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La prima presidenza Putin, quella che assume forse un po’ “fortunosamente”, per certi versi “casualmente”, la guida della Russia nel 2000, si era concentrato sulle questioni economiche, tirando fuori il Paese dal pantano di un’economia fortemente mafiosa e dal degrado delle condizioni di vita materiali; il secondo Putin si è così potuto concentrare sulla ricostruzione ideologica e morale del Paese. Il terzo Putin ha potuto invece lanciare l’ambizioso progetto dell’Unione Eurasiatica (fortemente propugnata soprattutto durante la campagna elettorale delle elezioni del 2011).

Secondo Aldo Ferrari167, “l’espressione usata da Putin per denominare il progetto

Eurasia è tutt’altro che neutra nella tradizione storico, culturale e politica russa, in quanto evoca un movimento intellettuale, l’“eurasismo”, che costituisce l’espressione più radicale della tradizionale aspirazione della Russia a seguire un percorso storico differente da quello europeo e occidentale. Il movimento eurasista parte infatti dal presupposto che la Russia non faccia parte né dell’Europa né dell’Asia, ma costituisca una specifica area geografica e storica. Putin, fin dall’inizio del suo mandato

166 https://it.sputniknews.com/italian.ruvr.ru/2014_12_12/L-alternativa-al-sistema-del-dollaro-Il-ruolo-

dell-oro-4304/

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69 presidenziale, si è collocato al di fuori di ogni etichetta ideologica, perciò il progetto di Eurasia di Putin non dovrebbe subire etichettatura alcuna.

Infatti, egli fin dal 2005, non ha mai smesso di apostrofare la dissoluzione dell’Unione Sovietica come “la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”. Ed è bene qui ricordare che il partito comunista sovietico aveva ereditato dagli zar l’Impero russo, che Stalin aveva conservato ed espanso; il popolo russo addebita il suo disfacimento a Gorbaciov ed Eltsin, i quali hanno liquidato non solo lo stesso partito comunista ma l’Impero russo ereditato, da ciò deriva appunto la loro impopolarità. Il progetto di dare più concretezza alla ricomposizione dello spazio post-sovietico, rappresentato dall’asfittica CSI, che non ha mai funzionato, è un obiettivo evidente nell’agenda politica di Putin, interpretato come una visione neo - eurasiatica, senza però coincidere

con essa. D’altra parte, sin dall’inizio, il progetto Eurasia168

sta diventando uno spazio economico integrato nella facilitazione degli scambi commerciali, lasciando tuttavia ampia indipendenza nelle scelte politiche. Era ben noto che nella prima fase di ricostruzione post-sovietica la Russia ha vissuto come un attacco alla sua sicurezza ogni processo di espansione della NATO e dell’UE verso i suoi confini; li ha subiti negli anni Novanta a causa della sua debolezza politica ed economica, ma li ha contrastati non appena ha potuto, soprattutto all’interno dello spazio socio-economico di spettanza russa: in Asia Centrale, in Moldavia, nel Caucaso ed in Ucraina. I progetti dell’Unione Eurasiatica lanciata nel 2011 dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin sono un antidoto per superare da un lato la “nostalgia” per l’ormai passato Impero sovietico, dall’altro con l’obiettivo di aggiornare il ruolo continentale di sicurezza della Federazione Russa in una dimensione geopolitica e culturale eurasiatica.

Fra i Paesi della ex CSI, oltre alle repubbliche baltiche (già facenti parte di UE e NATO, contravvenendo quindi agli impegni presi in virtù dell’unificazione della Germania di non allargare ad est i Paesi aderenti alla NATO), anche l’Ucraina, la Moldavia e la Georgia guardano favorevolmente ad una maggiore integrazione in seno all’UE (l’Ucraina dal 27 giugno 2014 ha firmato ufficialmente l’Accordo di associazione con

l’UE169

); inoltre vi sono anche Paesi che rifiutano qualsiasi forma di integrazione, quali ad esempio l’Azerbaigian, il Turkmenistan e l’Uzbekistan. L’Eurasia de-ideologizzata non prevede quindi la fine dei rapporti politici e culturali con l’Europa e l’Occidente, ma si collega con una nuova strategia per lo sviluppo della Siberia e dell’Estremo

168 al quale aderiscono oltre alla Federazione Russa, il Kazakhstan, l’Armenia, la Bielorussia, il

Kirghizistan e il Tagikistan

169

70 Oriente russo; si mira cioè a fare della Federazione Russa una potenza globale moderna, capace di trarre vantaggio dalla sua favorevole posizione geografica bi-continentale. Un rilancio culturale del concetto di Eurasia si è avuto in questi ultimi anni a seguito della pubblicazione del libro di Dario Citati “La Passione dell’Eurasia: storia e civiltà in Lev

Gumilev”170. Secondo l’autore infatti, “la passione dell’Eurasia nella sua voluta

ambiguità comprenda efficacemente tutta l’opera di Lev Gumilev; una formula che indica in primo luogo il multiforme campo di interesse di questo originale pensatore, l’Eurasia: immenso territorio conchiuso e compreso fra l’Europa, il vicino Oriente, l’India e la Cina, al quale Gumilev dedicò con amore e dedizione tutta la propria vita applicandovi ogni ambito di conoscenza, dalla storia alla geografia, dall’archeologia alla sintesi etnografica. Proprio partendo da questa passione per l’Eurasia, principale oggetto di studio, Gumilev elaborò una sofisticata filosofia della civiltà – la teoria dell’etnogenesi – sicuramente universale, ma con cui cercò soprattutto di spiegare la “passionalità” dell’Eurasia stessa, ossia l’irresistibile “fuoco dentro” dei popoli che

l’avevano attraversata nell’avvicendarsi dei secoli e dei millenni171”.

Forse vale la pena ricordare ciò che ha scritto Jack Matlock172, ex ambasciatore degli

USA a Mosca durante le trattative tra George H.W. Bush senior e Gorbaciov, riguardanti la riunificazione della Germania e gli impegni presi da entrambi i soggetti. “In primo luogo, dichiararono di non essere più nemici; in secondo luogo, l’URSS non sarebbe intervenuta in Europa Orientale per sostenere i regimi comunisti; in terzo luogo, gli USA non avrebbero tratto da questi sviluppi alcun vantaggio. Era un gentlemen’s agreeement, confermato però da analoghe dichiarazioni dell’allora primo ministro britannico, dal cancelliere tedesco e dal Presidente francese. È stato deciso che, dopo la riunificazione, la Germania avrebbe continuato a far parte della NATO, ma nel territorio dell’ ex DDR non vi avrebbero stazionato truppe straniere (non tedesche) ed armi nucleari. Infine l’allora Segretario di Stato USA Baker, disse a Gorbaciov che la giurisdizione NATO non si sarebbe mossa di un pollice ad est”. L’accordo non si tradusse in un formale trattato, ma lo spirito insito nello stesso accordo si riassume nelle parole pronunciate dallo stesso Baker: “La Russia rinuncerà alla sua egemonia sull’Europa dell’est, gli USA non ne approfitteranno per estendere la loro influenza politica sulla regione”. Questo spirito fu certamente tradito: quando nel maggio 2004

170

http://mimesisedizioni.it/la-passione-dell-eurasia.html

171 Dario Citati, “La Passione per l’Eurasia”, pagg.1-3

172 http://it.news-4-u.ru/lex-ambasciatore-degli-stati-uniti-in-urss-si-ricordo-di-numero-di-agosto-di-

pytche-racconto-sullimpatto-della-guerra-fredda-sulla-sua-vita.html

71 sono incominciati i primi “malumori” in Ucraina, l’UE aveva festosamente celebrato il suo allargamento ad est con l’annessione di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria (Paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia), Estonia, Lettonia, Lituania (ex repubbliche sovietiche), Bulgaria e Romania, ossia tutti Paesi che fra il 1999 e il 2004 sono diventati anche membri della NATO.

Allora, chi ha tradito gli accordi iniziali? Sicuramente i presidenti USA succeduti a George H.W. Bush senior, i cancellieri tedeschi succeduti a Helmut Kohl, i presidenti francesi successivi a François Mitterrand ma probabilmente non Putin, autore solo di “qualche” errore nel trattare una materia fallimentare ereditata dai suoi predecessori, Gorbaciov ed Eltsin.

Quanto appena scritto aiuta a far capire perché Vladimir Putin sia così popolare quando difende l’integrità territoriale della Federazione Russa e della sua storia passata, nel bene e nel male, godendo così anche del fondamentale appoggio indiscusso della Chiesa Ortodossa Russa, non comprendendo perché l’UE ha rinunciato ad inserire fra i suoi principi fondamentali il Cristianesimo durante la stesura della sua Costituzione (tra l’altro mai entrata in vigore). Si spiega così perché Papa Francesco ha chiesto pubblicamente la difesa dei cristiani in Oriente al Presidente russo, vedendo in Mosca come la terza Roma della Cristianità. D’altra parte il ruolo della Russia nella lotta al terrorismo ed il suo rapporto col mondo islamico, con la presenza della sua flotta nel Mediterraneo, deriva proprio dalla sua storia recente e passata. Basta elencare alcuni eventi che si sono verificati durante la Seconda Guerra Mondiale ad oggi: ad es., lo Stato d’Israele è nato perché voluto dagli USA e dalla Russia, contro il volere della Gran Bretagna e della Francia; il primo tentativo di “califfato” lo si è visto in Cecenia, con l’appoggio degli USA e i successivi attacchi terroristici in Russia; la prima guerra all’Iraq di Saddam Hussein è stata vinta dalla “coalizione” di Paesi guidata da USA e Gran Bretagna, grazie alla “benevola intercessione” russa; è bene ricordare che è stato Evgenij Primakov a passare gli ultimi tre giorni, prima che gli USA attaccassero, cercando di convincere Saddam Hussein a lasciare il Paese con un salvacondotto per lui e per la sua famiglia. Le cosiddette “Primavere Arabe” volute da Gran Bretagna, Francia e USA sono servite con la loro instabilità politica ad impedire alla flotta russa di avere porti “sicuri” in Egitto, Libia, Siria ecc. La coalizione guidata ancora una volta dagli USA, insieme a Gran Bretagna, Arabia Saudita, Qatar e Turchia operante in Siria ha sicuramente favorito la nascita e lo sviluppo di un califfato in Siria ad opera dell’Isis e Al Nusra, non completamente istituzionalizzatosi grazie soprattutto all’intervento

72 militare russo; ed è sempre la Russia ad aver finora rinviato la nascita di un sultanato in Turchia grazie al Presidente Erdogan. Infine non si sarebbe giunti alla ratifica dell’accordo-quadro, implementato successivamente tra Iran e i 5+1 Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, atto che senza la preziosa collaborazione della Federazione Russa, probabilmente non sarebbe mai arrivato (lo stesso ex presidente USA Obama aveva ringraziato pubblicamente la Russia per l’impegno

profuso in questa direzione173). In conclusione, la pace e la stabilità politica in Medio

Oriente e in Africa sono possibili solo tramite uno sforzo congiunto di collaborazione diplomatica tra USA, UE e Russia prima che altre “presenze” (Cina, India, Corea Del Sud, Iran ecc.) consolidino i loro interessi nell’Area in contrapposizione a quelli occidentali.