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Il cartellino e l’etichetta "Green" per OVS

3.3 La ricerca etnografica e la sostenibilità nei negozi di OVS S.p.A

4.1.1 Il cartellino e l’etichetta "Green" per OVS

Osservando i clienti in negozio abbiamo notato un differente interesse per il cartel- lino appeso all’esterno del capo e per l’etichetta cucita al suo interno. In particolare, tra i due la priorità viene data al cartellino esterno. Questo perché, come indicato nel paragrafo 3.3.5, il focus principale dei clienti di OVS è sul prezzo. In ordine di rilevanza, il secondo dato che viene considerato è quello relativo alla taglia, soli- tamente riportata anch’essa nel cartellino appeso all’esterno dei capi. Queste due informazioni sono indicate nel cartellino esterno in quanto sono quelle che il cliente deve avere "a portata di mano", devono cioè essere facilmente e velocemente recu- perabili. I clienti sanno quali sono le informazioni che i cartellini riportano e, una volta trovate, la maggior parte di loro non considera se e cos’altro vi è scritto. Per i capi realizzati utilizzando il cotone biologico, OVS comunica questa informazione in un apposito cartellino appeso all’esterno insieme a quello "principale" relativo al prezzo e alla taglia. Durante il periodo di osservazione, abbiamo notato che in pochi minuti i clienti leggono decine di cartellini spostandosi all’interno del negozio e, dal tempo a questi dedicato, ci è risultato chiaro che le informazioni considerate sono solamente quelle del prezzo e della taglia. Al contrario, all’etichetta interna i clienti

7Exportiamo, http://www.exportiamo.it/aree-tematiche/marketing-internazionale/?p=0,

prestano una maggiore attenzione e vi dedicano molto più tempo. Le informazioni in esse contenute sono "secondarie" rispetto a quelle indicate nel cartellino esterno. Tuttavia, molti clienti, una volta trovato il modello che esteticamente piace, prima di decidere se provarlo in camerino o acquistarlo direttamente, considerano altri aspet- ti di quel capo. In ordine di rilevanza, ci sono persone interessate alla composizione, al Paese di fabbricazione (Made In) e alla manutenzione dei capi. L’etichetta interna risulta più ricca e complessa rispetto al cartellino esterno e per questo motivo la sua lettura richiede più tempo e un maggior impegno da parte del cliente.

Fatte queste osservazioni, una nostra proposta consiste nello spostare all’interno dei capi i cartellini relativi alle fibre naturali e alle certificazioni delle materie prime utilizzate da OVS. Se, per esempio, consideriamo il cotone, in negozio abbiamo no- tato diverse persone soffermarsi sull’etichetta interna oppure chiedere al personale di vendita per sapere quali sono i capi realizzati con questa fibra.

"Una signora anziana ha letto attentamente l’etichetta interna di una maglia insieme al marito per conoscere la % di cotone. Ad alta voce ha detto di volere quella con più cotone

possibile."

Appunti presi in negozio

Le informazioni sul cotone, poiché riguardano la composizione del capo, andreb- bero riportate nell’etichetta interna. Chi è interessato alle fibre, infatti, guarderà ra- pidamente il cartellino esterno e si soffermerà per più tempo sull’etichetta interna. Per questioni legislative, come indicato nel paragrafo 4.1, attualmente non è possibi- le riportare la dicitura "cotone biologico" ma solo "cotone" così come non è possibile specificare le eventuali certificazioni. Ecco perché proponiamo di spostare il cartel- lino relativo al cotone biologico (si veda la Figura 4.2) così come quello relativo alla certificazione Downpass (si veda la Figura 3.12) già realizzati dall’azienda, all’inter- no dei capi, in zone meno visibili ma maggiormente considerate da chi è interessato alle caratteristiche dei materiali utilizzati.

Così come ha creato un cartellino per comunicare il suo impegno nei confronti dell’ambiente, OVS potrebbe crearne uno che faccia riferimento alla sfera sociale co- me, per esempio, alle condizioni di lavoro garantite ai lavoratori. In questo modo si andrebbero a soddisfare gli interessi di quei clienti che, come dimostrato dal Fashion Revolution (si veda il paragrafo 4.1), vogliono sapere in che modo vengono realizzati i capi che indossano.

Appeso all’esterno, risulta essere più idoneo un cartellino che comunichi le infor- mazioni generali di sostenibilità dell’azienda. OVS potrebbe, per esempio, riportare la mission che si ricorda essere "Vogliamo creare abiti belli e accessibili che abbiano un im- patto positivo sul mondo e le persone che lo abitano." (si veda il paragrafo 1.10.1) oppure riportare una frase che favorisca l’engagement del cliente rendendolo un soggetto

(a) OVS (b) Upim

Figura 4.2: Esempi di cartellini relativi al cotone bio.

attivo nei confronti della sostenibilità. Per esempio, per i capi realizzati in cotone biologico si potrebbe riportare la seguente frase basata sullo studio LCA di Orga- nic Cotton: "Con l’acquisto di questo capo si riducono del 46% le immissioni di gas, del 91% i consumi di acqua, del 62% i consumi di energia primaria, del 26% l’eutrofizzazio- ne, del 70% le emissioni responsabili dell’acidificazione e del 46% il rischio di contribuire al riscaldamento globale."8. In questo modo si rendono più chiari i benefici derivanti dall’acquisto di quel prodotto e si stimola il cliente a preferirlo rispetto ad un altro realizzato attraverso tecniche tradizionali.

Oltre a quanto avviene in negozio, abbiamo pensato a che cosa succede una vol- ta che il cliente esce con dei nuovi acquisti. Le attività che immaginiamo faccia una volta tornato a casa sono le seguenti: prendere dal sacchetto i capi acquistati, ta- gliare tutte le etichette, gettarle, lavare il capo e indossarlo. La maggior parte delle volte le tradizionali etichette in cartone vengono gettate ancora prima di essere lette. Per questo motivo potrebbe essere più utile comunicare la sostenibilità direttamente sul capo stampando al suo interno le informazioni che si ritengono più importanti. Questa tecnica viene già messa in pratica da molte aziende che operano nel settore della moda. La funzione comunicativa di un’etichetta adesiva ha una durata mag- giore rispetto a quella dei cartellini tradizionali in quanto rimane impressa nei capi per più tempo. Oggi, inoltre, molte aziende offrono soluzioni sostenibili con eti- chette adesive ecologiche realizzate, per esempio, con gli scarti della lavorazione dell’uva, dell’orzo, delle olive, della canna da zucchero o dell’amido di mais.

Sempre al fine di prolungare la vita utile del cartellino e promuovere la sosteni- bilità nel tempo, l’azienda potrebbe trasformarlo in un gadget come, per esempio, in un cavatappi, un portachiavi, una calamita o un segnalibro. Nel cartellino/gadget

l’azienda, oltre ad indicare il suo marchio, potrebbe scrivere una frase famosa sulla sostenibilità come "Difendere l’ambiente è un dovere verso la vita." di Rinaldo Sidoli o "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare." di Andy Warhol. L’azienda potrebbe altrimenti creare un proprio slogan personale e identificativo come "Think green and live better.", "Made with green thinking." o "We did your job. Now it’s your turn.". Così facendo riuscirebbe a comunicare per un periodo maggiore l’importanza della sostenibilità e il suo impegno nei confronti di questo tema.

Per l’abbigliamento da bambino, si è pensato di trasformare i classici cartellini in oggetti da collezionare. L’azienda potrebbe avviare un’iniziativa legata al Kids Creative Lab e chiedere ai bambini di disegnare che cos’è per loro la sostenibilità e ai genitori e agli insegnanti delle scuole materne di inviare i disegni all’azienda tra- mite e-mail o i social media. L’azienda potrebbe poi stamparli nelle dimensioni di un cartellino e appenderli ai capi della linea bambino. Al genitore e cliente di OVS, potrebbe essere regalato un album per la raccolta delle figurine/cartellini. In que- sto modo si sensibilizzerebbero i più piccoli sull’importante tema della sostenibilità creando un book frutto della loro creatività.

Una proposta più azzardata è quella di comunicare la sostenibilità con delle eti- chette cucite direttamente all’esterno dei capi in zone ben visibili come, per esempio, nel taschino di una polo o sul bordo inferiore di una t-shirt. Le etichette potrebbero essere di colore verde che, come riportato nel paragrafo 4.1, è un colore legato alla natura e all’ambiente, marrone, colore associato alla terra e che evoca affidabilità o anche blu, colore che viene solitamente collegato all’acqua, al cielo e all’aria ed è simbolo di efficienza.

In passato era diffusa l’idea che i prodotti realizzati con tecniche sostenibili non fossero accattivanti dal punto di vista estetico. Il cliente, dunque, si trovava co- stretto a scegliere tra un prodotto "buono" con l’ambiente e la società ma non bello oppure, viceversa, un prodotto bello e di moda ma impattante dal punto di vista ambientale e sociale. Oggi in realtà non è più così. Pensiamo, per esempio, al settore automobilistico dove Tesla, nota azienda californiana di auto elettriche, permette ai suoi clienti di essere eco-friendly senza rinunciare ad avere una macchina dalle pre- stazioni elevate. Essere titolare di una Tesla, però, genera anche e soprattutto una serie di vantaggi reputazionali tant’è che oggi viene spesso acquistata non tanto per risparmiare sul carburante quanto piuttosto per essere tra i più invidiati dagli ap- passionati di motori (e non). Questo è un ottimo caso di come un’azienda sia riuscita a rendere quello green un prodotto capace non solo di limitare gli impatti ma anche di far acquisire un elevato status sociale.

Come nel settore delle auto, anche in quello della moda può avvenire questo shift verso una concezione di sostenibile che sia nel contempo anche bello e di valore. Nel

manifesto del programma #wecare, l’azienda scrive "Ci domandiamo ogni giorno cosa sia più giusto e ripensiamo a quello che facciamo per disegnare una moda dove bello sia neces- sariamente anche buono.". Creare degli abiti belli e attenti all’ambiente e alle persone è già, dunque, uno degli obiettivi dell’azienda. Per questo motivo abbiamo pensa- to di creare una piccola etichetta in tessuto che renda immediato nella mente delle persone il collegamento alla sostenibilità. Il cliente che, come riportato nel capitolo 2 oggi vuole sempre più sentirsi utile e partecipe nelle attività aziendali, potrebbe essere fiero di contribuire a promuovere questo tema a lui caro. Uno studio condot- to nel 2008 da Edelman, un’agenzia di relazioni pubbliche, su 6.000 consumatori in 10 Paesi riporta che l’87% dei partecipanti ha dichiarato di sentire il dovere di con- tribuire al miglioramento della società e dell’ambiente. L’83% sarebbe pronto anche a cambiare le proprie abitudini9. Questa ricerca conferma che oggi il consumatore oltre a tenerci al tema della sostenibilità è anche disposto ad attivarsi per metterla in pratica e per farsi da promotore o, con un termine già utilizzato per i dipendenti, da ambassador della sostenibilità. Durante la presentazione della ricerca all’amministra- tore delegato del Gruppo e ai direttori generali dei due brand (OVS e Upim), questa proposta è stata da loro definita rischiosa in quanto non credono che i clienti pos- sano apprezzare un’iniziativa di questo tipo. Le ricerche, come quella di Edelman, rendono però infondate queste loro preoccupazioni. Valorizzando nel giusto modo le etichette, il valore percepito riconosciuto a quei capi può essere superiore rispetto a quello associato ai capi non contrassegnati dall’etichetta di sostenibilità. Quella contenuta in questa proposta è un’innovazione radicale parziale10, in quanto novità assoluta per OVS ma non per il settore. Già altre aziende, infatti, hanno adottato tecniche di questo tipo. Un esempio è Lacoste che con la campagna Save Your Species ha abbandonato il famoso coccodrillo, simbolo del brand, per sostituirlo con altri animali a rischio d’estinzione come la Tartaruga Rugosa Birmana, la Tigre di Suma- tra e il Rinoceronte di Giava11. L’obiettivo dell’azienda è quello di sensibilizzare i suoi clienti sulla necessità e l’importanza di intervenire per proteggere queste specie animali.

Un’ultima proposta legata al cartellino e all’etichetta "Green", fa riferimento al- la misurazione della sostenibilità. Per essere ancora più chiara e trasparente con i suoi clienti, l’azienda potrebbe creare una scala che valuti il livello di sostenibili- tà di ciascuno dei suoi capi. Un po’ come avviene per gli elettrodomestici dove le classi A, A+, A++, etc sono misuratori di efficienza, anche per l’abbigliamento ab- biamo pensato di costruire una scala simile. Gli aspetti che si dovrebbero tenere in considerazione nell’attribuire una determinata classe potrebbero essere i seguenti:

9Levinson J.C., Horowitz S., op. cit., p.11.

10Schilling M., Izzo F., Gestione dell’innovazione, McGrawHill, Milano, 2005, p.95. 11Lacoste, https://www.lacoste.com/it/saveourspecies.html, (13/09/2018).

• consumi di acqua; • emissioni di CO2;

• consumi e tipologia delle materie prime utilizzate; • luogo di provenienza e mezzo utilizzato per il trasporto;

• fornitori (servizi garantiti ai dipendenti, ammontare della busta paga, ore di lavoro, livello di sicurezza nel posto di lavoro);

• certificazioni e iniziative connesse;

• facilità di riutilizzo o recupero degli input impiegati; • durata e resistenza prevista del capo;

• tempo di smaltimento se finisce in discarica.

Nella valutazione, l’azienda si potrebbe aiutare anche con il B Impact Assessment, strumento che attualmente utilizza per misurare gli impatti delle sue attività (si veda il paragrafo 1.6.6).

I livelli di sostenibilità potrebbero essere tre e, riprendendo lo stile di John Grant, potrebbero essere chiamati, in ordine crescente, Green, Greener e Greenest. Quei ca- pi che attualmente non risultano essere sostenibili potrebbero essere fatti rientrare in una quarta categoria chiamata Yellow, intesa come una categoria di transizione. L’azienda, modificando i propri processi produttivi in un’ottica di sostenibilità, po- trebbe far diventare sostenibili anche quei capi attualmente etichettati con questo colore. Aggiungendo un po’ di blu, colore che richiama il cielo, l’acqua, l’aria pu- lita e che evoca efficienza e produttività potrebbe trasformare quel giallo in un bel verde.

Oggi la scelta di quale elettrodomestico acquistare è sempre più influenzata dalla classe di appartenenza, oltre che dalle dimensioni e dall’aspetto esteriore. La stessa cosa può avvenire per l’abbigliamento. Mettendo in evidenza il livello di sosteni- bilità dei capi, l’azienda renderebbe la sostenibilità qualcosa di più concreto e più visibile agli occhi dei clienti. Indirizzare gli acquisti dei capi sulla base del loro livel- lo di sostenibilità è sicuramente più difficile rispetto a quanto non avvenga per gli elettrodomestici. Questo perché per gli elettrodomestici l’acquisto di quelli che pre- sentano una classe più elevata comporta dei benefici diretti al cliente rappresentati in primis da una minore spesa di elettricità (e quindi un vantaggio di tipo econo- mico). Per quanto riguarda la moda, invece, i benefici derivanti dall’acquisto di un capo più sostenibile sono indiretti e non ricadono sul singolo cliente ma sull’intera collettività (un ambiente più pulito, un clima sociale più sereno, etc). Dunque, le

persone, non avendo un vantaggio diretto, tendono ad essere meno incentivate a scegliere sulla base del livello di sostenibilità. Risulteranno maggiormente coinvol- te, invece, quelle persone più sensibili al tema (si veda il paragrafo 1.9) che, come dimostrato da diversi studi, stanno aumentando sempre di più. Per incentivare l’ac- quisto di quei capi che presentano un livello di sostenibilità più elevato, l’azienda potrebbe offrire degli sconti, almeno in un primo periodo. Oppure, nella raccolta punti che avviene attraverso gli acquisti, l’azienda potrebbe riconoscere, per ogni euro speso, un numero di punti diverso a seconda del livello di sostenibilità del ca- po. Nel tempo potrebbe diventare naturale, così come lo è per gli elettrodomestici, considerare anche nella moda il livello di sostenibilità oltre che il prezzo e le carat- teristiche estetiche. Tutto questo ovviamente deve essere comunicato al cliente con apposite etichette o cartellini che mettano in evidenza in modo chiaro e intuitivo la classe di appartenenza.