ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E RAPPRESENTANZA DI INTERESS
2. Partecipazione al procedimento amministrativo e attività di lobbying
2.2 Le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo
Questo complicato dialogo tra rappresentanti ed amministrazione è stato spesso mediato attraverso le regole stabilite in materia di procedimento amministrativo: la pubblica amministrazione negli Stati Uniti24 ed in molti Paesi europei25 si è dimostrata generalmente favorevole ad eventuali interventi promossi da privati. In Italia, invece, essa ha tradizionalmente dimostrato una maggior chiusura formale a tali apporti esterni, fino alle normative del ’90 — ossia le leggi nn. 142 e n. 241 — che hanno attribuito alla partecipazione un ruolo centrale nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione (cui è dedicato l’intero
24 La principale fonte normativa federale sui procedimenti amministrativi è il Federal Administrative Procedure Act del 1946. Tale normativa descrive i
differenti modi attraverso i quali i privati possono intervenire nell’azione amministrativa; per una spiegazione completa del suo contenuto, interessante è l’analisi fornita in J. B. Litwak, A guide to Federal Agency Adjudication Berkeley, American Bar Association, 2014; e B. J. Cook, Curing the mischiefs
of faction in the American administrative state, in Administration&Society, 8,
2013.
25 In particolare in Gran Bretagna, dove, in base alle regole del common law,
l’amministrazione è da sempre tenuta ad ascoltare i destinatari dell’atto prima che questo venga emanato (c.d. Consultation, così regolata dallo Statutory
instruments act del 1946); sull’argomento, Cfr. P. Cane, An introduction to administrative law, Oxford, Oxford University Press, 1996, pp. 195 e ss., e V.
Greenwood, D. Wilson, R. Pyper, New Public administration in Britain, Londra, Routledge, 1984, pp. 120 e ss.; ma così pure in Germania, dove la
Verwaltungsverfahrensgesetz del 1976 impone l’obbligo di audizione dei
soggetti privati interessati dalla decisione pubblica, e in Francia, dove il decreto n. 83-1025 del 1983 prevede che il privato possa intervenire in quei procedimenti che possano causargli effetti indesiderati.
Capo III della legge n. 241), consentendo all’amministrazione non solo di valutare l’insieme degli interessi coinvolti dalla sua decisione, ma anche di assumere le necessarie informazioni per conoscere la situazione nella quale deve intervenire, al fine di raggiungere, per l’appunto, il risultato atteso26. La legge 241/90 disciplina sia gli obblighi della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini, sia gli strumenti attribuiti ai soggetti privati per poter intervenire durante il procedimento, che diventa così “la sede nella quale le pubbliche amministrazioni manifestano e dimensionano il loro potere realizzativo e lo rendono disponibile all’influenza del variegato mondo degli interessi”27.
In particolare, attraverso una lettura “lobbisticamente orientata” dell’articolo 928 della l. n. 241/90, viene di fatto ammessa la partecipazione al procedimento da parte “di qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, da cui possa
26 La centralità dell’acquisizione delle informazioni necessarie da parte
dell’amministrazione, momento centrale di ogni possibile forma di lobbying, viene affrontata soprattutto da M. Cammelli, La Pubblica amministrazione, Bologna, Il Mulino, 2004.
27 Così F. Trimarchi, Considerazioni in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 3,2000, p. 640.
28 “Intervento nel procedimento”. Rubrica aggiunta dall’articolo 21, c. 1, lett. i)
derivare un pregiudizio del provvedimento”29. Pur non essendo una disposizione orientata in modo specifico all’attività di lobbying (confermando ancora una volta l’impostazione “strisciante” della normativa italiana in relazione alla regolazione del lobbismo), il legame tra partecipazione e rappresentanza si fa in questo caso molto stretto, in considerazione del fatto che l’ammissione al procedimento sia — in base al testo del presente articolo — dettata dalla volontà di “rappresentare un interesse”. In questo senso è possibile tradurre la partecipazione al procedimento in termini di promozione (di un interesse)30, avallando l’ipotesi di un vero e proprio “diritto soggettivo alla rappresentanza di interessi nei confronti del potere pubblico”31. Il gruppo (ovvero il rappresentante d’interessi particolari) può quindi partecipare al processo decisionale pubblico, non solo per tutelare l’interesse dei propri
29 Tale norma, secondo G. Morbidelli, Il Procedimento amministrativo, in L.
Mazzarolli, G. Pericu, A. Romano, F. A. Roversi Monaco, E. G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna, Monduzzi editore, 1, 2005, pp. 65 e ss., “ha la funzione di agevolare forme di partecipazione e di controllo sociale già
nel momento della formazione dell’atto, estendendo la partecipazione al procedimento a soggetti portatori di istanze di carattere non economistico, che la Costituzione salvaguardia e tutela in maniera preminente, come il patrimonio storico-artistico, il paesaggio e la salute”.
30 A. Zito, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Torino, Giuffrè, 1996, p. 48.
31 In particolare, come sottolineato da C. Cerulli Irelli, Lineamenti di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2014, pp. 339-340, questa previsione
legittima forme di partecipazione sociale a condizione che i portatori di interesse “non si presentino in modo disaggregato, bensì facciano capo a
membri, ma anche per contribuire ad una migliore definizione dell’interesse generale32. Tale impostazione — confermata anche in sede giurisdizionale 33 — può invece essere esclusa qualora nell’ambito discrezionale dell’amministrazione le “risultanze dell’istruttoria” (art. 3) conducano ad un atto vincolato (art. 19), e viene di fatto esclusa l’applicabilità degli istituti partecipativi ai procedimenti volti all’adozione di atti amministrativi generali, di pianificazione e programmazione (art. 13, c. 1), facendo salve tuttavia eventuali apposite discipline34.
32 A. Zito, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, op. cit., pp. 18 e ss. L’autore sottolinea il ruolo della
partecipazione dei privati nella definizione del giusto risultato, aumentando le probabilità che la scelta del decisore pubblico sia la più adeguata a raggiungere il fine che con l’atto si prefigge, e che lo stesso ragionamento può essere trasferito anche ad un “insieme di cittadini”, ossia il gruppo.
33 Il riferimento è a C. App. Milano, ordinanza del 13 luglio 1998, Soc. Tramaplast c. Soc. Macplast e altri, in Dir. Industriale, 1999, p. 252, nota di
Dettoni; il caso riguardava un procedimento cautelare, allora di competenza funzionale della Corte d’Appello, introdotto dalla società Tramaplast contro altre quattro realtà aziendali ambrosiane, cui la prima imputava di aver messo in atto un’intesa lesiva della concorrenza, intraprendendo una serie di iniziative coordinate sull’autorità amministrativa (e politica), volte a impedire la realizzazione di un insediamento industriale. Il Consigliere istruttore concluse in senso sfavorevole alla ricorrente, ma il risultato fu ribaltato proprio dalla Corte, che ritenendo ravvisabile un’intesa tra le parti volta ad escludere una concorrente, chiarì che “gli appelli, prese di posizione e richieste non potevano
ritenersi esercizio, del diritto, costituzionalmente garantito (v. cap. precedente), di rivolgersi agli organi della pubblica amministrazione […] per ottenere tutela di un proprio interesse legittimo, indicata comunemente come attività di lobbying”. Tale ricostruzione è disponibile presso la Camera di Commercio di
Milano, documento disponibile all’indirizzo
http://www3.mi.camcom.it/index.phtml?pagina=form&nome=REGMERC_CS_ T_Documenti&explode=02.02.01&azione=UPD&Id_Documento=41.
34 Tra le discipline escluse dall’applicazione dell’art. 13, c. 1, si può ricordare
Inoltre, l’istruttoria del procedimento è generalmente basata su memorie scritte, senza lasciare alcuno spazio a differenti pratiche partecipative per i soggetti coinvolti35. Mentre in altri ordinamenti europei36 l’audizione orale è ritenuta una legittima modalità di partecipazione, al pari della forma scritta, nel caso italiano essa è prevista in via eccezionale solo per alcuni procedimenti, in alcuni ordinamenti regionali e per l’istituto della conferenza di servizi37. Ciò rappresenta inevitabilmente un vulnus, che di fatto obbliga
d’intervento degli interessati mediante osservazioni ed opposizioni ai progetti di piano. In ogni caso, sulle ragione politiche che hanno determinato tale previsione, riconducibili probabilmente al contesto politico-istituzionale in cui fu adottata la legge n. 241/90, si veda G. Napolitano, M. Abrescia, Analisi
economica del diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 263 e ss.
35 La legge n. 241/90 non prevede, infatti, la possibilità di una generale
partecipazione informale, come prevista dallo strumento dell’istruttoria pubblica, presente negli Stati Uniti (c.d. hearing); sul punto, si veda S. Cimini,
Partecipazione procedimentale: limiti di effettività della forma scritta e prospettive dell’oralità, in A. Corsetti, F. Fracchia (a cura di), Procedimento amministrativo e partecipazione. Problemi, prospettive ed esperienze, Torino,
Giuffrè, 2002, pp. 27-54.
36 Il principio dell’informalità dell’agire amministrativo permea, ad esempio, il
procedimento amministrativo tedesco, che ammette che la partecipazione possa svolgersi in forma scritta od orale. In proposito, D. U. Galetta, La legge
tedesca sul procedimento amministrativo, Milano, Giuffrè, 2002.
37 S. Cimini, Partecipazione procedimentale: limiti di effettività della forma scritta e prospettive dell’oralità, op. cit., p. 40. L’autore esamina la presenza di
oralità nella fase istruttoria dei procedimenti amministrativi, arrivando alla conclusione che questa sia presente solo per alcuni procedimenti contenziosi, come il procedimento tributario e il procedimento avviato dall’autorità
antitrust in materia di concorrenza. L’oralità viene altresì riscontrata
dall’autore anche in alcuni ordinamenti regionali, su tutti quello dell’Emilia Romagna, nella legge regionale n. 32 del 1993, che all’art. 14 dispone che gli interessati possano richiedere di essere di “ascoltati”. Infine, come unico esempio d’istruttoria orale generale, viene richiamata la conferenza dei servizi (ex art. 14 e ss. della L. 241/90), in cui i soggetti pubblici ed in alcuni casi anche quelli privati possono intervenire senza utilizzo di forma documentale.
l’Istituzione di riferimento ad un aumento dei costi, in termini di tempi — data la necessaria expertise tecnica per valutare l’attendibilità della memoria scritta — e di spese finanziarie: la possibilità di avvalersi di partecipazioni informali potrebbe evitare ai cittadini (e ai gruppi) l’insorgere di costi inutili e all’amministrazione la perdita di tempo relativa all’analisi di atti e documenti scritti38. Tale apertura risulterebbe inoltre giustificabile sulla base del principio di efficienza, che impone al policy-maker il raggiungimento del miglior risultato con il minor dispiego di risorse39, e sulla base dell’articolo 3 della l. n. 241/1990, che impone altresì al decisore pubblico di assumere tutti i dati utili al raggiungimento di una conoscenza approfondita del contesto in cui è chiamato ad intervenire, e fornire adeguata motivazione al provvedimento emanato.
38 Di questo avviso Id., Partecipazione procedimentale: limiti di effettività della forma scritta e prospettive dell’oralità, op. cit., p. 51, che attribuisce alla
partecipazione la possibilità di “rendere l’azione amministrativa più
pragmatica ed efficace”.
39 R. Lombardi, Funzione di controllo e processo decisionale della Pubblica Amministrazione, in A. Corsetti, F. Fracchia (a cura di), Procedimento amministrativo e partecipazione. Problemi, prospettive ed esperienze, op. cit.,
3. La partecipazione degli interessi particolari all’attività