• Non ci sono risultati.

3.2 Il metodo etnografico

3.2.4 L’intervista

Come già anticipato, per la raccolta dei dati si ricorre anche ad una serie di intervi- ste fatte ai membri del gruppo che si intende studiare o alle persone che hanno, con questi soggetti, un particolare rapporto. Una ricerca basata esclusivamente sull’os- servazione delle persone non permette di conoscere il loro modo di vedere le cose e la percezione che hanno della realtà. L’intervista permette di cogliere aspetti che non sono sempre osservabili oppure di approfondirli qualora risultino essere poco chiari. Quella etnografica è un particolare tipo di intervista discorsiva40. A diffe- renza dell’intervista strutturata, a priori vengono definiti solo i contenuti generali mentre la struttura delle domande così come le parole da utilizzare vengono sta- bilite nel corso dell’interazione. Se nell’intervista discorsiva classica le due persone sono estranee, in quella etnografica intervistato e intervistatore hanno già avuto mo- do di conoscersi. Questo facilita l’apertura da parte dell’intervistato e una maggiore comprensione dei contenuti per l’intervistatore. Se la persona intervistata si dimo- stra schiva e poco disposta a rispondere alle domande, l’intervista risulterà povera

36Cardano M., op. cit. p.138.

37Schatzman L., Strauss A.L., Field Research: Strategies for a Natural Sociology, Prentice Hall,

Englewood Cliffs, 1973, pp.99-101.

38Corsaro W.A., Friendship and Peer Culture in the Early Years, Ablex Publishing Corporation,

Norwood, 1985, p.295.

39Gobo G., Doing Ethnography, cit., pp.208-212. 40Cardano M., op. cit., pp.148-151.

Tabella 3.3: Le forme d’interazione nell’intervista discorsiva.

Intervistato

Intervistatore Singolo Coppia o piccolo gruppo

Singolo Convenzionale Di gruppo

Coppia In tandem Di gruppo Da Cardano M., 2011, p.197.

di contenuto e non darà quel prezioso plus che potrebbe dare a quanto già raccolto sul campo.

L’intervista può essere svolta all’inizio della ricerca per "rompere il ghiaccio" o per porre le basi di un rapporto di fiducia. Nella maggior parte dei casi però, viene condotta nella fase intermedia, quando cioè l’etnografo conosce, anche solo superfi- cialmente, gli schemi e i rituali delle persone che sta studiando. E’ preferibile questa seconda opzione anche per non apparire fin da subito troppo invadenti e curiosi.

Dal punto di vista formale, possiamo distinguere tre tipi di interazione tra inter- vistato e intervistatore (Tabella 3.3).

L’intervista convenzionale è quella più utilizzata nelle ricerche etnografiche. Nel- l’intervista in tandem un terzo soggetto si aggiunge dalla parte dell’intervistatore e ha la funzione di mediatore con il compito di facilitare il confronto tra i due interlo- cutori. Nell’intervista di gruppo vengono intervistati più soggetti contemporanea- mente e l’intervistatore ha la possibilità di cogliere anche le relazioni esistenti tra di essi.

L’intervista può essere condotta in diversi modi41. Nel caso dell’intervista guida- ta, il ricercatore pone le domande seguendo una traccia contenente i temi da trattare lasciandosi la libertà di decidere l’ordine dei quesiti e il linguaggio da utilizzare al momento del confronto. Nell’intervista libera, invece, il ricercatore definisce solo il tema generale della conversazione lasciando all’intervistato il compito di costruire il discorso.

Se il ricercatore opta per l’intervista guidata, deve per prima cosa costruire la traccia. Il modo migliore per farlo consiste nell’individuare innanzitutto una de- cina di temi attorno ai quali si intende sviluppare la conversazione42. Per ciascun tema poi definire delle domande che sollecitino l’intervistato a fornire una rispo- sta adeguata. Una volta stabiliti i quesiti, assegnare ad ognuno di essi un livello di importanza in modo da definirne una gerarchia. Nel momento dell’intervista, il ricercatore deve sollecitare le risposte che gli preme avere ponendo le domande precedentemente stabilite o inventandone di nuove sulla base della reazione dell’in-

41Ivi, p.160. 42Ivi, p.168.

tervistato. La traccia non deve essere intesa come una lista di domande da leggere ma come un promemoria dei temi da trattare.

L’intervista discorsiva presenta però due limiti. Il primo limite fa riferimento al divario tra quanto l’intervistato dichiara e quanto invece effettivamente pensa. Le persone infatti tendono a dare la risposta che ritengono corretta per fare una buona impressione all’etnografo non dicendo come le cose stanno realmente. In altri casi, loro stessi non sono consapevoli dei reali motivi che stanno alla base del loro agire e degli effetti che hanno le loro azioni. Il secondo limite è invece legato al divario fra gli interessi del ricercatore e quelli del suo interlocutore. A causa di questo disallineamento, l’intervistato può rifiutarsi di cooperare e di contribuire alla ricerca. E’ per questi motivi che è importante combinare assieme l’intervista con l’osservazione.

Come condurre l’intervista

Una volta definita la traccia, il ricercatore deve decidere chi intervistare e come condurre l’intervista.

Le persone sottoposte all’intervista, possono essere il risultato di un campiona- mento43 o scelte per aver adottato un certo comportamento o preso una certa deci- sione che ha attirato l’attenzione del ricercatore. Nel caso di un campionamento, le persone individuate devono poter rappresentare l’intero gruppo o organizzazione. Se così non fosse, il campione deve essere rivisto e integrato con altri soggetti.

Per quanto riguarda il luogo dove condurre l’intervista, è preferibile scegliere uno spazio isolato dove l’intervistato possa dedicarsi esclusivamente al ricercatore e rispondere con tranquillità alle sue domande. Non è raro però che l’intervista venga effettuata in luoghi affollati e rumorosi o dove le persone svolgono le loro normali attività. L’importante è sapersi sempre adattare ai ritmi del gruppo.

Per condurre una buona intervista e sollecitare delle risposte esaurienti, due sono le tecniche che l’intervistatore può mettere in pratica.

La prima è nota con il nome di "tecnica al sosia" e viene adottata quando il ri- cercatore intende indagare su una specifica attività svolta dal suo interlocutore44. All’intervistato viene chiesto di spiegare la sua giornata o la sua attività ad un suo sosia in modo che lo possa sostituire senza che nessun altro noti la sua mancanza. Nelle ricerche effettuate utilizzando questa tecnica, l’intervistato, posto di fronte a questo quesito, ha restituito un resoconto molto dettagliato delle sue attività.

La seconda, chiamata "tecnica degli incidenti critici" si focalizza sugli eventi o sulle situazioni ritenute critiche affrontate nell’ultimo periodo (di solito gli ultimi

43Si veda il paragrafo 3.2.2. 44Ivi, p.171.

cinque anni) dalle persone coinvolte nell’intervista45. Con questa tecnica viene chie- sto all’intervistato di pensare a quegli eventi che sono stati per lui una sfida, un momento difficile e che lo hanno messo alla prova. L’intervistato è stimolato a ri- costruire l’evento, a presentare le altre persone coinvolte, a descrivere il contesto, le emozioni vissute e le conseguenze generate.

A supporto dell’intervista, il ricercatore può munirsi di registratore. Registrando quanto viene detto, non c’è il rischio di perdere informazioni chiave e l’etnografo può concentrarsi nel dialogare con il suo interlocutore senza distrarsi nell’appuntare quanto ritiene più importante. L’intervista in questo modo assume la forma di un confronto tra amici più che di un interrogatorio. C’è chi, però, sapendo di essere registrato tende a non esprimersi liberamente per paura che quanto detto venga usato in futuro contro di lui. Per questo motivo, cosa molto importante è chiarire fin dall’inizio che la registrazione serve e verrà utilizzata esclusivamente dal ricercatore e che non verrà perciò divulgata a terze parti.

La trascrizione dell’intervista

Una volta conclusa l’intervista, il ricercatore dovrà trascriverla aiutandosi con la registrazione presa. Dall’ascolto del file audio spesso emergono dettagli che al mo- mento del confronto non erano apparsi rilevanti ma che in realtà sono pezzi im- portanti del puzzle per comprendere il funzionamento del gruppo sociale che si sta analizzando.

Al fine di garantire la privacy degli intervistati, nella trascrizione è necessario sostituire i nomi reali con degli altri inventati.

Gli aspetti che nella trascrizione devono essere considerati sono tre: il livello lin- guistico, quello paralinguistico e quello extralinguistico46. Il livello linguistico fa riferimento a quanto viene detto durante l’intervista attraverso le parole. Il livello paralinguistico fa invece riferimento ai modi utilizzati dall’intervistato. Per modi si intende il tono, il timbro, l’intensità e l’altezza della voce. Il livello extralingui- stico, infine, riguarda il linguaggio del corpo ossia quegli aspetti intenzionali e non intenzionali come la postura, i movimenti, il pianto, i colpi di tosse etc. Il ricercatore deve prender nota di tutti e tre questi linguaggi per avere un quadro completo della persona intervistata.

Una regola che secondo Spradley è fondamentale al fine di condurre una buona intervista etnografica è quella di trascrivere fedelmente le parole (verbatim) utiliz- zate dagli attori per descrivere, classificare, commentare e giustificare un evento47. Questo è utile per comprendere quali sono i significati attribuiti alle azioni e gli

45Ivi, p.173. 46Ivi, p.191.

schemi mentali e i modi di pensare dei membri del gruppo. Riformulare con pro- prie parole quanto ascoltato, rischia di allontanare il ricercatore dall’obiettivo del- l’etnografia: descrivere e mettere in risalto la prospettiva del soggetto osservato e ascoltato.