L’INQUADRAMENTO GIURIDICO DEL LOBBISMO IN ITALIA
4. I Regolamenti Parlamentari, la normativa AIR e VIR Passando all’analisi della normativa “strisciante”, è
interessante notare come i regolamenti di Camera e Senato abbiano previsto e individuato delle formule di ascolto diretto degli interessi particolari, aprendo alla possibilità di svolgere inchieste parlamentari, indagini conoscitive, udienze legislative, ovvero di richiedere audizioni o attivare altre procedure di informazione39. Le Camere hanno “accettato” con iniziale difficoltà la necessità di sviluppare un sistema di audizioni attraverso cui recepire informazioni dall’esterno, come dimostrano i dibattiti relativi alle riforme regolamentari del 1971: molta strada è stata da allora percorsa, passando dal diffuso timore verso la “contaminazione” del procedimento legislativo a un utilizzo sempre più frequente delle hearings a fini istruttori40.
39 P. L. Petrillo, Il paravento della politica. Le lobbies in Italia tra norme e consuetudine, in G. Macrì (a cura di), Democrazia degli interessi e attività di lobbying, op cit., pp. 20 e ss.
40 C. Decaro, La Best practice di Westminster, p. 671 e R. Moretti, Attività di informazione, di ispezione, di indirizzo e di controllo, in T. Martines, G.
Silvestri, C. Decaro, V. Lippolis, R. Moretti (a cura di), Diritto parlamentare, Milano, Giuffrè, 2011, pp. 317 e ss.
Per quanto concerne lo strumento delle audizioni, stando a quanto previsto dagli articoli 144 r.C e 48 r.S, ogni Commissione può procedere ad audire, oltre ai rappresentanti del governo, i “rappresentanti di enti territoriali, di organismi privati, di associazioni di categoria e altre persone esperte nella materia in esame”41 al fine di acquisire informazioni e documenti utili all’attività parlamentare. Appare evidente la (potenziale) importanza rivestita da questo strumento per lo spiegarsi dell’attività lobbistica, per un efficace intervento durante i lavori della Commissione e far sì che nella relazione conclusiva della stessa siano acquisiti elementi fondamentali per la tutela degli interessi rappresentati dal lobbista. Altrettanto importante per il portatore d’interessi particolare è intervenire durante le udienze legislative, spesso informali, che si inseriscono nella fase istruttoria dei progetti di legge “allo scopo di acquisire, in tempi molto brevi, elementi di conoscenza sulla materia in esame, al fine di ottenere
41 Cit. dall’articolo 48, c. 5, r.S.; il 144 r.C. stabilisce invece che le
commissioni “possono disporre, previa intesa con il Presidente della Camera,
indagini conoscitive dirette ad acquisire notizie, informazioni e documenti utili alle attività della Camera”, e che tali indagini possano svolgersi
concretamente con l’invito di “qualsiasi persona in grado di fornire elementi
utili ai fini dell’indagine”. Il contenuto è, pertanto, assimilabile a quello
un quadro più o meno definito dei livelli di consenso o dissenso delle forze sociali interessate all’iniziativa legislativa”42.
La fase di “ascolto” istituzionalizzato da parte del Parlamento è poi giunta ad un ulteriore punto di svolta con la riforma della procedura istruttoria nell’ambito della Camera dei deputati, attraverso cui la Camera stessa è chiamata ad attivarsi per conoscere preventivamente gli effetti economici e sociali delle proprie proposte normative: risalgono al gennaio 1997 le prime circolari del presidente della Camera sulla c.d. ”apertura dell’istruttoria alla società civile”43, poi cristallizzate con la riforma dell’art. 79 r.C., avvenuta nello stesso anno. Prima di allora, infatti, il contenuto dell’istruttoria era “oscurato rispetto alla definizione dei passaggi che portano al confezionamento del testo”44. Il procedimento d’esame di un disegno di legge, ex articolo 79, c. 2, è oggi pacificamente suddiviso in tre fasi: l’esame preliminare con l’acquisizione dei necessari elementi informativi; la formulazione del testo degli articoli, e infine la deliberazione sul conferimento del
42 M. Fotia, Le lobby in italia, Bari, Dedalo, 1997, pp. 35-36.
43Le circolari del 1997 riproducono i principi sulla qualità della normazione già
contenuti nella circolare del 19 febbraio 1986; sul punto, interessante è l’analisi fornita in L. Gianniti, N. Lupo (a cura di), Corso di diritto parlamentare, Bologna, Il Mulino, 2013, p. 193.
mandato a riferire all’assemblea45. Il quarto comma dell’art. 79 r.C specifica ulteriormente che, nella prima fase, la commissione provvede “ad acquisire gli elementi di conoscenza necessari per verificare la qualità e l’efficacia delle disposizioni contenute nel testo”. In questo modo, la commissione è “costretta” a verificare l’impatto delle proprie decisioni sui cittadini e, in primis, ad acquisire tutte le informazioni possibili sulla materia oggetto d’esame da parte dei cittadini stessi. La fase di ascolto, inoltre, può avere luogo anche in comitati ristretti che la stessa commissione può istituire (ex artt. 79 r.C. e 43, c.2 r.S.) in modo da garantire la partecipazione proporzionale delle minoranze e a cui affida l’ulteriore svolgimento dell’istruttoria e la redazione dell’articolato finale46. La pratica di concentrare in questi comitati — molto spesso informali — le audizioni di “esperti” e gruppi d’interesse (sulla falsariga di quello che accade — con ben altre garanzie e forme di pubblicità — nel Congresso degli Stati Uniti d’America47), così prospettata rappresenterebbe sicuramente un importante momento
45 Sul punto, A. Celotto, M. D’Amico, D. D’Ottavio, G. Tiberi (a cura di), Diritto parlamentare. Casi e materiali, Bologna, Zanichelli, 2005, pp. 242 e ss. 46 P. L. Petrillo, Democrazie sotto pressione, op. cit., pp. 374-375.
47 Analisi esaustiva dei meccanismi di garanzia del Congresso in chiave di
trasparenza nel processo decisionale è fornita da L. S. Maisel, J.M. Berry (a cura di), The Oxford handbook of American Political Parties and Interests
di concertazione tra il decisore pubblico e i portatori d’interessi diversi, contribuendo a una “più fedele interpretazione del bene comune proprio in una collettività pluralista”48.
Purtroppo, la disciplina in esame presenta numerose lacune, in grado di svilire la ratio stessa di questi incontri istituzionali49. Infatti, questa così articolata istruttoria è prevista solo dal regolamento della Camera, e non da quello del Senato, dove una circolare del presidente del 10 gennaio 1997 si è limitata a introdurne solo alcuni elementi, con l’effetto di alterare la simmetria — in chiave di trasparenza — del procedimento legislativo. Inoltre, rileva che le audizioni e indagini conoscitive siano spesso “manipolate” dalla maggioranza parlamentare o dal presidente della Commissione: data la forte vocazione informale di questi strumenti, infatti, la Commissione stessa può procedere ad audire chi vuole, per una durata di tempo totalmente arbitraria e senza il necessario rispetto di nessun tipo di ordine, con ammessa possibilità di negare l’accesso a determinati soggetti senza
48 In questi termini, efficacemente, P. Torretta, Qualità della legge e informazione parlamentare. Contributo allo studio dell’indagine conoscitiva nel procedimento legislativo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, p.
86.
49 Le critiche all’istituto delle audizioni parlamentari, per quanto concerne il
loro utilizzo arbitrario, abbondano in dottrina. Tra queste, Cfr P. L. Petrillo,
Lobbies. Le norme ci sono, basterebbe applicarle, op cit., pp. 5-6; S. Sassi, Primi passi verso una normazione italiana del lobbying, in Osservatorio Costituzionale, 1, 2016, pp. 12 e ss.
necessaria o previa giustificazione 50 . La discrezionalità — incentivata dal fatto che non sussistono norme che prevedono obblighi di rendicontazione — appare talmente “sovrana” che non sono rare le occasioni in cui l’audizione assume il mero scopo di ribadire l’orientamento della Commissione ai gruppi di interesse, non ammettendo alcun “flusso di informazione bidirezionale”51. Si è assistito, così, ad un “sostanziale fallimento dell’istruttoria legislativa in Commissione”52.
Rispondono alla stessa finalità (ossia, almeno in apparenza, garantire la massima trasparenza sull’influenza degli interessi particolari all’interno del processo di policy making) i c.d. Codici di condotta comportamentali introdotti per i funzionari pubblici: nonostante siano state introdotte negli anni, per i dirigenti, i funzionari e gli impiegati statali53 “norme etiche”, è necessario
50 Sul punto, M. Mazzoni, Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, op.cit.,
e R. De Caria, “Le mani sulla legge”: il lobbying tra free speech e democrazia, Torino, Ledizioni, 2017, pp. 223-224.
51 M. Mazzoni, Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, op. cit., pp. 20 e
ss.
52 N. Lupo, Il ruolo del governo nelle Commissioni parlamenti, in E. Rossi (a
cura di), Studi pisani sul Parlamento, 3, Pisa, Pisa University Press, 2009, pp. 137 e ss.
53 Fino al 1994, non vi era un codice con indicazioni comportamentali per i
dipendenti pubblici. Successivamente, fu introdotto con Decreto del ministro per la Funzione pubblica del 31 marzo 1994 pubblicato sulla G.U. n. 149 del 28 giugno 1994, ridefinito con il Decreto del ministro della Funzione pubblica 28 novembre 2000 pubblicato sulla G.U. n. 84 28 novembre 2000. Il presidente del Consiglio pro tempore, Carlo Azeglio Ciampi, aveva preannunciato l’adozione del codice etico nel discorso alle Camere sulla fiducia al governo
evidenziare come, all’interno di questi codici, manchino “disposizioni finalizzate espressamente a regolamentare i comportamenti delle autorità politiche”54 nonostante si sia assistito ad un significativo miglioramento del sistema della responsabilità disciplinare con l’aggiungersi del Codice di comportamento dei funzionari pubblici adottato dal Ministero dello sviluppo economico nel 2015 e la nuova normativa anticorruzione del 201255.
Un coinvolgimento dei gruppi d’interesse è stato inoltre previsto, a partire dal 199956 e con riferimento a tutti gli atti normativi di iniziativa governativa, nell’ambito della c.d. Analisi d’impatto della regolamentazione (AIR). Questa procedura, oggi disciplinata dalla legge 28 novembre 2005 n. 246 e dal d.p.c.m. attuativo 11 settembre 2008 n. 180, si applica “a tutti gli atti adottati dai singoli ministri, ai provvedimenti interministeriali, e ai nel 1993. Con riferimento alla realtà italiana ed Europea, De Siervo ha evidenziato “una diffusa caduta di valori etici in non poca parte delle classi
politiche e amministrative” tale da ritenere che i codici etici non siano
evidentemente più sufficienti. Sul punto, Cfr. U. De Siervo, Alcune regole
etiche per le classi dirigenti, in L. Carlassare (a cura di), Democrazia, rappresentanza, responsabilità, Padova, Cedam, 2001, p. 97 Ugualmente V.
Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 212 ss.
54 P. L. Petrillo, Il paravento della politica. Le lobbies in Italia tra norme e consuetudine, in G. Macrì (a cura di), Democrazia degli interessi e attività di lobbying, op. cit., p. 29.
55 Tali normative verranno analizzate nel dettaglio al capitolo III.
56Legge 8 marzo 1999, n. 50, che in verità “formalizzò quanto precedentemente previsto dalla circolare del Presidente del Consiglio del 15 aprile 1998”, come
ricorda P.L Petrillo in Democrazie sotto pressione: parlamenti e lobby nel
disegni di legge di iniziativa governativa” e prevede — per ciò che rileva in questa sede — la necessità per il governo di effettuare, con riguardo a tutti questi atti, una preventiva stima delle conseguenze degli atti stessi sul piano economico, giuridico e sociale. A tal fine si prevede che nella fase istruttoria debbano essere effettuate obbligatoriamente delle consultazioni con le “principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari diretti e indiretti della proposta di regolamentazione”, e che si debba tener conto degli esiti nella relazione AIR (un’eventuale omissione va, invece, “adeguatamente motivata”). All’Air, la legge 246/2005 ha poi affiancato la c.d. Valutazione d’impatto della regolamentazione (VIR), che ha finalità analoghe di misurazione degli effetti di un atto normativo su cittadini e imprese. Si tratta in entrambi i casi, però, di previsioni la cui valenza pratica è molto lontana dagli intendimenti iniziali: la normativa AIR è stata finora oggetto di un’applicazione del tutto formalistica da parte del governo, che non ha consentito una partecipazione autentica dei gruppi d’interesse ai procedimenti decisionali in questione57, mentre la stessa VIR non è stata neppure compiutamente disciplinata, così che il potenziale
57 Cfr. le considerazioni, tuttora valide, di S. Sileoni, L’analisi di impatto della regolamentazione. Una complicata semplificazione, Istituto Bruno Leoni,
Focus n. 119 del 12 dicembre 2008, disponibile all’indirizzo
interesse di queste procedure risulta — nei fatti — quasi totalmente inespresso58.
Recentemente, è stata però introdotta una nuova disciplina relativamente (ancora una volta, solo) alla Camera dei deputati: nella seduta del 26 aprile 2016, la Giunta per il Regolamento ha approvato la “Regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi nelle sedi della camera dei deputati”, che ha previsto l’istituzione presso l’Ufficio di Presidenza di un registro pubblico “dei soggetti che svolgono professionalmente l’attività di rappresentanza di interessi nei confronti dei deputati”, stabilendo l’obbligo di iscrizione per chiunque intenda svolgere tale attività intra moenia appositi locali del Parlamento, e indicando una serie di informazioni di trasparenza che devono essere necessariamente rese pubbliche da parte del portatore di interesse.
Questa regolamentazione è seguita, peraltro, all’approvazione di un codice di condotta per i deputati, che ha sistematizzato gli obblighi informativi e introdotto un tetto di 250 euro al valore delle donazioni nei confronti dei singoli membri della Camera59.
58 R. De Caria, “Le mani sulla legge”: il lobbying tra free speech e democrazia, op. cit., p. 278.
59 S. Sassi, Primi passi verso una normazione italiana del lobbying, op. cit., p.
La regolamentazione in esame, a seguito dell’emanazione delle apposite modalità attuative del registro da parte dell’Ufficio di Presidenza l’8 febbraio 2017, è considerata ad oggi, congiuntamente al registro dei portatori di interesse del Mise60, uno dei primi strumenti di efficace e diretta regolazione del fenomeno lobbistico61 in Italia, distinguendosi da quest’ultimo per alcune specificità, sulla base del suo ambito di applicazione alla sola Camera. Infatti, la disciplina in oggetto dovrebbe con tutta evidenza riguardare l’intero processo di decision making parlamentare: l’assenza di una disciplina analoga per l’attività di rappresentanza svolta presso il Senato della Repubblica rischia, secondo alcuni autori62 , di dar vita a possibili distorsioni nelle scelte di rappresentanza. Oltre all’indicazione dei soggetti per conto dei quali i rappresentanti d’interessi operano (articolo 2, comma 2, lettera e) ), per iscriversi al registro, gli obblighi previsti sono solo quelli di dichiarare (e confermare annualmente, pena la
60 L’analisi di questo innovativo strumento di regolazione del lobbismo italiano
avverrà nel capitolo III, § 4.
61 È interessante notare come la definizione di lobbying, proposta all’interno di
questa disciplina, ricalchi pedissequamente quella della Proposta Veltri del 1998. Sul punto, Cfr. p. 37.
62 A. Mencarelli, Profili applicativi e questioni interpretative della disciplina dell’attività di rappresentanza d’interessi della Camera dei Deputati, in Amministrazione in Cammino, 2018, disponibile all’indirizzo
https://storage.googleapis.com/jbwpuploads/ammincamminoweb/2018/07/Men carelli.pdf, p. 7.
sospensione) di “aver compiuto la maggiore età, di non aver subito nell’ultimo decennio condanne definitive per reati contro la pubblica amministrazione o la fede pubblica, di godere dei diritti civili e di non essere stato interdetto dai pubblici uffici”, requisiti “di onorabilità”, evidentemente poco stringenti, che non assicurano al registro una connotazione totalmente professionalizzante63. Rispetto alla disciplina prevista presso il Mise, però, è stato introdotta un’ulteriore prerogativa, di straordinaria importanza, come più volte sottolineato dalla dottrina64: non aver ricoperto negli ultimi dodici mesi cariche di governo, né di aver svolto nel medesimo periodo il mandato parlamentare. Tale requisito (c.d. divieto di revolving doors) intende prevenire possibili comportamenti scorretti da parte del parlamentare, finalizzati a precostituirsi un favor nei confronti di soggetti che possono conferirgli successivamente incarichi professionali.
63 R. Di Maria, Dalla regolamentazione parlamentare delle attività di rappresentanza degli interessi ad una legislazione organica in materia di lobby?, in Osservatorio Sulle Fonti, 3, 2017.
64 Articolo 2, c. 2, lettera c). Cfr., tra gli altri, P. L. Petrillo, Gruppi di pressione e decisori politici: la Camera dei Deputati approva prime norme sulle lobby, in Quad. Cost., 2, 2017, pp. 394 e ss.
5. La disciplina regionale: le leggi in tema di