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I beni relazionali nella costruzione degli interventi social

Secondo il paradigma relazionale, il capitale sociale si configura come un particolare bene relazionale che compare al di là dell’individuo e della collettività, fatto di relazioni costruite attraverso l’interazione.

I beni relazionali possono definirsi tali solo sotto certe condizioni, che sono quelle di una condivisione volontaria ed intenzionale fra persone. Quando le relazioni sono puramente anonime ed impersonali è ben difficile che si generino beni relazionali, dato che questi ultimi richiedono relazioni intersoggettive dotate di intenzionalità e senso reciproco per generare un’autentica socialità inter-umana (Donati, 2007).

I beni relazionali “possono essere posseduti solo attraverso intese reciproche che vengono in essere dopo appropriate azioni congiunte intraprese da una persona e da altre non arbitrarie” (Uhlaner, 1989, p. 254). Essi sono, quindi, prodotti dallo scambio e dalla condivisione del patrimonio motivazionale e valoriale di soggetti che appartengono a determinate realtà e che condividono un clima collaborativo e cooperativo. Inoltre, si rafforzano quando le relazioni sono reiterate e per tale motivo vengono definiti time intensive.

Bruni (2006, pp. 16-18) individua alcune caratteristiche di un bene relazionale, utili al fine di circoscrivere il concetto:

 Identità. L’identità dei singoli soggetti che entrano in relazione deve emergere perché si abbia una relazione in grado di produrre un bene relazionale;

 Reciprocità. E’ il rapporto tra due individui, inteso come un dare senza calcoli monetari, a costituire il bene relazionale. Il sentimento reciproco diventa una caratteristica senza la quale i beni relazionali non possono esistere;

 Simultaneità. Differentemente dai beni economici legati strettamente al mercato, siano essi privati o pubblici, i beni relazionali (soprattutto i servizi alla persona) sono caratterizzati da una simultaneità, da una sovrapposizione della fase in cui il bene viene prodotto e quella in cui viene consumato;

 Motivazioni. La motivazione che spinge gli individui può creare beni relazionali o altre tipologie di beni, a seconda se si tratti di relazioni in cui il rapporto è il fine stesso o relazioni in cui l’altro diventa un mezzo per raggiungere un fine. Questo non significa che non possa esistere un bene relazionale lì dove esiste un rapporto prettamente economico o strumentale, ma vi è il bisogno di ammettere che ad un certo punto possa emergere qualcosa di nuovo che va al di là dell’interesse personale e della propria utilità;

31  Fatto emergente. Il bene relazionale non è il prodotto di una relazione o di un processo,

ma emerge al di là del contributo dei singoli soggetti e in alcuni casi prende vita senza che gli attori stessi se ne rendano conto o lo abbiano previsto o voluto in modo intenzionale;

 Gratuità. Il bene relazionale è tale se la relazione non è usata per altro. La relazione è un incontro di gratuità piuttosto che di interessi;

 Bene. Il bene relazionale non è una merce. Ha un valore perchè soddisfa un bisogno ma non ha un prezzodi mercato perchè è gratuità.

I beni relazionali diventano così un concetto teorico ed uno strumento operativo per disegnare interventi nel sociale, in cui la costruzione di capitale sociale diventa fondamentale per la coesione e l’inclusione di soggetti svantaggiati. In tal senso, i beni relazionali acquisiscono non solo la funzione di generare capitale sociale tra individui che figurano come destinatari degli interventi e tra di essi e le loro reti primarie (relazioni di natura familiare, parentale amicale e di vicinato) e secondarie (relazioni che attengono alla particolare funzione sociale dei legami tra attori), ma operano anche allo scopo di “rigenerare il capitale relazionale potenziale, inteso come l’insieme dei rapporti (partnership) tra enti economici, istituzionali, pubblici e privati che aiutano lo sviluppo di un dato territorio” (Nardone et al., 2005).

Nell’ambito delle misure di politica sociale, quindi, i beni relazionali emergono sia in fase di progettazione che di implementazione di un intervento, quando cioè è l’azione comune a mobilitare la relazione tra attori. In una fase iniziale, si presenta una situazione in cui il capitale sociale può emergere o meno in termini di fiducia e cooperazione, sia tra utenti che usufruiscono dei servizi, sia tra coloro che offrono il servizio stesso. In un secondo momento, la quantità e la qualità di capitale sociale dipenderà dai singoli attori e dalle dinamiche relazionali che tra essi si attivano. Il capitale sociale potrà funzionare, in fase finale, come rigeneratore dei beni relazionali (le azioni condivise aumentano l’efficacia operativa della rete) o potrà consumare e annullare tali beni.

In tale accezione, i beni relazionali e l’idea che condividere esperienze in rete possa essere una risposta efficace alla risoluzione dei bisogni di una collettività, rientrano nel nuovo modo di operare introdotto dala legge 662/199613, consolidato con la legge 328/2000. Tale decreto

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La legge 662 /1996, art. 203, legge finanziaria per l'anno 1997, definisce la programmazione negoziata come “regolamentazione concordata tra soggetti pubblici, o tra soggetto pubblico competente, e la parte o le

parti pubbliche o private, per l’attuazione di interventi diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza”.

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dà il via ad una stagione di interventi di politica pubblica e sociale, sia a livello locale che a livello nazionale, in cui si ragiona in termini di “programmazione negoziata” o “partecipata” e di integrazione socio-sanitaria e attivazione di reti di partenariato, come un nuovo modo di operare, dove ogni singolo attore contribuisce al bene comune e alla costruzione del capitale relazionale. Per valorizzare il territorio ed intervenire sulle situazioni di bisogno sociale diventa, quindi, necessario un processo di trasferimento delle funzioni a regioni, province ed enti locali con il compito di lavorare in modo sinergico, coordinato ed integrato sul proprio territorio (processo decisionale dal basso), tenendo presente e seguendo quanto specificato negli strumenti di programmazione comunitari e regionali (processo gestionale dall’alto).

Tutte le forme di partnership, che sono previste all’interno di programmi e progetti attuati con l’obiettivo di intervenire sulle situazioni di bisogno al fine di garantire il benessere della collettività, rappresentano una possibile fonte di capitale sociale. Infatti, come già detto in precedenza, una delle caratteristiche principali dei beni relazionali è proprio la possibilità di goderne solo quando la relazione e l’interazione tra soggetti è capace di produrne dei nuovi. (Sacco, Vanin, 2000; Prouteau, Wolf, 2004).

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2. Principali approcci alla valutazione delle politiche

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