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Se, come anticipato, nei primi anni post-sovietici l’interesse dell’UE per l’Asia Centrale si è dedicato prevalentemente agli aspetti energetici, alla cooperazione e allo sviluppo, a partire dall’11 settembre 2001 Bruxelles ha iniziato a dedicare maggior spazio e attenzione alle questioni riguardanti la sicurezza regionale.59 L’Asia Centrale costituisce per l’UE un capitolo aperto riguardo a:

 stabilizzazione regionale, con riferimento alla debolezza politica degli Stati e al pericolo terrorismo;

 lotta al crimine organizzato, nell’ambito del traffico di armi e stupefacenti;

 sostegno alle operazioni militari nel vicino Afghanistan.

Secondo diversi analisti internazionali, la stabilità della regione centrasiatica sarebbe solo apparente e potrebbe venir meno in qualunque momento. Il problema della debolezza interna di questi Paesi deve esser tenuto presente; con la parziale eccezione del Kazakhstan, le altre repubbliche centroasiatiche non hanno avuto ancora “successo” nell’impresa di accrescere lo state-building, continuando a presentare realtà in declino per ciò che concerne le infrastrutture e gli indicatori sociali. Lo sviluppo degli Stati ex sovietici della regione è, come già ampiamente anticipato, fortemente pregiudicato dagli alti livelli di corruzione e criminalità.60 Dunque il rafforzamento di quest’area diviene priorità per l’Europa.

L’eventualità di nuovi disordini, come quelli avvenuti in Uzbekistan e Kirghizistan, potrebbero riproporsi in qualsiasi momento in una delle repubbliche, costringendo l’UE a farsi trovare pronta e preparata data la possibilità di dover fronteggiare una di queste

58

Anna Matveevna, EU Stakes in Central Asia, cit., p. 105.

59 Andreas Schmitz, A Political Strategy for Central Asia, cit.

60 Si veda al riguardo lo studio di E. Marat, The State-Crime Nexus in Central Asia: State Weakness,

Organized Crime and Corruption in Kyrgyzstan and Tajikistan, Central Asia-Caucasus Institute, in “Silk Road Paper”, October 2006, http://www.silkroadstudies.org/new/docs/ Silkroadpapers/0610EMarat.pdf.

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“crisi”61

. Sinora, tuttavia, la sua capacità di monitoraggio e analisi politica è stata fortemente limitata. Ulteriore sviluppo di queste capacità diviene indispensabile per una crescita del ruolo politico dell’UE in Asia Centrale.

In caso di situazioni di crisi lo strumento da utilizzare è la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC), in stretto collegamento con il Rappresentante Speciale per l’Asia Centrale. Anche l’OCSE, impegnata da tempo in Kirghizistan in un programma di riforma delle forze di polizia, acquisirebbe un suo ruolo in presenza di una tale eventualità. Altro strumento applicabile sono le Squadre di Risposta alle Crisi (Crisis Response Teams, CRTS)62, soltanto in presenza però di situazioni particolarmente gravi. La Commissione Europea potrebbe inoltre affrontare una situazione di emergenza anche grazie al Meccanismo di Reazione Rapida (Rapid Reaction Mechanism, RRM), istituito nel 2001, che a differenza del TACIS, può distribuire fondi con estrema velocità (ad es. cioè è avvenuto in occasione della assistenza elettorale in Kirghizistan, che aveva carattere di urgenza).63

Tra i vari progetti che l’UE ha istituito in collaborazione con gli Stati centrasiatici, il primo ad essere attuato è stato il Programma di Assistenza Droga in Asia Centrale (Central Asia Drug Assistance Programme, CADAP)64 istituito sulla base della convinzione che il traffico di droga attraverso la regione costituisca una minaccia reale per l’UE, i cui primi passi sono stati mossi già nel 1996. Il suo funzionamento però è divenuto reale a partire dal 2001, mentre l’anno seguente è stato firmato il Piano di Azione sulle Droghe (Action Plan on Drugs, APD) tra l’UE e quattro Paesi della zona (ad esclusione del Turkmenistan65). Collegato al CADAP, ma con obiettivi più vasti, soprattutto a seguito degli eventi dell’11 settembre, è il Programma di Gestione delle Frontiere in Asia Centrale (Border Management Programme in Central Asia, BOMCA), per una spesa complessiva di circa 50 milioni di euro per il periodo 2004-2014.66 Il suo obiettivo è quello di assistere i Paesi dell’area a rendere sicuri i propri confini, in particolare quello con l’Afghanistan; non era invece prevista nessuna cooperazione con le forze russe impegnate nella sorveglianza delle frontiere col Tagikistan. Dopo la smobilitazione delle truppe russe controllanti il confine afghano-tagico, il BOMCA si è

61 Vedere http://www.corriere.it/esteri/10_giugno_14/kirghizistan-disrodini_904ebd24-7782-11df-9d1c-

00144f02aabe.shtml e http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/05_Maggio/14/uzbekistan.html

62

http://www.difesa.it/Content/Pagine/NascelaForzadiReazioneRapidadellUnioneEuropea.aspx

63 Anna Matveevna, EU Stakes in Central Asia, cit., pp. 100-101. 64 https://www.giz.de/en/worldwide/14393.html

65 http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=ST%209961%202009%20INIT 66

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fatto carico anche di questo territorio.67 Il problema principale di CADAP e BOMCA, entrambi attuati tramite il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD), sembra essere il loro carattere squisitamente tecnico, denotando l’assenza di una chiara strategia politica. In particolare, soprattutto a causa della ristrettezza dei tempi, la Commissione Europea non ha negoziato con i governi dell’area i termini e le obbligazioni reciproche; questo ovviamente ha limitato l’efficacia dei programmi, soprattutto in merito alla lotta alla corruzione.68

La questione della sicurezza per l’Asia Centrale è troppo delicata per essere gestita dall’UE solo in termini tecnici e finanziari, bensì richiede una precisa volontà politica che l’UE fatica a darsi. In primo luogo perché il BOMCA è gestito dalla Commissione, risentendo delle incertezze e dei passi falsi compiuti negli ultimi anni dall’”intellighenzia” europea, dal fallimento della Costituzione europea alla cosiddetta “Brexit”, contrassegnandone la lampante inadeguatezza nel processo di pacificazione e di gestione dell’ordine pubblico nella regione. In questo momento la Commissione ha difficoltà a gestire i programmi legati alla sicurezza nella regione, affidandoli cosi ad una agenzia esterna quale è l’UNPD69

.

Si tratta di una problematica condizionante tutta la strategia europea di sicurezza, al cui interno continua a esserci un notevole differenziale tra gli obiettivi dichiarati e il loro raggiungimento. La politica di sicurezza dell’UE in Asia Centrale risente di tali difficoltà, ma proprio questa regione potrebbe costituire un definitivo banco di prova per le potenzialità di sviluppo e di implementazione di una strategia europea di sicurezza.70 Punto di fondamentale importanza appare il collegamento fra assistenza finalizzata alla sicurezza e quella più generale rivolta allo sviluppo dei Paesi coinvolti. Oltre al rafforzamento del controllo sui confini per prevenire la minaccia terroristica e il traffico d’armi e stupefacenti, occorrerebbe che Bruxelles si adoperi affinché il livello di vita delle popolazioni locali possa progredire.

Approccio di questo tipo è stato portato avanti in un’area particolarmente critica quale è la valle del Ferghana, che può rappresentare la sintesi dei problemi della regione, nella quale l’UE ha dato il via ad un progetto di diminuzione della povertà, in considerazione sia dell’elevata densità di popolazione sia dei rilevanti danni economici dettati dalla comparsa, dopo la dissoluzione dell’URSS, di frontiere interstatali che dividono

67 Anna Matveevna, EU Stakes in Central Asia, cit., p. 89. 68 Ibidem, p. 90.

69 http://www.undp.org/content/undp/en/home/ourwork/overview.html 70

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territori strettamente legati etiologicamente fra di loro. L’idea principale di questo progetto era di stabilizzare una regione storicamente molto delicata, caratterizzata da frontiere artificiali unite a condizioni di grave crisi ecologica e pauperizzazione estrema, in cui risiede almeno un quinto della popolazione complessiva della regione, rendendola di fatto una delle zone più critiche dello spazio post-sovietico, quale incubatrice di forme virulente di contestazione, dimostrando quanto difficile sia raggiungere risultati concreti71. Tali eventi indicano come il problema chiave dell’Asia Centrale risieda nella chiusura dei suoi sistemi politici autoritari e nazionalisti, in cui il monopolio del potere da parte di alcuni clan spinge le forze emergenti ad ingrossare le fila di un’opposizione clandestina dominata dal fattore fondamentalista islamico. Quest’ultimo ha prosperato fra il dissesto sociale seguito alla fine del welfare sovietico, coadiuvato da fattori quali la parallela chiusura dell’economia da parte delle autocrazie e la struttura tribale delle società centrasiatiche.

Stesso discorso può essere fatto nell’ambito della lotta alla coltivazione ed al traffico di droga, particolarmente radicate in determinate aree in cui operano strutture mafiose attive anche in altri settori dell’economia sommersa. Tali attività paiono derivare in primo luogo dalla povertà delle popolazioni locali, che ne ricavano importanti fonti di reddito. Grazie alla porosità delle frontiere e alla capacità di adattamento alle reti clandestine islamiste, il narcotraffico è riuscito a ritagliarsi nella regione diverse vie di approvvigionamento e vendita della droga. La semplice repressione poliziesca è dunque insufficiente se le operazioni anti-droga non vengono integrate da misure di sostegno e sviluppo dell’economia reale delle aree depresse. Il narcotraffico fornisce importanti entrate al radicalismo islamico e al terrorismo. E’ proprio dall’UE che giunge la maggiore richiesta di droga prodotta nella zona, motivo per cui dovrebbe impegnarsi in

modo adeguato ed intensamente nella lotta a tale tipo di “commercio”.72 Una ragione

sempre più fondamentale dell’impegno europeo nella zona è la vicinanza con l’Afghanistan, col quale confinano direttamente Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan; secondo dati UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), attraverso l’Asia Centrale si muove il 20% dell’eroina prodotta in Afghanistan, pari a circa il 90% della produzione mondiale.

71 Cifr. quando proteste di massa portarono il Kirghizistan quasi al collasso delle proprie istituzioni,

mentre l’Uzbekistan dovette reprimere nel sangue i violenti disordini scoppiati ad Andijan nel maggio 2005, a seguito del caos presente nel Paese confinante

72 Zeyno Baran (ed.), Islamic Radicalism in Central Asia and the Caucasus: Implications for the EU,

Central Asia-Caucasus Institute, in “Silk Road Paper”, July 2006, http://www.silkroadstudies.org/ new/docs/Silkroadpapers/0607Islam.pdf

34 Occorre considerare che, sebbene diversi Paesi europei abbiano schierato forze militari in Afghanistan nell’ambito della missione NATO-ISAF, questo Paese non è ancora inserito nelle strategie e nelle strutture europee operanti in Asia Centrale, nonostante la lunga durata della missione militare; appare quanto mai opportuno stabilire una netta cooperazione militare e di sicurezza con i Paesi della regione. Ciò richiederebbe anche una solida cooperazione politica, attualmente non ancora esistente, soprattutto con Turkmenistan e Uzbekistan. Quest’ultimo Paese, anzi, per qualche anno entrò in contrasto con il governo tedesco, minacciandolo di poter perdere l’uso della base aerea di Termez se non avesse provveduto ad elargire sostanziosi investimenti per migliorarne

le infrastrutture.73 Ovviamente si tratta di una considerazione politica; infatti, come la

maggior parte dei Paesi dell’UE, la Germania ha una posizione estremamente critica nei confronti del governo uzbeko, a maggior ragione dopo l’episodio dell’eccidio di

Andijan del 2005.74 Chiaramente la concezione autoritaria e repressiva della sicurezza

caratterizzante i governi centrasiatici pare difficilmente compatibile con le nozioni europee di una sicurezza comprensiva, umana e democratica. In quest’ottica, N. J. Melvin asserisce che “nel suo dialogo con le autorità in Asia centrale, l'UE deve andare oltre le definizioni strette di sicurezza e non essere vincolato dalla agenda anti- terrorismo promossa da molti dei servizi di sicurezza nella regione; l'UE dovrebbe cercare attraverso il dialogo di ampliare i concetti di sicurezza in Asia Centrale e anche di rafforzare la cooperazione nel settore delle attività di prevenzione di sicurezza e di

conflitti regionali”.75

Il punto è che alla luce delle esigenze strettamente militari in Afghanistan, l’UE si ritrova nella necessità di sviluppare una strategia regionale efficace, nonostante le evidenti divergenze politiche con i Paesi centrasiatici. La questione risulta essere complicata anche a causa dell’atteggiamento usato da Bruxelles nei confronti del radicalismo islamico, argomento di difficile lettura, fenomeno tra l’altro strettamente correlato al terrorismo. Il problema principale pare essere rappresentato dalle crescenti tendenze dispotiche dei governi regionali, che paiono determinare un’opposizione

73 Anna Matveevna, EU Stakes in Central Asia, cit., p. 117. 74

Su questi eventi si veda l’articolo di Fabio Indeo, Uzbekistan e diritti umani: la questione dei rifugiati di Andijan, in “Medeura. Rivista di Relazioni Internazionali”, n.2, dicembre 2005, edizione numero 7, http://www.relint.org/public/medeura/MEDEURA-2005-7.pdf.

75 «In its dialogue with the authorities in Central Asia, the EU must move beyond narrow definitions of

security and not be constrained by the anti-terrorism agenda promoted by many of the security services in the region. The EU should seek though dialogue to broaden concepts of security in Central Asia and also to strengthen cooperation in the area of regional security and conflicts prevention activities». Neil J.Melvin, Building Stronger Ties, Meeting New Challenges: The European Union’s Strategic Role in Central Asia, cit.

35 clandestina sempre più radicale e numerosa, legata indissolubilmente all’opzione

islamista.76 Proprio per cercare di spezzare questo circolo vizioso, l’UE dovrebbe

tentare di sostenere una svolta nella politica interna dei Paesi centrasiatici, al fine di migliorare la situazione economica e la sensazione di diffusa ingiustizia socio-politica; questo senza alienarsi le simpatie dei governi locali, poco favorevoli a pressioni estere in quest’ambito. Si tratta di un compito decisamente complesso a cui si dovrà cercare di pervenire.