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La comunicazione della sostenibilità può generare effetti positivi per l’impresa ma se fatta male può portare al suo fallimento. E’ facile usare le parole e promettere grandi cose ma se poi la realtà non è quella presentata o non vengono rispettati gli impegni presi si può finire in un completo disastro. Il cercare di rendere verde qual- cosa che in realtà verde non è in marketing viene definito greenwashing50. Coniato nel 1990, il termine è il risultato della combinazione di due parole: green, il colore che richiama la sostenibilità, e whitewashing che tradotto in italiano significa coprire o nascondere fatti spiacevoli. Un’azienda non sostenibile fa greenwashing quando dichiara di esserlo per attirare l’attenzione di quella fascia di consumatori attenti al tema o per distogliere il focus sulle proprie attività non etiche. Così facendo va a truccare la sua vera identità (identity-washing)51. Il greenwashing si realizza ricor- rendo a due tecniche di comunicazione: la decoupling (sdoppiamento) e l’attention deflection (deviazione dell’attenzione). La prima consiste nel far sembrare di riuscire a soddisfare le necessità delle parti interessate senza in realtà modificare i proces- si interni. La seconda consiste invece nell’evidenziare solo gli aspetti positivi delle proprie attività per nascondere quelle poco etiche.

Quando un’impresa viene accusata di greenwashing perde di credibilità, danneg- gia la reputazione costruita nel tempo e si spezzano i legami con gli stakeholder (in primis con i clienti). Tutto questo porta ad una serie di conseguenze negative anche sotto il profilo economico che possono mettere a repentaglio la vita stessa dell’im- presa. I clienti sentendosi presi in giro si rivolgono ai concorrenti per i loro acquisti facendo scendere i profitti dell’impresa. Se quotata in borsa, il prezzo delle azioni crolla a causa della riduzione della fiducia nei confronti dell’impresa da parte degli investitori. Le banche considereranno l’impresa rischiosa e saranno poco propense a finanziarla. Perciò per l’azienda sarà molto più difficile ottenere il denaro necessario per svolgere le proprie attività. Anche la motivazione e l’impegno dei dipendenti verso un’impresa "bugiarda" può venir meno, con conseguenze negative sui risul- tati aziendali (ritardi nello sviluppo dei prodotti, riduzione della qualità, etc). Per aver attuato una comunicazione ingannevole l’azienda può anche essere sanzionata, conseguenza che comunque in confronto alle altre rappresenta il male minore.

Ci sono casi di greenwashing non intenzionali ma causati dall’essere troppo su- perficiali o troppo precipitosi, dal non conoscere le regole o da errori nella comu- nicazione interna. In Tabella 2.1 sono indicate le principali attività che portano al greenwashing.

50Levinson J.C., Horowitz S., op. cit., pp.132-133. 51Siano A., op. cit., p.135.

Tabella 2.1: Le attività a rischio di greenwashing.

Attività a rischio di greenwashing Soluzione

• Comunicazione unidirezionale.

• Gap tra le promesse fatte e i risultati percepiti dagli stakeholder.

• Impegno di breve termine volto alla risoluzione di problemi e comportamenti opportunistici.

Ascolto

• Decisioni prese dai vertici e non comunicate né al resto dell’azienda né all’esterno.

• Coordinamento scarso dei processi di comunicazione interna e sopravvalutazione dei risultati conseguiti.

Riflessione

• Strategia di comunicazione poco chiara. • Comunicazione generica dei programmi.

• Messaggi attraenti e d’impatto focalizzati su aspetti positivi ma marginali.

Comunicazione

Per ridurre il rischio di cadere in attività di greenwashing l’azienda deve favo- rire l’ascolto, la riflessione e la comunicazione. Con l’ascolto lo scopo è quello di conoscere quali sono le aspettative degli stakeholder in modo da definire dei piani specifici per riuscire a soddisfarle. Fondamentale è l’engagement degli stakeholder e una dialogo bidirezionale al fine di costruire assieme piani e programmi di so- stenibilità. L’azienda deve inoltre adottare una prospettiva di medio-lungo periodo altrimenti può apparire interessata esclusivamente ai benefici di breve derivanti da una considerazione "green".

La riflessione ha come scopo quello di supportare le decisioni fornendo tutte le informazioni relative alle percezioni e alle aspettative degli stakeholder. Le decisioni di sostenibilità devono essere coerenti con i valori dell’impresa ed essere condivise da tutti coloro che la compongono. Non coinvolgere i dipendenti nel processo de- cisionale non consente di sfruttarli come "comunicatori attivi" ossia come fonti di informazioni credibili per gli altri stakeholder esterni. La mancanza di coordina- mento interno può creare dei problemi nella comunicazione verso l’esterno. Per esempio, alcuni dati possono essere interpretati in maniera sbagliata da chi si occu- pa di marketing. Se questi dati vengono comunicati all’esterno possono generare una sopravvalutazione da parte degli altri stakeholder.

Per quanto riguarda la comunicazione, essa deve essere trasparente e non na- scondere la realtà o essere fatta al solo scopo di ottenere profitto. L’azienda deve spiegare che cosa sta facendo per essere sostenibile descrivendo nel dettaglio i pro- grammi attuati e le regole di accountability seguite. L’azienda deve comunicare anche quali sono stati i risultati raggiunti e quali invece non ancora ma sui quali continue- rà ad impegnarsi. Le comunicazioni provenienti da fonti indipendenti dall’impresa come le certificazioni o il passaparola sul web sono considerate più credibili da par- te dei consumatori rispetto a quelle company-controlled come la pubblicità o il report di sostenibilità.

TerraChoice, una società di consulenza specializzata sui temi ambientali, ha de- finito i "Six Sins of Greenwashing" ossia i sei peccati che vengono commessi da chi fa greenwashing52:

1. Trade-off nascosto (Sin of the Hidden Trade-Off ). Dichiarare verde un prodot- to basandosi su un numero limitato di attributi e nascondendo quelli meno sostenibili o sui quali c’è stato un minor progresso.

2. Mancanza di prove (Sin of No Proof ). Fare una dichiarazione che non si è in grado di provare con altre informazioni facilmente accessibili o con le certifi- cazioni esistenti.

3. Ambiguità (Sin of Vagueness). Descrivere il prodotto usando termini generici i cui significati possono essere fraintesi.

4. Irrilevanza (Sin of Irrelevance). Fare dichiarazioni ambientali vere ma che non sono importanti o utili per i consumatori.

5. Falsità (Sin of Fibbing). Dichiarare il falso.

6. Il minore dei mali (Sin of Lesser of Two Evils). Fare dichiarazioni che posso- no essere vere per quella specifica categoria di prodotto ma che rischiano di distrarre il consumatore dagli effetti ambientali di maggior portata.

Oggi per le imprese è più difficile fare greenwashing. I clienti e in generale tutti gli stakeholder sono molto preparati sul tema e sono più difficili da convincere. Hanno accesso a più informazioni e fanno confronti e paragoni. Per le imprese dunque non è più così facile manipolarli o ingannarli.

Comunicare la sostenibilità è importante ma comporta anche molti rischi. Ecco perché il piano di comunicazione non deve essere preparato con superficialità o da

52TerraChoice, Six Sins of Greenwashing. A Study of Environmental Claims in North American Consumer

persone inesperte ma, al contrario, deve essere il risultato di un’attenta analisi del- l’impresa e dei suoi stakeholder. L’azienda non può permettersi di sbagliare perché basta un piccolo errore per rovinare per sempre la sua immagine.