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Il Kazakistan beneficia da oltre dieci anni di un ritmo di sviluppo economico formidabile, con un tasso di crescita del PIL in rapida salita dopo la battuta d’arresto del 2008-2009; si stima che la crescita del circa 5% continuerà anche nel 2017-2018. Un simile rigoglio economico però non è adeguatamente accompagnato da un’accettabile apertura alle istanze democratiche. Figura controversa – dittatore per i suoi detrattori, artefice e garante dello sviluppo socioeconomico del Kazakhstan per i suoi sostenitori – il settantasettenne autocrate Nursultan Nazarbayev, già membro del politburo nonché presidente della Repubblica Socialista Sovietica del Kazakhstan, assieme alla sua famiglia e ad un manipolo di oligarchi sono al potere fin dal dicembre 1991; primo presidente eletto a seguito del conseguimento dell’indipendenza (e proprio per questo duramente criticato dagli analisti internazionali), nel 1995 un referendum popolare approvato col 95% dei consensi ha prolungato il suo primo mandato, in scadenza quell’anno, fino al 2000.

Nazarbayev è stato poi rieletto alla presidenza nel gennaio 1999 e nel dicembre 2005 (rispettivamente con l’80% ed il 91% dei consensi) in tornate elettorali considerate dagli osservatori internazionali né libere né corrette. Nel maggio 2007 un parlamento dall’indipendenza quantomeno dubbia ha sancito con previsione costituzionale la non applicabilità al solo Nazarbayev (in quanto “Primo Presidente della Repubblica”) del

187 Dopo il collasso dell'Unione Sovietica, per evitare insorgere di conflitti e gravi complicazioni nella

gestione delle risorse idriche, i Ministri di cinque stati indipendenti dell'Asia centrale (N. Kipshakbayev, V. Melnichenko, A. Nurov, А. Ilamanov, R. Giniyatullin) a seguito di trattative, incontri e dibattiti adottati durante la conferenza a Tashkent il 10-12 ottobre 1991 firmarono la dichiarazione in cui, sulla base di comunità storica dei popoli dell'Asia centrale, i loro uguali diritti e la responsabilità di assicurare razionale utilizzo delle risorse idriche nella regione, e prendendo le condizioni naturali ed economiche in considerazione, hanno riconosciuto che solo le azioni congiunte in coordinamento e la gestione può aiutare a risolvere efficacemente i problemi idrici della regione in un contesto di crescente tensione ecologica e sociale. Il 18 febbraio 1992 cinque ministri delle risorse idriche di Stati dell'Asia centrale (N. Kipshakbayev, M. Zulpuyev, A. Nurov, А. Ilamanov, R. Giniyatullin), hanno firmato ad Almaty un accordo "sulla cooperazione nella gestione congiunta, l'uso e la protezione dei fonti interstatali delle risorse idriche "

88 limite dei due mandati presidenziali; nel giugno 2010, a seguito di indagini e critiche sulla corruzione governativa riguardanti lo stesso presidente, il parlamento gli ha garantito l’immunità civile e penale a vita, riconoscendogli inoltre il titolo di “leader

della Nazione188”.

Un nuovo tentativo, sostenuto dal potere legislativo, di estendere per referendum il mandato presidenziale sino al 2020 è stato rigettato come incostituzionale tanto dalla Corte costituzionale quanto dallo stesso presidente. Questi ha invece indetto – nel gennaio 2011 e poi ancora nell’aprile 2015 – elezioni anticipate, consapevole dell’ampio sostegno popolare e forte delle restrizioni alla registrazione dei candidati imposte dalla commissione elettorale.

L’ultima tornata elettorale, l’aprile 2015, ha confermato la presa di Nazarbayev sull’elettorato, che gli ha conferito il quinto mandato presidenziale col 97,7% delle preferenze (!); nonostante il grottesco culto della personalità, la corruzione diffusa e le limitazioni della libertà di espressione, ciò non ha impedito a Nazarbayev ed ai suoi uomini di sollevare le sorti della propria nazione, di ottenere un solido sostegno popolare e di effettuare un buon numero di riforme economicamente illuminate di cui indubbiamente stanno beneficiando anche i meno abbienti; il grado di diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza (calcolato attraverso l’indice di Gini) era ad un livello piuttosto basso già nei primi anni Duemila ed è notevolmente migliorato nel corso del decennio successivo; anche il tasso di mortalità è nettamente diminuito (tra il 2003 e il 2012 è sceso dal 10,78 millesimi a 8,52 millesimi), mentre la speranza di vita alla nascita è aumentata di 6,15 anni come logica conseguenza di una crescita incessante che, nello stesso periodo, ha visto il PIL kazako salire da 105,5 a 219,6 miliardi di dollari, con diretto calo della disoccupazione, attestatasi sul 5,4% rispetto al 8,8% precedente.

La concentrazione del tasso di crescita osservata nel 2012, quando l’indicatore di variazione del PIL ha segnato quota 5,1% contro il 7,5% dell’anno precedente, non costituisce un vero campanello d’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che, a causa della crisi in cui versano le economie occidentali, è la domanda estera a perdere di intensità piuttosto che la produttività interna a diminuire. Tuttavia Nazarbayev, nel corso di diversi discorsi pronunciati alla popolazione, ha voluto ribadire l’importanza della nuova strategia lanciata nel dicembre 2012, quando fu presentato il documento

188 http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=2134510

&codiciTestate=1&sez=hgiornali&titolo=Kazakistan,%20la%20capitale%20Astana%20prender%E0%20 il%20nome%20del%20presidente

89 “Kazakhstan 2050”, che è andato ad integrare e ad aggiornare le direttrici e gli obiettivi

di medio/lungo termine previsti nel piano “Kazakhstan 2030189”; come già osservato,

Nazarbayev illustrò la fondamentale importanza dei processi di liberalizzazione economica nei settori dell’industria leggera e del terziario, la necessità di diversificare l’indotto per evitare che la produzione nazionale si fossilizzi sul mercato delle materie prime, la funzionalità di una crescente capacità di attrarre investimenti dall’estero, il carattere essenziale della stabilità sociale e del miglioramento del livello di vita dei cittadini, ribadendo la centralità dei pilastri costituzionali dell’unità nazionale e dell’integrità territoriale e appellandosi ad un patriottismo che sappia farsi garante della coesistenza di circa 140 gruppi etnici e 17 gruppi religiosi principali presenti nel Paese; tre concetti, comunque, sembrano rivestire un ruolo di primo piano all’interno dei progetti del presidente kazako:

 La Terza Rivoluzione Industriale, risultante delle innovazioni nel campo

dell’alta tecnologia e della loro integrazione con i settori produttivi dell’industria e dell’agricoltura;

 Lo Sviluppo Scientifico in campo economico, formativo ed infrastrutturale, “che

significa in primo luogo incrementare il potenziale della scienza kazaka”, e che ricorda molto da vicino la “concezione scientifica” inserita dall’ex presidente Hu Jintao nello Statuto del Partito Comunista Cinese nel 2005;

 La Cooperazione Eurasiatica a tutti i livelli del dialogo e del partenariato

internazionale, nel cui meccanismo, come già ribadito, il Kazakhstan è protagonista attivo e dinamico.

Come detto durante le ultime elezioni presidenziali dell’aprile 2015 è riuscito ad ottenere un consenso del 97,7% dei voti.

Ne consegue quindi che Nazarbayev rimarrà a capo del governo per altri 5 anni, perpetrando un significativo controllo sulla sfera politica ed economica del Paese. Ciò non ha permesso lo svilupparsi di una coerente dialettica fra partiti politici in Kazakhstan; un’economia sempre più solida e un’enorme disponibilità di energia fanno passare in secondo piano il disinteresse di Nazarbayev verso l’implementazione di riforme che migliorino il grado di democrazia, aumentino la trasparenza e garantiscano il rispetto dei diritti umani nel proprio Paese.

Ad esempio il voto che, a fine 2011, ha portato alla rielezione del Presidente con il 95% dei consensi è stato stigmatizzato dall’OCSE come “condizionato da gravi irregolarità”.

189

90 Transparency International colloca il Kazakhstan al 120° posto nella sua classifica sulla presenza di corruzione nelle istituzioni, non esattamente un risultato incoraggiante. Amnesty International ha duramente condannato la risposta delle forze dell’ordine agli scioperi nella città petrolifera di Zhanaozen, denunciando violenza ingiustificata, torture gravi e reiterate nei confronti dei diritti dei lavoratori. Ancor più duro il quadro dipinto da Human Rights Watch in uno dei suoi ultimi report annuali: la sede locale dell’organizzazione parla infatti di mezzi d’informazione piegati all’interesse del governo (recentemente il governo ha cercato di mettere al bando il partito d’opposizione Alga, oltre a 8 testate giornalistiche e 23 riviste, accusate di estremismo), maltrattamento di giornalisti indipendenti, processi punitivi improntati sul reato di diffamazione e cancellazione della libertà di assemblea; nonostante i tentativi dell’opposizione di riorganizzarsi e di rilanciare la propria immagine e il proprio ruolo dando vita a nuova partiti, la mobilitazione della società civile rimane comunque abbastanza flebile, poco propensa a manifestare contro un governo che ha comunque

garantito un generale miglioramento delle condizioni di vita190.

Il potere legislativo, composto da una camera alta e da una camera bassa eletta con sistema proporzionale, non ha mai svolto un’effettiva azione di bilanciamento dell’esecutivo, anche perché il partito di cui Nazarbayev è leader, il Nur Otan, ha controllato la Majilis, la Camera Bassa.

La soglia per l’accesso al parlamento, costituzionalmente fissata al 7%, ha peraltro impedito che altri partiti al di fuori dello stesso ottenessero seggi parlamentari delineando un parlamento monocolore, unico caso nello spazio post-sovietico; fin da principio le nuove formazioni politiche sono state ostacolate in tutti i modi, soprattutto attraverso una registrazione delle norme che ne regolavano l’esistenza, finendo così per essere escluse ad esempio dalla possibilità di partecipare alle elezioni per il rinnovo della Camera Bassa del settembre-ottobre 2004, le quali sancirono nuovamente con 42 seggi su 77 la vittoria del partito filo presidenziale Nur Otan (Patria) e delle formazioni ad esso collegate.

Significativamente si affermò anche il partito fondato nell’ottobre 2003 dalla figlia del Presidente Dariga Nazarbayeva, Asar (Tutti Insieme), considerato da molti il primo passo di una strategia a lungo termine volta a preparare il passaggio dei poteri al’interno del gruppo familiare. Analogo risultato ebbero le consultazioni svoltesi nell’agosto 2005 per il rinnovo della Camera Alta, che sancirono il consolidarsi degli equilibri esistenti

190

91 (nel dicembre dello stesso anno,tra l’altro, il Presidente Nazarbayev venne rieletto). Le recenti polemiche sulla repressione del dissenso non stanno colpendo oltremodo la reputazione internazionale di Nazarbayev: gli interlocutori esteri del Kazakistan hanno sempre avuto buona coscienza delle difficoltà kazake nella transizione ad un sistema democratico maturo, ma hanno tollerato alcune incertezze apprezzando la capacità del leader di sterilizzare l’opposizione attraverso un processo di progressiva inclusione nello schema parlamentare.

Nelle elezioni parlamentari del gennaio 2012 – tenutesi in virtù dello scioglimento anticipato dell’assemblea da parte di Nazarbayev – si è avuta una grossa novità: a superare la soglia di sbarramento ed entrare in parlamento al fianco del partito di

maggioranza191, due partiti di opposizione, l’Ak Zhol (con il 7,47% delle preferenze ha

ottenuto otto seggi) e il Partito Comunista del popolo (7,19% ha ottenuto sette seggi). Gli 83 seggi vinti dal Nur Otan grazie all’80,99% delle preferenze lasciano tuttavia intatto il controllo del partito sull’assemblea legislativa. La concessione di un pluralismo di facciata diveniva funzionale all’esclusione e alla criminalizzazione dei partiti d’opposizione più scomodi, la cui crescita è stata così neutralizzata. L’emendamento della legge elettorale del 2009, in base al quale al secondo partito è

comunque assicurata una presenza in parlamento indipendentemente dal

raggiungimento della soglia del 7%, non sembra pare aver introdotto sostanziali modifiche nell’assetto politico-istituzionale.

La credibilità di Nazarbayev poggia inoltre sulla sua capacità di opporsi con decisione alle forze estremiste religiose che premono nelle regioni in cui si annida la maggiore povertà. In tal senso la politica di tolleranza zero attuata dal Presidente offre all’Occidente e ai numerosi investitori esteri le garanzie necessarie, permettendogli di contenere il disagio che molti governi occidentali provano nei confronti dei suoi eccessi illiberali. Parimenti, il potere giudiziario, lungi dall’essere indipendente, ha tradizionalmente protetto gli interessi politici ed economici dei circoli governativi, colpendo al contempo l’opposizione politica e quella parte della società civile e dei media critica verso l’esecutivo.

Nel ventennio repubblicano Nazarbayev ha difatti costruito un solido sistema di potere personale, assicurandosi il controllo delle istituzioni politiche, del potere giudiziario, di quello economico e dei media. Nonostante l’apparente stabilità del regime, le maggiori minacce alla sicurezza sono rappresentate da tre fattori: in primo luogo, il malcontento

191

92 popolare, soprattutto tra gli operai nelle zone di provincia, a causa della difficile condizione economica nazionale (svalutazione monetaria, corruzione, disuguaglianza ecc.) che ha portato anche ad un cambio di primo ministro (Karim Masimov al posto di Serik Akhmetov) nell’aprile 2014; in secondo luogo la ricerca di una maggiore integrazione politica da parte della “middle class” emergente – prevalentemente nelle due più grandi città, Astana ed Almaty – con l’attuale sistema di potere, potrebbe provocare nel medio -lungo periodo alcune divisioni nella struttura sociale kazaka (nonostante i livelli di impegno politico e civile rimangano alquanto bassi). Infine, la presenza nelle regioni settentrionali del Paese di un’importante maggioranza russofona, che in passato ha sporadicamente manifestato irrequietezza e nei confronti della quale la diffidenza da parte dell’autorità è aumentata a seguito della decisione russa di annettere la Crimea sulla base di ragioni etno-linguistiche.

Incapace di andare al di là degli aspetti istituzionali della dialettica tra comunismo reale e democrazia di massa, l’opinione pubblica occidentale immaginava che, una volta caduto il monopolio politico di un unico partito sulla regione, i Paesi ex-sovietici passassero repentinamente dal comunismo al liberalismo economico, passando da un regime contraddistinto da “verticalità” del potere ad un altro fondato sulla competizione continua tra partiti opposti e gruppi di potere. Convincimento questo mutuato in parte dal celebre libro di Francis Fukuyama su “la fine della storia” che presentava il modello capitalista anglo-americano come lo sbocco naturale dell’evoluzione delle società umane192.

Le cose però sono andate diversamente, sia in Russia che nelle ex repubbliche sovietiche, oltreché in Cina, senza che questo le impedisse di diventare una superpotenza mondiale.

Dopo la fine dell’URSS, il Kazakhstan, sotto la pressione di forze politiche ideologizzate dominanti in Occidente, si è dato Costituzione ed istituzioni formali a carattere liberal-democratico. Ma allo stesso tempo hanno iniziato a materializzarsi fenomeni politici caratterizzati da rapporti tra persone e gruppi di potere, aventi le loro radici nel periodo in cui il Paese era legato all’URSS e al fatto che la società kazaka è fortemente tribale.

Gli aspetti autoritari del regime politico kazako sono oggetto quotidiano delle critiche e dello “scandalismo” dei media e delle opinioni pubbliche da essi influenzate. Ma ad essi sfugge quasi completamente il fattore fondamentale della società kazaka, quello

192

93 appunto riguardante gli equilibri tribali della popolazione, fattore che ha avuto una sua importanza nel ventennio post-indipendenza. Il revival tribale infatti è riemerso fortemente durante gli anni Novanta, in coincidenza col collasso economico derivante dall’implosione dell’URSS e poi con il collasso di Russia, Kazakhstan ed altri importanti produttori di petrolio, indotto dalla manovra saudita di gettare sul mercato quantitativi immensi di greggio, cosi da far crollare il prezzo al di sotto del quale Russia ed altri produttori centrasiatici potevano metterlo sul mercato.

L’età avanzata ed alcuni problemi di salute del Presidente pongono dubbi riguardo al futuro assetto politico-istituzionale del Paese. A dimostrazione di questo vi è un susseguirsi con insistenza di speculazioni circa una possibile transizione di potere ai vertici della repubblica kazaka nella quale verrebbe coinvolto il gruppo più ristretto del “cerchio magico” presidenziale.

Incertezze inoltre provengono dalle crescenti tensioni sociali: la maggioranza della popolazione kazaka è infatti di religione musulmana sunnita (70%), con i cristiani ortodossi rappresentanti circa il 26% della popolazione. Seppur limitatamente, nel recente passato il fondamentalismo religioso di matrice islamica ha compiuto talune azioni violente. Le tensioni sociali sono comunque attenuate da alcuni aspetti positivi come la stabilità del quadro politico-istituzionale, lo sviluppo economico e una bassa disoccupazione.

Culti minoritari, soprattutto buddisti ed ebraici, sono professati dal restante 4% della popolazione. Dopo l’11 settembre 2001 le autorità hanno imposto una stretta sorveglianza sui culti minoritari, sottoposti a stringenti regole di registrazione e monitoraggio; pratiche, queste, definite di “repressione silenziosa” dall’Ong internazionale Human Rights Watch. Analoghe restrizioni colpiscono la libertà di associazione e di espressione delle diverse identità etniche del Paese, così come delle Ong e dei movimenti di opposizione.

In questo scenario anche le elezioni parlamentari 2012 e quelle presidenziali 2015 non hanno fatto eccezione, poiché giudicate né libere né corrette dagli osservatori internazionali. Più in generale il livello di tutela e garanzia dei diritti civili e politici resta deficitario, rendendo così la transizione da sistema totalitario di matrice sovietica a democrazia liberale addirittura in involuzione, così come indicato da Freedom House, che ha segnalato un lento ma costante peggioramento nel corso degli anni. Infine, nonostante gli impegni assunti da Nazarbayev per arginare la corruzione, il fenomeno resta diffuso a tutti i livelli istituzionali.

94 Oltre alla già citata grande disponibilità di risorse (ad esempio, ogni 3 litri di gas acquistato dalla Germania, uno proviene dal Kazakhstan), la collocazione geografica a cavallo fra Europa e Asia rende il Kazakhstan pedina fondamentale nello scacchiere della regione caspica. Malgrado l’evidente deficit democratico, un’accorta politica ridistributiva delle risorse statali ha assicurato al Paese standard di vita e di sviluppo umano nettamente superiori alla media regionale.

Parte dei rilevanti proventi del settore estrattivo è stata reinvestita nei sistemi pensionistico, sanitario e dell’istruzione. Il risultato è un sistema di protezione sociale unico nel panorama post-sovietico.

Per ovvi motivi geografici la Russia è da sempre stato il partner principale di Astana, e a partire dagli anni Duemila, ha incrementato ulteriormente le relazioni commerciali, sfruttando la crescita esponenziale dell’economia kazaka (tra l’altro il Paese aderisce all’Unione Economica Euro-Asiatica con Armenia, Bielorussia, Russia e

Kirghizistan193). Del resto i legami con Mosca sono rimasti saldi anche dopo

l’indipendenza, sia sul piano della cooperazione economica, sia strategica. Sin dalla dissoluzione dell’URSS Astana ha aderito ai principali meccanismi di cooperazione regionale sostenuti dalla Russia: dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) alla Organizzazione di Shangai per la cooperazione (SCO), dall’Organizzazione per il trattato di sicurezza collettiva della CSI (CSTO) fino alla Eurasian Economic Community (EURASEC) e all’Unione Doganale con Russia e Bielorussia (da gennaio 2015 Unione Economica Eurasiatica), in cui fra l’ottobre 2014 ed il maggio 2015 sono entrate a far parte anche Armenia e Kirghizistan. Più in generale, il Kazakhstan ha sostenuto il tentativo di Mosca di favorire e guidare la progressiva integrazione dello spazio post-sovietico. In questa prospettiva, candidandosi al ruolo di catalizzatore e locomotiva dello sviluppo economico regionale, Astana sostiene (oltre che esserne promotrice) il progetto russo di dar vita nel medio termine ad una più istituzionalizzata

Unione Eurasiatica in grado di cooperare e competere con UE, Cina e USA194.

Dal canto loro gli Stati Uniti non sono mai stati a guardare: sin dal 1992 le varie amministrazioni USA hanno cercato di espandere la propria influenza sul Kazakhstan, ponendo obbligatoriamente i propri interessi in concorrenza con quelli di Mosca, propugnando l’adesione del Paese ai principali trattati in materia di controllo degli armamenti e ai meccanismi di cooperazione con la NATO.

193 Leonid Ivashov, L’Unione Eurasiatica: problemi e prospettive, Op.cit. 194

95 La relazione kazako-statunitense si è quindi rafforzata a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001 e il lancio dell’operazione Enduring Freedom, per la quale il sostegno logistico kazako nel quadro del “network di distribuzione settentrionale” della International Security Assistance Force si è rilevato essenziale. I rilevanti interessi delle compagnie energetiche statunitensi nell’esplorazione e nello sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi kazaki ed il sostegno assicurato dalla Casa Bianca ai progetti infrastrutturali, volti a favorire l’esportazione diretta delle risorse del Paese verso i mercati occidentali, completano il quadro di una partnership prioritaria per Astana. Dalla forte cooperazione militare iniziata nei primi anni Novanta, quando gli Stati Uniti offrirono al Kazakhstan il proprio aiuto nello smaltimento dell’arsenale nucleare (rimozione terminata nel 1995), è nata un’alleanza che ha visto gli USA fornire il proprio aiuto nell’approntamento di quelle riforme necessarie a costruire nel Paese una

valida economia di mercato195. Con la caduta dell’Unione Sovietica, per gli USA

supportare il Kazakhstan e le vicine neo-repubbliche centrasiatiche significava arginare l’espansione di Russia, Cina e Iran nella regione; inoltre il cosiddetto “arco di instabilità” si trova non eccessivamente distante dalla frontiera kazaka; “prezzo da