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L’attuale congiuntura dell’Asia Centrale è quindi caratterizzata dall’ambizione nutrita da parte dell’UE di porsi quale attore a sé stante al suo interno, nonostante solitamente l’apparato strategico operi di concerto alla linea statunitense. Tale interesse geopolitico è dettato tra gli altri dallo spostamento ad est del baricentro UE prodotto a seguito dell’allargamento del 2004, dalla presenza degli eserciti europei in Afghanistan così come da una crescente inquietudine a causa della propria sicurezza energetica.

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48 Quest’ultima si è imposta dopo le crisi intervenute nei rapporti fra Russia, Ucraina e Bielorussia (attraverso cui passa gran parte delle esportazioni energetiche russe verso l’Europa) portando ad individuare nell’Asia Centrale fonte di approvvigionamento alternativa a Mosca.

A tale svolta ha contribuito fortemente la scomparsa nel dicembre 2006 di Saparmurat Niyazov, il dittatore che per ventuno anni ha dominato la vita pubblica del Turkmenistan. A differenza del suo predecessore, Gurbanguly Berdimuhamedov, il neo Presidente, ha dichiarato di essere pronto a diversificare le proprie esportazioni al di là della Russia, apertura inattesa che ha richiamato tutte le forze interessate a consolidare le proprie posizioni nel bacino del Caspio. Dal punto di vista energetico, al cuore della sua proposta vi è un gasdotto trans caspico destinato ad integrare il progetto “Nabucco” nato nel 2002 per il trasporto del gas in Austria, attraverso il Caucaso Meridionale e la Turchia, evitando il territorio della Russia. Toccata “direttamente” nei propri interessi, quest’ultima ha immediatamente reagito riuscendo nel 2007 a vincolare nuovamente a sé i presidenti kazako, turkmeno e uzbeko nella ristrutturazione dell’intera infrastruttura gasifera che connette i quattro Paesi. L’impatto dell’accordo è stato tale da eliminare le prospettive del “Nabucco”, per il quale non sembrano esistere risorse sufficienti (tenuto conto degli impegni contratti con Cina e Iran) tanto da portarlo all’accantonamento nel

2013 in favore del concorrente Trans Adriatic Pipeline (TAP)108.

L’attuale congiuntura è quindi nuovamente segnata da un’ennesima fase di stallo della strategia statunitense di penetrazione in Asia Centrale con l’Europa al suo seguito, incerta sulla via da seguire. Dalla linea di Bruxelles si dissociano sia un buon numero di Stati membri sia le stesse compagnie petrolifere europee, in primo luogo l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi). Particolarmente attiva nel bacino del Caspio, l’ENI basa la propria posizione su una cooperazione organica e di lungo periodo col gigante russo dell’energia Gazprom, nell’ambito del quale rientrano sviluppo, produzione e distribuzione dell’energia. Difficilmente le compagnie europee potrebbero rinunciare a partenariati di questo tipo per sostenere progetti rischiosi politicamente ed incerti dal punto di vista commerciale, quali appunto il decaduto progetto Nabucco, che se mai fosse stato completato, avrebbe fornito volumi (fra i 16 e i 20 miliardi di m3 di gas su un consumo previsto di oltre 550 miliardi di m3) non in grado comunque di modificare la dipendenza europea dal gas russo. Oltre a rappresentare un interesse vitale dal punto di vista energetico, la situazione militare in Afghanistan e Caucaso, dove i contingenti

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49 militari europei si trovano in un’empasse strategica simile a quella sovietica negli anni Ottanta, la regione è ulteriormente importante da punto di vista logistico quale corridoio terrestre per i rifornimenti NATO. Ma chiaramente questo potenziale non pare attuabile senza la cooperazione della Russia, la quale, come visto ad esempio durante il vertice NATO di Bucarest del 2008, fa leva sulle difficoltà dell’Organizzazione per ottenere contropartite sulle altre questioni in cui l’Alleanza Atlantica si contrappone (ad esempio

il sistema missilistico AMD, in Kosovo109) oltre che per affermare la sfera d’influenza

del CSTO, nel tentativo di guadagnare il riconoscimento occidentale per questa struttura. Una tale linea di negoziato è indirizzata ad accentuare il legame fra politica estera del Paese su scala globale. Se dovesse mantenersi la pressione da parte della NATO, l’Asia Centrale è destinata a diventare la base del rafforzamento dell’intesa russo - sino - iraniana, con l’Afghanistan a fare da test nella loro capacità di nation building nel Paese. Un partenariato economico basato su oggettive necessità reciproche potrebbe fare da apripista ad una più ampia intesa geopolitica fra l’Europa e i membri del triangolo di potenze eurasiatiche; Iran e Russia hanno già segnalato di voler far leva sugli interessi europei nella regione per creare una frattura fra la componente franco- tedesca e la componente anglo-americana in seno alla NATO. In particolare dopo la crisi caucasica del 2008, crescono le capacità di manovra dell’Iran che, tramite la sua partecipazione alla SCO e il consolidarsi delle reti energetiche con la Turchia (è stato

dato avvio ad un gasdotto nel 2007110), ha aumentato il proprio peso nella bilancia

energetica della regione, quale snodo dei flussi sia verso ovest sia verso est. In tal senso resta da valutare il ruolo che assumerà l’India nella competizione in atto, la quale tenta di installarsi militarmene in Tagikistan, spinta da fattori strategici a contrapporsi alla Cina nella ricomposizione degli equilibri nell’Asia Centrale.

In attesa che la strategia europea venga ulteriormente implementata, occorre valutarne gli obiettivi e le modalità.

All’interno della Strategia Europea per l’Asia Centrale111

, viene spiegata la necessità di rafforzare i legami con l’Asia Centrale con il fatto che le dinamiche strategiche, politiche ed economiche della regione la stanno sempre più avvicinando all’UE; l’interesse riguarda oltre modo l’opportunità di rafforzare la sicurezza energetica europea. Inoltre si individuano anche i passi fondamentali che dovrebbero essere 109 https://aurorasito.wordpress.com/2014/01/01/washington-gioca-alla-roulette-russa-con-la-difesa- missilistica/ 110 http://www.discoveriran.it/gas/ 111 http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2015/06/22-fac-central-asia-conclusions/

50 compiuti per rafforzare la stabilità della regione, promuovere il commercio e gli investimenti.

All’interno della strategia europea si sottolinea la necessità che la politica nei confronti dell’Asia Centrale sia necessariamente portata avanti assieme alle entità statuali attive nella regione in collaborazione con le varie organizzazioni regionali, in particolare quella di Shangai (SCO).

Dal punto di vista operativo il documento insiste sulla necessità di elevare il profilo e la visibilità della presenza europea nella regione, essenzialmente sulla base di incontri regolari di alto livello magari da svolgersi due volte l’anno. Al tempo stesso si può osservare come alcuni passaggi di questo documento lascino perplessi riguardo alla comprensione europea delle dinamiche regionali; ad esempio una certa astrattezza, per

così dire “eurocentrica”, si legge in espressioni quali “Niente sarà possibile negli Stati

dell’Asia Centrale senza il consolidamento di una stabile, giusta e aperta società, che si muove gradualmente verso norme europee112” sia pure con l’aggiunta “presa visione delle specificità storiche di ciascun Paese113”.

Questo genere di retorica non è quasi mai stato molto produttivo, soprattutto in aree come queste. Le repubbliche di questa regione sono assai lontane da norme e valori europei e possono contare su partner quali Russia e Cina, più vicine non solo geograficamente, ma anche politicamente e culturalmente.