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Da come si è potuto mostrare nel paragrafo precedente, il De Missione riscuote abbastanza successo e interesse in Giappone, nonostante le iniziali difficoltà e gli impedimenti che il potere regnante, attraverso la figura di Hideyoshi, cominciava a mostrare nei confronti della comunità cattolica. Sicuramente con l'avvento delle persecuzioni e quindi in seguito all'editto di proscrizione del 1614, non si assiste a una libera circolazione dell'opera, né tanto meno a uno studio di essa da parte dei giovani legati a circoli educativi gesuitici. È probabile che con l'allontanamento dei missionari stranieri dal Paese l'attenzione mostrato per questa singolare esperienza vada man mano a spegnersi, anche perché il Giappone taglierà ogni tipo di legame e di rapporto con l'Occidente, specie con i Paesi di espressione cattolica. Anche in Italia la popolarità e il successo che riscuotono l'ambasceria e la curiosità che anima diverse persone desiderose di osservare questi giovani venuti da lontano, in seguito all'assenza di contatti tra il Giappone e l'Europa cattolica, vanno a diminuire, e anche l'interesse editoriale va a scemare, proprio come se tale evento venisse a poco a poco dimenticato. Nel XX secolo, in seguito ai rapporti ormai ripristinati con la Terra del Sol Levante, si manifesta un'attenzione alla conoscenza della missione cattolica giapponese del "secolo cristiano" e allo studio degli eventi più rappresentativi e celebri. Si assiste, quindi, a una colletiva riconsiderazione dell'ambasceria dell'era Tenshō, specie nel campo della storiografia. Accanto a questo, almeno nell'ambito accademico italiano, in seguito alla pubblicazione del volume, già segnalato sopra, di Guglielmo Berchet del 1877, presentato qualche anno dopo la visita a Venezia (nel 1873) dell'ambasciatore Iwakura Tomomi (1825-1883), udaijin 右大臣 ovvero ministro della destra, inviato dal governo

459 Sonia Favi, Opere relative al Giappone nel Fondo a stampa antico della Biblioteca Nazionale

Marciana, in Matteo Casari - Paola Scrolavezza (a cura di), Giappone, storie plurali. Atti del XXXV Convegno di Studi sul Giappone, Emil, Bologna, 2013, p. 54.

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Meiji per visitare l'America e l'Europa, impiegando circa un anno e dieci mesi460, si riaccendono da parte di svariati studiosi il desiderio e l'interesse di riportare alla luce alcuni aspetti, ancor poco trattati, circa il viaggio e i membri della legazione e di recuperare la grandezza di tale evento così ben narrato in diversi contributi.

Alcuni studiosi, inoltre, si dedicano così alla traduzione del De Missione in alcune lingue occidentali e nel 1969, finalmente, si realizza il desiderio di Valignano: la pubblicazione in giapponese dell'intero testo dal titolo De Sande Tenshō kenō shisetsuki デサンデ天正遣欧使節記 pubblicata da Yūshōdō, a Tōkyō, ad opera dei seguenti traduttori: Izui Kyūnosuke, Nagazawa Shinju, Mitanoi Shoji e Kakunan Ichirō. A questa segue la traduzione portoghese nel 1997, Diálogo sobre a Missão dos Embaixadores Japoneses à Cúria Romana, di Américo da Costa Ramalho, edita a Macao dalla Comissão Territorial de Macau para as Comemorações dos Descobrimentos Portugueses e dalla Fundação Oriente di Lisbona461. Il lavoro, che ha suscitato particolare successo e interesse in diversi ambienti accademici, è soggetto a una seconda edizione bilingue latino-portoghese, pubblicata nel 2009 dall'Imprensa da Universidade de Coimbra e dal Centro Científico e Cultural de Macau. Nell'ambito della lingua portoghese si registra, tuttavia, nel 1862, «uma versão portuguesa resumida desta obra, com o título de "Primeira Embaixada do Japão à Europa"», ad opera di António José Figueiredo462, alla quale segue nel 1961 una traduzione integrale del Colloquium XVI463, presentata sempre nello stesso periodico, nella quale si registrano però alcune omissioni e imperfezioni. Nel 2012 è data alle stampe dalla Hakluyt Society di Londra anche la traduzione in lingua inglese da parte di Joseph Francis Moran, membro della Stirling University: Japanese Travellers in Sixteenth-Century Europe. A Dialogue concerning

460 Iwakura shisetsudan 岩倉使節団 (The Iwakura Embassy), promossa con lo scopo di rinnovare il Paese, ormai intento a un processo di modernizzazione e di occidentalizzazione, ha la durata complessiva di un anno e dieci mesi (1871-1873): Shōko Iwakura (a cura di), Prima e dopo la missione Iwakura:

testimonianze inedite, L'Erma di Bretschneider, Roma, 1994: Kume Kunitake, A True Account of the Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary's Journey of Observation Through the United States of America and Europe, Princenton University Press, Princenton, 2002.

461 Cfr. Silvana Remédio Pires, “Dialogo sobre a Missão dos Embaixadores Japoneses à Cúria

Romana” de Duarte de Sande, in “Bulletin of Portuguese/Japanese Studies", 2000, v. 1, pp. 134-136.

462 Tale versione è pubblicata nel volume V della rivista Archivo pittoresco: Benjamim Videira Pires,

S.J.,Prefácio, in Primeira Embaixada do Japao à Europa, op. cit., p. 2.

463 «Reditur ad processum itineris et describitur Olysippo, caput Lusitani regni», D. de Sande, S.J.,

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the Mission of the Japanese Ambassadors to the Roman Curia (1590), dove è presente una introduzione di Derek Massarella, al quale è affidato anche il compito di editor464. Gli studiosi sopra citati, coinvolti in questo ambito di ricerca, insieme ad altri, che in questa sede saranno menzionati, esprimono diversità di idee e di pensiero circa la paternità dell'opera. Difatti perplessità e dubbi sull'authorship sembrano ancora oggi dividere in due fazioni gli esperti in materia: da una parte coloro che sostengono che l'opera sia stata scritta da Valignano e successivamente tradotta in latino da Eduardo (Duarte) de Sande (1547-1599)465 e dall'altra, la minoranza, che affida al gesuita portoghese la redazione dell'opera.

Daniello Bartoli (1608-1685), celebre storico della Compagnia, nella sua Dell'Istoria della Compagnia di Gesù: Il Giappone seconda parte dell'Asia (Libro primo - parte seconda), nella quale dedica svariate pagine per descrivere minuziosamente gli elementi e gli eventi salienti di tale ambasceria, si sofferma sulla stesura del De Missione e scrive:

Intanto il Valignano si diè ad ordinare in un corpo, e tutto da capo a piè distendere il portamento dell'ambasceria de' quattro giovani giapponesi a Roma, e ne compilò un libro, contenente ciò che loro accadette, dalla partenza di Nangasachi fino al ritorno a Macao: tutte traendone le particolarità; e gli avvenimenti di luogo in luogo, da quel che ciascuno di loro avea notato, come ogni sera solevano ne' loro diarj. Compiutolo, il commise a trasportare in idioma latino a un de' Padri, e quivi in Macao della Cina il diè alle stampe

464Cfr. Makoto Harris Takao, Derek Masarella, ed. Translated by Joseph F. Moran. Japanese

Travellers in Sixteenth-Century Europe. London: Ashgate for the Hakluyt Society series 3, volume 25, 2012. Pp. xxii+481. Hb, £65.00., in "Journal of Jesuit Studies", 2014, n. 4, v.1, pp. 612- 614.

465 Sande, originario di Giumarães (Braga), con discendenza di cristão novo da parte materna, entra nella Compagnia di Gesù il 27 giugno del 1562 nella casa professa di São Roque a Lisbona, è ordinato presbitero nel 1577 a Coimbra ed emette il quarto voto a Goa il 15 gennaio del 1584. Destinato alle Indie Orientali, salpa dal porto di Lisbona il 24 marzo del 1578 con la nave São Luís in qualità di superiore del gruppo. Completa gli studi teologici a Goa, dove è richiamato per insegnare proprio la teologia e finalmente nel 1583 è nominato da Valignano superiore della missione gesuitica cinese. Così il 1° maggio del 1585 insieme al portoghese António de Almeida si reca a Macao, luogo in cui arriva il 31 luglio. Per circa due anni è nella residenza di Zhaoqing e verso la fine di novembre rientra a Macao e, successivamente al fallito tentativo di ritornare nella comunità fondata da Ruggieri e Ricci, è chiamato a svolgere il compito di superiore della casa di Macao, dove si dedica, inoltre, all'insegnamento della lingua ai giovani religiosi destinati alla missione cinese. Gli è affidato il compito di superior missionis sinensis per dodici anni dal 1585 al 1597. Si spegne a Macao verso la fine del mese di luglio del 1599: Carlos Sommervogel, S.J.,Sande, Duarte de, in Bibliothéque de la Compagnie di Jésus, VII, Oscar Schepens-

Alphonse Picard, Bruxelles-Paris, 1896, p. 546; Louis Pfister, S.I., «68. Le P. Éduard de Sande», in

Notices biographiques et bibliographiques sur les Jésuites de l’ancienne mission de Chine (1552-1773),

I, Impr. de la Mission catholique, Chang-Hai, 1932, pp. 44-45; Joseph Dehergne, S.J., «Sande, Duarte (port.) P.», in Répertoire des Jésuites de Chine, de 1552 à 1800, Institutum Historicum S.I.-Letouzey & Ané, Rome-Paris, 1973, p. 239; A. Lopes, Jesuítas missionários partidos de Lisboa 1541-1756, op. cit., p. 291; Joseph Sebes, Sande, Duarte (Edoardo) [Nombre chino: MENG Sande, Ninghuan], in

Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, IV, op. cit., p. 3495; ARSI,Schedario unificato Lamalle, sub nomine.

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quest'anno del 1590; e a riscontarlo coll'altro, che qui in Roma si pubblicò dopo la lor partenza da Portogallo per l'India, s'accorda, in ogni minuzia fedelissimamente466.

Nonostante Bartoli sia stato accusato di "mistificazione originaria", Nicola Trozzi fa notare che la sua personalità di studioso scrupoloso, dall'intelletto fine e acuto, e la sua produzione storico-missionologica, basata su informazioni precise e attendibili, su dettagli veritieri e autentici, non consentono di attribuire a Valignano la responsabilità del testo solo per puro valore nazionalistico o semplice simpatia. L'idea di Trozzi appare del tutto chiara e determinata proprio come mostra una copia dell'opera, conservata ancora oggi presso la Biblioteca Casanatense di Roma, dove Bartoli annota di propria mano, siglando poi la breve aggiunta, la seguente espressione: «Scripsit Valignanus. Vertit Odoardus De Sande. Constat ex litteris Valignani ipsius ad P. N. Generalem non semel datis»467. Lo storico gesuita diffonde, peraltro, la notizia che di tale opera fu realizzata una tiratura di 1000 copie, evidenziando così l'importanza del testo e il prestigio del suo valore, nonostante alcuni studiosi non condividano questa affermazione, ricordando che attualmente restano solo 12 esempi dell'opera cinquecentesca, sei dei quali custoditi in biblioteche portoghesi468.

Il pensiero di Bartoli è stato riportato in un volume, Ambasceria dei Re Giapponesi al Sommo Pontefice Estratta dal Libro I delle Opere sul Giappone del Padre Daniello Bartoli D.C.D.G., edito da Marotta e Vanspandoch nel 1833, al quale segue un'altra edizione del 1851 sempre a Napoli, presso lo Stabilimento Tipografico di Andrea Festa, dove si trova scritto: «Compiutolo, il commise a trasportare in idioma latino a un dei Patri; e quivi in Macao della Cina il diè alle stampe quest'anno del 1590»469.

Il gesuita tedesco Josef Franz Schütte (1906-1981), benemerito per le sue ricerche e i suoi preziosi contributi sulla storia della missione della Società in Giappone, afferma:

466 Daniello Bartoli, Dell'Istoria della Compagnia di Gesù: Il Giappone seconda parte dell'Asia, Libro primo, Parte seconda, Presso Leonardo Ciardetti, Firenze, 1851, pp. 172-173.

467 Nicola Trozzi, Alessandro Valignani 1539-1606 Brevi note di studio, Carabba Editore, Lanciano, 2006, p. 42.

468 «Copies of this book have been recorded at the Biblioteca Nacional de Lisboa (2 copies); the archives of the Torre do Tombo, Lisbon; the Library of the Ajuda Palace, Lisbon; the Évora public Library, Évora, Portugal; the British Museum Library, London; the Biblioteca Casanatense, Rome; the Library of the University of Seville; the Pei t'ang Library, Peking; the Oliveira Lima Collection of the Catholic University of America (Washington, D. C.); the Library of the late Prof. Shigetomo Koda, and an incomplete copy (dated 1589) in the Coimbra University Library, Coimbra, Portugal»: José Maria Braga, The beginning of printing at Macao, in "Studia", 1963, n. 12, p. 117.

469 Ambasceria dei Re Giapponesi al Sommo Pontefice Estratta dal Libro I delle Opere sul Giappone

del Padre Daniello Bartoli D.C.D.G., presso lo Stabilimento Tipografico di Andrea Festa, Napoli, 1851,

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Wer der Verfasser des spanischen Originals ist, kann nach obigem Brief nicht zweifelhaft sein: Valignano spricht darin von seiner eigenen Arbeit. Auf die sprachliche Form, in der das Werk den Seminaristen vorgelegt werden sollte geht er des nähreren ein. [...] Bei der Übersetzung des Dialogs haben wir also hier in Makao eigentiliche geschulte Humanisten am Werk, und zwar den grössten von allen damals in Indien lebenden Humanisten, wenn wir Valignanos Urteil glauben können: nämlich den P. Duarte de Dande470.

E ancora la considerazione del confratello Johannes Laures (1891-1959) nel suo prezioso volume Kirishitan Bunko:

From the title page it would appear that the dialogue was composed by Duarte de Sande, S.J., but there is ample evidence that the real author was Valignano himself. In a letter to the general (dated Macao, Sept. 25, 1589) Valignano clearly states that he himself has composed the book. [...] He himself has written the story in Spanish and has charged Father de Sande, a skilful Latinist, to translate it into Latin471.

Anche il gesuita francese Henri Bernard (1889-1975), condivide il pensiero di Bartoli, e così asserisce:

Il semble qu'à ce moment seulement fut conçue l'idée de raconter le voyage des ambassadeurs, non point en un récit suivi, mais sous une forme dialoguée, et, malgré les expressions un peu ambigues des Préfaces, la lettre que le Père Valignano envoyait au Général de la Compagnie le 27 juillet 1589 dit clairement que le Père de Sande se contenta de mettre en latin ce que le Père Valignano avait rédigé dans une autre langue (sans doute, en portugais)472.

Tutto ciò trova corrispondenza anche nella considerazione di Joseph Francis Moran, il quale non dubita minimanente ad affidare la paternità del testo al gesuita teatino, sostenendo che il volume originale fosse scritto in lingua spagnola e poi reso in latino: «In translating the De Missione I am rendering de Sande's Latin words into English, but I am convinced that de Sande's Latin is itself a translation of Valignano's Spanish»473.

In questa linea è possibile inserire anche la considerazione di Pedro Lage Reis Correia:

470 J.F. Schütte, S.I,Der Lateinische Dialog «De Missione Legatorum Iaponensium ad Romanam

Curiam» als Lehrbuch der japanischen Seminare, op. cit. pp. 262-263.

471 Joannes Laures, Kirishitan bunko: a manual of books and documents on the early Christian

mission in Japan. With special reference to the principal libraries in Japan and more particularly to the collection at Sophia University, Tokyo. With an appendix of ancient maps of the Far East, especially Japan, Sophia University, Tōkyō, 1957, p. 32.

472 H. Bernard, S.J.,Valignani ou Valignano, l'auteur véritable du récit de la prèmiere ambassade

japonaise en Europe (1582-1590), op. cit, p. 382.

473 J.F. Moran, The Real Author of the De Missione Legatorum Iaponensium ad Romanam Curiam… Dialogus, op. cit., p. 8.

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Valignano, depois do regresso da embaixada, compõe um relato da viagem dos embaixadores a partir dos diários que estes escreveram, sobre a forma de diálogo entre os protagonistas. O texto é traduzido para Latim pelo Padre Duarte de Sande, sob o título de De Missione Legatorum Iaponensium e impresso em 1591, para leitura dos alunos do seminário474.

Américo da Costa Ramalho, invece, dopo aver preso in considerazione il valore storico, sociale e culturale dell'opera, sostiene che per l'eccessivo "lusitanismo" presente nel De Missione, è possibile affermare che Duarte de Sande sia il verdadeiro autor del testo. Il cattedratico fa notare che questa "esuberante" dose di "portoghesismo" si manifesta non solo mediante il viaggio nei Paesi asiatici dominati dai lusitani: (Goa, Malacca, Macao, Mozambico, l'isola di Santa Elena), o ancora nelle città del Portogallo che essi toccano Lisbona, Évora, Vila Viçosa, ma anche durante la permanenza e quindi la visita in Spagna e in Italia, tirando in ballo alcuni eventi ed esempi circa la storia lusitana, e che talvolta va a toccare le corde del cuore, come è possibile vedere nel Colloquium XXXI, quasi interamente dedicato alla sosta a Coimbra475, dove è percettibile da parte del compilatore una certa saudade della città. Ramalho comunica:

O parecer, assinado por Valignano, diz expressamente que o livro é da autoria de Duarte de Sande. Com estas três provas, a saber, a carta de Valignano e a de Duarte de Sande, e o parecer subscrito pelo próprio Valignano, creio que ficou documentalmente demonstrado que o autor do De Missione Legatorum Iaponensium ad Romanam Curiam (...) Dialogus é o P.e Duarte de Sande476.

A questo proposito è interessante riportare una considerazione di Gunji Yasunori, il quale ricorda che una delle città minuziosamente descritte, sulle quali si sofferma maggiormente il testo, non è certamente Lisbona né Madrid e neppure la stessa Roma, città nella quale la delegazione sosta per più di due mesi, bensì Venezia, della quale sono delineati gli aspetti urbanistici, religiosi, e quindi culturali, politici, sociali e amministrativi477. Lo studioso giapponese scrive: «Solo di Venezia ci viene data una

474 P. Lage Reis Correia, A Concepção de Missionação na ‘Apologia’ de Valignano, op. cit., p. 149. 475 «De urbe Conimbrica et celebri in ea Societatis Collegio quaque liberalitate iussu Philippi regis ad Indicam expeditionem Olysippone legati sint habiti, et de Europaerum divitiarum causis»: D. de Sande,

S.J.,Diálogo sobre a missão dos embaixadores japoneses à cúria romana, II, op. cit., pp. 660-683.

476 A. da Costa Ramalho, O Padre Duarte de Sande, S.J., verdadeiro autor do De Missione Legatorum Iaponensium ad Romanam Curiam... Dialogus, op. cit., p. 46. Si veda anche: Id., O Pe. Duarte

de Sande, S. I., verdadeiro autor do De Missione Legatorum Iaponensium ad Romanam Curiam … Dialogus, op. cit., pp. 777-790; Id., Aspectos da vida escolar ibérica segundo o De Missione Legatorum

Iaponensium ad Romanam Curiam, op. cit., pp. 67-78.

477 Il Colloquium XXVIII è interamente dedicato alla città di Venezia: «Explicantur insignes res Venetiis animadversae et quo honore senatus ille gravissimus legatos Iaponenses fuerit prosecutus», D. de

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descrizione molto elaborata e dettagliata»478, sostenendo così che Valignano, prima di maturare l'idea di entrare nella Compagnia, vive a lungo nello Stato veneto: l'attenta narrazione della città presuppone quindi una conoscenza diretta, profonda e personale, che fa affermare che essa possa essere tracciata dalla mano di chi ben la conosceva e dunque dal visitatore.

Manuel Cadafaz de Matos, tuttavia, dichiara che il lusitano de Sande: «presumivilmente incentivado pelo visitator P.e Alexandre Valignano, contribui para que ganhe vida e Relato dos mesmos embaixadores»479.

Juan Gil, infine, indica più volte il testo come risultato di un binomio luso-italiano o un connubio italo-lusitano, come dir si voglia, definendo: «la obra de Sande/Valignano»480.

Considerando, infine, il pensiero di altri studiosi, specie italiani, come ad esempio quello espresso da Adriana Boscaro e da Marisa Di Russo481, e in seguito a un’attenta e critica lettura dei 34 Colloquia, è doveroso esprimere una mia riflessione sul problema della paternità del De Missione.

Il “dubbio” sull'authorship dell’opera, nonostante tanti studi, rimane a tutt’oggi aperto. Derek Massarella nel 2013 scrive: «In my assessment, De Missione was the outcome of a collaborative effort put together under the driving force and firm supervision of an editor-in-chief, Valignano. No single authorial 'I' speaks out from its pages»482.

La chiave di lettura che vede un coinvolgimento di più personalità attorno alla stesura del De Missione potrebbe essere presa in considerazione, tenendo soprattutto presente le modalità di lavoro adottate dalla Compagnia di Gesù in missione. Come già ampiamente dimostrato da Luís Felipe Barreto in rapporto all'autorevole dizionario

Sande, S.J.,Diálogo sobre a missão dos embaixadores japoneses à cúria romana, II, op. cit., pp. 574-603.

Si parla di questa città dell'arrivo della delegazione e della partenza anche nei Colloquia XXVII e XIX. 478 Yasunori Gunji, L’immagine dell’Europa nella relazione di viaggio della prima ambasceria

giapponese, in Enzo Bianchi (a cura di), Geografie private. I resoconti di viaggio come lettura del territorio (sec. XVI), Unicopoli, Milano, 1985, p. 153.

479 Manuel Cadafaz de Matos, A tipografia missionária portuguesa no sul da China nos séculos XVI e

XVII, in "Revista de Cultura", 1997, n. 30, II Série, p. 37.

480 J. Gil, Europa se presenta a sí misma: el tratado De Missione Legatorum Iaponensium de Duarte

de Sande, in O Século Cristão do Japão, op. cit., p. 411.

481 La studiosa scrive: «steso dal Valignano in spagnolo e da lui fatto tradurre in latino dal portoghese P. Eduardo (Duarte) de Sande, il pìù "grande umanista" del Medio ed Estremo Oriente, secondo il Visitatore»: Marisa Di Russo (a cura di), Alessandro Valignano (1539-1606). Bibliografia, in L’Abruzzo

dall’Umanesimo all’età barocca, op. cit., p. 437.

482 Derek Massarella, The Japanese Embassy to Europe (1582-1590) A lecture delivered on 13

December 2012 to launch the publication of Japanese Travellers in Sixteenth-Century Europe: A Dialogue Concerning the Mission of the Japanese Ambassadors to the Roman Curia (1590), in “The

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prima di allora attribuito al gesuita Matteo Ricci e ad altre tre opere pubblicate a Macao,