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CAPITOLO 2 – IL MERCATO TELEVISIVO E I PLAYER DEL

2.2 Le imprese del settore televisivo in Italia

2.2.1 I modelli di business delle imprese televisive

Prima di esaminare le modalità con cui le imprese televisive decidono di organizzarsi nella conduzione del business televisivo, appare utile ribadire la definizione di impresa televisiva. L’impresa televisiva è il soggetto socioeconomico istituzionale che assembla e distribuisce contenuti televisivi organizzati diretti ad un pubblico, dietro un corrispettivo. Come in un qualsiasi altro settore, dunque, l’impresa televisiva ha come obiettivo l’ottenimento dei profitti nel corso del tempo. Per raggiungere i profitti positivi l’impresa televisiva si dota di un particolare business model o modello di business. Il modello di business rappresenta il modo con cui l’impresa si organizza per recuperare gli investimenti e per ottenere una remunerazione dei fattori impiegati. Il modello di business è una combinazione di scelte riguardanti i costi operativi da sostenere, i modelli di conversione dei ricavi in profitti, i profili valoriali desiderabili dall’offerta e, soprattutto, le scelte riguardanti le fonti di ricavo (Demattè & Perretti, 2009:29):

l’architettura dei costi operativi. I costi operativi sono gli oneri economici che

l’impresa deve sostenere sia per “organizzare, selezionare, acquisire organizzare e 29

distribuire i contenuti televisivi”, sia per “analizzare e monitorare la clientela target e comunicarle il valore delle offerte”. In termini di scelta industriale i costi operativi sono ricondotti alla scelta tra make or buy, ovvero produrre internamente o acquisire dall’esterno le produzioni televisive;

il rationale economico, cioè la conversione dei ricavi in profitti. Le imprese televisive

possono scegliere sostanzialmente tra due modelli: il modello a volumi e il modello a valori. Il modello a volumi richiede la realizzazione di grandi numeri per supportare gli elevati costi di un’attività su larga scala, mentre il modello a valori può ottenere superiori remunerazioni agendo su un’audience più contenuta;

il profilo valoriale del portafoglio d’offerta, che corrisponde alla percezione dell’offerta

televisiva da parte del consumatore e ha ripercussioni notevoli sul posizionamento competitivo delle imprese. Il valore percepito può essere sostanzialmente di due tipi: valore base di offerta e valore premium di offerta, collegabili rispettivamente al

rationale economico;

il revenue model, cioè le fonti di ricavo. Con le decisioni relative alle fonti di ricavo, le

imprese televisive devono identificare un’equazione economica di scambio in modo da ottenere una remunerazione dall’offerta e dallo svolgimento dell’attività. I modelli di ricavo possono essere ricondotti a tre fattispecie (Pratesi & Fabiano, 2010):

ƒ modelli sostanzialmente fissi. Questo modello è quello del canone d’abbonamento imposto dallo Stato a tutti coloro che possiedono un televisore. Più che un prezzo applicato al prodotto offerto, si tratta di una tassa di possesso che in Italia è soggetta al fenomeno dell’evasione. In tale modello l’equazione di scambio non viene percepita dal consumatore in termini di prezzo da pagare come risultato di una scelta, bensì in termini di canone per il pagamento di un tassa. Il corrispettivo in questo caso è diretto implicito, in quanto viene corrisposto direttamente all’emittente RAI, mediante il pagamento annuale della tassa-canone.

ƒ modelli variabili non lineari. Questo modello è quello della televisione commerciale che offre agli spettatori contenuti gratuiti in cambio della loro disponibilità ad esporsi ai messaggi commerciali. In questo modello il flusso dei ricavi non è lineare

in quanto vengono ottenuti dalle inserzioni pubblicitarie e non direttamente dagli spettatori. Nel mercato pubblicitario gli spettatori non sono più i consumatori a cui viene indirizzata la propria offerta, bensì essi sono il prodotto di scambio, ciò che viene venduto agli inserzionisti pubblicitari, che diventano, invece, i clienti finali. Il mercato pubblicitario rappresenta infatti l’altra faccia del mercato a cui l’impresa televisiva si rivolge (two-sided-market), ovvero gli inserzionisti pubblicitari. In definitiva, nel modello variabili non lineari emerge l’altra faccia del mercato televisivo in quanto il prodotto economicamente rilevante non è tanto il palinsesto, quanto lo spettatore, anzi, gli spettatori, che rappresentano il canale di connessione per ottenere investimenti da parte del mercato pubblicitario (Gambaro, 2009). In particolare, la generale definizione di two-sided-market ci è fornita da Rochet &Tirole (2004) "mercati in cui esistono una o diverse piattaforme che consentono l'interazione tra gli utenti finali e cercano di essere apprezzati da ciascuno degli utenti finali". Per le imprese che adottano questo modello, il corrispettivo è quindi diretto implicito ed è per tutte le emittenti che offrono televisione gratuita in cambio della visione di contenuti pubblicitari e promozionali. Le principali e più note emittenti sono Mediaset, Telecom Italia Media, Discovery, Magnolia e RTL, ma ve ne sono molte altre che sono nate in concomitanza con il digitale terrestre, quali per esempio Anica, Class, Interactive, QVC etc.

ƒ modelli variabili lineari. Questo modello si basa su un sistema di scambio concorrenziale basato sul prezzo in cui i consumatori si relazionano direttamente con l’azienda in base alla loro disponibilità a pagare. Il modello fa il proprio ingresso con la TV digitale satellitare che trasforma il consumatore in cliente e lo incoraggia a pagare un prezzo superiore per contenuti di maggior valore. Il corrispettivo è in questo caso diretto esplicito e avviene per mezzo di un pagamento diretto, tipico della pay-tv di Sky Italia (digitale satellitare) e di Mediaset Premium (digitale terrestre).

In figura 2.3 vengono raffigurati i modelli di ricavo che oggi convivono nel mercato televisivo. Ciascuna impresa televisiva ha perciò sviluppato un modello di business in cui risulta centrale la scelta dei modelli di revenue, che tuttavia vengono utilizzati dalle imprese televisive in maniera congiunta. In Italia le principali imprese televisive in

termini di ricavi sono RAI, Mediaset e Sky Italia che complessivamente raccolgono circa il 90% delle risorse complessive del mercato (AGICOM, 2011: 120). Nel 2010 circa il 56,6% dei ricavi della Rai sono derivati dal pagamento del canone, mentre il restante 43,4% da introiti pubblicitari. Per quanto riguarda Mediaset, la maggior parte dei ricavi, cioè il 76,2%, è di origine pubblicitaria, mentre il restante 23,8% è determinato dalla pay-per-view di Mediaset Premium. Sky Italia, invece, opera sul digitale satellitare e possiede un modello molto complesso, i cui ricavi sono derivati da abbonamenti (79,5%), pubblicità (9,2%) e pay-per-view (2,6%).

Figura 2.3 – Modelli di ricavo delle imprese televisive attuali

Fonte: adattamento da Mattiacci e Militi (2011)

Le scelte effettuate dalle imprese in merito alla composizione dei ricavi sono di fondamentale importanza e indicative di una determinata strategia aziendale. In particolare, si può affermare che l’evoluzione dei modelli di revenue è profondamente legata ai cambiamenti del mercato televisivo. Da una situazione iniziale di pagamento del canone, si passa per la pubblicità e per la pay-per-view, fino a giungere alla formula del pagamento per mezzo di abbonamenti. In tale trasformazione si nota il passaggio da una televisione in chiaro (gratuita) ad una televisione a pagamento, che intende soddisfare le sofisticate esigenze degli utenti, sia dal punto di vista della qualità dei programmi sia dal punto di vista della quantità e ampiezza del repertorio. RAI, Mediaset Sky Italia e le altre emittenti minori hanno rinnovato nei recenti anni la propria offerta e

Pay-tv Digitale Terrestre Satellitare Audience frammentata Servizio pubblico CANON RAI Player commerciali DISPONIBILITÀ A PUBBLICITÀ Mediaset, Telecom PREZZO Web-tv Italia, Sky Mediaset 32

si sono riorganizzate tenendo conto dello scenario mediatico e, in particolare, dello scenario televisivo.