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La visita alla Santa Casa nazaretana di Loreto: 12 14 giugno

Già le ultime informazioni reperite circa il passaggio degli ambasciatori in alcune città delle Marche sono desunte da una missiva che Ippolito Voglia scrive, sempre al preposito generale, a Loreto, il 13 giugno. Il codice Ital. 159, pertanto, conserva diverse epistole che trattano della visita dei giovani in questa città, consentendo di venire a conoscenza di diversi aspetti circa questa sosta, delle considerazioni e riflessioni che scaturiscono da tale passaggio e ancora dell'identità di coloro che sono coinvolti in questo breve tratto. Si prendono quindi di seguito in esame, le due missive di Alessandro Leni, (sebbene di una siano già state introdotte alcune informazioni relative alle antecedenti città toccate), le due lettere di Francesco Mercato (c.1540-1603)647, (rettore della residenza) e per concludere la comunicazione in spagnolo che Itō Mancio rivolge ad Acquaviva (attraverso la quale lo ringrazia per tutto ciò che ha concesso loro e lo informa delle prossime tappe che essi raggiungeranno).

Così Ippolito Voglia descrive l'ingresso in città:

Venendo poi et avicinandoci alla Santa Casa un'miglio ci venne incontra il Governator di Loreto recitando le preghiere, havendo mandato il suo Podestà a Recanati, poi tornò in

646ARSI, Ital. 159, f. 41.

647 Mercato (grafato anche Mercado) nasce a Roma verso il 1540, entra nella Compagnia il 30 giugno del 1556 nella stessa città ed emette i voti semplici il 12 settembre del 1556 e la professione solenne dei tre voti nel 1569. È consacrato prete nel febbraio 1564 a Roma. È ricordato in qualità di insegnante di lettere e di predicatore nella città di Catanzaro: «Sacerdote da pochi mesi, Mercado avevo lasciatola scuola, andando ad aiutare il p. Cristobal Rodriguez in Puglia per alcuni mesi, ma a dirigere una scuola era ancora acerbo». Nel 1586 si trova in qualità di rettore nel collegio di Loreto (ARSI, Rom. 53, f. 109). Muore a Salerno il 21 maggio del 1603: ARSI, Schedario unificato Lamalle, sub nomine. Nella Historia

Societatis 175 (f. 108v) vi è scritto: «hispanus, natus Romae»; Mario Scaduto, S.I., Catalogo dei gesuiti

d'Italia 1540-1565, op. cit., p. 97; Id., Storia della Compagnia di Gesù in Italia, L'opera di Francesco Borgia 1565-1572, V, Edizioni "la Civiltà Cattolica", Roma, 1992, p. 268.

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carozza et il Padre Mercato [Rettore] qual fece anche riverenza alli Principi; poco appresso vennero intorno a 100 soldati et avicinandosi alla porta trombe et tamburo et popolo grande Entrando nella chiesa aspettava tutto il clero et subito intonorno in musica un Te Deum

Laudamus et così andassimo al Santissimo Sacramento. Et poi alla capella della Regina del

Cielo, nel caminetto dove si stupivano li Signori si terminò con una oratione la lode che disse il Signore Archidiacono. Ritornammo a casa nell'allogiamento del Governatore et noi al collegio restando a dormire con li Signori il Padre Meschita et il fratello Lazaro essendovi 5 letti et bonissimi appartamenti. Havevo trovato una carrozza d'intorno per Bologna ho andato a vedere per un'altra per Ancona. Li Signori presto andaranno a messa cantata havendoli preparato li lochi da Principi et domani si comunicaranno con la divina gratia parendo così meglio il Padre Nunes, acciò possino vedere più commodamente [lo uso] di Santa Casa attendare per la devotione et aspettare la resposta di Vostro Reverendo Padre alla mia di Perugia onde non ripartiremo di qua insino a sabato per andare in Ancona648.

Nonostante la città di Loreto non avesse ricevuto nessun ordine da Roma, come sottolinea Francesco Mercato nella lettera del 19 giugno del 1585 rivolta al confratello spagnolo Nicolás Bobadilla649, le autorità riescono ad accogliere festosamente e calorosamente i quattro giovani, i quali sono subito condotti in chiesa, dove «si fecero apparechiare ingenochiatori ben forniti di broccato et il medesmo al coro»650. Successivamente sono portati nelle camere del governatore, ovvero nel palazzo in cui risiede la comunità gesuitica, «nelle quali havea fatto apparecchiare da sette letti ricchissimamente ornati, et quella sera si fece colatione per esser digiuno in casa del Governatore»651. La mattina dopo, il 13 giugno, gli emissari prendono parte alla messa solenne, dove è per loro ornato l'altare con maggior cura e maestosità, «stando i Signori sotto al Baldacchino in Choro»652 e in seguito visitano le ricchezze «nelle sacristie, nella cantina et nel Collegio Ilirico»653. Pranzano nelle stanze del governatore, mentre la sera mangiano nel refettorio della comunità sempre con cibi deliziosi offerti da Vitale Leonori. Il giorno seguente, dopo essersi comunicati, «ricantorno lettanie in musica, e doppo fatta colatione in collegio nostro si partirno alla volta d’Ancona, dove io havevo il dì avanti spedito un corriero a quella magnifica città»654.

648ARSI, Ital. 159, f. 41-41v.

649 Bobadilla nasce in Spagna verso il 1509, è ordinato a Valencia il 24 giugno del 1537 ed emette gli ultimi voti nel settembre del 1541 a Roma. Come è già stato detto innanzi, è scelto inizialmente come compagno di Simão Rodrigues per essere inviato in Portogallo e, successivamente viene sostituito da Francesco Saverio, poiché infermo. Oltre a essere ricordato per la sua attività apostolica in alcuni paesi europei, bisogna pur menzionare la feconda attività evangelizzatrice in diverse realtà italiane, tra cui la Calabria e le città di Napoli e Palermo, dove fomenta la fondazione della casa professa: Modesto Salcedo,

Un gran palentino frente a la Reforma: El P. Nicolás de Bobadilla, Caja de Ahorros, Palencia, 1982.

650ARSI, Ital. 159, f. 64. 651 Ibidem.

652 Ivi, f. 37. 653 Ivi, f. 43. 654 Ivi, f. 64.

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L'aspetto particolarmente interessante e nuovo che emerge da tale documentazione riguarda gli elementi organizzativi di questo viaggio: leggendo attentamente le informazioni di Ippolito Voglia e Alessandro Leni si viene a conoscenza non solo delle caratteristiche principali di questo itinerario, come l'accoglienza, i banchetti ricchi di cibi succulenti o ancora la musica che allieta i momenti di ristoro e di ricreazione, ma anche le difficoltà che sono affrontate quotidianamente dal gruppo e che sembrano preoccupare principalmente i due gesuiti. Ciò traspare in particolar modo in queste epistole composte a Loreto, di cui si è tentato di sottolineare ed estrapolare le notizie salienti. La missiva di Alessandro Leni non fornisce alcun elemento descrittivo sul viaggio né su eventi e di incontri con personalità celebri, ma espone esclusivamente alcune notizie di carattere "amministrativo" e organizzativo, informando anche il preposito delle spese, circa 200 scudi, già affrontate in questo primo tratto del loro itinerario:

Il Padre Girolamo mi disse che l'avisassi se occorresse alcuna cosa, et io desidero di farlo per non dar fastidio a Vostra Paternità, ma dovendo io mostrar le lettere al superiore, non so come me lo possa fare, se occorre che avisare circa l'istessi superiori, poiché per cansa mia, et forse per altro ancora, ci è sempre che disputare, et il risolvere facendosi poi per necessità non può essere senza confusione, e disordine et spesa655.

Anche nella lettera del 14 giugno 1585, Voglia, dopo aver ringraziato il preposito generale a nome degli ambasciatori per la sua premura e attenzione, scrive «che solo in Narni, Spoleto, Fuligni et Camerino ho trovato l'ordine di Roma et se le comunità havessero mostrato carità verso questi Signori se haveria patito molto»656, per continuare poco dopo continua: «Vostra Paternità vedrà la risposta che se non fosse che se ha avisato al magistrato del Padre Reverendo di qui ci trovavamo in bianco»657.

Nei documenti già pubblicati sull'ambasceria Tenshō è davvero molto raro imbattersi in notizie di questo genere, anche perché la maggior parte dei resoconti e materiali già editi si prefiggono semplicemente l'intento di perpetuare il passaggio di tali giovani e di narrare l'ospitalità loro riservata. Spesso, come si è mostrato in precedenza, alcune carte annotano le spese che la comunità deve fronteggiare, non solo per "obbedire" alla volontà del pontefice, ma anche per mostrare la sua disponibilità nei confronti della Compagnia e dei suoi giovani stranieri.

655 Ivi, f. 55. 656 Ivi, f. 43. 657 Ibidem.

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Accanto agli aspetti organizzativi in queste lettere emerge anche la preoccupazione degli stessi gesuiti sulle condizioni di salute dei quattro ragazzi. Alessandro Leni, nella lettera del 13 giugno, scrive:

Ho gran paura della sanità di questi Signori e di tutti noi altri, poiché per l'ordinario non si dorme più di quattr'hore, et si mangia di continuo mattina, e sera a pasto solenne, che et la diversità di cibi [se ben li Signori mangiano molto poco]658, et la poca comodità di smaltire può vedere Vostra Paternità quello che può causare659.

I due "atteggiamenti", che sono stati pocanzi enucleati, trovano corrispondenza e conferma nella missiva di Francesco Mercato del 16 giugno 1585, nella quale il gesuita, dopo aver ulteriormente presentato l'ospitalità che il gruppo ha ricevuto nella città in cui risiede, anche grazie all'interesse e alla disponibilità del governatore, e dopo aver ricordato al padre generale di essersi reso disponibile ad accompagnare il gruppo fino a Senigallia, intende comunicargli, attraverso 4 punti, alcuni aspetti che compaiono da ciò che egli ha visto e ha attentamente osservato. Il gesuita chiarisce, quindi, la motivazione della sua lettera, inviata allo scopo di informarlo su ciò che accadde durante il viaggio tra gli stessi membri della Compagnia e sulla salute dei quattro ragazzi. Infatti egli precisa che tale comunicazione nasce da un atteggiamento di carità e di attenzione nei confronti degli stessi emissari e nella buona riuscita dell'evento e non perché sia stato ufficialmente convocato a riferire codeste considerazioni. Mercato annota innanzitutto il ritmo frenetico al quale sono sottoposti i dignitari, i quali vanno a letto tardi, «perché quei Padri vanno a dormire a due e tre hore di notte»660, e la mattina sono costretti a levarsi presto, «e di ciò si lamentano quei fratelli che vanno con loro»661. Questa difficoltà è sperimentata e manifestata dallo stesso Itō Mancio nel post scriptum alla lettera del 13 giugno 1585 rivolta al preposito generale: «El poco tiempo que tenemos ni aun para reposar y se dio tambien poco di estro en escrivir ha sido causa de que esta no vaya de mi mano, como deseava, lo qual Vuestra Paternidad me perdonara»662. Successivamente Francesco Mercato critica il modus vivendi che si è venuto a creare tra loro: poiché in diversi vogliono governare, sorgono confusioni e incomprensioni e quindi il rischio di generare una comunicazione e una programmazione poco efficace

658 Ciò che è scritto in parentesi quadra è aggiunto a margine. 659ARSI, Ital. 159, f. 55.

660 Ivi, f. 47. 661 Ibidem. 662 Ivi, f. 38v.

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«come s'è visto in Loreto, Ancona e Sinigaglia»663. Immediatamente dopo il rettore Mercato scrive sul modus operandi di Ippolito Voglia e di altri confratelli, che, a suo avviso, dovrebbero consigliarsi con i superiori dei collegi e forse accettare anche i consigli e le idee che gli altri confratelli serbano circa questa iniziativa. In questo modo si potrebbero evitare dissapori e misunderstanding come si verifica con il governatore di Ancona, il quale «non gl'harebbe risposto in quel modo perché convien più far ricapito alle comunità che ad altri»664. L'ultimo suggerimento che Mercato intende fornire, il quale appare un vero e proprio consiglio, una sorta di avvertimento e ammonimento ai suoi confratelli, riguarda la visita e quindi il soggiorno nella città di Venezia: «Mi pareva che in città grosse come Venetia et altre non convenisse che il Padre Hippolito so[..]a in quel modo che fa perche purtroppo, ma si fidi delli nostri che stanno ivi ricorrendo a loro»665.

Si annota inoltre nella lettera spagnola di Mancio un ulteriore aspetto che deve essere sottolineato: il giovane giapponese, dopo aver ringraziato Acquaviva e dopo aver comunicato alcune notizie sulle prossime città italiane che gli ambasciatori avrebbero visitato, esorta il preposito a guardare alla giovane Chiesa del Giappone con occhi di predilezione e di benevolenza. Il legato Mancio richiede esplicitamente ad Acquaviva che, cogliendo l'occasione, «como es nuestra tornada para Japon»666, egli invii «muchos padres y hermanos»667 nel loro Paese, affinché possa crescere il numero di cristiani e gli stessi membri della Compagnia possano continuare a portare avanti ciò che stanno realizzando con spirito di sacrificio e di dedizione: «y de mas desto parece razon que Vuestra Paternidad nos favoresca haziendo ese extraordinaria mision»668.