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Modalità di coordinamento del partenariato

179 6 Considerazioni conclusive

6.2 Modalità di coordinamento del partenariato

Partendo dall’idea che il partenariato, costituito per rispondere ai bisogni di soggetti in contesti complessi fatti da una molteplicità di attori e azioni, non può autoregolarsi ma ha

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bisogno di una governance che favorisca la collaborazione e la realizzazione delle attività progettuali, il coordinamento ha assunto una valenza fondamentale.

Il punto di partenza per una lettura d’insieme dei due progetti è, quindi, rappresentato dalla figura del coordinatore e dalle modalità con cui ha realizzato prima e curato poi la rete attivata con il partenariato, per poterne spiegare il funzionamento nelle diverse fasi di costruzione ed implementazione delle misure e degli interventi previsti nel programma. In particolare, si vuole rispondere ad una serie di domande che riguardano le modalità con cui il coordinatore ha gestito la rete e le ricadute avute in termini di partecipazione dei diversi attori coinvolti; le azioni che ha svolto per ottenere la collaborazione di tutti gli attori e per diminuire i conflitti di ruolo; la capacità di creare una cultura del lavorare in rete che nasce dalla condivisione di idee e valori tra i partecipanti e che che rafforza la rete stessa, producendo anche una soddisfazione a livello personale di ogni singolo attore.

La forma di coordinamento adottata nei progetti Iris e Grisù è quella di una supervisione diretta, in cui esiste una figura centrale che decide sulle azioni da intraprendere e che ne controlla l’esecuzione (Mastropasqua, 2006). Un coordinamento gerarchico (Battistella, 2008), così fortemente centralizzato in un partenariato ampio e costituito da una grande quantità di enti pubblici e del privato sociale, rappresentava, almeno in teoria, la strada migliore per favorire la collaborazione sinergica tra i diversi attori. Nella pratica, però, si è rivelato uno strumento poco funzionale, che ha portato ad una fuoriuscita di molti attori dalla rete. Oltre che gerarchico, il coordinamento appare anche con una connotazione strumentale in termini di scelta dei partner in fase di implementazione degli interventi. Gli enti sono stati contattati solo nel momento in cui l’offerta di risorse e servizi (disponibilità di posti gratuiti all’interno di strutture per la prima infanzia; possibilità di effettuare corsi di formazione e alfabetizzazione per genitori; opportunità di usufruire di mediatori culturali per genitori extracomunitari) risulta utile alla costruzione delle misure e degli interventi. Inoltre, la scelta degli enti da inserire nel partenariato risente fortemente della condivisione di esperienze in progetti passati. Il fatto di coinvolgere enti con cui c’è stata una collaborazione pregressa in partnership di lavoro, è una modalità di agire che produce vantaggi ma anche svantaggi, in termini di capacità di funzionamento della rete. Sicuramente il vantaggio è quello di una più facile integrazione con i partner con cui già si è collaborato che può, però, favorire la formazione di gruppi chiusi formati da partner poco disposti a condividere idee e azioni con attori esterni al proprio gruppo. L’apertura verso gli altri e l’attivazione di legami esterni al gruppo permette di ottenere la collaborazione di tutti, placare le situazioni di conflittualità,

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favorire iniziative coordinate e promuovere la cultura del lavorare in rete. Bisogna considerare anche il fatto che, alla base di tale rete, esistono relazioni personali tra gli individui, piuttosto che tra enti, e il coordinamento tende ad essere informale, caratterizzato dalla comunicazione diretta e da relazioni, quali la stima, la fiducia, l’amicizia, che possono incidere sulla costruzione e il funzionamento della rete.

Un altro elemento su cui riflettere è l’importanza del coinvolgimento dei partner nella fase iniziale di progettazione delle azioni e degli interventi da inserire nei progetti. La partecipazione durante tale fase, infatti, è fondamentale non solo per il contributo che ogni attore può dare all’identificazione dei fabbisogni del territorio e alla definizione delle risorse disponibili, ma è indispensabile per l’acquisizione della consapevolezza da parte di ogni attore su ciò che sarà chiamato a fare. Per non ridurre la rete ad una semplice somma di soggetti, tutti devono condividere gli obiettivi da raggiungere ed individuare il proprio vantaggio che nasce dalla collaborazione con l’altro. Il coinvolgimento, avvenuto nei progetti solo in fase organizzativa, in occasione della definizione delle procedure da adottare, rappresenta quindi un possibile elemento di debolezza nel funzionamento della rete iniziale, quella costituita dai 23 partner. Il modello di rete che ne deriva è legato ad una semplice esternalizzazione dei servizi e delle prestazioni e ad una mancata capacità di ogni singolo attore di riconoscersi nella rete.

Oltre ad un coordinamento di tipo strumentale, la riduzione del numero di partner in fase di attuazione degli interventi sembra apparire come una conseguenza dell’assenza di risorse di tipo economico, che rappresentano un incentivo alla partecipazione. In realtà bisogna tener presente che, anche se si pensa che una rete possa funzionare più facilmente in presenza di risorse finanziare, spesso la rete rappresenta proprio la migliore risposta alla carenza di risorse in tali ambiti.

Nel voler costruire una valutazione finale sul funzionamento del partenariato, si può dire che esso si costituisce come una “rete incompleta”, ossia una rete in cui non c’è stata una reale partecipazione di tutti nella costruzione di idee e di azioni condivise, innanzitutto per la presenza di un tipo di coordinamento che è stato definito strumentale e per l’assenza di occasioni di incontro in cui discutere delle intenzionalità e in cui condividere in progress il raggiungimento dei risultati desiderati.

D’altra parte bisogna dire che la sotto-rete, cioè quella costituita dai soli 8 partner che risultano “attivi” in fase di implementazione degli interventi sulle famiglie prese in carico, appare abbastanza coesa e caratterizzata dalla presenza di due figure centrali: il coordinatore dell’Ambito S1 e il referente ASL.

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