• Non ci sono risultati.

Attraverso un breve e rapido excursus si è tentato di mostrare gli eventi salienti e le caratteristiche principali che hanno caratterizzato il "secolo cristiano" in Giappone. Mediante i legami con la corona lusitana e quindi attraverso le influenze e i continui contatti con la cultura portoghese, il Giappone comincia a conoscere cosa esiste al di là del mare, tentando, nonostante le fatiche e le avversità del potere politico, di tessere un dialogo di conoscenza che si rivela senza ombra di dubbio momento di arricchimento e di crescita.

In questo lasso di tempo che va dal 1549 ovvero dall'approdo di Francesco Saverio a Kagoshima fino al 1650, come vuole lo storico Charles Ralph Boxer256 o come sostengono altri studiosi fino al 1639, anno in cui è interrotto ufficialmente il commercio con il Portogallo, i missionari gesuiti, molti dei quali di nazionalità portoghese257, riescono a realizzare diverse opere e iniziative, così che la cultura europea è conosciuta e praticata in Giappone e una parte della cultura nipponica è presentata all'Occidente, soprattutto grazie al sistema epistolare e quindi alla redazione di litterae annuae che sono inviate a Roma per essere successivamente pubblicate e presentate a un ampio pubblico.

Un evento che compie quanto appena detto è la Tenshō shōnen shisetsu 天正少年使節 (1582-1590)258 vale a dire la missione, seppur spesso si usi impropriamente il termine ambasciata, dei giovani dell'era Tenshō (1573-1591) organizzata e promossa, per tre ragioni principali, dal visitatore Alessandro Valignano,

256 Cfr. Charles Ralph Boxer, The Christian Century in Japan, 1549-1650, University of California Press, Berkeley-London, 1951.

257 Jesús López-Gay scrive: «Sin duda, la presencia de los portugueses fue determinante por el número y la calidad: de los jesuitas que para el 1600 trabajaban en Japón, 18 eran italianos, 20 españoles, y 57 portugueses»: Jesús López-Gay, Métodos misioneros en el Japón del siglo XVI, in A Companhia de Jesus

e a Missionação no Oriente, op. cit., p. 106.

258Cfr. Georg Schurhammer, S.J., Die erste Japanische Gesandtschaftsreise nach Europa 1582-1590, op. cit., pp. 217-224.

78

in seguito alla sua visita nel Gokinai (1581), e sostenuta e appoggiata da tre daimyō convertiti al cristianesimo. La Tenshō Ken-Ō shisetsu 天正遣欧使節, così come è nota

nella storiografia giapponese259, si realizza innanzitutto per visitare e rendere omaggio al papa Gregorio XIII e per mostrare al pontefice ciò che la Compagnia di Gesù stava realizzando in Estremo Oriente. I gesuiti mostrano a tal proposito, proprio come il papato chiede di poter fare, in sintonia con lo spirito della Controriforma, che la fede di questi popoli, che da poco tempo hanno ricevuto e accolto il messaggio evangelico, si mostra più radicata e fervorosa, rispetto a quella di alcuni Paesi europei ormai in preda a un processo di cambiamento e di allontanamento dalla chiesa cattolica260. La riforma protestante avviata dall'agostiniano Martin Luther (1483-1546) nel 1517 e diffusasi ben presto in altri Paesi: Svizzera con l'operato di Huldrych Zwingli (1484-1531) e Jean Cauvin (1509-1564) e ancora in Inghilterra promossa dal re Enrico VIII (1491-1547) secondo monarca della dinastia dei Tudor, immette la comunità cattolica in un periodo di trasformazioni e cambiamenti religiosi, culturali e sociali che determinano la sua frattura interna, creando così nuove espressioni per vivere la fede, nuovi gruppi, sette e comunità261. La visita al pontefice è anche dettata dal desiderio da parte degli stessi gesuiti di assicurarsi il monopolio del lavoro missionario in Giappone. Essi non vogliono che tale missione sia condivisa con gli Ordini mendicanti, affinché non si verifichi tensione e non si creino dissapori non solo tra i religiosi, ma anche tra il potere politico, la popolazione e gli stessi laici che collaborano a tale "opera". Difatti molti sostengono, che questa ambasceria abbia incoraggiato, e in un certo senso spinto, la stesura e quindi la pubblicazione da parte del vescovo di Roma del breve Ex pastorali officio, che, come già detto innanzi, riserva esclusivamente alla Società il diritto di evangelizzare il popolo giapponese. Giuseppe Sorge a proposito di Nuno Rodriguez, rettore del collegio di San Paolo di Goa, scrive:

259 Cfr. Kiichi Matsuda, Tenshō Ken-Ō shisetsu 天正遣欧使節, Kōdansha, Tōkyō, 1999.

260 As missões dos jesuítas nos séculos xvi e xvii, nomeadamente na Ásia, estiveram intimamente ligadas a duas ordens de razões: uma, de carácter retórico e místico, o projecto missionário, cujo objectivo era levar a todos os recantos do planeta o espírito e a letra da Contra- Reforma (a concepção de “soldado de Cristo”), com toda a abundante doutrina e dogmática católicas saídas do 19.º concílio ecuménico – o Concílio de Trento (1545-1563), também designado por Concílio da Contra-Reforma; a outra, de carácter geopolítico e económico, cujo objectivo era defender os interesses económicos dos impérios peninsulares na Ásia contra os países que sustentavam as ideias da Reforma e contra os infiéis muçulmanos para “abatimento, e extinção dos inimigos do povo Cristão”»: Rui Rocha, Os Jesuítas no Japão e a Arte do Chá, in "Review of Culture", 2014, n. 46, p. 81.

261 Diversi sono i contributi circa l'argomento, in questa sede si segnala l'autorevole volume di: Diarmaid MacCulloch, Riforma: La divisione della casa comune europea, Carocci Editore, Roma, 2010.

79

che precedette i legati a Roma262, e molto probabilmente sollecitò l'Ex pastorali officio di Gregorio XIII, del 28 gennaio 1585 e promulgato il 1° marzo, riaffermante i diritti dei Gesuiti in Giappone con l'implicita esclusione degli altri Ordini Missionari263.

Recentemente Pedro Lage Reis Correia asserisce:

Assim, é possível que o modo como Valignano estruturou a embaixada condicionou as opções do Papado em relação à missão japonesa, contribuindo para a manutenção do direito de exclusividade da Companhia de Jesus, consagrado através do breve Ex pastoralis officio (1585) de Gregório XIII264.

Ciò è stato sostenuto e ribadito anche dai francescani dell'epoca, come è stato chiaramente mostrato da alcuni discorsi di fra Martin de la Ascensión, principale rivale di Valignano, in particolare: «Del 2° discurso de fray Martin en que pone vn medio engañaso que dize que la Companhia vzo embiando fingidamente moços Japones a Roma con tìtulo de principes para alcançar este breve»265.

Un altro motivo determinante che causa la progettazione di questa legazione è il seguente: presentare ai giapponesi una realtà e una civiltà pari alla loro, se non superiore, di un mondo progredito e felice, dove i missionari si allontanano solo perché serbano nel cuore il desiderio di espandere e far conoscere la propria fede e rispondere pienamente alla loro scelta di vita consacrata. Valignano vuole mostrare, dunque, che il loro allontanamento non è certamente dettato dalla smania di abitare e conoscere terre più ricche e più vantaggiose. L'immagine di una civiltà occidentale fortemente evoluta pare sia un aspetto non accettato dai giapponesi, i quali si mostrano increduli dinanzi allo splendore e alla magnificenza delle corti europee del tempo, così decantate dai racconti degli stessi portoghesi. È necessario quindi che essi vedano e percepiscano concretamente, mediante una conoscenza diretta, la realtà occidentale, così che gli emissari, tornati in patria, possano testimoniare e raccontare tutto ciò che hanno veduto: «avrebbero così compreso la differenza fra i popoli la cui vita era basata sull'insegnamento del cristianesimo e di altre religioni, ed in seguito raccontato le

262Infatti egli attende il gruppo alla discesa di Baccano che dista da Roma circa 24 km. 263 Giuseppe Sorge, Il Cristianesimo in Giappone e il De Missione, op. cit., pp. 44-45.

264 Pedro Lage Reis Correia, Conhecimento e experiência: o contacto entre a Europa e o Japão no

contexto da missão enviada a Roma pela Companhia de Jesus (1582-1590), in "Lusitania Sacra", 2012, n.

25, p. 81.

265 BA,49-IV-58, ff. 20v-29v. Si legga: Antonio Vasconcelos de Saldanha, L'Espansione portoghese

del Cinquecento e le bolle papali (note su un passo dell'Apologia del Padre Alessandro Valignano, S.J.,in "Studi e Ricerche sull'Oriente Cristiano", 1991, n. 3, v. 14, pp. 419-434.

80

proprie esperienze ai connazionali»266. Ed è per questo che una delle preoccupazioni maggiori di Valignano è quella di mostrare ai giovani solo gli aspetti che possano magnificare l'Europa, che possano celebrare la grandezza e lo splendore di questa civiltà, senza renderli partecipi di manifestazioni ambigue che possano inquietarli e agitarli, danneggiando l'immagine unitaria del continente, che gli stessi gesuiti avevano presentato in Giappone. I giovani non devono entrare in contatto con persone che possono turbarli, come scrive Adriana Boscaro, nessuno deve comunicare loro la presenza di disordini e divisioni nella chiesa e nelle corti, essi devono apprendere solo ciò che è buono ed edificante, senza mai venire a contatto con il male e il cattivo267. È per tale motivo che gli emissari non sono condotti nei Paesi europei, come la Germania e la Sassonia, in preda al movimento protestante, come evidenzia l'anonimo panflettista in Flugschrift, composto in tedesco nel 1585: «where they might have learned something of the true light of Christ as understood by the followers of that "dear man of God, Dr. Martin Luther»268, sostenendo, inoltre, che il Giappone con le sue tradizioni indipendenti avrebbe trovato il luteranesimo più congeniale rispetto alla dottrina cristiana. Gli ambasciatori, dopo aver svolto la loro missione, devono fare ritorno in Giappone senza potersi fermare a Roma per intraprendere gli studi: Valignano giustifica la sua scelta, affermando che essi devono rientrare al loro Paese perché così promesso più volte ai loro genitori.

L'altra ragione, in un certo senso opposta alla prima, è quella di presentare agli europei un mondo completamente lontano e distante come quello giapponese, che essi iniziano a conoscere e a delineare le linee essenziali grazie alla lettura e allo studio di alcuni documenti e relazioni269, che i gesuiti indirizzano a Roma al generale dell'Ordine270.

Si cercherà a breve di mostrare l'itinerario riservato ai giovani, le diverse sfaccettature e finalità che tale "pellegrinaggio" si propone, delineandosi come viaggio politico-economico, viaggio socio-culturale, viaggio religioso secondo i punti di vista.

266 Hiroshi Watanabe, La prima ambasceria giapponese in Europa, in "Quaderni Asiatici", 1989, n. 17-18, p. 14.

267 A. Boscaro, I primi giapponesi in Italia, op. cit., p. 60.

268 Donald Frederick Lach, Asia in the Making of Europe, Volume I: The Century of Discovery Book

two, The University of Chicago Press, Chicago-London, 1965, p. 702; Id. Japan in the Eyes of Europe: The Sixteenth Century, The University of Chicago Press, Chicago-London, 1968, p. 702.

269 Si veda: Sonia Favi, Rappresentazioni del Giappone nella letteratura europea del XVI secolo, in Andrea Maurizi - Bonaventura Ruperti (a cura di), Variazioni su temi di Fosco Maraini, Aracne editrice, Roma, 2014, pp. 155-175.

270 Cfr. Adriana Boscaro, La visita a Venezia della Prima Ambasceria Giapponese in Europa, op. cit., pp. 19-20.

81

Si tenterà, inoltre, di presentare i membri di tale delegazione e coloro che pur non partecipando in prima linea alla realizzazione di questo evento sono comunque parte integrante di esso. Accanto a tutto ciò si ricorderanno le opere e quindi le relazioni, cronache, resoconti e lettere che sono state redatte circa l'argomento e che entrano a far parte della letteratura odeporica.