L’ALTRO OBAMA: IL PIVOT TO ASIA E IL CLIMATE CHANGE L’analisi della politica estera e di sicurezza del Presidente Obama nell’area
3.2 Il climate change: Obama e l’impegno per la salvaguardia ambientale.
3.2.1 Le politiche contro il climate change nel secondo mandato Obama.
Tuttavia, i più importanti obiettivi raggiunti da Obama si concentrarono nel suo secondo mandato, quando riuscì a dare nuovo impulso interno e internazionale alla sua environmental Grand Strategy. Il suo secondo Inaugural Address, del gennaio 2013, si concentrò proprio sulla minaccia del cambiamento climatico: We will respond to the threat of climate change, knowing that the failure to do so would betray our children and future generations. Some may still deny the overwhelming judgment of science, but none can avoid the devastating impact of raging fires and crippling drought and more powerful storms. […] That’s how we will maintain our economic vitality and our national treasure -- our forests and waterways, our croplands and snow-capped peaks. That is how we will preserve our planet, commanded to our care by God299.
Durante il secondo mandato di Obama, il Dipartimento di Stato siglò numerosi memorandum bilaterali con i principali partner statunitensi. I contenuti di questi accordi si concentravano sulla cooperazione nella tutela della biodiversità e degli
295 M. Del Pero, Era Obama, dalla speranza del cambiamento all’elezione di Trump, Feltrinelli,
Milano, 2017, pp 160
296https://obamawhitehouse.archives.gov/the-record/climate 297 Ibidem
298http://news.gallup.com/poll/206030/global-warming-concern-three-decade-high.aspx 299 Questo passo dell’Inaugural Address è citato nell’apertura del Climate Action Plan (consultabile
su:
https://obamawhitehouse.archives.gov/sites/default/files/image/president27sclimateactionplan.pdf )
96 ecosistemi, nella salvaguardia delle risorse idriche e delle aree naturali protette nonché la condivisione di good policies mirate alla mitigazione degli effetti del climate change300.
Nel Giugno 2013, Obama promosse il Climate Action Plan, un piano di azione dettagliato e concreto sulle politiche che gli Stati Uniti avrebbero intrapreso nella riduzione delle emissioni di carbonio, nell’aumento delle capabilities di resilienza rispetto all’impatto del climate change ed infine sulla nuova leadership globale che avrebbe permesso una cooperazione internazionale forte ed approfondita301.
Anche grazie alla nuova immagine green degli USA, il Presidente poté intensificare il proprio impegno internazionale a favore della riduzione delle emissioni. Il 12 Novembre 2014, durante il viaggio cinese di Obama, i due Leader annunciarono la firma di uno storico accordo, a seguito di nove mesi di trattative riservate, che prevedeva per gli USA la riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2025302, in un range del 26-28% rispetto ai livelli del 2005, mentre l’impegno cinese era quello di arrestare la crescita inesorabile delle emissioni entro il 2030, se non prima, ed inoltre raggiungere per quella data il 20% di produzione energetica ad emissioni zero303. I due maggiori produttori di gas serra, nonché le due maggiori potenze economiche mondiali avevano raggiunto un accordo che sottintendeva l’impegno di entrambi i Paesi nella lotta al climate change ed il riconoscimento dei potenziali rischi prodotti dall’aumento sconsiderato delle emissioni. Nel Joint Announcement on Climate Change304, Obama e Xi Jinping affermarono che Stati Uniti e Cina avevano un ruolo cruciale nel combattere il global climate change, una delle minacce più importanti dell’umanità; inoltre riaffermarono l’importanza di intensificare la cooperazione bilaterale in materia ambientale ed energetica, sottolineando come una serie di smart actions avrebbero potuto guidare l’innovazione e rafforzare le crescita economica di entrambi i Paesi.
300 Alcuni tra i principali accordi di cooperazione sui temi ambientali sono Environmental cooperation between the USA and Panama del 2012, Environmental Cooperation between USA and Colombia del
2013, Memorandum of Understanding and scientific and technological cooperation between USA and
China del 2015, Environmental Cooperation between USA and Mexico del 2016.
301 D. Robinson, President Obama’s Climate Action Plan: decarbonizing the power sector, analysis No
222, dicembre 2013, ISPI, pp 2 302https://obamawhitehouse.archives.gov/blog/2014/11/12/us-and-china-just-announced- important-new-actions-reduce-carbon-pollution 303https://www.theguardian.com/environment/2014/nov/12/china-and-us-make-carbon-pledge 304https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/2014/11/11/us-china-joint- announcement-climate-change
97 Questo accordo diede impulso a nuove negoziazioni internazionali nel 2015 in vista del COP 21. Anche questa intesa, come altri accordi internazionali precedentemente analizzati, venne tuttavia fortemente contrastata dai Repubblicani, che, solo due settimane prima, nelle elezioni di mid-term avevano guadagnato la maggioranza anche al Senato con 54 seggi305.
Per bypassare l’ostruzionismo repubblicano, nell’agosto 2015 Obama utilizzò la prerogativa presidenziale di poter imporre regole ambientali attraverso l’Environmental Protection Agency, l’Agenzia governativa per la protezione ambientale, come era già stato fatto nel 1970 con il Clean Air Act e promosse il Clean Power Plan: un piano che riprese i principi già enunciati pochi mesi prima alla Convenzione Globale sul Clima, definendo gli standard per ridurre le emissioni di anidride carbonica del 32% entro il 2030. Questo obiettivo sarebbe stato raggiunto attraverso investimenti nelle tecnologie energetiche pulite con obiettivo 30% di clean energy entro il 2030, vantaggi competitivi nel campo eolico e nell’efficientamento energetico. Pochi mesi dopo, nel febbraio 2016, a seguito dell’impugnazione da parte di ventisette Stati, la Corte Suprema bloccò l’implementazione del Clean Power Plan. Parallelamente l’impegno di Obama a livello internazionale proseguì e raggiunse il più importante obiettivo internazionale: la COP21306 di Parigi, tenutasi da fine novembre al 12 Dicembre 2015 portò ad uno storico accordo: 195 Stati partecipanti tra cui gli Stati Uniti e la Cina, raggiunsero un’intesa, l’Accordo di Parigi. Nel Paris Agreement, erano 5 gli obiettivi principali dei 195 Stati firmatari: mantenere il riscaldamento globale entro fine secolo nel limite massimo di +2 gradi Celsius; l’equilibrio nella seconda metà del secolo tra emissioni antropiche e il loro assorbimento; l’impegno volontario dei firmatari a trovare gli strumenti idonei a raggiungere tali obiettivi; un
monitoraggio continuo dei progressi e degli impegni assunti; l’impegno da parte delle economie più ricche ed avanzate a finanziare 100 mld di $ annui dal 2020
per sostenere la mitigazione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo.
Il Paris Agreement307 rappresentava l’avvio di nuove dinamiche a livello internazionale, innanzitutto per la clausola di entrata in vigore: nell’articolo 21 del
305https://www.nytimes.com/elections/2014/results/senate
306 La COP21 è stata la ventunesima sessione annuale della conferenza della Convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992 e la undicesima sessione delle parti del Protocollo di Kyoto.
307 Il testo completo del Trattato è disponibile su:
98 trattato si stabilì che il trattato sarebbe entrato in vigore nel momento in cui almeno 55 Stati, responsabili di almeno il 55% delle emissioni, avessero ratificato il Trattato. Al di là delle più rosee previsioni, sotto l’impulso sino- statunitense, già nell’ottobre 2016, alla soglia delle Presidenziali americane, si raggiunse la doppia soglia prevista per l’entrata in vigore del Trattato. La spinta statunitense era motivata anche da un’importante fattore interno: il candidato repubblicano Donald Trump storicamente si era battuto contro il global warming accusando pubblicamente la Cina di aver concepito tale concetto per attaccare la competitività del settore manifatturiero statunitense; Trump, inoltre, aveva più volte parlato del global warming come a hoax – una bufala308. Nel maggio 2016, Trump aveva delineato in un discorso pubblico il suo piano di riforma energetica basata sulla completa indipendenza degli Stati Uniti dall’estero, espandendo la produzione domestica di petrolio e gas, cancellando il Clean Power Plan di Obama, portando gli Stati Uniti fuori dal Paris Agreement e permettendo la costruzione del Keystone XL oil pipeline309. Questa piattaforma programmatica completamente opposta alle politiche attuate da Obama durante la sua Presidenza, avrebbe riportato la posizione degli Stati Uniti su un piano fortemente ideologizzato e antiscientifico, per certi versi simile all’impostazione di George W. Bush.
Il 5 Ottobre 2016 quindi si attivò l’art. 21 del Trattato che entrò formalmente in vigore 30 giorni dopo, il giorno delle elezioni Presidenziali americane. Obama parlò di historic day in the fight to protect our planet for future generations310, seguito da importanti ed entusiaste dichiarazioni del Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki Moon e del Commissario Europeo per l’energia ed il clima Miguel Canete.
Anche se un’analisi complessiva della legacy di Obama in politica estera sarà affrontata nelle conclusioni del presente studio, è possibile anticipare che la protezione ambientale possa essere considerata una dei maggiori risultati dell’Amministrazione Obama in campo internazionale. La rottura politica e retorica di stampo realista di
308 Una selezione di significativi tweet di Trump sul global warming è disponibile su:
http://www.businessinsider.com/donald-trump-hillary-clinton-debate-climate-change-2016-10?IR=T
309 Un altro punto della politica ambientale di Obama fu stabilito nel novembre 2015, quando Obama
sospese la costruzione di un imponente oleodotto, il Keystone XL, che avrebbe percorso longitudinalmente gli Stati Uniti, partendo dall’Alberta – Canada, fino a raggiungere Houston in Texas. Nel suo discorso tenuto nella Roosevelt Room della Casa Bianca, Obama dichiarò, in accordo con il Dipartimento di Stato, che l’oleodotto non era funzionale per gli interessi nazionali degli Stati Uniti d’America (fonte: https://www.washingtonpost.com/news/post-politics/wp/2015/11/06/full- text-president-obamas-remarks-on-the-keystone-xl-pipeline/?utm_term=.7a4c71cfde35)
99 Obama in questo campo, rispetto alla posizione ideologica del suo predecessore, ha prodotto un percorso virtuoso che ha portato ad un Accordo internazionale che potrebbe costituire una pietra miliare della salvaguardia del nostro pianeta. Allo stesso modo, se è possibile concentrare i principali risultati internazionali di Obama nel secondo mandato, in particolare nell’ultimo biennio, non si può che sottolineare come il Presidente sia ricorso ad un ampio e disinvolto uso dei poteri presidenziali, molto di più rispetto ai suoi predecessori Clinton e Bush311. L’utilizzo incisivo dei poteri esecutivi da parte di Obama si è reso necessario e talvolta ineludibile per proseguire nella sua azione internazionale poiché, dal novembre 2014, con le elezioni di mid- term, i Democratici avevano perso il controllo di entrambe le Camere. Sebbene quindi l’azione di Obama, fosse divenuta matura e più incisiva, la leva del potere esecutivo portava con sé un problema fondamentale che si sarebbe rivelato solo dopo le elezioni presidenziali del 2016, le norme promulgate senza ratifica da parte del Congresso, erano potenzialmente abrogabili in qualsiasi momento dal futuro inquilino della Casa Bianca.
311 I dati degli Executive Orders presidenziali sono tratti da:
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