CAPITOLO 2 – LE ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI
2.1 I principali lineamenti normativi del contratto di assicurazione
Secondo quanto disposto dall’ art. 1882 del Codice Civile, ‹‹l’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro certi limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana››.
La norma prevede pertanto che due o più parti si accordino, per costruire e disciplinare uno specifico rapporto giuridico patrimoniale, cioè quello assicurativo. La funzione del contratto coincide con l’eliminazione del rischio e tale obiettivo può essere raggiunto trasferendo il rischio all’assicuratore, cioè un soggetto specializzato, che svolge, in modo imprenditoriale l’attività assicurativa. L’assicuratore è pertanto in grado di neutralizzare il rischio che ha assunto, con la sottoscrizione del singolo contratto, mediante il suo inserimento all’interno di un gruppo di rischi (pool di rischi). Il pool racchiude al suo interno rischi che hanno come caratteristica essenziale l’omogeneità, la numerosità e l’indipendenza e grazie a dette peculiarità la compagnia è in grado di trasformare ciò che è incerto, per il singolo assicurato, in certezza, per la massa di rischi gestiti. Da una parte abbiamo quindi un soggetto che accetta professionalmente di assumersi un rischio economico dietro pagamento di un premio, impegnandosi ad eseguire la prestazione nel momento in cui l’evento temuto si verificherà. Dall’altra l’assicurato, che rappresenta colui che è potenzialmente soggetto ad un evento a lui sfavorevole, ma che, grazie alla stipulazione del contratto di assicurazione, si protegge dal rischio in oggetto, pagando un prezzo.
Al momento della conclusione del contratto, le parti non possono sapere se il rischio assicurato si verificherà durante il periodo di efficacia della garanzia. Per tale motivo, il contratto di assicurazione rientra nella categoria dei contratti aleatori: l’assicurato, da un lato, non è in grado di sapere se riceverà l’indennizzo o il capitale dall’assicuratore, a fronte del premio anticipatamente pagato; dall’altro lato, l’assicuratore ignora se dovrà pagare la prestazione promessa o se i premi raccolti a fronte dei rischi assunti, saranno adeguati a soddisfare i pagamenti dovuti.
Grazie al progressivo perfezionamento dei dati statistici, oggi l’assicuratore riesce a ripartire, con sempre maggiore precisione, i rischi fra gli assicurati. Tuttavia, anche qualora le stime dell’assicuratore fossero del tutto esatte, il carattere aleatorio del contratto persisterebbe. L’impresa di assicurazione non avrebbe più alcun carattere aleatorio nella propria attività, poiché conoscerebbe l’esatto numero di sinistri che andranno a colpire la massa di rischi assicurati e l’esatto costo delle prestazioni, che dovrà corrispondere. Nonostante l’eliminazione di ogni
elemento di aleatorietà, l’assicuratore non sarebbe in ogni caso in grado di conoscere per quali contratti sarà obbligato successivamente ad eseguire la prestazione. Il carattere aleatorio è pertanto elemento peculiare del contratto di assicurazione (Miani, 2010).
L’oggetto del contratto assicurativo è quindi il rischio. Esso infatti costituisce, allo stesso tempo, il presupposto essenziale e fondamentale del contratto: il contratto è nullo se il rischio non esiste o è venuto meno prima della conclusione del contratto (art. 1895 del Codice Civile). Il rischio deve sempre sussistere perché sia garantita la validità del contratto: il trasferimento del rischio da parte di un soggetto, che invece se ne vuole liberare, ad un’impresa specializzata nella gestione dei rischi è la ragion d’essere del contratto assicurativo.
Proprio per il ruolo imprescindibile che gioca nel rapporto, è di primaria importanza che l’assicurato fornisca in modo preciso e puntuale tutti i dati necessari alla valutazione del rischio al quale è esposto, così da poter permettere alla compagnia assicurativa di compiere una corretta valutazione, per la successiva definizione delle condizioni contrattuali.
Durante lo svolgimento del rapporto è frequente che possano esserci delle variazioni del rischio rispetto al momento in cui il contratto è stato stipulato, quindi si può render necessaria una modifica del contratto medesimo. Variazioni del rischio come la sua diminuzione, il suo aggravamento o la cessazione rendono necessaria una revisione degli impegni presi da entrambe le parti (Cappiello, 2003).
Nel caso di cessazione la disciplina distingue, all’art. 1896 del Codice civile, il caso in cui il contratto abbia già cominciato a produrre i suoi effetti, da quello in cui ciò non sia ancora avvenuto. Nell’eventualità in cui l’assicuratore sia già esposto al rischio quando questo viene a cessare, il rapporto si risolve (risoluzione del contratto). L’assicuratore avrà comunque diritto a ricevere i premi dovuti finché non ne viene comunicata la variazione o non ne venga a conoscenza in altro modo. Qualora invece la cessazione del rischio si registri nel lasso di tempo intercorrente tra la conclusione del contratto e l’acquisizione dell’efficacia, per l’assicuratore è previsto solo un rimborso spese.
Durante il rapporto esiste inoltre la possibilità che il rischio subisca una variazione in diminuzione o in aumento. Sono rilevanti tutte le circostanze sopravvenute che causano una variazione del rischio tale per cui ci sarebbe stato un differente calcolo del premio, se fossero state presenti al momento della stipula del contratto, o avrebbero dissuaso l’assicuratore dall’assunzione del rischio, qualora fossero ritenute più gravi. Deve trattarsi quindi di mutamenti in grado di accrescere o diminuire le probabilità che si realizzi l’evento, al verificarsi del quale, l’assicuratore sarebbe obbligato a corrispondere la prestazione (Miani, 2010).
Ove ci fosse una diminuzione, l’art. 1897 prevede che il contraente abbia diritto ad ottenere una riduzione del premio pagato dal momento in cui ne viene data comunicazione alla compagnia, così
da pagare un prezzo adeguato. Qualora l’assicuratore non avesse intenzione di procedere alla riduzione del premio, perché si ritroverebbe in una situazione differente da quella a cui aveva dato il consenso, gli è riconosciuta la facoltà di recedere dal contratto.
La fattispecie dell’aggravamento, regolata dall’art. 1898, risulta più complessa, poiché in tal caso l’assicurato potrebbe assumere una condotta negligente, ritardando la denuncia alla compagnia od omettendo di darne notizia. La compagnia rischia di subire un pregiudizio derivante dal comportamento scorretto dell’assicurato, che ha l’obbligo di informarla tempestivamente. L’assicuratore può recedere dal contratto se ritiene che il rischio non sia più assicurabile ovvero le condizioni siano diventate troppo onerose; in alternativa può chiedere un premio più elevato. Inoltre qualora si verifichi un sinistro prima o senza che l’assicurato abbia dato comunicazione dell’aggravamento della sua situazione di rischio, l’assicuratore non è tenuto a pagare alcuna somma, se il “nuovo” rischio non fosse più assicurabile.
Durante tutta la durata del contratto deve quindi essere sempre garantita la corrispondenza tra la prestazione dell’assicurato e quella dell’assicuratore. L’obiettivo è raggiunto quando l’impegno assunto dall’assicuratore equivale con quanto pagato dall’assicurato.
Su queste basi è possibile constatare che la funzione del contratto è quella di trasformare il rischio individuale in rischio collettivo, sopportando un costo inferiore rispetto a quello che dovrebbe sostenere qualora il rischio si verificasse. Ovviamente questo non è vero in tutti i casi. Come visto nel Paragrafo 1.2.2, ci sono situazioni di rischio che per l’impresa è più conveniente ritenere o cercare di prevenire. In questo caso invece si fa riferimento a rischi che l’impresa non è in grado di gestire, totalmente o in parte, in modo interno. Il trasferimento, magari affiancato da altri strumenti di gestione del rischio, può risultare più conveniente, rispetto all’adozione di sole misure di gestione interna.
Il legislatore, all’art. 1882, nel definire il contatto di assicurazione, prevede poi che, all’obbligo dell’assicurato di pagare un premio, si contrapponga l’obbligo dell’assicuratore del pagamento di una prestazione, che può assumere due diverse forme: la prima, peculiare del ramo danni, consiste nel ‹‹rivalere l’assicurato, entro certi limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro››; mentre la seconda prestazione è distintiva del ramo vita e prevede per l’assicuratore l’obbligo di ‹‹pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana››.
La norma introduce quindi la distinzione tra assicurazioni danni e assicurazioni vita.
Per quanto concerne l’assicurazione danni, vi è l’obbligo per l’assicuratore di tenere indenne l’assicurato dai danni da lui subiti, a causa di un evento sfavorevole; nel caso invece delle assicurazioni vita, la norma dispone che l’assicuratore dovrà provvedere alla corresponsione di un capitale o di una rendita, qualora si realizzi un evento attinente alla vita umana.