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Il modello della “Regolamentazione-Partecipazione” Il necessario confronto con il modello europeo riconduce la

LA DISCIPLINA DEL LOBBYING NELL’UNIONE EUROPEA

1. Il modello della “Regolamentazione-Partecipazione” Il necessario confronto con il modello europeo riconduce la

presente analisi sul sentiero della classificazione delle forme di regolazione del fenomeno lobbistico elaborato da Petrillo, dopo la già citata “Regolamentazione strisciante”. La sistematica espansione della c.d. multilevel governance europea impone, infatti, un’attenta analisi del crescente fenomeno di “lobbizzazione” 1, sviluppatosi a seguito dell’emersione — e del conseguente consolidamento — del processo decisionale in sede comunitaria. Questo progressivo trasferimento di autorità e poteri di policy- making dagli Stati membri alle istituzioni europee, ha, difatti, messo a disposizione di soggetti di pressione di varia natura una serie piuttosto ampia di punti di accesso al processo decisionale2. Da ciò,                                                                                                                

1 Diffusamente, sul tema, L. Fasano, La democrazia fra disintermediazione politica e rappresentanza organizzata degli interessi, in A. Di Gregorio, L.

Musselli (a cura di), Democrazia, Lobbying e processo decisionale, op. cit., pp. 16 e ss.

2 J. Greenwood, Interest Representation in the European Union, New York,

ne consegue il moltiplicarsi delle opportunità di accesso dei gruppi di pressione ai diversi livelli della decisione pubblica, incentivando l’agire dei portatori d’interesse organizzati a livello comunitario, interfacciati sistematicamente con Commissione, Consiglio e Parlamento3. In particolare, il variegato mondo degli interessi è stato protagonista del processo decisionale dell’UE nell’ambito del cosiddetto “primo pilastro”4, trovando spazi interstiziali di accesso sulla base di una diffusa distribuzione del potere tra queste istituzioni.

Tale processo, non passato inosservato di fronte all’attento sguardo della politologia5, ha permesso di osservare l’emergere — in ottica comunitaria — di un sistema nel quale sono ravvisabili

                                                                                                               

3 S. Mazey e J. Richardson (a cura di), European Union: power and policy- making, Londra, Routledge, 2011, pp. 217-238.

4 Nel dominio decisionale del “primo pilastro” dell’Unione Europea ricadevano

le politiche monetarie ed agricole, del commercio estero, della pesca, della concorrenza e tutela dei consumatori, del lavoro e della sicurezza sul lavoro, delle pari opportunità, della regolazione economica e di mercato. Per una spiegazione dettagliata dell’evoluzione delle politiche e della struttura economica dell’UE, Cnf. R. Adam, A. Tizzano, Manuale di diritto dell’Unione

Europea, Torino, Giappichelli, 2017 (2°edizione), e F. Martinelli, Le politiche dell’Unione Europea, Napoli, Simone, 2016.

5 Oltre al già citato Petrillo, gli studi volti all’identificazione delle cause del

processo di “lobbizzazione” sul versante comunitario sono molteplici. Senza pretesa di esaustività, possiamo richiamare, tra i più importanti, W. Lehmann, L. Bosche, Lobbying in the European Union: Current Rules and Practises, AFCO, 194 EN, 04-2003, http://ec.europa.eu/civil_society7- interest_groups/docs/workingdocparl.pdf; J. Mendes, Participation in EU Rule-Making: a Rights-Based Approach, Oxford, Oxford University Press,

2011; T. Bauer, Responsible Lobbying: Conceptual Foundations and

alcuni dei tratti salienti del modello regolatorio noto come “Regolamentazione-Partecipazione”, proprio di ordinamenti quali Germania6, Stati Uniti ed Austria. In tali contesti, il legislatore, riconoscendo nella trasparenza del processo decisionale un elemento indefettibile per la democraticità del sistema7, si è posto il duplice obiettivo di rendere da un lato i portatori di interesse veri e propri attori del processo decisionale, e dall’altro gli stakeholders in grado di poter essere costantemente a conoscenza delle varie influenze nel processo di decision-making ad opera di questi8.

Nonostante tale sussunzione, il modello comunitario rappresenta inevitabilmente un unicum, considerate le sostanziali differenze (prima su tutte, il noto deficit democratico9 che connota

                                                                                                               

6 Per quanto concerne l’esperienza lobbistica tedesca, e la sua vocazione

“americana”, Cfr. D. Meier, Germany, in A. Bitonti, P. Harris (eds.), Lobbying

in Europe. Public Affairs and the lobbying in 28 EU countries, Londra,

Palgrave Macmillan, 2017, pp. 159-170.

7 E ciò perché “la democrazia è quel regime che prevede il massimo controllo dei poteri pubblici da parte degli individui, e tali controlli sono possibili soltanto se i pubblici poteri agiscono col massimo di trasparenza”, come

affermato da P. Barile, Democrazia e segreto, in Quad. Cost., 1, 1987, p. 30.

8 P. L. Petrillo, Forme di governo e gruppi di pressione. Profili metodologici e comparati, in A. Di Gregorio, L. Musselli (a cura di), Democrazia, lobbying e processo decisionale, op. cit., pp. 63 e ss.

9 La dottrina maggioritaria, in particolare Y. Mény, De la Démocratie en Europe: Old Concepts and New Challenges, in Journal of Common Market Studies, 2003, pp. 1-13, e P. Magnette European Governance and Civic Participation: Beyond Elitist Citizenship?, in Political Studies, 51, 2003, pp. 1-

17, spec. p. 2, ritiene che il primo ad utilizzare questo termine fu l’accademico britannico David Manquand, nel 1979.

l’Unione europea10, problema “discusso ma ancora irrisolto”11) e peculiarità rispetto agli altri ordinamenti. Sul punto, la dottrina si è principalmente interrogata con riguardo alle differenze “macro”12 dell’attività lobbistica svolta presso il Congresso degli Stati Uniti d’America — dove, a seguito di lungo processo interpretativo della Corte Suprema, essa gode di tutela costituzionale come species del più ampio genere della libertà di espressione13 — e quella presso le istituzioni che compongono l’Unione. Pur rimanendo un’organizzazione sovranazionale (non equiparabile nei suoi tratti fondamentali ad un ordinamento federale come quello americano14), la produzione di diritto in modo unitario e centralizzato ha                                                                                                                

10 Sul tema della legittimazione democratica delle Istituzioni europee, ex multis, Cfr. G. Majone, Europe’s “Democratic Deficit”: The Questions of Standards, in European Law Journal, 4, 2002, pp. 5-28; B. Kohler-Koch, B.

Rittberger, Debating the Democratic Legitimacy of the European Union, Lanham, Rowman&Littlefield, 2007; N. Verola, L’Europa legittima. Principi e

processi di legittimazione nella costruzione europea, Milano, Passigli Editore,

2006;

11 Così J. H. H. Weiler in Il presente e il futuro dell’Unione. Intervista di Diletta Tega a Joseph H. H. Weiler, in Quad. Cost., 4, 2014, pp. 937 e ss.. 12 Per un’esaustiva indagine empirica sulle differenze strutturali tra lobbismo

europeo e quello statunitense, Cfr. C. Mahoney, Brussels Versus the Beltway:

Advocacy in the United States and in the European Union, Washington DC,

Georgetown University Press, 2008, pp. 59-101.

13 Sulla tutela costituzionale della libertà di espressione negli USA, Cfr. A.R

Amar, America’s Constitution: A Biography, New York, Random House, 2005; S. L. Fatka, J. M. Levien, Protecting the Right to Petition: Why a

Lobbying Contingency Fee Prohibition Violates the Constitution, , in Harvard Journal on Legis, 35, 1998, pp. 559-588.

14 Sulle differenze strutturali tra ordinamento europeo e statunitense, Cfr. T. C.

Hartley, Constitutional problems of the European Union, Oxford, Hart publishing, 1999; W. Sadurski, Democratic Legitimacy of the European

Union: a Diagnosis and Some Modest Proposals, in Polish Yearbook of International Law, 43, 2013, pp. 9-44.

comportato un progressivo avvicinamento del modello europeo a quello dello Stato nazionale 15 , attraverso un processo di costituzionalizzazione la cui ultima, significativa tappa è rappresentata dal Trattato di Lisbona16 e dalla sua “ambizione di sancire una sorta di acquis democratico”17. A seguito di questa evoluzione — che non pare rallentarsi, bensì inesorabilmente accelerare — l’influenza dell’attività di lobbying sul procedimento di formazione del diritto europeo risulta pacificamente determinante nelle scelte d’indirizzo del public policy maker, e, conseguentemente, sempre più ampia e articolata è la riflessione dei giuristi continentali sulle implicazioni socio-giuridiche di tale fenomeno.

                                                                                                               

15In ogni caso, rimane opinione dottrinale largamente condivisa che il cammino

costituzionale dell’UE si muova su binari diversi da quelli dello Stato-nazione. Majone, in uno dei suoi scritti, ha affermato che “le radici del deficit

democratico affondano non in una mancanza di equilibrio tra le istituzioni europee, ma negli stessi metodi di integrazione […] e nello squilibrio sempre più pronunciato tra l’ampiezza dei compiti affidati alla UE e la limitatezza delle sue risorse normative”, da G. Majone, Integrazione europea, tecnocrazia e deficit democratico, in Osservatorio Air, settembre 2010, p. 6, http://www.osservatorioair.it/wpcontent/uploads/2010/10/Paper_Majone_Defi citDemocratico_sett2010.pdf.

16 R. De Caria, Le mani sulla legge: il lobbying tra free speech e democrazia,

op. cit., p. 158. In particolare, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Parlamento europeo è considerato il diretto rappresentante dei cittadini europei, dotato di significativi poteri in materia legislativa, di bilancio, di elezione e di controllo. Sul trattato di Lisbona, in generale, Cfr. J. Ziller, Il

nuovo trattato europeo, Bologna, Il Mulino, 2007.

17 C. Pinelli, Il deficit democratico europeo e le risposte del Trattato di Lisbona, in Rassegna Parlamentare, 4, 2008, p. 925.

2. La riflessione giurisprudenziale europea (ed americana)