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L’ALTRO OBAMA: IL PIVOT TO ASIA E IL CLIMATE CHANGE L’analisi della politica estera e di sicurezza del Presidente Obama nell’area

3.1 Il pivot to Asia o rebalancing: tra continuità e novità

3.1.4 Il pivot: aspetti politico diplomatic

L’aspetto più innovativo del rebalancing delle Amministrazioni Obama risulta essere sicuramente quello politico e diplomatico: se da una parte gli Stati Uniti hanno proseguito nel rafforzamento della rete di alleanze bilaterali, il fattore di novità è rappresentato dalla volontà dell’Amministrazione Obama di un engagement statunitense nelle istituzioni multilaterali regionali e una gestione proficua dei rapporti ad alto livello con la Repubblica Popolare Cinese.

Sotto il primo aspetto, si è intensificata la partecipazione americana all’Asean Regional Forum266 e all’ East Asia Summit267. Questo nuovo attivismo statunitense promosso da Obama ha posto fine all’atteggiamento di benign neglect che gli USA hanno mantenuto nei confronti delle istituzioni multilaterali regionali dalla fine della guerra del Vietnam. In occasione del 15° anniversario della normalizzazione dei rapporti tra USA e Vietnam, nel 2010, Clinton a Hanoi riaffermò l’importanza dell’engagement americano nell’area con particolare riferimento alla partecipazione all’ASEAN; in quell’occasione annunciò l’apertura di una sede permanente degli USA a Jakarta presso l’ASEAN e assicurò la partecipazione degli USA ai colloqui per risolvere i più importanti quesiti dell’Asia Pacifica tra i quali il pericolo nordcoreano, la situazione politico-istituzionale birmana, il climate change e, non ultime, le rivendicazioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale. L’affermazione in quel consesso da parte di Clinton che il suo Paese has a national interest in freedom of navigation, fece scaturire dure reazioni cinesi che per bocca del ministro degli Esteri Yang Jiechi268 pose l’accento sulle conseguenze di un’eventuale internazionalizzazione delle dispute nel Mar Cinese Meridionale269. La risposta cinese alle esternazioni di Clinton fu anche militare: dal

confronti della crescita economica della Cina (fonte: https://www.theguardian.com/world/us- embassy-cables-documents/199393 )

266 L’ARF è un meeting multilaterale di 27 Stati, istituito nel 1994, che comprende tutti i paesi

dell’ASEAN più Australia, Bangladesh, Canada, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Giappone, India, Mongolia, Nuova Zelanda, Pakistan, Papua Nuova Guinea, Russia, Timor-Leste, Sri Lanka, USA e UE

267 Forum organizzato da diciotto paesi dell’area pacifica. Dopo l’interesse esplicito

dell’Amministrazione Obama, dal 2011, gli USA e la Russia sono stati invitati a prendere parte ai vertici annuali (fonte: http://www.thehindu.com/news/international/U.S.-Russia-to-join-EAS- ASEAN/article15795557.ece)

268http://www.washingtonpost.com/wp-

dyn/content/article/2010/07/29/AR2010072906416_2.html?sid=ST2010072906761

269 Le dispute riguardavano principalmente alcuni arcipelaghi rivendicati dagli Stati rivieraschi che si

affacciano sul Mar Cinese Meridionale. Questi gruppi di isole sono disabitati, ma importanti da un punto di vista strategico ed energetico.

88 giugno 2010 numerose furono le esercitazioni navali nel Mar Cinese Orientale e Meridionale volte a confermare l’assertività cinese riguardo i suoi interessi nazionali. Dal 2011 gli USA, al contrario delle previsioni, erano stati inoltre risucchiati nell’arco di crisi che andava dal Nord Africa, scosso dalle Primavere Arabe, al Medio Oriente, alla Crisi Ucraina. Il pivot to Asia nato, come descritto in apertura, nell’ottobre 2011, rischiò, con una metafora, di annegare sul nascere nelle acque del Mediterraneo. Nuovo impulso tuttavia fu dato dal 2012 con il secondo mandato della Presidenza Obama e l’avvicendamento di John Kerry nel ruolo di Segretario di Stato. Nell’ottobre 2013 venne previsto un imponente tour dell’Asia da parte del Presidente, tour che in realtà venne posticipato all’Aprile 2014 a causa dello shutdown dell’Amministrazione Americana. Obama visitò così Giappone, Corea del Sud, Malaysia e Filippine affrontando in prima persona i principali dossier aperti della regione. Il viaggio non toccò la Cina, ma era chiaro che i pubblici ai quali si rivolgeva Obama in ogni tappa erano due: i propri alleati regionali e Pechino stessa.

A Tokio, Obama affermò che gli USA erano pronti ad onorare gli accordi di mutua assistenza rispondendo ad una domanda sul futuro dell’arcipelago Diaoyu/Senkaku; in tale occasione Obama accolse favorevolmente il progetto del Premier nipponico Shinzo Abe, che ha reinterpretato le limitazioni costituzionali dell’esercito di autodifesa, nel senso di una capacità di pronto intervento nel caso di conflitto con Cina o Corea del Nord270. La successiva tappa malese di Obama, a Kuala Lumpur, fu l’occasione per ridare slancio agli incontri ministeriali per la negoziazione del TPP: la Malesia di fatto era uno dei Paesi più restii e più sensibili al trattato di libero scambio ed integrazione economica multilaterale, con clausole che rischiavano di porre precise limitazioni per le sue aziende private e pubbliche. Obama ripartì da Kuala Lumpur con la promessa di un accordo bilaterale di libero scambio, ma senza precisi impegni riguardo alla partnership multilaterale. La terza tappa di Obama fu Manila, Capitale delle Filippine, uno dei Paesi storicamente più vicini agli USA nell’area. Durante la visita del 28-29 Aprile 2014 Obama e Benigno Aquino III, il presidente filippino, firmarono un Enhanced Defence Cooperation Agreement decennale che assicurava la sicurezza del Paese e apriva i porti filippini agli USA.

270 L. Capisani, Obama in Asia: un nuovo impulso al Pivot USA?, Commentary, ISPI, aprile 2014,

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/obama-asia-un-nuovo-impulso-al-pivot-degli-stati-uniti- 10323

89 Il bilancio di quel viaggio politico – diplomatico seppur positivo e caratterizzato da importanti accordi e partnership sottoscritte riuscì a rassicurare solo momentaneamente gli alleati. Infatti fu chiaro in ogni Governo visitato che il focus era tornato sulle urgenze transatlantiche e mediterranee, prova ne fu il discorso del Presidente Obama a Kuala Lumpur sulle nuove sanzioni alla Russia per la situazione in Ucraina.271

Ultimo aspetto da affrontare riguardo al rebalancing statunitense verso l’Asia riguarda l’atteggiamento tenuto dall’Unione Europea e dagli Stati appartenenti.

Lo sviluppo del pivot andava necessariamente a contendere, non solo le politiche europee nei confronti degli USA, ma anche le politiche europee verso l’Asia ponendo la questione di come l’Europa avrebbe mantenuto la sua rilevanza nel secolo Asiatico272.

Il non detto della politica di rebalancing riguardava proprio l’impegno statunitense in Europa e il timore degli Alleati transatlantici di perdere il proprio peso internazionale. Mentre il rapporto tra gli USA e l’Europa durante i mandati di Obama verrà approfondito nel successivo capitolo, importa qui considerare i timori europei di un disengagement statunitense dal Mediterraneo e dall’Europa intera. Sullo sfondo di questo timore stava il “mito” dell’abbandono statunitense, in termini di capabilities militari, dal teatro europeo. Da sottolineare è il fatto che il ritiro previsto delle truppe dall’Europa era più simbolico che operativamente rilevante. In realtà il ritiro delle truppe statunitensi dall’Europa è stato costante sin dalla fine della Seconda Guerra mondiale ad esclusione di lieve aumento negli anni ’80 ; ad ogni modo il problema europeo rimaneva simbolico e percettivo come ebbe ad affermare il Ministro della Difesa inglese John Nott nel 1982: it’s well to remember that it’s not only numbers, but the perception of change, that is important. Any reduction which was perceived to cast doubt on the strength of the American commitment to Europe would serve only to weaken deterrence .

Il pivot to Asia di Obama in sostanza causò forti timori tra le cancellerie europee. Il dibattito europeo riguardo all’atteggiamento da tenere riguardo al pivot statunitense ruotava attorno a quattro opzioni politiche: cooperazione, coordinamento, coesistenza e competizione. La cooperazione strategica sottintendeva una collaborazione stretta tra

271 Ibidem

272 B. Sverdrup, M. Lanteigne, U. Sverdrup, For every action… the American Pivot to Asia and fragmented European response, gennaio 2016, Norvegian Institute of International Affairs, pp 1

90 USA e UE che includeva sia la dimensione economica che quella di sicurezza internazionale. In questa ottica andava la Dichiarazione congiunta dell’Alto Rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza dell’UE Catherine Ashton e il Segretario Clinton nel 2012: in questo documento si sottolineava quanto l’interdipendenza tra le tre aree geopolitiche fosse fondamentale per lo sviluppo mondiale pacifico. L’impegno congiunto in quell’occasione fu sui temi del crimine internazionale, il terrorismo internazionale e la cybersecurity. Non solo, le alte rappresentanti delle diplomazie transatlantiche si impegnarono nello sviluppo sostenibile dell’Asia pacifica e nell’apertura dei reciproci mercati alle economie asiatiche273.

Il coordinamento e la divisione del lavoro era la seconda opzione che si prospettava ai partner europei, che potevano primariamente contribuire allo sviluppo del proprio soft power economico, escludendo un engagement nelle questioni di sicurezza internazionale.

Le strategie di coesistenza e di competizione avrebbero potuto porre potenzialmente gli Europei in contrasto con gli interessi statunitensi nell’area274.

La preoccupazione europea si tradusse così in un impegno senza precedenti in Asia attraverso una serie di incontri di alto livello tra le istituzioni europee e i governi asiatici e i forum regionali dell’Asia pacifica (ASEAN e CSCAP) a partire dal 2012275. Gli eventi internazionali che aprirono ed intensificarono gli archi di crisi dall’Area MENA al confine dell’est europeo a partire dal 2011, riportarono l’attenzione internazionale e del Presidente Obama inevitabilmente verso l’Europa.