di rapire in piena città di Faenza l’amata).

Il re Federigo82 gradì assai il dono, ma per ventura egli era indisposto, e

rimandò a miglior tempo e a salute recuperata le gioie che da tal dono pensava di trarre: così la fanciulla venne ospitata in certe case del re, e quivi onorevol- mente servita.

Gian di Procida non poté darsi pace della scomparsa di Restituta: conosciu- ta la direzione verso la quale s’era indirizzata la fregata dei rapitori, arma a sua volta una fregata e si dirige verso la Calabria e finalmente a Palermo, dove

gliele venne per ventura veduta un dì ad una finestra ed ella vide lui, di che ciascun fu contento assai. E veggendo Gianni che il luogo era solingo, accostatosi come potè, le parlò, e da lei infor- mato della maniera che a tenere avesse se più dappresso le volesse parlar, si partì, avendo prima per tutto considerata la disposizione del luogo; e aspettata la notte, e di quella lasciata andar buona parte, là se ne tornò, e aggrappatosi per parti che non vi si sareb- bono appiccati i picchi, nel giardin se n’entrò, e in quello trovata una antennetta, alla finestra dalla giovane insegnatagli l’appoggiò, e per quella assai leggiermente se ne salì (V 6, 652).

L’incontro è sospeso, nel racconto di Fiammetta, da una importante consi- derazione della giovane rapita:

parendole il suo onore avere omai perduto, per la guardia del quale ella gli era alquanto nel passato stata salvatichetta, pensando a niuna persona più degnamente che a costui potersi donare e avvisando di poterlo inducere a portarla via, seco aveva preso di compiacergli in ogni suo disidero; e per ciò aveva la finestra lasciata aperta, acciò che egli prestamente dentro potesse passare (V 6, 652-653).

82 Federico II d’Aragona, re di Sicilia dal 1296 al 1337, è lo stesso di cui alla novella di

Andreuccio (II 5). Anche Marin Bulgaro è un personaggio ben noto alla storia e alle cronache del tempo come potente alleato dei re siciliani, ed era amico di B. (Decameron V 6, 650 n. 7). Anche un Gianni di Procida è noto e come alleato di Federico II –cfr. ivi, 657 e n. 6–, ma di un omonimo fratel carnale non si hanno notizie.

Malgrado l’amore che ella portava a Gianni –l’amava sopra la vita sua– gli era stata selvatichetta, perché non v’era motivo di anticipare, in una situazione che ci è apparsa di assoluta normalità, comportamenti che appartengono or- dinariamente alla vita coniugale, salvaguardando in tal modo l’onore suo. Ma nel momento in cui l’onore le pare perduto, decide di donarsi a colui che ama; e solo secondariamente, se si legge bene, questo dono diventa compiacergli in

ogni suo desiderio per indurlo a portala via con sé.

Gianni entra nella stanza della sua donna e alla giovane, che non dormiva, si

coricò allato (ibidem). Ella è turbata e impaurita per la sorte capitatale, e

prima che ad altro venissero, tutta la sua intenzion gli aperse, sommamente del trarla quindi e via portarnela pregandolo. Alla qual Gianni disse niuna cosa quanto questa piacergli, e che senza alcun fallo, come da lei si partisse, in sì fatta maniera in ordine il metterebbe che, la prima volta ch’el vi tornasse, via la menerebbe (ibidem).

Poi il tenero abbraccio:

E appresso questo, con grandissimo piacere abbracciatisi, quello diletto presero, oltre al quale niuno maggior ne puote amor pre- stare; e poi che quello ebbero più volte reiterato, senza accorger- sene, nelle braccia l’un dell’altro s’addormentarono (ibidem).

Era capitato anche a Ricciardo e Caterina (V 4), pur se in tutt’altra situazio- ne e con tutt’altro risveglio. Perché il re Federigo, infatti, aveva deciso di star bene e di voler godere di quel nuovo gioco che gli era stato donato. Va dunque nella camera della donna, e la trova tra le braccia di Gianni. Ira funesta, con- danna crudelissima: siano entrambi legati nudi a un palo in piazza, schiena a schiena, ed esposti alla popolazione fino a una certa ora, quando saranno arsi vivi. Così avviene. Fiammetta racconta, non senza una punta d’ironia, che del popolo accorso, come avviene, al truce spettacolo gli uomini ammiravano la bellezza della fanciulla e le donne quella del giovane. Per ventura Ruggiero di Lauria, uomo di valore inestimabile e allora ammiraglio del re83, che di lì passava

ugualmente incuriosito, decise di guardare e la fanciulla e il giovane, e in lui riconobbe Gian di Procida, che a sua volta lo riconobbe, e dopo avergli narrato

83 Altro personaggio storico celeberrimo al suo tempo e ben conosciuto dal B. Cfr. Deca-

tutte le vicende occorse, lo pregò di ottenergli dal re la grazia d’esser legato fronte a fronte con la sua donna:

Io veggio che io debbo, e tostamente, morire; voglio adunque di grazia che, come io sono con questa giovane, la quale io ho più che la mia vita amata ed ella me, con le reni a lei voltato ed ella a me, che noi siamo co’ visi l’uno all’altro rivolti, acciò che morendo io e vedendo il viso suo, io ne possa andar consolato (V 6, 656).

Un così grande amore non poteva che essere ricompensato da un epilogo felice. Ruggero, fattosi ricevere dal re, gli significa che i giovani da lui così duramente condannati sono in realtà figli di due suoi fedeli e potenti alleati; e che nulla hanno fatto per meritare il castigo inflitto, se non amarsi: e che per questo assai più ricompensa meritavano che condanna. E il re decide di seguire il consiglio del suo ammiraglio. Fa liberare i giovani, li gratifica di grandi doni, e

sentendo che di pari consentimento era, a Gianni fece la giovi- netta sposare, e fatti loro magnifichi doni, contenti gli rimandò a casa loro, dove con festa grandissima ricevuti, lungamente in piacere e in gioia poi vissero insieme (V 6, 658).

Nel documento RAGIONI D'AMORE. LE DONNE NEL DECAMERON (pagine 160-163)

Outline

Documenti correlati