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3.2 Il metodo etnografico

3.2.5 L’analisi dei dati

Dopo aver raccolto i dati, il ricercatore deve procede alla loro analisi. Ci sono autori che considerano la raccolta e l’analisi delle informazioni due fasi che si intrecciano e si alternano e non una la continuazione dell’altra. Strauss e Corbin hanno proposto una procedura di analisi suddivisa in tre fasi: la decostruzione, la costruzione e la conferma (Figura 3.2). All’interno di ciascuna fase, è previsto il campionamento (Sampling, S), la raccolta (Collection, C) e l’analisi (Analysis, A).

Figura 3.2: Gli step dell’analisi dei dati.

Da Gobo G., 2008, p.227.

La decostruzione, è una fase esplorativa durante la quale l’etnografo cerca dei concetti o delle categorie rilevanti per spiegare un certo fenomeno osservato sul campo. In questa fase il ricercatore procede in modo non sistematico facendo at- tenzione a tutti gli eventi interessanti. Si pone in una posizione di ascolto pronto a cambiare il proprio focus, se necessario. I modi attraverso i quali l’etnografo può ini- ziare l’analisi delle informazioni prese sono principalmente tre: attraverso l’utilizzo di una check list, ricorrendo ad un framework, operando una classificazione.

La prima strategia consiste nell’utilizzo di una griglia con un numero limitato di oggetti a cui rispondere con informazioni ottenute dalle note etnografiche. Questo può essere fatto solo dopo aver trascorso un po’ di tempo sul campo e aver raccolto un certo numero di osservazioni48. Il vantaggio di questo strumento è che sempli-

fica l’analisi riducendo la complessità delle informazioni. Lo svantaggio è quello di perdere quei dati che non sono direttamente collocabili nella griglia.

La seconda strategia consiste nell’utilizzare un framework per analizzare le rou- tine del gruppo49. Anche in questo caso, è possibile ricorrere a questo strumento solo dopo una permanenza più o meno prolungata sul campo.

La terza strategia, infine, consiste nel classificare le note etnografiche in base al criterio di somiglianza/dissomiglianza50. Ad ogni nota viene assegnato un codice legato ad un concetto. Le note che presentano concetti simili fra loro, avranno asse- gnato tutte lo stesso codice. A ciascuna nota, inoltre, possono essere attribuiti più codici. Lo scopo della classificazione è quello di decostruire gli eventi e le azioni osservate e segmentarle in una serie di concetti. Nella scelta del nome dell’etichet- ta possono essere prese tre strade: inventare dei nuovi termini, usare parole prese dalla letteratura, usare termini utilizzati dagli attori sociali. La prima opzione è la preferibile in quanto stimola la creatività del ricercatore e riduce il rischio di fare confusione con concetti e teorie già esistenti.

La seconda fase dell’analisi delle informazioni è quella costruttiva51. In questo step il ricercatore riaggrega i concetti sviluppati nella fase precedente con lo scopo di creare un primo quadro coerente. A questo punto l’etnografo conduce un secon- do campionamento focalizzandosi solo sui concetti che decide di esplorare più nel dettaglio.

La terza e ultima fase è quella della conferma52. Il ricercatore controlla le ipo- tesi formulate e le àncora ad una teoria. Ritorna sul campo ed effettua un ultimo campionamento per raccogliere quelle informazioni necessarie a verificare le ipotesi. La distinzione di queste tre fasi è solo analitica. Nella pratica, infatti, le tre fasi si intrecciano oppure possono essere ripetute alla fine della ricerca qualora l’etnografo si renda conto che alcuni concetti non sono chiari o delle relazioni non sono ben definite.

Oltre all’analisi delle note etnografiche, necessaria per una valutazione comple- ta, è l’analisi dei documenti e delle immagini scattate sul campo. E’ opportuno, infatti, che il ricercatore esamini tutti i documenti collegati alla sua ricerca e che non si focalizzi esclusivamente sui suoi appunti. Per quanto riguarda i documen- ti, Hammersley e Atkinson hanno individuato una serie di domande che, cercando di dar risposta, aiutano il ricercatore a decostruire il documento. In seguito ne cito alcune53: 49Ivi, p.231. 50Ivi, p.234. 51Ivi, pp.234-235. 52Ivi, pp.235-236. 53Ivi, p.237.

• Come sono scritti i testi? • Chi li ha scritti?

• Chi li legge? • Per quale motivo? • In quale occasione? • Con quali risultati? • Cosa è omesso?

• Cosa è dato per scontato?

Anche l’analisi delle immagini è importante. Le immagini catturano quei detta- gli che il ricercatore non è in grado di vedere quando è sul campo. Troppe sono le cose da tenere sotto controllo ed è normale che qualcosa gli sfugga. Dall’analisi di una foto, si può attribuire ad un’azione, ad un gesto o ad una posizione un signifi- cato diverso rispetto a quello che era stato dato al momento dell’osservazione. Ecco perché, oltre al diario e al registratore, è utile munirsi di un dispositivo in grado di fare foto o video.

Verificare le ipotesi

Nel caso in cui si siano identificate delle ipotesi, il ricercatore, in sede di analisi, do- vrà procedere ad una loro verifica. Becker e Geer hanno individuato una procedura suddivisa in quattro fasi54:

1. Confrontare le ipotesi all’interno di diversi gruppi di soggetti. 2. Assicurarsi che le ipotesi coprano tutti gli eventi osservati.

3. Prestare massima attenzione ai casi devianti o alle eccezioni che non sono rappresentate adeguatamente dalle ipotesi.

4. Condurre un test statistico per calcolare l’estensione della devianza (la dimen- sione dell’eccezione).

Megan e Silverman hanno ritoccato questa procedura suggerendo di testare l’i- potesi prima in un numero ristretto di casi e, se non dovesse andare bene, di rive- derla.

Un altro modo per verificare le ipotesi è quello di definire a priori quali sono le conseguenze che si dovrebbero realizzare qualora l’ipotesi sia vera e successiva- mente condurre sul campo brevi test.

Il passo successivo è quello di costruire una teoria basata su tutti i dati raccolti e sulle analisi condotte. Una teoria può essere definita come un insieme di ipotesi che sono state verificate e documentate.