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IL MEDIO ORIENTE TRA DISENGAGEMENT E INSTABILITÁ Il prossimo capitolo tratterà delle politiche impostate dall’Amministrazione Obama e

2.3 La guerra al Terrorismo di Obama tra continuità e discontinuità.

Fu proprio il connubio di intenti tra l’islamismo radicale e l’élite baathista sunnita che diede vita alla leadership dell’ISIS in Iraq. Peraltro, a favorire la nascita e la diffusione dello Stato Islamico sono state due macro dinamiche regionali in atto in tutto il Medio Oriente: la crescente radicalizzazione religiosa e la polarizzazione politica

147https://www.nytimes.com/2006/05/01/opinion/01biden.html

148 G. Parigi, il Califfato ovvero l’arrocco sunnita in Siraq, in Limes (11/2015), l’Espresso, pp 49-56 149 Delle cd. Primavere Arabe ed in particolare del caso Libia si tratterà nel Capitolo 4

56 conseguente al confronto strategico tra il blocco sunnita – guidato dall’Arabia Saudita – e il blocco sciita – guidato dall’Iran150.

Dal dicembre 2013 iniziò l’espansione e la saldatura del blocco sociale politico e religioso che diede vita al Daesh. Nel triangolo sunnita, in particolare nella provincia di Anbar, il gruppo terroristico di Al Zarqawi si alleò con le tribù sunnite in rivolta per una serie di arresti di deputati sunniti locali. Il governo centrale per evitare l’apertura di una guerra civile ritirò l’esercito nazionale favorendo così gli jihadisti che arruolarono le milizie locali e gran parte della polizia sunnita che disertò. Nel corso del 2014 queste forze riuscirono a conquistare tutta la provincia e la sua Capitale Anbar, che si arrese nel maggio 2015151. Mentre la più grande città della regione, Mosul, era stata conquistata nel giugno 2014152.

La brutalità e la velocità di espansione di ISIS fece sì che anche il Fronte al Nusra – principale gruppo terroristico che si contendeva il primato nella jihad globale – nel maggio del 2014 si alleasse con Abu Bakr al Baghdadi, il comandante delle milizie di ISIS153.

Il 29 Giugno 2014 il Leader Al Baghdadi annunciò con un videomessaggio la fondazione di un califfato guidato da lui stesso, lo Stato Islamico154. ISIS ha da subito iniziato un’opera di proselitismo che ha travalicato i confini del triangolo sciita Teheran – Baghdad – Damasco, anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie e di una strutturata campagna informativa.

150 G. Parigi, il Califfato ovvero l’arrocco sunnita in Siraq, in Limes (11/2015), l’Espresso, pp 49-56 151https://www.theguardian.com/world/2015/may/17/iraqi-prime-minister-defence-anbar-isis-

attacks

152https://www.theguardian.com/world/2014/jun/10/iraq-sunni-insurgents-islamic-militants-seize-

control-mosul

153 Abu Bakr al Baghdadi era stato prigioniero in un campo statunitense dal 2005 al 2009 quando il

campo chiuse. Una volta rilasciato e nominato Capo dello Stato Islamico dell’Iraq, annunciò la sua alleanza con al Zawahiri, medico egiziano a capo di Al Qaeda dall’uccisione di Bin Laden. Grazie al ritiro delle forze governative dalle provincie orientali siriane, le milizie di Baghdadi iniziarono la propria espansione favorendo inoltre l’ascesa del Leader a discapito della controparte qaedista.

154 La questione della denominazione corretta dello Stato Islamico è stata ampiamente dibattuta

dagli studiosi e dalle cancellerie internazionali. Per Islamic State si intende lo stato islamico auto proclamato dal Califfo Al Baghdadi nel giugno 2014. Contemporaneamente sin dagli inizi del 2014 il governo statunitense e quello britannico hanno utilizzato la sigla ISIS che deriva dal nome originale del gruppo Al-Dawla Al-Islamiya fi al-Iraq wa al-Sham che faceva riferimento al concetto di Grande Siria. Dal canto suo, l’Amministrazione Obama nei suoi comunicati ufficiali ha prediletto l’acronimo ISIL ( Islamic State of Iraq and the Levant). Infine le autorità francesi hanno introdotto dalla fine del 2014 il termine Daesh, definizione che contiene una sfumatura denigratoria (fonte:

57 Questo processo non rappresentò semplicemente un arruolamento di potenziali terroristi o combattenti: l’immigrazione nei territori controllati da ISIS può essere considerata come parte del progetto di state building, che includeva anche una parte simbolica e retorica quale la distruzione dei documenti ufficiali degli Stati di provenienza155. Inoltre fondamentale è sottolineare il processo di ritorno dei foreign fighters negli Stati di provenienza, con l’obiettivo principale di attuare azioni terroristiche destabilizzanti nel Dār al-ḥarb156.

L’azione di ISIS infatti, non si è limitata unicamente all’espansione in Iraq e Siria, bensì ha raggiunto il suo apice con una serie di attentati in tutto il mondo ai danni dei non credenti, ma anche dei musulmani di fede sciita.

Questo breve excursus dell’implosione dell’Iraq così fortemente connesso alla guerra civile siriana è utile all’analisi per esaminare l’atteggiamento dell’Amministrazione Obama di fronte ad un nuovo puzzle geopolitico sviluppatosi a seguito del retrenchment statunitense dall’Iraq.

L’espansione di ISIS rappresentava una minaccia per gli interessi regionali americani e, dilagando nel Siraq157, distruggeva il progetto mediorientale su cui

l’Amministrazione Obama puntava sin dal suo insediamento, ovvero la creazione di uno Stato iracheno stabile e democratico che costituisse un nuovo balance of power della regione Mediorientale da sempre in tensione tra la leadership sunnita dei Sauditi e la teocrazia sciita iraniana. Questo nuovo centro geopolitico di instabilità spinse Obama a lanciare il programma del Pentagono train and equip a favore delle forze di sicurezza irachene158 e fu anche la motivazione principale dell’inizio dei bombardamenti americani in Siria159 e delle incursioni delle Forze speciali sul terreno siriano ed iracheno, nonostante fossero ormai anni che i critici del presidente e i suoi principali consiglieri caldeggiassero questa opzione.160 Le principali energie diplomatiche dei mesi precedenti erano state assorbite dalla crisi ucraina e

155Maja Touzari, Islamic State and al-Qaeda's Foreign Fighters, in Connections, Vol. 16, No. 1 (Winter

2017), Partnership for Peace Consortium of Defense Academies and Security Studies Institutes, pp 87-98

156 Contrapposto al Dār al-Islām, è la terra dei non musulmani dove deve essere diffuso l’Islam. 157 Neologismo che indica la porosità dei confine tra gli Stati dell’Iraq e della Siria, inizialmente

utilizzato in ambito giornalistico, si è rapidamente diffuso anche in ambito accademico.

158 Op. Cit. D. Chollet, The long Game, pp 148

159 L’intervento militare con ISIS in Iraq iniziò nel giugno 2014 con l’operazione Inherent Resolve che

coinvolse una coalizione di oltre 70 Stati.

58 dall’annessione della Crimea da parte di Putin, lasciando così alla disintegrazione l’area siro - irachena a causa della guerra civile e del dissolvimento delle forze di sicurezza irachene.

La nuova strategia della Casa Bianca dopo la conquista di Mosul da parte di ISIS si è basata su 3 assunti principali: Obama rimase determinato nell’affermare (in occasione del suo ultimo Discorso sullo Stato dell’Unione il 12 Gennaio 2016) che ISIS non era una minaccia esistenziale per gli USA161. Ciò stava ad indicare che gli oneri del riequilibrio e la stabilità nell’area dovevano essere assunti maggiormente dai Paesi arabi e dagli Europei162. La minaccia posta da ISIS non era paragonabile alle minacce esistenziali che in passato gli USA avevano fronteggiato come l’Asse nazifascista durante la Seconda Guerra Mondiale, il pericolo di un armageddon nucleare durante la Guerra Fredda o infine il pericolo incarnato nell’ideologia comunista163. In secondo luogo, la nuova strategia di intervento statunitense attraverso bombardamenti e chirurgici interventi on the ground, necessitava di tempo per ottenere successi e per essere sostenibile. Infine il terzo assunto: la ricerca strategica dei corretti strumenti per sconfiggere ISIS. La potenza di fuoco dei bombardamenti statunitensi rappresentava invero un elemento chiave che, tuttavia, non era sufficiente senza capabilities sul terreno che disgregassero definitivamente lo pseudo Stato islamico. Lo Stato Islamico infatti non aveva necessità di controllare i propri confini, bensì penetrare più a fondo possibile nel Siraq e raggiungere i principali distretti petroliferi, che sfruttava economicamente.

Riprendendo infine il già citato ultimo Discorso sullo Stato dell’Unione, pronunciato dal Presidente Obama nel Gennaio 2016 è possibile fare alcune ulteriori considerazioni: But as we focus on destroying ISIL, over-the-top claims that this is World War III just play into their hands. Masses of fighters on the back of pickup trucks and twisted souls plotting in apartments or garages pose an enormous danger to civilians and must be stopped. But they do not threaten our national existence. That's the story ISIL wants to tell; that's the kind of propaganda they use to recruit.[…] For more than a year, America has led a coalition of more than 60 countries to cut off

161https://www.aljazeera.com/news/2016/01/obama-dismisses-idea-isil-existential-threat-

160113033025541.html

162 “ISIS is not an existential threat to the USA […] climate change is a potential threat to the entire world if we don’t do something about it” è un estratto da una delle numerose conversazioni avute

tra J. Goldberg e il Presidente Obama nel già citato articolo “The Obama Doctrine” su The Atlantic, a riprova della visione globale che permeava l’impostazione del Presidente sulle minacce mondiali.

59

ISIL's financing, disrupt their plots, stop the flow of terrorist fighters, and stamp out their vicious ideology. With nearly 10,000 air strikes, we are taking out their leadership, their oil, their training camps, and their weapons. We are training, arming, and supporting forces who are steadily reclaiming territory in Iraq and Syria.[…] Our foreign policy must be focused on the threat from ISIL and al Qaeda, but it can't stop there. For even without ISIL, instability will continue for decades in many parts of the world – in the Middle East, in Afghanistan and Pakistan, in parts of Central America, Africa and Asia. […]

We also can't try to take over and rebuild every country that falls into crisis. That's not leadership; that's a recipe for quagmire, spilling American blood and treasure that ultimately weakens us. It's the lesson of Vietnam, of Iraq – and we should have learned it by now.

Fortunately, there's a smarter approach, a patient and disciplined strategy that uses every element of our national power. It says America will always act, alone if necessary, to protect our people and our allies; but on issues of global concern, we will mobilize the world to work with us, and make sure other countries pull their own weight.

In questo passaggio del discorso è possibile ribadire quale sia stato, fino all’ultimo giorno di Presidenza, l’approccio del Presidente Obama di fronte alla minaccia posta da ISIS. Un approccio smart, paziente e dotato di una strategia disciplinata; una strategia che non escludeva interventi unilaterali da parte degli USA, ma che doveva basarsi fondamentalmente sulla mobilitazione internazionale di fronte ad un pericolo per i cittadini statunitensi e dei Paesi alleati. Dalle parole di Obama, la minaccia di ISIS venne manifestata non principalmente come elemento geopolitico destabilizzante, bensì come minaccia interna ai singoli Stati. Il Califfato ha infatti proseguito l’arruolamento di centinaia di cittadini europei e occidentali164, che sono andati ad aumentare le fila dei combattenti in Siria ed Iraq e, tramite lupi solitari e cellule in tutta Europa hanno compiuto numerosi attacchi terroristici in Europa165 e

164 Ad esempio, i numeri dei cd. Foreign fighters europei che si sono arruolati tra le fila di ISIS sono

indicate in : https://www.truenumbers.it/quanti-sono-foreign-fighters/ (fonte EUROPOL)

165 Solo per quanto riguarda gli attentati rivendicati e attribuiti ad ISIS in UE è utile ricordare, il 7

gennaio 2015, gli attentati coordinati a Parigi nello stesso giorno dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo (rivendicato da Al Qaeda della Penisola Arabica); il 13 Novembre 2015 a Parigi, la strage del Bataclan e l’attentato coordinato fuori dallo Stade de France; il 22 Marzo 2016 a Bruxelles tre attentati all’Aeroporto di Zaventem e alle stazioni Maelbeek e Schuman della metropolitana;13

60 negli Stati Uniti166. L’approccio di Obama, nonostante il bilancio della sua guerra al terrorismo non possa dirsi soddisfacente, rimase quindi fino al termine del suo mandato, smart e con una strategia paziente e disciplinata con la consapevolezza, già espressa in un public speech sulla guerra in Siria nel Settembre 2013167, che gli USA non potessero più essere i gendarmi del mondo. Tale indicazione conferma, dal punto di vista di Obama, l’impostazione concreta e pragmatica di un Presidente consapevole dei limiti della superpotenza statunitense, non in grado di far fronte ad ogni teatro globale di instabilità senza che anche gli altri governi alleati facciano la loro parte. Prima di terminare l’analisi riguardante la guerra al terrorismo è necessario focalizzarsi brevemente sugli strumenti utilizzati dagli Stati Uniti in una guerra combattuta e subita su scala mondiale. Si stima che gli USA abbiano impiegato circa 4,5 mila miliardi di dollari dall’11/9 per la guerra al terrorismo in tutto il mondo, lasciandosi trascinare in una guerra settaria tra le varie fazioni islamiste e adottando di volta in volta una politica caratterizzata da alleanze contraddittorie e di dubbia efficacia168. Lo strumento principale della guerra mondiale al terrorismo è tuttora lo Unmanned Aerial Vehicle (UAV) o drone a pilotaggio remoto. L’utilizzo di questo strumento è stato autorizzato da Bush nel 2004, ma è stata l’Amministrazione Obama ad incrementarne l’utilizzo fino a farlo diventare il principale strumento per “esecuzioni mirate” in aree dove si addestrano ed operano le cellule del terrorismo islamista in failed states o Stati attanagliati da guerra civile come Pakistan, Yemen e Somalia, oltre ai già citati teatri di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq. L’utilizzo dei droni è stato utilizzato principalmente per localizzare e decapitare la leadership dei terroristi, limitando il dispiegamento di forze sul terreno. Il contrappasso politico di un utilizzo smodato degli attacchi con i droni è stato una forte rimostranza diplomatica dei governi sovrani come quella dei nazionalisti pakistani169 che, come già detto precedentemente, hanno innescato una grave crisi diplomatica in occasione del già citato intervento ad

Giugno 2016 a Parigi un nuovo attentato miete due vittime fuori da un commissariato; 25 Luglio 2016 ad Ansbach in Germania un nuovo attentato durante un concerto.

166 Negli USA sono stati molteplici gli attacchi rivendicati dall’ISIS tra i quali quello del 2 Dicembre

2015 a San Bernardino, il 16 Luglio 2015 a Chattanooga, il 3 Maggio 2015 nella periferia di Dallas; altri importanti attacchi terroristici non riconducibili all’ISIS bensì alla rete transnazionale di Al Qaeda sono stati in Texas il 5 Novembre 2009 e il 15 Aprile 2013 a Boston

167https://www.ndtv.com/world-news/america-is-not-the-worlds-policeman-text-of-barack-

obamas-speech-on-syria-534239

168 A.A Ginammi, La Guerra al terrrismo, drones, loans and phones, in La dottrina Obama (a cura di )P. Wulzer , Textus Ed. 2017, pp 290

169 Alexander Salt, Transformation and the War in Afghanistan, in Strategic Studies Quarterly, Vol.

61 Abbottabad, che però non ha fatto cessare le incursioni170. I bombardamenti tramite i droni hanno prodotto notevoli risultati nella disgregazione delle cellule islamiste, riducendo la possibilità di offensive su larga scala nella regione Af-Pak e nella regione dell’Iraq e della Siria. Gli obiettivi principali, oltre alle persone fisiche, erano le infrastrutture utilizzate dagli jihadisti e tutte le strutture di finanziamento diretto o indiretto alle cellule terroristiche.

Da un punto di vista retorico la global war on terror di Bush è stata modificata in countering violent extremism, ma la nuova semantica aveva lasciato intatte numerose similarità con l’approccio bushiano171, non ultima la questione dei trattamenti degradanti al limite della tortura e della detenzione nel carcere di Guantanamo, la cui chiusura è stata una delle promesse del sen. Obama in campagna elettorale, mai attuata. Il bilancio della guerra al terrorismo di Obama non può quindi che portare ad una valutazione tendenzialmente negativa: Obama ha terminato il proprio mandato lasciando un Medio Oriente tutt’altro che pacificato, con un numero sempre crescente di vittime causate dal terrorismo e con una crescita e radicalizzazione delle organizzazioni terroristiche in numerosi Stati mediorientali; tali organizzazioni, seppur indebolite dall’incessante intervento aereo multinazionale a guida statunitense, mantengono intatta la loro pericolosità anche all’interno degli Stati Uniti stessi e dei loro alleati.

Per capire infine quale quadro di relazioni internazionali abbia lasciato Obama per gli USA nel Medio Oriente è necessario terminare l’analisi raffigurando l’evoluzione dei rapporti con gli Stati del Golfo in raffronto alla politica di sicurezza energetica implementata dal Presidente nei suoi otto anni di presidenza.