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La questione dello sviluppo della democrazia e dei diritti umani costituisce tanto una chance quanto un ostacolo. Gli Accordi di partenariato e cooperazione siglati tra l’UE e

100 Ibidem, pag. 95 101

45 gli Stati della regione includono numerosi riferimenti al consolidamento della democrazia, dei diritti umani, dell’indipendenza dei media e del rispetto delle minoranze etniche. Tuttavia questi richiami devono necessariamente fare i conti con una realtà che sembra assai restia ad adeguarvisi, rendendo da questo punto di vista il rapporto con i partner centroasiatici estremamente complicato. Anche se da più parti si insiste sulla necessità che l’UE si mantenga credibile sul piano dei valori democratici, occorre considerare che in Asia Centrale i richiami ad una democrazia pluralistica o all’indipendenza dei media sono assai poco realistici, rendendo quasi controproducente il porre eccessiva insistenza su di essi, minando non poco le possibilità di intervento concreto nella regione. Come hanno più volte dimostrato, i governi centrasiatici non

esitano a porre restrizioni all’attività di Ong e di media indipendenti.102 Inoltre occorre

ricordare che in questi Paesi è presente una forte ondata di generale risentimento antioccidentale, rivolto principalmente contro gli USA, ma che coinvolge in prima linea anche le stesse Ong e le attività di monitoraggio elettorale dell’OCSE.

A discapito della sua “limitata” visibilità nella regione, l’UE non è allo stesso tempo esclusa dall’essere essa stessa oggetto di risentimento. E’ opportuno per Bruxelles tenere ben presente il fatto che istituzioni finanziate dall’esterno svolgano spesso attività di opposizione politica, non rendendole popolari agli occhi delle autorità regionali; queste ultime, infatti, in alcuni casi, le considerano spinte più da ambizioni neo- coloniali (mascherate da slogan umanitari), ponendo il personale che lavora per queste istituzioni ad operare in contesti difficili, in alcuni casi costretti a dover addirittura fuggire da questi Paesi. Anche alla luce di ciò, bisognerebbe interrogarsi se sia opportuno finanziare attività che vengono percepite come etero dirette, dovendosi trovare costrette dai governi dell’area ad essere esse stesse ostacolate nella loro azione. Sarebbe forse preferibile sostenere attività strutturate e meglio inserite nella società locale, anche se maggiormente esposte al rischio di sovente “controllo” da parte delle autorità locali. Questo probabilmente dilaterebbe i tempi di auspicata evoluzione

politico-sociale, ma la renderebbe con ogni probabilità più attuabile.103 La situazione

politica effettiva della regione rende poco “appetibile” l’insistenza europea (e ovviamente statunitense) sulle questioni riguardanti i diritti umani e l’implementazione della democrazia, l’indipendenza dei media e così via. I governi autoritari dell’area

102 Si veda al riguardo l’articolo di V. Kasymbekova, Cholpon Orozobekova, Central Asia NGOs Under

Fire, in “Reporting Central Asia”, 439, 18 March 2006, http://iwpr.net/?p=rca&s=f&o=260432 &apc_state=henirca2006.

103

46 possono facilmente ed in qualsiasi momento voltare le spalle all’UE per instaurare una collaborazione preferenziale con Russia e Cina, come già detto presenti nella regione e assai meno sensibili a tali istanze. Le dinamiche occidentali di democrazia e diritti civili sono, purtroppo, in quelle aree molto lontane dalla realtà politica locale e il voler puntare fortemente su questi temi, attraverso l’azione di Ong finanziate dall’esterno, vengono percepite sempre più come vettori di sovversione politica rendendo controproducente la stessa azione umanitaria. In questo senso è molto importante che l’azione dell’UE nella regione sia il più possibile realista, così da poter evitare un approccio astrattamente moralistico, interpretato dalle comunità locali come espressione

di una nuova, subdola forma coloniale di “ideologia occidentale”.104

Allo stesso modo, le pur comprensibili rimostranze sulla insufficiente azione europea nei confronti della questione dei diritti umani in particolar modo per quel che concerne

l’Uzbekistan105

, non devono minare e bloccare l’agenda politica di Bruxelles nella regione; l’UE deve invece trovare il modo di collaborare proficuamente con i governi regionali e con i partiti legalmente riconosciuti per sostenere un’evoluzione graduale ma percorribile sulla base di obiettivi limitati. Tra questi obiettivi vi sono senza dubbio: incoraggiare i contatti tra i partiti politici locali e quelli europei;

organizzare contatti diretti tra i parlamenti dei paesi centroasiatici e quelli europei; osservare e promuovere la regolarità nello svolgimento delle elezioni, in particolar

modo quelle parlamentari106.

L’UE si trova dunque in una situazione quanto mai complessa nei confronti dell’Asia Centrale. Il suo peso nella regione risulta ancora decisamente limitato, certamente non favorito dalla distanza geografica e dalla scarsa quantità e qualità dei rapporti tradizionali, nonché dall’assenza di Stati europei che si propongono come sponsor nei confronti degli attori locali. Al tempo stesso il mantenimento da parte dell’UE di sempre più forti e crescenti interessi economici in Asia Centrale, per quel che concerne la necessità di trovare forniture energetiche alternative, rende di grande rilievo anche le questioni di sicurezza, non solo per l’Afghanistan (ancora in via di pacificazione), ma anche e soprattutto per le dinamiche terroristiche, il traffico d’armi e di stupefacenti, l’immigrazione clandestina, ecc.

104 Ibidem, p. 122.

105 V. Kasymbekova, The EU Isn’t Taking Sanctions against Uzbekistan Seriously, in “Eurasia insight”, 6

February 2007, http://www.eurasianet.org/departments/insight/articles/eav020607a.shtml.

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47 La crescita d’ interesse dell’UE manifestatasi negli ultimi anni ed ulteriormente rafforzata ha quindi pienamente ragione d’essere; tanto più che l’UE può sfruttare il vantaggio di essere percepita come portatrice di aspirazioni egemoniche assai meno di quanto avvenga con Russia, Cina e Stati Uniti. In Asia Centrale come in altre parti del Mondo, in particolare quello islamico, l’UE viene percepita come modello culturale spiccatamente “occidentale”, cioè avanzato dal punto di vista politico ed economico, ma meno aggressivo e imperialista di quello statunitense, per molti aspetti quindi potenzialmente più attraente. Si tratta di un vantaggio notevole, non semplice però da gestire. Le repubbliche post-sovietiche aventi dinamiche politico-sociali molto particolari, si distaccano completamente dal paradigma di “Paesi di transizione” quali invece possono essere i Paesi dell’Europa Orientale, avvicinandole piuttosto ad altri stati asiatici e musulmani quali il Pakistan o l’Iran, come detto in precedenza. È molto importante che l’UE riesca in tempi brevi ad aumentare sensibilmente la propria capacità di analisi politica e culturale, oltreché economica, di una regione tanto

complessa107.

Occorre soprattutto che Bruxelles individui con attenzione i suoi concreti interessi strategici, che devono per quanto possibile raccordarsi e non porsi in contrasto con quelli degli altri attori operanti nell’area; non solo gli Stati Uniti, quindi, ma anche e soprattutto la Russia, stabile e indispensabile referente politico ed economico in Asia Centrale. Ed ancora la Cina, il cui ruolo nella zona è destinato sempre più a crescere, e che per diversi aspetti sta trovando un linguaggio comune con Mosca. Il punto cruciale è quindi per l’UE quello di operare in Asia Centrale non come competitor geopolitico - un ruolo al quale al momento non è attrezzata, tanto meno in questa regione - quanto come fattore di mediazione, cooperazione ed integrazione tra i diversi attori interni ed esterni.