ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E RAPPRESENTANZA DI INTERESS
4. Il registro della trasparenza del Ministero dello Sviluppo Economico
4.1 La complementarietà della nuova normativa anticorruzione
Significativamente innovativa — non solo per i caratteri del registro presso il MISE, bensì per l’intera esperienza di regolazione italiana — è stata l’introduzione di un Codice di condotta al quale i nuovi iscritti sono tenuti a dare esplicito consenso per poter portare a termine la registrazione sulla piattaforma del ministero, e aver la possibilità di manifestarsi pubblicamente come portatori di interesse. La sottoscrizione del Codice implica, infatti, l’accettazione espressa da parte del lobbista dei principi di lealtà, trasparenza e correttezza quali elementi conformanti la propria condotta, comportando l’impegno a non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio69. Nel caso di violazione del Codice di condotta, sarà revocata l’iscrizione dal registro: conseguenza che produce i suoi effetti sia sul piano reputazionale che sanzionatorio, a partire dalla
69 Diffusamente, sul tema, S. Neri, Il rilievo giuridico dei codici di comportamento nel settore pubblico in relazione alle varie forme di responsabilità dei pubblici funzionari, in Amministrazione in Cammino, 2016, http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/app/uploads/2016/10/Neri.pdf.
impossibilità di avere incontri “ufficiali” con i vertici politico- amministrativi del ministero70.
Il codice di condotta non è, in ogni caso, l’unico strumento di regolazione delle relazioni tra MISE e portatori di interessi: ad esso è infatti andato ad aggiungersi il Codice di comportamento dei funzionari dello stesso Ministero71, adottato nel 2015. I due strumenti regolativi si pongono sostanzialmente su un piano di complementarietà reciproca72 e sembrano rappresentare un possibile punto di congiunzione tra la normativa amministrativa anticorruzione e la regolamentazione della rappresentanza di interessi all’interno delle amministrazioni pubbliche: ciò che giustifica tale congiunzione è il fatto che il funzionario pubblico possa incorrere in conseguenze disciplinari nel caso in cui svolga la
70 Sulle conseguenze in caso di violazione del codice di condotta,
dettagliatamente, Cfr. M. C. Antonucci, Perché il registro dei lobbisti al Mise
sarà il trionfo della trasparenza, in formiche.net, 2016.
71 Il codice di Comportamento del Ministero dello Sviluppo Economico è stato
adottato con il d.m. 17 marzo 2015. In generale sul ruolo dei Codici di comportamento si veda E. Carloni, il nuovo Codice di comportamento e il
rafforzamento dell’imparzialità dei funzionari pubblici, in Istituzioni del federalismo, 2, 2013, pp. 377-407.
72 Elemento ribadito nell’articolo 2 del Codice di condotta, secondo il quale
l’iscritto si impegna ad osservare e a far osservare “ai propri collaboratori a
qualsiasi titolo, avuto riguardo al ruolo e all’attività svolta, gli obblighi di condotta previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62” con il quale è stato emanato il “Regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici” e dal decreto ministeriale del 17
marzo 2015 con il quale è stato adottato il “Codice di comportamento dei
propria funzione favorendo in modo parziale e illecito un interesse piuttosto che un altro.
È grazie a queste disposizioni, e in particolare alla loro “vocazione applicativa” complementaria, che la regolazione del fenomeno lobbistico nel sistema italiano assume delle caratteristiche nuove e del tutto peculiari. Una disciplina sempre indiretta, ma meno “strisciante”, ricavabile dalle norme poste a presidio della correttezza dell’azione pubblica e dei comportamenti dei decisori pubblici73: il riferimento è alla l. n. 190 del 2012, seguita dal successivo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (universalmente applicabile, seppur con risultati fino ad oggi piuttosto deludenti74), adottato con il d.P.R n. 62 del 2013, nonché ai piani per l’anticorruzione 75 . La normativa sull’anticorruzione, stando a queste nuove ed innovative previsioni,
73 E. Carloni, Regolazione del lobbying e politiche anticorruzione, op. cit., pp.
371 e ss.
74 Il decreto 62/2012 ha disciplinato, sulla base del novellato articolo 54 del
d.lgs. 165/2001 in materia di responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici, i “doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta”, ossia un nucleo di precetti che regolano i comportamenti del personale pubblico. Purtroppo, il perdurare della penetrante capacità dei vertici politici di condizionare la dirigenza amministrativa e il mancato intervento sul versante dello spoils system hanno pregiudicato il funzionamento dei rinnovati istituti volti al rafforzamento dell’imparzialità e dell’integrità dei funzionari. Sul punto, Cfr. B. G. Mattarella, M. Clarich, La prevenzione della corruzione, in B. G. Mattarella, A. Pellissero (a cura di), La legge anticorruzione, Torino, Giappichelli, 2013, pp. 66-67.
75 In generale sul ruolo dei piani anticorruzione, in rapporto con la
responsabilità disciplinare, si veda F. Merloni, I piani anticorruzione e i codici
è così in grado di far emergere un punto di vista differente rispetto al problema della regolazione degli interessi: un punto di vista definibile “interno” e “amministrativo”, poiché attraverso i vari strumenti giuridici disposti si è tentato di definire a contrario il fenomeno lobbistico, compensando l’assenza di una sua puntuale disciplina positiva con una serie di disposizioni volte alla prevenzione di eventuali prassi distorsive, con misure e interventi che ineriscono il profilo soggettivo dei funzionari pubblici. Lo strumento della responsabilità disciplinare (unitamente a quello dei codici di condotta) può pertanto rappresentare un mezzo per prevenire gli illeciti più lievi ed evitare che comportamenti patologici, nelle dinamiche del potere amministrativo con l’esterno, degenerino in fenomeni di corruzione in senso proprio, a rilevanza penale76, assumendo i medesimi tratti, secondo alcuni autori, del potere cautelare77. Su questo versante, infatti, la “scure” del reato di influenze illecite, introdotto proprio dalla legge 190 del 2012 per punire le condotte dei “mediatori” che inducono comportamenti in
76 B. G. Mattarella, La responsabilità disciplinare, in Gior. Dir. Amm.,1, 2010,
pp. 35 e ss.
77 L’ipotesi del potere disciplinare come equivalente al potere cautelare è
richiamato in S. Villamena, Il potere di sospensione amministrativa, Torino, Giappichelli, 2012, laddove in entrambe le ipotesi si mira ad evitare l’aggravarsi delle poisizioni oggetto di tutela, e di conseguenza di evitare il rischio di cadere in ipotesi di responsabilità più gravi (a rischio penale).
contrasto con la cure dell’interesse pubblico78, rischia di espandersi in una “zona grigia”, nella quale i comportamenti possono facilmente scivolare dalla fisiologia alla patologia79 a causa dell’assenza di una disciplina positiva del lobbying che rende sfumato il confine tra corruttori, faccendieri, rappresentanti di interessi leciti.
4.2 La “disciplina dei regali” e del conflitto d’interessi