L’ALTRO OBAMA: IL PIVOT TO ASIA E IL CLIMATE CHANGE L’analisi della politica estera e di sicurezza del Presidente Obama nell’area
3.1 Il pivot to Asia o rebalancing: tra continuità e novità
3.1.2 Il pivot: aspetti strategici e militar
Sotto il profilo degli aspetti di sicurezza e militari del pivot, il ribilanciamento militare si è caratterizzato da una diffusa distribuzione delle forze che è andata ad aumentare la presenza militare nel Pacifico nonostante il Budget Control Act del 2011, legge che implicava importanti tagli al settore della difesa, ma per i quali il Segretario Panetta si affrettò a specificare che non erano diretti all’Asia Pacifica238; il vettore militare del pivot venne annunciato da Obama di fronte al Parlamento australiano nel novembre 2011: the United States will play a larger and long-term role in shaping this region and its future239. Le principali minacce alle quali Washington voleva far fronte,
intensificando la quantità e la qualità del proprio dispiegamento militare in Paesi alleati quali Giappone e Corea del Sud erano principalmente: l’aggressività del regime di Pyongyang e le sue capacità nucleari e la crescita esponenziale della Cina come attore strategico internazionale in campo marittimo e della cybersicurezza. Nella Quadriennal Defence Review, pubblicata nel febbraio 2010 dal Dipartimento della Difesa, pur rimarcando la volontà di cooperazione, si sottolineava come lo sviluppo degli armamenti da parte della Repubblica Popolare cinese non fosse accompagnato da adeguate informazioni circa gli scopi reali del suo programma di ammodernamento e ponendo perciò molti dubbi sulle intenzioni cinesi a lungo termine240.
Il combinato disposto tra la più importante presenza militare statunitense e l’impegno cinese all’espansione dei propri interessi economici nell’area pacifica produsse
238 Congressional Research Service, Pivot to Pacific? The Obama Administration’s Rebalancing Toward Asia, summary , https://fas.org/sgp/crs/natsec/R42448.pdf
239https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/2011/11/17/remarks-president-obama-
australian-parliament
81 tuttavia un effetto collaterale rispetto alla ricerca statunitense di una stabilità economica e strategica dell’area: un atteggiamento più determinato da parte di Paesi come India, Filippine, Vietnam, Indonesia, Laos e Tailandia che potevano perseguire in maniera più disinvolta ed indipendente i propri interessi nazionali con rivendicazioni territoriali e marittime241
È rilevante rimarcare che, durante la Presidenza Obama, l’apertura al dialogo anche nel settore militare portò anche ad alcune cooperazioni congiunte USA-Cina in casi di assistenza umanitaria, nel contrasto alla pirateria e alla lotta al terrorismo internazionale242.
Il rebalancing e la costruzione di relazioni di alto livello con il governo cinese avevano anche un ulteriore scopo strategico: il containment e potenzialmente lo smantellamento del programma nucleare nord coreano. La Repubblica popolare cinese infatti è storicamente il partner commerciale e la principale fonte di generi alimentari ed energia del regime nordcoreano. Inoltre, sia per l’impostazione storica di non ingerenza negli affari interni degli altri Stati, sia per prevenire il collasso del regime nordcoreano con il conseguente flusso migratorio verso i confini cinesi, Pechino si è sempre opposta a sanzioni internazionali robuste in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Dal 2006 tuttavia, le numerose prove di forza nordcoreane e i reiterati test militari di vettori a medio e lungo raggio hanno incrinato la solida alleanza, spingendo la Cina ad allinearsi spesso con le sanzioni proposte dagli altri membri del Consiglio di Sicurezza con in testa gli Stati Uniti. Nonostante questo atteggiamento collaborativo, il volume degli scambi commerciali tra i due Paesi confinanti ha segnato un incremento importante durante gli anni di Presidenza Obama, passando da 2,68 mld di $ del 2009 a 6,06 mld di $ nel 2016243. L’Amministrazione statunitense fu da subito impegnata diplomaticamente nel contenere l’aggressività militare nordcoreana: le provocazioni militari di Pyongyang e il suo programma missilistico - nucleare
241 Ad esempio, pur con gli USA formalmente neutrali, dal 2012 le Filippine provocarono
apertamente la Cina in merito all’atollo di Scarborough, il Vietnam rivendicò la sovranità sulle isole Paracelso e Spratley e il Giappone acquisì nel settembre 2012 tre delle cinque isole Senkaku/ Diaoyu, oggetto di una disputa sino- giapponese che si trascinava dai tempi dell’Impero Cinese ( su
quest’ultima disputa si veda: http://www.limesonline.com/isole-senkaku-scenari-attuali-di-una- disputa-antica-tra-cina-e-giappone/41312)
242 Department of Defence, Annual Report to Congress, Military and Security Development involving the People’s Republic of China-2016, pp 95,
https://www.defense.gov/Portals/1/Documents/pubs/2016%20China%20Military%20Power%20Rep ort.pdf
243 E. Albert, The China-North Korea Relationship, Council on Foreign Relations, marzo 2018,
82 rappresentavano una delle principali minacce alla stabilità regionale e alla sicurezza degli interessi degli USA e dei suoi alleati244. L’obiettivo storico del regime nordcoreano era quello di garantire la sopravvivenza strategica del Paese utilizzando la deterrenza nucleare e forzando la Comunità Internazionale a concessioni e assistenza sotto ricatto nucleare.
Dopo pochi mesi dall’insediamento di Obama, nell’aprile 2009 il regime di Pyongyang effettuò il lancio di 3 missili a lungo raggio, confermando così la volontà di dotarsi di armi nucleari e di supporti missilistici in grado di raggiungere potenzialmente il territorio degli Stati Uniti. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU replicò con una dichiarazione congiunta e la minaccia di nuove sanzioni. La risposta di Pyongyang non si fece attendere e, a fine aprile 2009, si ritirò dai Six Party Talks ed espulse gli osservatori dell’AIEA e statunitensi dal complesso nucleare di arricchimento di Yongbyon. Il mese successivo condusse il secondo test nucleare sotterraneo che portò alla adozione della risoluzione 1874 del Consiglio di Sicurezza245. Ad ogni modo, l’embargo finanziario e commerciale non ebbe i risultati auspicati dall’Amministrazione Obama, intenzionata ad applicare la medesima dual track strategy policy in via di implementazione nei confronti dell’Iran.
L’approccio statunitense fu concentrato principalmente sull’isolamento, il containment e la counterproliferation ed in questo senso fondamentale era il ruolo delle principali potenze dell’est Asiatico quali Giappone, Corea del Sud e Cina. Le tensioni tra i due Paesi aumentarono durante la primavera 2010 a causa dell’affondamento della Chenoan, un’imbarcazione battente bandiera sudcoreana; i servizi statunitensi individuarono la causa dell’affondamento in un attacco missilistico subacqueo da parte di un sommergibile nordcoreano246. Così Clinton nel luglio 2010, durante una visita a Seoul, annunciò nuove sanzioni unilaterali statunitensi come risposta al coinvolgimento nordcoreano nell’attacco alla Chenoan247.
Un approccio complementare al containment fu quello dell’engagement e una limitata cooperazione: gli Stati Uniti operarono attraverso numerosi contatti a più livelli, sia multilaterali che bilaterali, con l’obiettivo di conoscere i reali obiettivi di Pyongyang,
244 Dobbins, Solomon, Chase, Larrabee, Lempert, Liepman, Martini, Ochmanek, Shatz, East Asia- Strategic Rethink, RAND Corporation, 2015, pp 98
245 La risoluzione ampliava l’embargo nei confronti della Corea del Nord ed intensificava il regime di
ispezioni per prevenire l’importazione o esportazione di componenti militari o dual use (fonte: https://www.un.org/sc/suborg/en/s/res/1874-%282009%29)
246https://www.nytimes.com/2009/11/19/world/asia/19prexy.html 247www.bbc.com/news/world-asia-pacific-10710296
83 riducendo così le provocazioni e i potenziali rischi di un errore di calcolo. Solo nel febbraio 2012 si raggiunse un nuovo accordo tra gli USA e la Corea del Nord stipulato a Pechino sul quale Clinton si espresse in maniera molto cauta: Today's announcement represents a modest first step in the right direction. We, of course, will be watching closely and judging North Korea's new leaders by their actions248. In base a questa moratoria, Pyongyang avrebbe sospeso i test nucleari, l’arricchimento dell’uranio, i test di nuovi missili intercontinentali e avrebbe inoltre permesso il ritorno degli ispettori AIEA. Gli USA si impegnavano, dal canto loro, a rifornire di circa 240 mila tonnellate di generi alimentari il paese, così fortemente provato dal lungo embargo economico. Anche questa moratoria tuttavia ebbe vita breve poiché nel dicembre 2012 Pyongyang effettuò un nuovo lancio di un satellite con tecnologia compatibile ai missili balistici a cui corrispose una nuova Risoluzione, la 2087 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che rafforzava ulteriormente l’embargo commerciale sui prodotti di lusso, sul piano finanziario e sull’import/export di materie prime potenzialmente utilizzate per lo sviluppo del programma nucleare. Essenzialmente l’engagement statunitense di Obama nei confronti della Corea del Nord non ebbe i risultati sperati: nonostante alcuni annunci negli anni successivi che riproponevano la volontà di riesumare i Six Party Talks249, Pyongyang proseguì nei test missilistici e nucleari
durante il 2015 e il 2016 seguiti da nuove risoluzioni ONU nel marzo 2016 e nel novembre 2016250.
In sostanza, il rebalancing verso l’Asia non era riuscito a contenere l’aggressività nordcoreana, né ad interrompere il programma nucleare. I principali risultati a favore dell’Amministrazione Obama furono poi utilizzati anche dalla candidata democratica Clinton per difendere la sua impostazione di politica estera nei confronti di Pyongyang: in risposta alle critiche dei candidati alle primarie repubblicane affermò che la sua politica di pivot to Asia aveva spinto Cina e Russia a votare favorevolmente alle varie risoluzioni ONU approvate negli anni, creando così le basi per un rilancio dei Six Party Talks per mettere fine al programma nucleare di Kim Jong Un251.
L’altro grande partner geopolitico dell’area per Obama era rappresentato dall’India. Il primo elemento che Obama considerò vitale nei rapporti bilaterali fu proprio la
248https://www.theguardian.com/world/2012/feb/29/north-korea-moratorium-nuclear-programme 249 Nell’ottobre 2014 il Ministro degli Esteri Russo Lavrov auspicò la riapertura delle trattative (fonte:
http://tass.com/russia/752133)
250 Risoluzioni 2270 e 2321 (fonte: https://www.un.org/sc/suborg/en/sanctions/1718/resolutions) 251https://edition.cnn.com/2016/01/06/politics/north-korea-bomb-test-2016-reaction/index.html
84 cooperazione in materia di difesa e sicurezza: durante l’ottennato di Obama le esercitazioni militari congiunte tra i due paesi aumentarono in maniera importante, così come aumentarono le vendite di equipaggiamenti militari pesanti a Nuova Delhi calcolati in oltre 13,9 mld di $ nel solo triennio 2011-2014. A dispetto della tradizionale ideologia del “non allineamento”, sopravvissuta parzialmente alla fine della Guerra Fredda, Nuova Delhi stipulò con gli USA tre accordi “fondamentali” di cooperazione in ambito di cooperazione militare e di sicurezza252.
Nonostante l’approfondimento dell’alleanza e della cooperazione militare ed economica tra USA e India, il governo Indiano tenne una posizione scettica e ambivalente riguardo al pivot to Asia di Obama: dal punto di vista indiano, le politiche americane seguivano le pressioni e le compulsioni dei Leader regionali; ad esempio durante il primo mandato Obama, la volontà statunitense di instaurare un G-2 con la Cina per la cooperazione nel Sud Est Asiatico fu vista con riluttanza dal governo di Nuova Delhi, sottoposto a numerose incursioni militari cinesi nei suoi territori a confine. Questo atteggiamento di cooperazione con la Cina e il disengagement dalle rivendicazioni territoriali indiane avevano spinto ad una posizione scettica dell’India verso il progetto obamiano, scetticismo che non diminuì neppure nell’ultimo biennio della Presidenza Obama, quando l’incremento degli accordi commerciali e di cooperazione militare ebbe il suo massimo picco253.