LA DISCIPLINA DEL LOBBYING NELL’UNIONE EUROPEA
5. Il lobbying europeo: strumento di promozione della Democrazia?
Ciò che emerge chiaramente, a seguito di questa lettura evolutivo-storica della disciplina lobbistica in ottica comunitaria, è la concezione funzionalistica dello stesso lobbying nel diritto dell’Unione: esso viene considerato, infatti, un vero e proprio “strumento”92. Più precisamente, mentre negli Stati Uniti il lobbismo assume i connotati di una forma di espressione (§ 2), e
91 R. De Caria, Le mani sulla legge: il lobbying tra free speech e democrazia,
op. cit., pp. 219-221.
92 Id., Le mani sulla legge: il lobbying tra free speech e democrazia, op. cit., p.
solo le restrizioni a tale pratica (come ad esempio, il celebre divieto di clausole contrattuali di c.d. contingent fee lobbying93) sono strettamente funzionali al buon esito del processo democratico, in Europa è il lobbying in quanto tale ad essere visto non tanto come espressione di un diritto individuale, ma come attività utile al miglioramento del processo decisionale nel suo complesso, per ottenere un vantaggio reputazionale presso i cittadini e trovando ormai piena giustificazione nell’articolo 11 TUE. Il coinvolgimento dei gruppi di pressione nei processi comunitari di decision-making opera quindi in ottica di superamento dell’insufficiente “input
legitimacy”94, aprendo le porte a una fase istituzionale del tutto nuova e in un certo senso rivoluzionaria.
93 Si tratta di una clausola, inserita in un contratto di lobbying, che consiste
nella parametrazione del compenso di un lobbista in base al beneficio che è stato in grado di procurare al proprio cliente. Tale pratica è stata dichiarata manifestamente illegale nella sentenza della Corte Suprema Trist v. Child (88 U.S. 441, 1974), poiché in grado di mettere a rischio il sistema democratico, manifestando un’inaccettabile “corruption tendency” a far prevalere gli interessi particolari a quelli generali. Sulla legittimità o meno dei divieti generali di contingent fee, Cfr. le posizioni, simmetricamente opposte, di S. L. Fatka, J. M. Levien, Protecting the right to Petition: why a Lobbying
Contingecy fee Prohibition Violates the Constitution, in Harvard Journal of Legislation, 35, 1998, e M. A. Capps, “Gouging the Government”: Why a Federal Contingency Fee Lobbying Prohibition Is Consistent with First Amendment Freedoms, in Vanderbilt Law Review, 58, 2005.
94 Espressione coniata da F. W. Scharpf, Governing in Europe, Oxford, Oxford
University Press, 1999, p. 7, per descrivere il deficit democratico comunitario in termini di percepita autorefenzialità del sistema, intesa come mancanza di strumenti garantiti al cittadino per far valere i propri interessi di fronte al legislatore europeo.
Infatti, una lettura sistematica del crescente interesse verso il lobbismo, assieme agli altri strumenti operativi nati con l’evolversi delle politiche comunitarie, come i Gruppi europei di
cooperazione territoriale — nonostante tali istanze
“macroregionali” siano stato percepite perlopiù negativamente95 dagli Stati nazionali, come “invasive delle proprie
competenze”96 — permette di cogliere, in base ai recenti accordi, un crescente impulso di realizzazione di politiche di sussidiarietà, non solo verticali, ma anche orizzontali. Una progressiva riformulazione del governo delle politiche pubbliche, che nasce dal combinarsi di nuovi attori e organizzazioni97, come riconferma della nascita di una multi-
level governance europea98 sempre più vocata al modello della democrazia associativa99 , con l’attivazione di meccanismi decisionali non più fondati su un’articolazione verticistica del
95 Sul punto, Cfr. M. Caciagli, Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea, Bologna, Il Mulino, 2010, pp. 53 e ss.
96 E. Nadalutti, Does the European grouping of territorial cooperation promote multi-level governance within the European Union?, in Journal of Common Market Studies, 51, 2013, pp. 756-771.
97 Diffusamente sul tema, E. D’Albergo, Politiche e regimi di governance transazionale: il ruolo della società civile, Napoli, Liguori, 2007.
98 G. Marks, L. Hooghe, K. Blank, European integration from the 1980’s: State-centric vs. Multi-level governance, in Journal of Common Market Studies, 34, 1996, p. 371.
99 G. P. Ammassari, M. C. Marchetti, Lobbying e rappresentanza di interessi nell’Unione Europea, op. cit., p. 83.
potere, quanto più su un processo di democratizzazione orizzontale, pronta a coinvolgere le istanze provenienti dalla società civile100. Il sistema comunitario, avendo da sempre rifiutato l’idea “che i decisori pubblici non siano in grado di
mantenere una loro indipendenza di giudizio se non rifiutandosi di ascoltare gli interessi delle parti in causa”101, è finalmente pronto per questo nuovo upgrade normativo.
100 M. E. Warren, Citizen Participation and Democratic Deficits: Considerations from the Perspective of Democratic Theory, in J. De
Bardeleben, J. Pammett (eds.), Activating the Citizen, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2009, pp. 17-40; viene qui analizzato il rapporto tra partecipazione civica e deficit democratico, anche in ottica europea, e i significativi miglioramenti che lo sviluppo della democrazia partecipativa apporterebbero ad un sistema di policy-making eccessivamente verticistico.
101 A. Cattaneo, P. Zanetto, Fare lobby. Manuale di public affairs, Milano,
CONCLUSIONI
Al termine del presente elaborato, è necessario porre l’attenzione su alcune questioni rilevanti, emerse nel corso dell’intera trattazione. Dall’analisi delle differenti tipologie di regolazione, infatti, si sono distinti differenti approcci al tema delle lobby, frutto dei diversi sistemi di cultura politica sviluppati nella dimensione europea, nazionale e di alcuni contesti regionali. Nessuno di questi modelli può, però, ritenersi affermato in maniera paradigmatica, trovando come riferimento, ma allo stesso tempo limite, l’orizzonte del proprio acquis culturale.
Nello specifico, il modello italiano di regolazione, così come analizzato, ha fino ad oggi incontrato numerose difficoltà strutturali a causa della perdurante diffidenza nei confronti del lobbismo. Un atteggiamento che ha condotto non solo all’assenza di una compiuta riflessione giuridica sull’argomento, ma anche alla peculiare lacunosità e disorganicità di tutto l’impianto normativo volto a mediare il difficile rapporto tra il mondo degli interessi organizzati e le sedi decisionali. Queste perplessità si sono pertanto tradotte in un sistema ancora incompiuto, ma comunque capace di una sporadica produzione di norme di assoluta rilevanza: in questo
senso, possono essere interpretate le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo — in particolare l’articolo 9 della l. n. 241/90 — e gli articoli 144 e 48 dei Regolamenti di (rispettivamente) Camera e Senato, laddove sono stati, almeno formalmente, ammessi momenti istituzionalizzati di ascolto dei rappresentanti di interessi durante le procedure istruttorie di policy-making. Sempre in questa direzione, possono essere interpretate le disposizioni in materia di AIR e VIR così come formulate dalla l. n. 256/05. Il fulcro della problematica, pertanto, si spiega in una duplice accezione, di natura assiologica e poi pratica: in mancanza di una disciplina generale, la fisiologica percezione negativa del lobbismo ha, di fatto, ammorbato ogni utilizzo di questi strumenti, neutralizzandone l’efficacia sul piano sostanziale. Un timore del tutto ingiustificato, che oltre a manifestare una certa ritrosia, rischia di entrare in cortocircuito con gli obblighi di trasparenza imposti non solo dallo Stato Costituzionale di diritto, ma anche dall’attuale normativa anticorruzione che, dal 2013, presidia il corretto svolgimento dell’azione pubblica e dei comportamenti dei decisori.
Fortunatamente, l’introduzione dei registri per i rappresentanti d’interessi, istituiti presso il MISE nel 2016 e la Camera nel 2017,
ha invertito questa tendenza, apparsa per lungo tempo irresistibile. Tali strumenti, oltre a poter essere considerati a tutti gli effetti i primi tentativi di disciplina diretta del fenomeno in Italia, segnano infatti la definitiva professionalizzazione del lobbista nel nostro ordinamento, ponendo le giuste basi per garantire una solida partecipazione influente degli interessi particolari all’interno dei processi decisionali, secondo modalità e forme trasparenti e intellegibili agli stakeholders. Un risultato di assoluta rilevanza, figlio di un processo evolutivo del quale anche i legislatori regionali si sono rivelati sorprendenti attori protagonisti. La manifestazione di una cultura politica volta alla trasparenza e alla partecipazione di questi enti sub-statali ha, di fatto, conseguito la produzione di sistemi di regolazione del lobbismo, piuttosto minimali ma strutturati, in funzione supplente rispetto a quella del policy-maker nazionale. Un impulso “dal basso” — partendo dalla L.R. Toscana 5/2002 fino alle recenti esperienze di Calabria e Lombardia — coerente con la natura stessa dell’attività di lobbying, che, pur superando in parte l’opacità dei meccanismi di deliberazione delle decisioni pubbliche, necessita ancora di ampi correttivi, soprattutto in termini di onere di rendicontazione e contabilità.
La questione, invece, ha assunto ulteriore connotazione con riguardo ai meccanismi di consultazione previsti dalle authorities. L’ampio strumentario disposto dalle AI a favore di rappresentanti e cittadini, in termini non solo di procedure notice and comment, ma anche di consultazioni pubbliche e di tavoli tecnici, ha così permesso negli ultimi anni un vero e proprio flusso informativo bidirezionale tra settore pubblico e privato, configurando un sistema di governance capace di soddisfare la cura dell’interesse pubblico con la sinergica partecipazione dei soggetti interessati alle materie di competenza delle singole Autorità.
Per quanto concerne, invece, l’esperienza europea, il dato che caratterizza la complessa architettura regolatoria disposta da Commissione e Parlamento è quindi individuabile nel profondo deficit democratico che da sempre connota l’Unione. Una questione questa — da sempre oggetto di dibattito tra i giuristi continentali — che ha spinto il legislatore europeo ad affrontare la problematica del lobbying in maniera pioneristica, veicolando quello che può apparire come un elemento nocivo per la democraticità del sistema — ossia l’esistenza di influenze esterne e lobby in grado di condizionare il processo di policy-making europeo — in uno strumento in grado di compensare la mancanza di una input
legitimacy. E così, le istituzioni europee hanno disposto strumenti di regolazione di tipo soft, in grado non solo di recepire le istanze della società civile nel suo complesso, ma anche di incontrare il consenso dei regolati: è in questo senso che vanno letti i precedentemente analizzati accordi interistituzionali del 2011 e del 2014, che pur prevedendo una mera facoltatività del registro unico istituito da Commissione e Parlamento, hanno altresì ridefinito i canoni stessi del lobbying europeo, introducendo meccanismi premiali per coloro che desiderano aderirvi. Tutto questo ha indiscutibilmente significato un avanzamento della disciplina, la quale seppur non ancora in grado di “competere” con gli strumenti elaborati dal sistema statunitense in quasi un secolo di riflessione giurisprudenziale e dottrinale, ha recentemente posto le giuste premesse per un significativo upgrade. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e del rivoluzionario articolo 11 TUE, nonostante l’iniziale scetticismo da parte della dottrina, ha infatti permesso di superare le riserve poste a lungo tempo dai servizi legali del Parlamento europeo, in termini di base giuridica e proporzionalità, rispetto a quei due ordini di strumenti — il nuovo codice di condotta per i MEP, già entrato in vigore e la proposta di un registro unico obbligatorio per Parlamento, Commissione e
Consiglio — in grado di fornire quel carattere di vincolatività necessario per il rispetto dei maggiori obblighi di disclousure, imposti con l’Iniziativa Europea sulla Trasparenza del 2005. Tali meccanismi, qualora adeguatamente integrati e completati nella loro disciplina, ammetteranno una pacifica ridefinizione della politica europea, in termini di partecipazione e sviluppo orizzontale. Una rivoluzione che, salvo clamorosi ripensamenti, appare sempre più prossima al suo manifestarsi.
Il senso di queste esperienze, così riassunte, rende complessa l’individuazione di una one best way per la regolazione dell’attività lobbistica. I paradigmi emergenti da questo schema così articolato permettono, però, di mettere in luce un aspetto incontrovertibile: dopo anni d’inerzia e tentativi di oscurantismo, il tema dell’incisività degli interessi privati nel processo di policy-making sta finalmente ottenendo le doverose attenzioni da parte dell’ordinamento italiano ed europeo. Una conquista non solo per chi opera professionalmente nel settore delle public affairs, ma anche per chi, credendo nelle fondamenta stesse della Democrazia, vede nella partecipazione influente della società civile al processo decisionale un’occasione unica per il miglioramento della qualità
della legislazione. Dopotutto, come affermava Toqueville, “quando il cittadino è passivo, la democrazia si ammala”.
BIBLIOGRAFIA
ABRESCIA M., NAPOLITANO G. (a cura di), Analisi economica del
diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, 2009;
ADAM R., TIZZANO A., Manuale di diritto dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, 2017;
ALEMANNO A., Should MEP’s Be Lobbysts at the Same Time?, in
TheGoodLobby.eu, 2016, disponibile all’indirizzo
http://www.thegoodlobby.eu/wpcontent/uploads/sites/3/2017/06/TGLBooklet- June-FINAL.pdf;
ALMOND G., POWELL B., Politica comparata. Sistemi, processi e
politiche, Bologna, Il Mulino, 2000;
AMAR A. R., America’s Constitution: A Biography, New York, Random House, 2005;
AMATO G., CLEMENTI F., Forme di stato e forme di governo, Bologna, Il Mulino, 2006;
AMMASSARRI G. P., Lobbying e partecipazione influente nei processi
decisionali dell’Unione Europea, in FANTOZZI P., MONTANARI A. (a
cura di), Politica e mondo globale. L’internazionalizzazione della vita politica
e sociale, Roma, Carocci, 2008;
AMMASSARRI G. P., MARCHETTI M. C., Lobbying e
ANDREONI J., BERGSTROM T., Do government Subsidies Increase
the Private Supply of Public-Goods?, in Public Choice, n. 88, 1996;
ANDSAGER L. J., How Interest Groups Attempt to Shape Public
Opinion with Competing New Frames, in Journalism and Mass Communication Quarterly, n. 77, 2000;
ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying
nelle istituzioni politiche europee e italiane, Roma, Carocci editore, 2011;
ID., Perché il registro dei lobbisti al Mise sarà il trionfo della
trasparenza, in Formiche.net, 2016, disponibile all’indirizzo
https://formiche.net/2016/10/registro-lobbisti-mise-trasparenza/;
ARMSTRONG K., Rediscovering Civil Society: The European Union
and the White Paper on Governance, in European Law Journal, n. 1, 2002;
AZZARITI G., Cittadini, partiti e gruppi parlamentari, in
Costituzionalismo.it, n. 3, 2008;
BALL R., Interest Groups, Influence and Welfare, in Economics and
Politics, n. 7, 1995;
BARILE P., Democrazia e segreto, in Quad. Cost., n. 1, 1987;
BASTONCINI F., Gruppi d’interesse e rappresentanza: dinamiche evolutive, in DI GREGORIO A., MUSSELLI L. (a cura di), Democrazia,
lobbying e processo decisionale, Milano, FrancoAngeli, 2015;
BAUER T., Responsible Lobbying: Conceptual Foundations and
BEGOVIC B., Corruption, Lobbying and State-Capture, working paper n. 0106 in CLDS (Liberal-Democratic Studies), 2005, disponibile all’indirizzo
https://www.researchgate.net/profile/Boris_Begovic/publication/304479012orr uptioLobbying_and_State_Capture/links/5770c93608ae6219474881e5/Corrup tion-Lobbying-and-StateCapture.pdf?origin=publication_detail;
BENNEDSEN M., FELDMANN S. E., Legislative Structure,
Incentives and Informational Lobbying, in The Harris School of Public Policy Studies Working Papers, University of Chicago, n. 9927, 1999;
BENTLEY A. F., The Process of Government: A Study of Social Pressures, Chicago, The University of Chicago Press, 1908;
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà
attiva, Venezia, Marsilio editore, 1994;
BERRY J. M., MAISEL L. S., The Oxford Handbook of American
Political Parties and Interests Groups, Oxford, Oxford University Press, 2010;
BERTI G., Costituzione e amministrazione: la responsabilità pubblica, Padova, Cedam, 1994;
BEYERS J., The INTEREURO Project: Logic and Structure, in Interest
Groups & Advocacy, n. 3, 2014;
BEYERS J., BRAUN C., KLUVER H., Legislative Lobbying in
Context: Toward a Conceptual Framework of Interest Group, in Journal of European Public Policy, n. 22, 2015;
BEYERS J., DONAS T., FRAUSSEN B., The Expanding Core and
BILANCIA P., La regolazione dei mercati di settore tra autorità
indipendenti nazionali e organismi di settore, Milano, Giuffrè, 2012;
BINDERKRANTZ A., Interest Group Access to the Bureaucracy,
Parliament and the Media, in Governance, n. 28, 2014;
ID., Interest Group Strategies: Navigating between Privileged Access
and Strategies of Pressure, in Political Studies, n. 53, 2005;
BLANK K., HOOGHE L., MARKS G., European integration from the
1980’s: State-Centric v. Multi-Level Governance, in Journal of Common Market Studies, n. 34, 1996;
BOBBIO N., voce Pluralismo, in Dizionario di politica, diretto da BOBBIO N., MATTEUCCI N., PASQUINO G., Cles, Utet, 1992;
BOLOGNINO D., Per una risposta corale dell’amministrazione etica di
fronte al fenomeno corruttivo: compiti e responsabilità del responsabile della prevenzione e l’auspicabile task force della prevenzione (l. 190 del 2012), in Lav. Pubbl. Amm., n. 5, 2013;
BORDOGNA L., PROVASSI G., Politica, economia e rappresentanza
degli interessi, Bologna, Il Mulino, 1984;
BOSCHE L., LEHMANN W., Lobbying in the European Union:
Current Rules and Practises, Working paper, European Parliament, DG for
Research, Constitutional Affairs Series, AFCO 104 EN, disponibile all’indirizzo
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2003/329438/DG- 4-AFCO_ET(2003)329438_EN.pdf;
BRAUN C., The Driving Forces of Stability, Explorin the Nature of
Long-Term Burocracy, in Administration&Society, n. 45, 2013;
CACIAGLI M., Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi,
integrazione europea, Bologna, Il Mulino, 2010;
CAIELLI M., Cittadini e giustizia costituzionale. Contributo allo studio
dell’actio popularis, Torino, Giappichelli, 2015;
CALABRESE G., MASTROBERARDINO P., NIGRO C., Lobbying,
potere del soggetto e vincoli istituzionali, in Rivista Economia e diritto del terziario, n. 3, 2007;
CAMMELLI M., Amministrazione e mondo nuovo: medici, cure,
riforme, in Dir. Amm., n. 2, 2016;
ID., La Pubblica Amministrazione, Bologna, Il Mulino, 2004;
CANE P., An Introduction to Administrative Law, Oxford, Oxford University Press, 1996;
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, Milano, Giuffrè, 2004;
CAPPS M. A., “Gouging the Government”: Why a Federal
Contingency Fee Lobbying Prohibition Is Consistent with First Amendment Freedoms, in Vanderbilt Law Review, n. 58, 2005;
CARAVITA B., La Costituzione dopo la riformo del titolo V: Stato,
regioni e autonomie fra Repubblica e Unione europea, Torino, Giappichelli,
CARLONI E., Regolazione del lobbying e politiche anticorruzione, in
Riv. Trim. Dir. Pub., n. 2, 2017;
ID., Il nuovo codice di comportamento e il rafforzamento
dell’imparzialità dei funzionari pubblici, in Istituzioni del federalismo, n. 2,
2013;
ID., Interessi organizzati, lobbying e decisione pubblica, in CAVALLO PERIN R., MERLONI F. (a cura di), Al servizio della Nazione. Etica e statuto
dei funzionari pubblici, Milano, FrancoAngeli, 2009;
ID., Le autorità amministrative indipendenti, caratteristiche generali e
natura giuridica, in Autorità amministrative indipendenti, caratteristiche generali, Atti del convegno (16 maggio 2005, Napoli) tenuto presso la Seconda
Università degli studi di Napoli;
CATTANEO A., ZANETTO P., Fare lobby. Manuale di Public Affairs, Milano, Etas, 2007;
CERULLI IRELLI V., Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2017;
CHELI E., Riflessi della transizione nella forma di governo, in Quaderni
Costituzionali, n. 3, 1994;
CIMINI S., Partecipazione procedimentale: limiti di effettività della
forma scritta e prospettive dell’oralità, in CORSETTI A., FRACCHIA F. (a
cura di), Procedimento amministrativo e partecipazione. Problemi, prospettive
CLARICH M., Autorità indipendenti. Bilancio e prospettiva di un
modello, Bologna, Il Mulino, 2005;
CLARICH M., MATTARELLA B. G., La prevenzione della
corruzione, in MATTARELLA B. G., PELLISSIERO A. (a cura di), La legge
anticorruzione, Torino, Giappichelli, 2013;
COGLIANESE C., E-rulemaking: Information Technology and the
Regulatory Process, in Administrative Law Review, n. 56, 2004;
ID., The Internet and the Citizen Participation in Rulemaking, in Journal
of Law and Policy, n. 1, 2005;
COOK B. J., Curing the Mischiefs of Faction in the American
Administrative State, in Administration&Society, n. 46, 2015;
COTELLESSA S., ORNAGHI L., Interesse, Bologna, Il Mulino, 2000; COTTA M., DELLA PORTA D. e MORLINO L., Scienza Politica, Bologna, Il Mulino, 2001;
COTTURI G., La democrazia partecipativa, in Democrazia e Diritto, n. 1, 2005;
CRISAFULLI V., I partiti nella Costituzione, in Studi per il XX
anniversario dell’Assemblea costituente, Firenze, Vallecchi, 1969;
CUESTA LOPEZ V., The Lisbon Treaty’s Provisions on Democratic
Principles. A Legal Framework for Participatory Democracy, in European Public Law, n. 16, 2010;
CUOCOLO L., SGUEO G., Lobby. La rappresentanza di interessi, Milano, Bocconi Research Unit on Law&Economics, 2014;
D’ALBERGO E., Politiche e regimi di governance transnazionale: il
ruolo della società civile, Napoli, Liguori, 2007;
DALHGREN P., Media, Citizenship and Civic Culture, in CURRAN J., GUREVITCH M. (a cura di), Mass Media and Society, Londra, Arnold, 2000;
DAVID D., Lobbying, gruppi di interesse e regolazione amministrativa.
Alcuni segnali di cambiamento?, in Federalismi.it, n. 24, 2017, disponibile
all’indirizzo http://www.sipotra.it/wpcontent/uploads/2017/12/Lobbyin-alcuni-
segnali-di-cambiamento.pdf;
DAWSON M., Three Waves of New Governance in the European
Union, in European Law Review, n. 37, 2011;
DE CARIA R., Le mani sulla legge: il lobbying tra free speech e
democrazia, Torino, Ledizioni, 2017;
DE LUCIA A., Lobbying, aziende e amministrazioni pubbliche, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017;
DE MARZO E., La partecipazione ai processi decisionali nel progetto
di riforma costituzionale attualmente al vaglio del Parlamento, in DI
GREGORIO A., MUSSELLI L. (a cura di), Lobbying, democrazia e processo
decisionale, Milano, FrancoAngeli, 2015;
DE SCHUTTER O., Europe in Search of its Civil Sociey, in European
DE SIERVO U., Alcune regole etiche per le classi dirigenti, in CARLASSARE L. (a cura di), Democrazia, rappresentanza, responsabilità, Padova, Cedam, 2001;
DE WILDE P., “No Polity for Old Politics?” A Framework for
Analyzing the Politicization of European Integration, in Journal of European Integration, n. 33, 2011;
DECARO C., La Best practice di Westminster, in DECARO C., LIPPOLIS V., MARTINES T., MORETTI R. e SILVESTRI G. (a cura di),
Diritto Parlamentare, Milano, Giuffrè, 2011;
DELLA LUNA MAGGIO L., Le lobbies nell’ordinamento italiano:
quale regolazione possibile?, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2015,
disponibile all’indirizzo http://www.forumcostituzionale.it/ /uploads2015/04/dellalunamaggio.pdf;
DI GREGORIO A., MUSSELLI L. (a cura di), Democrazia, Lobbying
e processo decisionale, Milano, FrancoAngeli, 2015;
DREGER J., GREENWOOD J., The Transparency Register: A
European Vanguard of Strong Lobby Regulation?, in Interest Groups & Advocacy, n. 2, 2013;
DÜR A., MATEO G., Insiders versus Outsiders: Interest Groups
Politics in Multilevel Europe, Oxford, Oxford University Press, 2016;
ID., Gaining Access or Going Public? Interest Group Strategies in Five
EGIDY S., FOWKES J., ROSE-AKERMAN S. (a cura di), Due
Process of Lawmaking, New York, Cambridge University Press, 2014;
ESPOSITO C., I partiti politici nello stato democratico, in Scritti
giuridici scelti, n. 3, Napoli, Jovene, 1999;
FASANO L., La democrazia fra disintermediazione politica e
rappresentanza organizzata degli interessi, in DI GREGORIO A. e
MUSSELLI L. (a cura di), Democrazia, lobbying e processo decisionale,