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In questo paragrafo ho preso dunque in esame le relazioni e i resoconti più autorevoli e attendibili sull'argomento, al fine di mostrare le varie fasi del viaggio, le personalità che i giovani giapponesi incontrano lungo il cammino, le accoglienze solenni e festose loro riservate e talvolta anche le difficoltà presentatesi in alcune soste e brevi permanenze. Ho considerato, innanzitutto, il De Missione, ovvero l'opera, che attraverso l'artificio letterario del dialogo tra i 4 ambasciatori e 2 cugini di Miguel, racconta gli eventi più significativi e celebri di questa peregrinazione e accanto ad essa ho messo i rilievo, in particolar modo il lavoro di Guido Gualtieri pubblicato nel 1586, che rappresenta il contributo più dettagliato e "affidabile" nell'ambito dell'editoria italiana, la cronaca in lingua portoghese di Luís Fróis e ancora il volume di Guglielmo Berchet pubblicato nel 1877 e quello di Francesco Boncompagno-Ludovisi del 1904. Queste opere, pertanto, insieme alle relative referenze bibliografiche, saranno descritte con più attenzione nelle prossime pagine.

Il 20 febbraio del 1582 (Tenshō, 10-1-28) i quattro giovani e il loro seguito, imbarcatisi a bordo di una nave portoghese di Inácio da Lima, si allontanano dal porto di Nagasaki, dando inizio al loro viaggio in Occidente271, portando alcuni doni da consegnare in Europa, tra cui il prezioso paravento raffigurante il castello di Azuchi:

Azuchijō no zu byōbu 安土城之図屏風, realizzato probabilmente da Kanō Eitoku (1543-1590)272, «secondo lo stile rakuchū rakugai zu byōbu 洛中洛外図屏風

271 Sull'imbarcazione sono presenti anche Lourenço Mexia e Oliverio Toscanello, Álvaro Dias e Christóvão Moreira, tutti destinati a Macao. Gli ultimi due giungono in questo porto per ricevere l'ordinazione sacerdotale dal vescovo ivi residente (nota di chi scrive).

272 Di tale opera di particolare valore storico e artistico si sono perse le tracce, anche se dal 2004 il comune di Azuchi ha avviato un progetto di ricerca al fine di reperire ulteriori informazioni sia sull'oggetto, sia su coloro che ne potrebbero essere in possesso, essendo l'unica preziosa testimonianza della residenza di Kyōto di Nobunaga che possa dimostrare le sue fattezze esteriori prima dell'incendio dell'edificio nel 1582. Ciò è dimostrato anche dalla lettera del sindaco di Azuchi Tsumura Takashi al

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(paraventi dipinti con vedute e scene della città di Kyōto)»273, che Oda Nobunaga affida a Valignano in occasione della visita nel 1581, il quale a sua volta lo consegna agli emissari274.

La prima sosta che effettua la delegazione è Macao, dove sono accolti dal governatore João de Almeida e dal vescovo Leonardo de Sá, arrivato l'anno precedente275. In questo tempo che va dal 9 marzo al 31 dicembre del 1582 la delegazione risiede presso la comunità gesuitica del collegio retta da Pedro Gómez (1533-1600) per poi ripartire alla volta di Malacca (27 gennaio-4 febbraio), facendo così scalo a Cochin e poi a Goa, dove approda il 10 novembre del 1583, alloggiando presso il collegio di San Paolo. Mancio e Miguel, indossando abiti giapponesi, incontrano il viceré dell'India Francisco de Mascarenhas, al quale consegnano lettere di saluto e di amicizia da parte dei tre daimyō, ed egli a sua volta dona ai giovani una catenina d'oro dalla quale pende una scatolina per custodire reliquie. Durante tale sosta i legati possono assaporare anche la cordialità e la calorosa accoglienza del vescovo domenicano João Vicente da Fonseca276. Facendo ritorno ancora una volta a Cochin, nel gennaio del 1584, ripartono «solo nel febbraio successivo a causa sia dei monsoni, sia per l'attesa della nave che doveva portarli in Europa»277. Il 20 febbraio del 1584 sulla nave Santiago, «messa a disposizione dal viceré Francesco Mascarenhas»278, riprendono la via del mare e dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza arrivano nell'isola di Sant'Elena (27 maggio-6 giugno), uno scalo abituale per il rifornimento delle imbarcazioni e luogo in cui si incontrano le navi portoghesi provenienti dalle Indie,

sindaco di Montefalco Valentino Valentini attraverso la quale il primo informa che il comune sta effettuando delle ricerche su tale byōbu: Silvestro Nessi, Quattro principi giapponesi visitano Montefalco

e il santuario di Santa Chiara nel 1585, in "Periodico dell'Accademia di Montefalco", 2007, n. 1, v. 21,

pp. 5-6.

273 Paola Cavaliere, Azuchijō no zu byōbu. Il paravento dipinto raffigurante il Castello di Azuchi, in Rosa Caroli (a cura di), Atti del XXXI Convegno di Studi sul Giappone, Venezia, 20-22 settembre 2007, Tipografia Cartotecnica Veneziana, Venezia, 2008, p. 135.

274Vi sono, inoltre, date contrastanti circa la consegna di tale oggetto al papa. Nel De Missione è scritto che gli emissari donano il paravento a Gregorio XIII il 9 aprile, ovvero il giorno prima della sua morte, anche se sembra un po' impossibile dato che il pontefice in quel giorno era già stato costretto a restare a letto: «Diem Iovis sequente, qui fuit Nonis Aprilis, Summus Pontifex ad familiare colloquium […]. Eodem die ei munera aliqua a nostra patria delata, tamquam honoris pignora obtulimus, & inter ea, tabulas quasdam patri Visitatori Nobunanga dono datas, in quibus magnificentissima moenia Azuchiama urbis, ab eadem Nobunanga condicae depicta continebantur. Ille his oblatis muneribus, etsi tanta maiestate, longe multumque inferioribus, se summopere laetari significavit, statimque ad intima palatii cubicula musaeumque suum, hoc est, locum litterario studio dedicatum, benignissime nos deduxit»: D. de Sande, S.J.,Diálogo sobre a missão dos embaixadores japoneses à cúria romana, II, op. cit., p.505.

275 Designato vescovo della diocesi di Macao nel 1578 fino al 1594, anno della sua morte. La diocesi è istituita due anni prima con giurisdizione sul Giappone e sulla Cina.

276 M. Cooper, The Japanese Mission to Europe, 1582-1590, op. cit., p. 36. 277 A. Boscaro, I primi giapponesi in Italia, op. cit., p. 60.

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«che, per affrontare le insidie dei pirati verso le Azzorre, proseguivano insieme la navigazione fino a Lisbona»279. Il gruppo giunge nel porto di Cascais, in Portogallo, il 10 agosto di quell'anno, senza ricevere nessuna accoglienza festosa e solenne, ma conservando il suo carattere prettamente privato e religioso, proprio come indicato da Valignano. La delegazione è trasferita nella casa professa di São Roque a Lisbona, luogo in cui dimorano per oltre 20 giorni (11 agosto-5 settembre) e dove assaporano la simpatia e l'affetto di diversi membri della Compagnia e di coloro che a essi sono legati. A Lisbona i giovani sono ricevuti solennemente dal cardinale e arciduca Alberto d'Austria (1559-1621), figlio dell'imperatore Massimiliano II d'Asburgo (1527-1576) nominato nel 1585 viceré del Portogallo da Filippo II280 e da alcuni esponenti della nobiltà lusitana e del mondo religioso, come il frate predicatore spagnolo Luis de Granada (1504-1588)281. Durante la permanenza nella capitale, sostano per un tempo brevissimo presso il monastero del cosiddetto convento di Penha Longa, il primo dell'Ordine di San Gerolamo fondato in Portogallo nel 1390 da un certo fra Vasco Martins, luogo in cui il gruppo giunge di sera nel cocchio del cardinale Alberto. Qui è offerta loro la cena nel semplice refettorio della comunità e, dopo aver camminato nelle vicinanze di quel luogo, i giovani dignitari fanno ritorno presso la struttura religiosa, dove trascorrono la notte. Il giorno seguente visitano giardini e fontane, gustando la bellezza di una natura sempiterna che circonda completamente tutto il paesaggio e assaporando inoltre la gioia dei monaci, i quali restano particolarmente entusiasti di questa visita282.

«A cinque di Settembre partirono di Lisbona in un cocchio dell'Illustrissimo Sig. don Teotonio di Braganza, Arcivescovo di Evora, dove trascorrono sette giorni283 e il 15

279 Giuseppe Sorge, Lisbona e dintorni nella narrazione dei primi giapponesi venuti in Europa (1584-

1586), in "Studi e ricerche sull'Oriente cristiano", 1989, n. 3, v. 12, p. 161.

280 L'arciduca ricopre tale incarico per circa 10 anni.

281 Alcuni libri del religioso spagnolo sono stati tradotti in giapponese: Fides no Doxi, una edizione abbreviata di Introducción del Símbolo de la Fe, redatta in rōmaji da Pedro Ramón ad Amakusa nel 1592;

Guia do Pecador, una edizione abbreviata di Guía de pecadores, tradotta in scrittura giapponese ed edita

a Nagasaki nel 1599 (l'originale è pubblicato nel 1556 a Lisbona) e infine Fides no Quio, una breve traduzione in scrittura giapponese, del succitato volume, stampata sempre a Nagasaki nel 1611.

282Cfr. Denise Silva, A embaixada dos príncipes japoneses na Penha Longa, in "Oceanos", 1993, n. 15, pp. 86-90.

283 Un breve accenno di tale visita è presentata nella Évora gloriosa di Francisco de Fonseca (1668- 1738) e in Évora Ilustrada di Antonio Franco (1662-1732). Pare che entrambi abbiano come fonte l'opera manoscritta Évora Ilustrada di Manuel Fialho (1646-1718): Carlos Francisco Moura, Notícias da Visita

Feita a Algumas Terras do Alentejo pela Primeira Embaixada Japonesa à Europa (1584-1585), Separada

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dello stesso mese si dirigono verso Vila Viçosa284, terra del Duca di Braganza»285, fino al 18 settembre, incontrando Catarina d'Aviz (1540-1614) e suo figlio Teodósio (1568- 1630), che grande stima e affetto mostrano ai giovani, come racconta il gesuita Luis de Guzmán (1544-1605) nella Historia de las misiones de la Compañía de Jesús en la India oriental: en la China y Japón desde 1540 hasta 1600, composta di due volumi e pubblicata ad Alcalà nel 1601286.

Successivamente giungono in Spagna diretti a Madrid al fine di incontrare il sovrano: toccano le città di Guadalupe (23-25 settembre), Talavera e Toledo (29 settembre-19 ottobre) e finalmente il 14 novembre, arrivati alla capitale già da qualche giorno e dopo aver partecipato alla cerimonia di fedeltà (11 novembre) tenutasi presso il monastero geronimita, possono incontrare il re Filippo e consegnargli alcuni doni e le tre lettere287 scritte in giapponese e castigliano di cui essi ne sono i portatori. Il giorno dopo incontrano l'imperatrice, che si rivela particolarmente affascinata dai loro abiti e dalla diversità somatica e culturale del loro essere, visitano il gran ciambellano Juan de Borja y Castro (1533-1606), figlio del duca di Gandía, che mostra loro diverse reliquie di santi, tra cui quella di Maria Maddalena e una spina appartenente alla corona indossata da Gesù Cristo durante il cammino della croce e salutano, presso il suo palazzo, Gaspar de Quiroga Y Vela (1512-1595), arcivescovo di Toledo e primate di Spagna. Il giorno seguente partono per l'Escorial (16-19 novembre) e poi per Alcalà (26-29 novembre), dove visitano l'Università, proseguendo per Villarejo de Fuentes, accolti dalla comunità gesuitica; per Belmonte, luogo in cui si imbattono in un convento francescano e in uno domenicano e dove assistono a due rappresentazione teatrali (una in latino, l'altra in spagnolo); per Murcia, dove sono obbligati a restare per tre settimane (10 dicembre 1584-3 gennaio 1585)288; per Orihuela ed Elche; Alicante, luogo in cui si fermano per

284 Gli emissari giungono fino a questo luogo in compagnia del gesuita Luís Alvares (1539-1590) e di altri due confratelli, incaricati dal padre provinciale: T. Salgueiro, Do Japão para o Alentejo, op. cit., p. 66. Un riferimento a questa visita è rintracciabile nel Compêndio de Noticias de Vila Viçosa di Joaquim José Rocha Espanca del 1892.

285 Guido Gualtieri, Relationi della venuta degli ambasciatori giaponesi a Roma, fino alla partita di

Lisbona. Con le accoglienze fatte loro da tutti i Principi Christiani, per dove sono passati, Per Francesco

Zannetti, Roma, 1586, p. 54.

286 Nel 1891 è stata pubblicata una nuova edizione a Bilbao dal El Mensajero del Corazón de Jesús. In questa opera è presente una minuziosa e attenta descrizione di tale ambasceria che va dalla partenza a Nagasaki nel 1582 fino all'incontro con Hideyoshi a Kyōto nel 1591.

287La lettera del daimyō di Bungo è datata 11 gennaio 1582, quella del daimyō di Ōmura 27 gennaio e infine l'epistola del daimyō di Arima 8 febbraio.

288Cfr. José Guillén Selfa, La primera embajada del Japón en Europa y en Murcia, 1582-1590, op. cit., pp. 95-123.

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otto giorni e infine Mallorca. Il 19 febbraio del 1585 salpano per la penisola italica289, arrivando a Livorno, «che è porto di Toscana, il primo di Marzo, dopò la navigatione di più di ventimila miglia»290. Passano per Pisa e percorrendo la via francigena il 7 marzo entrano a Firenze, dove sono accolti, già due miglia prima dell'arrivo in città, da soldati e nobili e dove visitano il cardinale arcivescovo Alessandro de' Medici (1535-1605), futuro papa Leone XI (r. 1°-27 aprile 1605), «il quale regalò a ciascuno dei giovani un crocefisso d'avorio»291. In questa città, ricevuti dal granduca di Toscana, Francesco de' Medici (1541-1587), signore di Firenze e di Pisa, che esprime più volte la sua soddisfazione a essere stato il primo principe italiano a ricevere gli emissari orientali, sono letteralmente rapiti dalla sua ricchezza culturale e artistica. Nella "culla del Rinascimento", dove sostano circa una settimana, visitano il duomo, il palazzo Pitti, i giardini, le diverse chiese e il famoso affresco dell'Annunciazione presente nella Basilica della Santissima Annunziata. E successivamente:

Eccoli il 14 marzo a Siena, dove sono accolti con grande pompa e visitano devotamente le chiese: intanto il Pontefice sa che si avvicinano e invia staffette perché si affrettino e possano essere a Roma in tempo per assistere al pubblico concistoro. Il Pontefice manda loro incontro gente, carrozze e cavalieri, e con grande scorta gli ambasciatori entrano in Roma sul tramonto del 22 marzo, scendendo subito alla Casa della Compagnia di Gesù292.

Sulla strada per Roma, a San Quirico d’Orcia, i dignitari sono raggiunti da un messaggero di Gregorio XIII che li esorta ad arrivare all’Urbe il prima possibile e così, proseguendo per Acquapendente e passando per Bolsena, entrano a Viterbo il 18 marzo, dove sono accolti solennemente, facendo visita alla cattedrale, al monastero delle clarisse di Santa Rosa e alla chiesa domenicana di Santa Maria della Quercia293.

289Cfr. Adriana Boscaro, Itaria ni okeru 1585nen no shisetsu, in "Spazio", 1982, n. 1, v. 13, pp. 25-49. 290Relatione del viaggio et arrivo in Europa et Roma de' principi giapponesi: venuti a dare obedienza

a Sua Santita l’anno MDLXXXV all’Eccell. Sig. Girolamo Mercuriale, Per Paolo Meietto, Venetia, 1585.

291Fosco Maraini, La scoperta del Giappone in Italia, in Italia-Giappone 450 anni, I, op. cit., p. 5. 292 B. Gutierrez, La prima ambascieria giapponese in Italia dall'ignorata cronaca di un diarista e

cosmografo milanese della fine del XVI sec., op. cit., p. 55.

293 In questa chiesa e convento domenicano Angelo Orsucci (1573-1622), originario di Lucca, è introdotto agli studi di teologia, ordinato diacono nel 1595 e due anni dopo presbitero. Egli è inviato come missionario in Giappone nel 1618 (parte il 7 maggio del 1601 insieme a 34 confratelli per Cadice), dove è martirizzato a Nagasaki il 10 settembre del 1622 ("grande martirio" di Nagasaki durante il quale sono giustiziati 25 religiosi e 30 laici). La notizia della sua permanenza presso questa comunità è certa dal volume 120 Consigli dei Padri del convento, dal 1566 al 1642 (f. 20), custodito presso l'Archivio Storico di Santa Maria della Quercia (ASMQ) e comunicata già nel seguente volume: Lodovico Ferretti, Vita del

Beato Angelo Orsucci da Lucca dei Frati Predicatori martirizzato nel Giappone il 10 settembre 1622 scritta dal P. Lodovico Ferretti del medesimo Ordine con varie lettere del beato e documenti inediti in gran parte, Tip. Garroni, Roma, 1923, pp. 36-37. Nel complesso monumentale di questa chiesa vi è un

affresco che ritrae un frate in abito bianco che porta in mano una palma (iconograficamente simbolo di martirio), che molti esperti in materia dicono essere Orsucci.

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Visitano Montefiascone, il giorno seguente, come è riportato da un tal notaio Manilio Roselli, nel secondo dei quattro protocolli da lui composti, custoditi presso l’Archivio di Stato di Viterbo (ASV)294 e come è accennato in una lettera dell'ambasciatore estense

Teodosio Panizza, conservata nell'Archivio di Stato di Modena (ASMo)295 e «non

trascurando di visitare le ville di Bagnaia296 e di Caprarola»297, giungono a Roma, dove sono ricevuti calorosamente dal preposito Acquaviva e da circa 200 confratelli che risiedono presso la Curia generale. Il giorno seguente, di buon mattino, i quattro ambasciatori si recano in carrozza a Villa Giulia, e dopo gli ossequi delle famiglie dei cardinali e dei nobili romani, cominciano la cavalcata, in tipici abiti giapponesi, per giungere al momento tanto atteso: l'incontro con il pontefice Gregorio XIII. Arrivati a Piazza del Popolo e incontrati il maggiordomo del papa e alcuni alti prelati, Julião, già febbricitante dal giorno prima, si sente male e, messo su una carrozza, e condotto in forma privata in Vaticano, dove viene accolto da Sua Santità che gli consiglia di non prendere parte al concistoro, ma di far presto ritorno alla sua residenza per curarsi. Il solenne corteo era così composto e suddiviso:

Andava innanzi la Cavalleria leggiera, e la guardia degli Svizzeri. Seguivano le famiglie de' Cardinali, e degli Ambasciadori de' Principi; e dietro a queste una gran quantità di Pifari, e Tamburri, e di Trombe, succedevano in abito rosso i Camerieri, Scudieri, ed altri Uffiziali di Palazzo. Appresso comparivano i Chierici di Camera, ed immediatamente cavalcavano i tre giapponesi coll'abito della patria sopra generosi, e riccamente guarniti Cavalli, cinto ciascheduno da molti Parafrenieri. Il primo che era Manzio, veniva tra due

294 Nel De Missione non vi è nessun accenno a tale visita. Il secondo protocollo redatto da Manilio Roselli e trascritto da Elettra Angelucci è prezioso in quanto rivela gli elementi più significativi di questo passaggio: le attrazioni che i legati visitano, tra cui la cattedrale «a vedere le teste delli gloriosi santi overo di santa Margarita, santa Felicita, e santo Flaviano, poste nell’altare maggiore», l'identità di alcuni membri del gruppo e accenna a certi costumi della società giapponese: E. Angelucci, I Giapponesi a

Montefiascone nel 1585, op. cit., pp. 83-84; A. Goletti, La prima missione giapponese in Europa nelle carte dell’Archivio di Stato di Viterbo A. D. 1585, in Esilio, Pellegrinaggio e altri Viaggi, op. cit., pp.

159-169.

295 L'espistola già trascritta da Joseph Franz Schütte, datata 18 marzo 1585 e rivolta al cardinale Luigi d'Este (1538-1586), comincia proprio con la seguente espressione: «L'Illmo San Sisto ha havuto lettere questa mattina che li Giapponesi saranno qui giovedì, et che alloggiano hoggi a Montefiascone; come si habbino da ricevere, ancora non si sà, perché non si è avisato ancora, se vengono mandati per dare Obedienza, o pur semplicemente per devotione»: Josef Franz Schütte, S.I,Die Wirksamkeit der Päpste für Japan im ersten Jahrhundert der Japanischen Kirchengeschichte (1549-1650) Versuch einer Zusammenfassung, in "Archivum Historiae Pontificiae" 1967, v. 5, pp. 213-214. In questo contributo

sono state trascritte dallo stesso gesuita lettere relative al passaggio degli emissari nel territorio del duca d'Este, custodite presso l'Archivio di Stato di Modena.

296 I legati giungono a Bagnaia il 20 marzo e a Caprarola il giorno dopo.

297 Franco Cardini, Gerusalemme d'oro, di rame e di luce. Pellegrini, crociati, sognatori d'Oriente fra

XI e XV secolo, Il Saggiatore, Milano, 1991, p. 229. Dello stesso autore si veda: Le ambasciate dall'Asia all'Italia, in L'Oriente: Storie di viaggiatori italiani, Electa, Milano, 1985, pp. 166-181.

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Arcivescovi298, e gli altri due299 Michele, e Martino tra due Vescovi300: all'ultimo chiusi da lunga, e folta schiera di gente a cavallo, ed in somma dal fiore di tutta la nobiltà di Roma301.

Gli ambasciatori giungono in Vaticano e dopo essere scesi da cavallo si dirigono in una sala, dove è preparato per loro un rinfresco. Intanto il pontefice, avvisato del loro arrivo, raggiunge la stanza dei paramenti e così, preceduto dalla croce e dai cardinali, si muove verso la Sala Regia in sedia gestatoria, indossando una pregiata mitra. Alcuni minuti dopo che Gregorio XIII si siede in trono, l'avvocato concistoriale annuncia l'ambasceria e i giovani, ciascuno in mezzo alle alte cariche ecclesiali, avanzano verso il papa, compiendo le tre genuflessioni di rito per poi baciargli i piedi. Pochi istanti dopo Mancio e Miguel consegnano al pontefice le lettere dei tre daimyō, che egli accoglie con entusiamo e le consegna subito al segretario dei brevi il porporato Antonio Boccapaduli (1530-1593). Successivamente i tre emissari pronunciano un discorso in giapponese, tradotto dal portoghese Mesquita, e terminate le belle parole, essi possono sedere in una tribuna di fronte al papa. Intanto, il gesuita Gaspar Gonçalves (1540-1590), umanista e teologo302, dà inizio al suo discorso: un'orazione latina, Oratio nomine Legatorum Japoniae habita in publico Consistoro Romano, edita a Roma nello stesso anno, della quale esiste anche una traduzione in portoghese pubblicata tra il 1749 e il 1755. In questa il religioso sottolinea sia l'importanza di tale evento, che vede giovani venire da così tanto lontano per comunicare affetto e devozione alla chiesa cattolica, sia il prezioso lavoro della Compagnia di Gesù nella Terra del Sol Levante, che ha suscitato in questi signori feudali pietà, zelo e venerazione verso il successore di Pietro. Il

298 L'arcivescovo di Cipro e quello di Benevento Massimiliano Palombara (?-1607). Su quest'ultimo si legga: Ferdinando Grassi, I pastori della cattedra beneventana, Tipografia «Auxiliatrix», Benevento, 1969, pp. 136.

299 L'arcivescovo di Cosenza Fantino Petrignani (1539-1600) e l'arcivescovo di Milano Gaspare Visconti (1538-1595): Sul primo prelato si veda: Francesco Russo, M.S.C., Storia dell'Arcidiocesi di Cosenza, Rinascita Artistica Editrice, Napoli, 1958, pp. 479-484.

300 Il vescovo di Vicenza Michele Priuli (1547-1603) e quello di Todi Giannotti. Su Priuli si consulti: