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Dalla permanenza a Firenze al soggiorno a Roma: 9 marzo 3 giugno

Questa scrivo per salutar Vostra Paternità e darle nuova di questi Principi Giapponesi qualmente si ritrovano sani et allegri in Firenze, e con gran desiderio di venir presto a Roma per visitar Nostro Signore Papa Gregorio e Vostra Paternità486.

Con questa espressione comincia l'epistola del gesuita napoletano Pietro Blanca (1530-1591)487, datata Firenze 9 marzo 1585 e indirizzata al preposito generale Claudio Acquaviva, la quale fornisce alcuni dettagli circa il passaggio e quindi la visita degli ambasciatori giapponesi nel Granducato di Toscana. Con questa lettera inizia il codice Ital. 159 custodito presso l'Archivum Romanum Societatis Iesu, che raccoglie un insieme di relazioni e di lettere di viaggio intorno alla permanenza in Italia dei quattro ragazzi e dunque il soggiorno a Roma e in maniera più minuziosa e dettagliata il passaggio in diverse città dell'Italia centrale e settentrionale fino al momento di imbarco a Genova per raggiungere la Spagna488.

Da quanto emerge dall'espressione di Blanca, i giovani dignitari sono giunti ormai a Firenze dal giovedì 7 marzo, e, dopo aver assaporato la calorosa e attenta accoglienza della città di Pisa, dove «sono stati accarezzati dal Granduca in Pisa sopr'ogni modo»489,

486ARSI, Ital. 159, f. 2.

487 Pietro Blanca nasce a Napoli nel novembre del 1530, entra nella Compagnia il 18 ottobre del 1558, è ordinato sacerdote il 17 del marzo 1565 ed emette il quarto voto a Napoli il 1° maggio del 1571. Muore a Roma il 21 luglio del 1591. Tra i compiti che ha svolto durante il suo ministero si ricorda il rettorato nella comunità gesuitica di Teramo, sostituendo il confratello lombardo Emerio De Bonis (1531-1595) e quello presso la residenza di Firenze, nonché confessore e direttore spirituale, insieme ad Andrea Rossi, della santa carmelitana Caterina de' Pazzi (1566-1607): ARSI, Schedario unificato Lamalle, sub nomine; Mario Scaduto, S.I., Catalogo dei gesuiti d'Italia 1540-1565, Institutum Historicum S.I., Roma, 1968, p. 16.

488 Il codice contiene anche tre missive relative al secondo viaggio dei legati in Spagna, rispettivamente: due comunicazioni di Rodrigues da Moncion (Monzón) del 19 settembre 1585 (ff. 106- 107v) e del 29 settembre (f. 110-110v), indirizzate a Claudio Acquaviva e una lettera da Meneffa del 20 settembre (ff. 108-109v) di Itō Mancio rivolta sempre al preposito generale. Si annota, inoltre, una missiva di Diego de Soto indirizzata al mentore Diogo de Mesquita, datata 2 novembre 1584 (ff. 111- 112v). Esse non sono state trascritte, perché non pertinenti al viaggio qui considerato.

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possono anche in questo luogo incontrarsi con alcune personalità civili e religiose del tempo, con la comunità gesuitica del posto e con la gente comune, che, spinta dalla curiosità di osservare individui venuti da così lontano, irrompe in strada.

Anche a Firenze, come a Pisa, data l'insistenza di Francesco de' Medici e "violando" in un certo senso le direttive di Alessandro Valignano, è offerta al gruppo l'opportunità di non alloggiare presso il collegio della Compagnia,

ma nel suo palazzo e fossero mostrate loro tutte le cose di devotione, e di recreatione e con fatigha ho ottenuto da questi suoi ministri, che i detti Signori Giapponesi insieme con i nostri Padri mangiassero con esso noi in refettorio490.

Durante questi due giorni, nonostante Pietro Blanca racconti il tutto velocemente, essendo stato coinvolto in diverse situazioni, i legati ricevono attenzioni anche dalle alte cariche ecclesiastiche del luogo: «Monsignor Illustrissimo Cardinale, il Nontio»491 e, come già accennato, dalla maggior parte del popolo «che hieri mattina quando fecero la strata credo che non restasse persona che non uscisse a vederli»492.

La successiva tappa è Siena: «partiranno mercoledì seguente dove si fermeranno per uno o due giorni»493 ed essendo un gruppo non particolarmente numeroso, né dotato di armi, è bene che venga scortato e quindi dato avviso a chi di dovere affinché invii qualcuno: «d'Acquapendente verso la Paglia fosse mandato loro gente ad incontrarli accio possano securamente arrivar in Roma»494. Il gesuita vuole, dunque, evitare il rischio che gli ambasciatori possano incappare nelle mani di ladri e briganti, specie in seguito alla diffusione della loro venuta e di essere «molto grandi e ricchi personaggi»495.

Intanto, la trepidazione della città di Roma è davvero alta, il desiderio della folla di incontrare persone con caratteri somatici differenti cresce sempre più, il pontefice si prepara solennemente all'incontro, i cardinali e i vescovi si dispongono per prendere parte all'ingresso ufficiale e trionfante, presso la comunità gesuitica, il preposito generale e i tanti confratelli che abitano tale residenza controllano che tutto sia sistemato alla perfezione e che le stanze assegnate ai giovani giapponesi siano abbigliate e ornate nel miglior dei modi. Finalmente giunge anche per i quattro ragazzi il giorno

490 Ibidem. 491 Ibidem. 492 Ibidem. 493 Ibidem. 494 Ibidem. 495 Ibidem.

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tanto desiderato: dopo il lungo e faticoso peregrinare, scampando alle condizioni atmosferiche non sempre favorevoli e ai vari pericoli che talvolta avevano incontrato lungo il viaggio, Itō Mancio, Chijiwa Miguel, Nakaura Julião e Hara Martim, possono incontrare il Vicario di Cristo, la carica più alta e prestigiosa della religione cattolica per presentargli lettere di riverenza, affetto e stima dei 3 daimyō convertiti al cristianesimo.

Il giorno seguente al loro arrivo, essendo essi approdati la sera di venerdì marzo, come traspare dalla lettera del 30 marzo 1585496, redatta senz'altro dubbio da un gesuita497, «il Papa gli diede Concistoro publico come ad Ambasciatori, poiché portavano lettere delli suoi Re»498. La cerimonia si svolge «nella Sala regia dove se dà audienza alli Principi»499, dopo che gli emissari abbiano sfilato «in mezzo de due vescovi, o Arcivescovi, et da un'infinità de cavalli»500. Giunti nella sala, il gesuita portoghese Gaspar Gonçalves «fece in nome loro un'oratione che molto piacque»501 e subito dopo Gregorio XIII manifesta con particolare commozione il gaudio per la loro presenza:

oltre che in consistoro li baciò in faccia pubblicamente, di poi anco gli diede dopo pranzo audienza privata, et gli fece molte carezze, et li fece star in piedi, anzi voleva anco farli sedere se li nostri stessi non l'avisavano che meglio era così, di poi gli assegnò luogo in capella sopra il Santo Giacomo cioè il più prossimo et immediato a sé502.

Il pontefice, cerca in diverso modo e in svariate occasioni di esibire loro la sua premura e sollecitudine, non solo attraverso «alcune centinaia de scudi, et credo mille»503, che consegna nelle mani di coloro ai quali è affidato il buon sostentamento dei dignitari e ancora la commissione di «due vestiti nuovi di veluto, et seta con passamano d'oro che valeranno più de due mila scudi, oltre le vesti de quattro servitori»504, ma soprattutto risolvendo loro le piccole difficoltà e ostacoli che si presentano durante il soggiorno romano. Un esempio emblematico è la costante premura

496 La data di arrivo a Roma degli ambasciatori è presente anche nella relazione del 6 aprile del 1588:

ARSI, Ital 159, f. 4.

497 Ibidem. La lettera è da ricondurre all'ambito gesuitico in quanto rivela informazioni precise e dettagliate circa il viaggio degli ambasciatori, presentando alcune notizie interne alla Compagnia e rivelando l'identità di alcuni membri della residenza gesuitica napoletana.

498 Ibidem. 499 Ibidem. 500 Ibidem. 501 Ibidem. 502 Ibidem. 503 Ibidem.

504 Ivi, f. 4v. Un cenno è presente nei diversi reconti stilati in quel tempo, come traspare ad esempio dalla relazione stampata da Paolo Meietto a Venezia nel 1585, della quale già sono state fornite precedentemente le riferenze biografiche.

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che il papa rivolge a Julião, il quale essendo ammalato, è visitato «dai medici li più famosi di Roma, et ha mandato alcune volte Monsignor Bianchetto a visitarlo in nome Suo, et quando vede gli altri subito dimanda di lui con una tenerezza mirabile»505.

Anche la città di Roma vuole dimostrare stima e amicizia a questi giovani giapponesi, così «il Senatore, et gli altri [consiglieri] del popolo Romano li verranno a visitare in nome di tutta la città»506, concedendogli l'onoreficenza di «cittadini Romani»507 «et che de hoc extet monumentum in Campidoglio in tabulis cereis»508. È molto probabile che questa totale disponibilità sia scaturita anche dalla buona impressione che le autorità ecclesiali e civili ricevono dagli emissari, dal loro modus operandi et vivendi, dal loro spirito di obbedienza che, sebbene l'età adolescenziale, riescono a far emergere e a praticare non certamente come rigidità della disciplina o atteggiamento di sudditanza, ma come segno di rispetto e riguardo nei confronti di coloro ai quali sono stati affidati:

Essi giovani poi danno grandissima sodisfattione di sé, con la Sua modestia, divotione, et anco prudenza, et certi detti, et risposte savie et accorte. Nell'obedienza sono tanto avezzi, che con tante grandezze, et honori fattigli, non uscirebbono neanco di camera alla sala, senza licenza del Padre che vien con loro, al qual in ogni cosa [...] obediscono509.

Il mittente di questa epistola, come d'altronde si avrà modo di vedere in seguito, prima di allontanarsi dall'argomento centrale e dare spazio alla comunicazione di notizie interne alla Compagnia, nonché ai saluti a diversi componenti che abitano la residenza dove la lettera dovrà essere spedita, come è il caso del noto architetto e pittore Giuseppe Valeriano (1542-1596)510, accenna l'idea del preposito generale di inviare i giapponesi in visita a questa città al fine di mostrare loro le bellezze del luogo: «Credo che parte di questa consolatione sucederà ancora a Napoli perché Nostra Paternità ha disegno dopo

505 Ibidem. 506 Ibidem. 507 Ibidem. 508 Ibidem. 509 Ibidem.

510 Questi, originario dell'Aquila, ove nasce nel 1542, entra nella Compagnia il 10 agosto del 1574 ed è ordinato presbitero il 31 del marzo 1583 a Roma, luogo in cui emette la prefessione dei quattro voti il 15 agosto del 1589. Giunge a Napoli nel 1582 prendendo parte alla prima fase di costruzione della chiesa del Gesù Nuovo: Fernando García Gutíerrez, Valeriano, Giuseppe, in Diccionario histórico de la Compañía

de Jesús, IV, op. cit., pp. 3785-3786. Si consulti anche: Pietro Pirri, S.J., Giuseppe Valeriano S.J. architetto e pittore 1542-1596, Institutum Historicum S.I., Roma, 1970; Giuseppe Valeriano architetto e

pittore aquilano, in Filippo Iappelli - Ulderico Parente (a cura di), Alle origini dell’Università dell’Aquila. Cultura, università, collegi gesuitici all'inizio dell’età moderna in Italia meridionale. Atti del convegno internazionale di studi promosso dalla Compagnia di Gesù e dall'Università dell’Aquila nel IV centenario dell’istituzione dell’Aquilanum Collegium (1596), L'Aquila, 8-11 novembre 1995, Institutum

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Pasqua mandarli costa, per veder la città, et ritornarsene Sabato»511. Sicuramente non è da dimenticare la funzione culturale e sociale che occupa la città partenopea in questi anni, capitale appunto del vasto Regno di Napoli e quindi «il ruolo di crocevia del commercio lungo le rotte del Mediterraneo»512. In realtà i giovani non riusciranno a visitare Napoli forse perché troppo assorbiti dalle varie attività della vita romana oppure per motivi di altra natura, dei quali non è data loro motivazione513: «Havendoli aspettati per ordine di Roma già 3 giorni et perse le provisioni fu tale che in Napoli non si haveva potuto far più»514.

Questo clima di festa, «di allegrezza et consolatione»515, è avvertito da tutti coloro che sono presenti durante il concistoro e si diffonde così rapidamente da essere percepito anche da quelli che non prendono parte fisicamente all'evento. Tutti, indistintamente dal ceto sociale, dall'appartenenza ad una istituzione ecclesiastica piuttosto che a un'altra, dalla distanza con la quale possono godere la vista di questi giovani in laboriosi e desueti abiti nipponici, provano grande piacere circa tale avvenimento. La città intera manifesta il gaudio di questo privilegio, come è ampiamente dimostrato in una breve relazione del 6 aprile 1585 che pare sia stata composta al fine di «accompagnare gl'atti del Concistoro pubblico che Sua Santità diede a questi Signori Giapponesi»516. Ecco le parole del compilatore:

Roma si reputa che questa sia la più felice et segnalata ambasciata che mai habbia havuta, essendo da tre prencipi et da paesi tanto lontani con essersi anco sparsa più [..p.]ta et confermata la novena di tanti che nel Giappone sono venuti alla santa fede517.

Morto ormai Gregorio XIII (10 aprile 1585) ed eletto dal conclave il cardinale Peretti, scegliendo il nome di Sisto V, ben presto i giovani possono conoscere il nuovo pontefice e perciò pochi giorni dopo il suo magistero «A dì 27 di aprile 1585»518

511ARSI, Ital. 159, f. 4v.

512 Rocco Bonavolontà, Il Principato Ultra nel Regno di Napoli, Editrice APES, Roma, 2008, p. 68. 513 Come è stato antecedentemente scritto, pare che la visita a Napoli sia stata rimandata a causa di alcuni problemi di natura storico-sociale che si verificano in quel periodo, i quali avrebbero potuto spaventare i giovani e forse mettere a rischio anche la loro integrità fisica e morale. Nel De Missione, invece, come è già stato riferito nel secondo capitolo, è scritto che gli ambasciatori non si recano presso la città partenopea a causa del caldo torrido.

514ARSI, Ital. 159, f. 30. 515 Ivi, f. 8.

516 Ibidem. 517 Ibidem. 518 Ivi, f. 6.

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«Andorono questi Signori del Giappone dal Papa»519 e così «Intrati da sua Santità fatti le 3 humiliationi li basciorno il piede»520 si trattengono con il vicario di Cristo, il quale gli rivolge parole di cortesia e ribadisce agli astanti che «non lo manchi niente, avvisateci qual si voglia cosa che sarà di bisogno»521. La sua attenzione nei riguardi dei giapponesi appare non certamente inferiore rispetto a quella del suo predecessore, come rivela quest'abbozzo522 della relazione, molto probabilmente stilato dal preposito Claudio Acquaviva523, specie attraverso le domande che il pontefice rivolge al mentore Diogo de Mesquita: «“Vedete Padre che non li manchi cosa alcuna et che ci avvisa d'ogni cosa che farà di bisogno; come hanno stanza commoda? stanno bene? Stanno bene?”»524. Ma al tempo stesso anche i dignitari, grazie al loro interprete, da un lato manifestano la gioia per la sua elezione, rivolgendogli parole di affetto:

Questi Signori si sono molto rallegrati della santa elettione di Vostra Santità et si hanno per felici, per la gratia che Dio ha loro fatta, che si trovassero qui in questo tempo per poter veder questa elettione et ancora la coronatione, acciò ritornando al suo paese possano riferire questa cosa alle loro nattioni, et dirle come lasciarono fatto il novo Pontifice et Pastore” 525.

e dall'altro gli raccomandano di guardare con occhi di predilezione la nascente cristianità del Giappone:

Dissero li Signori che speravano che Sua Santità non solo sarebbe Padre universale di tutta la Chiesa, ma anco particolar di quelle loro parti del Giappone, et il Papa rispose che

519 Ibidem. 520 Ibidem. 521 Ibidem.

522 Il documento si può definire un abbozzo della relazione poiché, come si potrà vedere successivamente nell'Appendice, esso presenta numerose cancellature specie nella prima sequenza e con diverse parole inserite in interlinea probabilmente nella fase di rilettura o di labor limae. Oltre queste interpolazioni introdotte dallo stesso autore, si annotano alcuni elementi come quello "Meschita", che pare sia vergato da altro mano e quindi inserito posteriormente.

523 Claudio Acquaviva è il preposito generale più "longevo" nella storia della Compagnia di Gesù restando infatti alla guida di questa per ben 34 anni. Durante tale lunga reggenza l'Ordine vive un periodo di forte slancio missionario, riuscendo, nonostante le difficoltà storico-politiche, a conservare la sua identità ignaziana. Gesuita austero e ascetico, definito successivamente il secondo legislatore della Compagnia dopo Ignazio di Loyola, entra nell'Ordine nel 1567. Nel 1576 viene eletto provinciale a Napoli e tre anni dopo, nel 1579, della provincia romana. Gregorio XIII, contrario all'elezione di un preposito spagnolo, favorisce la sua ascesa a superiore generale, il 19 febbraio del 1581, ricevendo infatti dai membri della IV Congregazione, al primo scrutinio, 32 voti su 57. Oltre a ricordare la grande crescita dei suoi membri e quindi la costituzione di nuovi collegi e province, si ricorda, durante il suo governo, la redazione definitiva nel 1599 della Ratio studiorum: Filippo Rizzi, Claudio Acquaviva, in "Gesuiti. Annuario della Compagnia di Gesù", 2015, pp. 53-55.

524ARSI, Ital. 159, f. 6v. 525 Ivi, f. 6.

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non solamente sarebbe universal Padre ma in ogni cosa particolare di quella Christianità, et anco in particolare delle loro persone526.

Ed è per questo che il vescovo di Roma li invita a partecipare alla cerimonia solenne della sua coronazione, che si terrà il «primo giorno di Maggio delli Santi Apostoli Santo Giacomo et Santo Filippo»527.

L'incontro tra i giovani e il papa diventa, inoltre, un'occasione per parlare e trattare della missione gesuitica in Giappone: il vicario di Cristo mostra la sua gratitudine nei confronti della Compagnia, affermando di essere soddisfatto dell'opera di evangelizzazione che i gesuiti realizzano in diversi parti del mondo e in questo caso specifico nell'Impero del Sol Levante:

“Et ancora della vostra Congregatione sarò sempre presto per far ogni cosa che li toccarà, perché sappiamo l'util che fa in ogni luoco. Et per che si parlava del Giappone acciò non pensassimo che solamente parlava della nostra Compagnia nel Giappone, aggiunse. “Sarò presto per far ogni cosa che li [.re..a in …] Asia et in ogni luoco […]”528.

Il papa, infatti, si impegna ufficialmente a prendersi cura di questa realtà ecclesiale e questo atteggiamento traspare anche poco prima che il gruppo si allontana da lui: «ripetendo che havrebbe particolar cura del Giappone, et della nostra Congregatione et delle sue cose»529. Egli si presenta, peraltro, interessato e disponibile ad accogliere alcune richieste e desideri formulati dal gesuita portoghese Mesquita, anche se risulta chiaro il suo voler ponderare, desiderando prima di capire a fondo e quindi di riflettere su ciò che richiede «la supplica»530 e successivamente a convocare il preposito generale per argomentare a riguardo. Il gruppo consegna al pontefice, infine, «un secondo memoriale per un palafreniero che a loro haveva fatto ricorso per essere accettato nella famiglia di Sua Santità, la quale acettò subito»531.

Anche il giorno precedente, il 26 aprile, come racconta il Ragguaglio presente nel manoscritto qui preso in esame, quando il preposito generale insieme ai padri assistenti («che m'aiutano a portare il peso del governo della Compagnia»532) fa visita a Sisto V per mostragli obbedienza e devozione, «perché le nostre constitutioni vogliono che

526 Ivi, f. 6-6v. 527 Ivi, f. 6v. 528 Ibidem. 529 Ivi, f. 7. 530 Ivi, f. 6v. 531 Ibidem. 532 Ivi, f. 9.

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subito eletto che è il nuovo Pontefice facciamo quest'uficio»533, il papa dopo aver

accolto i gesuiti convenuti subito rivolge il suo pensiero ai giovani giapponesi:

Come stano gli Giapponesi”. Rispose rispose: Nostro Padre534 “Padre Santo stano bene, et si rallegrano molto di questa santa elettione; ricordandosi particolarmente del gran favore, che Vostra Santità gli fece et grand'affetto che gli dimostrò, questi giorni adietro, essendo Cardinale, quando la visitorono in Casa sua” 535.

Mentre i legati sostano nell'Urbe, dove possono godere delle bellezze artistiche e devozionali della città, apprezzare le attenzioni di alcuni alti prelati e cardinali, nonché essere inseriti pienamente, occupando peraltro i posti d'onore, nell'ambito della chiesa romana, nel backstage, si assiste a una continua fase organizzativa durante la quale si cercano di pianificare le ulteriori tappe che i giapponesi toccheranno durante il loro viaggio di ritorno. Da una parte giungono a Roma alcune richieste di città vicine redatte allo scopo di invitare e quindi accogliere calorosamente gli emissari e il loro seguito, dall'altra, invece, si registra la presenza di alcuni uomini ai quali è affidato il compito di entrare in contatto con certe realtà comunali dei territori italiani. Un esempio emblematico è offerto dalla comunicazione, datata 13 maggio 1585, che il gesuita calabrese Giovan Nicola de Notariis (1529-1586)536 rivolge al preposito generale, attraverso la quale, oltre a fornire alcune indicazioni e aggiornamenti circa la vita del collegio gesuitico di Perugia, esprime, anche a nome della città, il desiderio e la particolare gioia di voler ricevere gli ambasciatori presso la cittadina umbra. Ebbene, il padre rettore tenta di persuadere il confratello Mesquita, mediante la persona di Acquaviva:

Ci resta un desiderio che Vostra Beata Paternità ci voglia compiacere, di ordinare al Padre Mescuita, che meni li Giaponesi per Perugia, per sodisfare al gran desiderio, che

533 Ibidem.

534 Queste due parole ("Nostro Padre") sono aggiunte al margine. 535ARSI, Ital 159, f. 9.

536 De Notariis (grafato anche Notari) nasce a Polistena, in Calabria, l'8 luglio del 1529 ed entra nella Compagnia di Gesù il 21 del marzo 1554. Emette i voti semplici il 29 marzo del 1554, e la professione dei quattro voti a Perugia l'11 aprile del 1568, ordinatosi presbitero il 26 luglio del 1556. Muore nella stessa città nel 1586. Trai suoi incarichi e compiti nell'Ordine si ricorda il ruolo di superiorato della