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Capitolo 1 – Dalla broadcast television alla cable

1.1 La network era

1.1.2 Il modello di business dei network

Le prime scelte della FCC per l'allocazione delle frequenze finiscono quindi con il favorire involontariamente la costituzione di un oligopolio di tre grandi network. Tuttavia, la trasmissione su frequenze pubbliche, che implica (potenzialmente, salvo problemi tecnici e di copertura) la ricezione libera da parte di chiunque possegga un'antenna, pone il problema della generazione di profitto. Come monetizzare una distribuzione libera e gratuita di prodotti immateriali, non escludibili? La soluzione, ancora una volta, viene dal modello radiofonico e consiste nell'istituzione di un two- sided market.8

I l two-sided market è un mercato in cui la vendita di prodotti e servizi è rivolta contemporaneamente a due tipi di clienti: da una parte il broadcaster fornisce contenuti ai telespettatori, dall'altra “vende” questi stessi telespettatori (eyeballs) agli inserzionisti pubblicitari. È quindi un modello ad-supported, cioè fondato sulla vendita di spazi pubblicitari (commercial breaks) o sull'incorporazione di sponsor all'interno dello show. La prima modalità, detta anche magazine format, viene introdotta solo alla fine degli anni Cinquanta, quando il consolidato modello della multiple o single sponsorhip, cioè della sponsorizzazione di uno o più marchi per un intero programma, viene abolita a seguito dello scandalo dei quiz show, in cui emerge l'esistenza di script volti a trasformare il concorrente in una celebrità/testimonial per lo sponsor del programma.9

Al di là del forte impatto dello scandalo sull'opinione pubblica, esso diventa soprattutto il pretesto dei network per sbarazzarsi della forte influenza degli sponsor e adottare un 7 La CPB è un'organizzazione no profit creata dal Congresso degli Stati Uniti e finanziata dal governo

federale.

8 R. G. Picard, Media Economics: Concepts and Issues, Sage, London 1989, pp. 17-19.

9 Lo scandalo si apre nel 1958, quando viene aperta un'inchiesta sui quiz show The $64,000 Question (CBS, 1955-1958), Twenty One (NBC, 1956-1958) e Dotto (CBS-NBC, 1958) a seguito delle rivelazioni di alcuni concorrenti che ammettono sia di avere ricevuto le risposte alle domande dai produttori, sia, in altri casi, di essere stati costretti a perdere.

sistema di vendita di spazi pubblicitari che lasci loro maggiore controllo commerciale e creativo sui programmi: il magazine format, appunto, già adottato dai talk show pomeridiani e basato sul thirty-seconds advertisement model, cioè sulla vendita di spazi pubblicitari in unità di trenta secondi.10 Rimane anche consentita la pratica del product

placement, che consiste nell'integrazione di marchi reali nelle narrazioni dietro compenso da parte dell'inserzionista.11

Per investire negli spazi e nei tempi più adeguati al target dei loro prodotti, gli inserzionisti hanno bisogno di sapere a chi è rivolto il programma e quanti telespettatori sono potenzialmente raggiungibili. E qui entra in gioco un'altra organizzazione, la società di misurazione Nielsen. Fondata nei primi anni Trenta dallʼanalista di mercato Arthur Nielsen, la Nielsen Media Research si occupa di misurare la ricezione dei vari media, dalla radio alla televisione, dalle sale cinematografiche a, più di recente, Internet. La compagnia co-evolve con il broadcasting: inizia, infatti, come società che misura esclusivamente gli ascolti radiofonici, per poi passare naturalmente alla televisione negli anni Cinquanta. In questo decennio, la società sviluppa il sistema di rilevazione e misurazione Nielsen Ratings, che entra in competizione con i sistemi delle società Variety e C. E. Hooper Company. Quando quest'ultima viene acquisita dalla stessa Nielsen, anche Variety soccombe allo strapotere della compagnia newyorkese, che si guadagna quindi il monopolio del settore.

I metodi di rilevazione Nielsen sono complessi ed elaborati e, oggi, includono anche misurazioni cross-mediali. Ai fini della nostra analisi, ci basti per ora sapere che la società analizza un campione rappresentativo della popolazione americana per stimare due valori principali: i ratings, che indicano la percentuale delle case sintonizzate su un dato programma rispetto al totale delle case che possiedono un televisore, e lo share, che si riferisce alla percentuale delle case sintonizzate su un dato programma rispetto al totale delle case che stanno effettivamente guardando la televisione. Ratings e share fanno principalmente riferimento alla fascia demografica 18-49, la coveted demo più ambita da broadcaster e inserzionisti perché quella con maggiore potere d'acquisto, ma anche perché ritenuta più persuasibile: «the older population is seen as brand loyal; it's 10 M. Hilmes, Only Connect., cit., pp. 84-89, pp. 192-194.

11 La pratica è regolata dal Communication Act del 1934 che, attraverso le Payola Sponsorhip and Identification Rules, impone ai broadcaster (radiofonici prima, poi televisivi) la trasparenza sugli

accordi di sponsorizzazione.https://transition.fcc.gov/eb/broadcast/sponsid.html, ultimo accesso 13 marzo 2016;

harder to get them to change their purchasing habits.»12 Da tenere presenti sono anche i

mercati locali e gli sweep months. I mercati locali sono classificati in base al numero di televisori posseduti dagli abitanti. Più abitanti hanno un apparecchio televisivo, più grande è il mercato e più alto è il prezzo che un network farà pagare per gli spot in quel mercato (da qui, anche lo sforzo continuo dei network per guadagnare sempre più affiliate nei mercati locali di maggiore valore).13 Ogni anno, negli sweeps months

(letteralmente, “mesi di rastrellamento”), il sistema di misurazione locale Nielsen Station Index raccoglie i dati demografici di case-campione nei primi cinquantasei mercati locali, in cui vengono distribuiti a nuove famiglie campione dei diari per registrare le proprie informazioni personali, i programmi seguiti, per quanto tempo e con chi. La compilazione dei diari avviene nellʼarco di sette giorni nei mesi di novembre, febbraio, maggio e luglio. Gli sweeps integrano quindi le rilevazioni quantitative dei ratings con dei dati qualitativi, utili per conoscere abitudini e gusti del target dei broadcaster e degli inserzionisti, che possono così formulare le loro strategie di conseguenza.

I numeri forniti dai Nielsen Ratings, non senza critiche e dibattiti,14 sono anche

fondamentali nelle negoziazioni fra broadcaster e inserzionisti in quanto contribuiscono a stabilire il valore degli show e dei network durante gli upfronts, e a garantire poi il rinnovo delle produzioni di stagione in stagione. Gli upfronts, che si svolgono nel maggio di ogni anno, sono una sorta di mercato speculativo in cui i broadcaster presentano la programmazione per la stagione successiva. La transazione centrale riguarda la vendita di tempo di esposizione del messaggio pubblicitario, su unità minime di trenta secondi, in una data ora del giorno, per un certo numero di individui in una determinata fascia socio-demografica. La moneta corrente in questo processo è il Cost per Thousand o Cost per Mille (CPT o CPM), cioè il costo che l'inserzionista deve 12 E. Pomerantz, “Why Do Advertisers Still Covet the 18-49s?”, in Television Quarterly, XXXVI:3-4, 2 0 0 6 ,http://www.tvquarterly.net/tvq_36_3/media/articles/36.3Why_do_Advertisers.pdf, u l t i m o accesso 13 marzo 2016.

13 Negli Stati Uniti esistono oggi duecentodieci mercati televisivi. Per la stagione televisiva 2014/2015 i primi cinque mercati sono New York (7.442.270 televisori), Los Angeles (5.523.800), Chicago (3.447.250), Philadelphia (2.953.760) e Dallas – Ft. Worth (2.603.680).

http://www.nielsen.com/content/dam/corporate/us/en/public%20factsheets/tv/2014-2015%20DMA %20RANKS.pdf, ultimo accesso 13 marzo 2016.

14 Le critiche più diffuse riguardano il monopolio della compagnia, così come il campione troppo ristretto e non veramente rappresentativo della popolazione in quanto tenderebbe a privilegiare le famiglie di professionisti nelle aree urbane, trascurando le zone rurali e working class, così come le minoranze.

spendere per raggiungere mille telespettatori della fascia d'interesse. Il valore del CPM è calcolato in base alle media Nielsen dell'emittente, dati che rientrano in una più ampia economia della reputazione che definisce il potere di negoziazione del venditore.15

Naturalmente i programmi più appetibili sono quelli con una media Nielsen più alta, tuttavia gli spazi pubblicitari possono essere venduti anche in “pacchetti” che includono sia commercial breaks che product placement e che comprendono, insieme agli show di maggiore successo, anche quelli meno popolari, cosa che permette al broadcaster di “spalmare” i ricavi pubblicitari per coprire più produzioni, allocando così le risorse in maniera efficiente.16 Quella degli upfronts è dunque una pratica convenzionale

profondamente rappresentativa delle norme che governano i rapporti fra attori del mercato televisivo, norme che hanno un impatto diretto sulla formulazione delle strategie nella produzione e distribuzione dei contenuti, visto che la popolarità di uno show determina la sua redditività.

1.1.3 Pratiche produttive e cicli distributivi

Television asks us as viewers to unwind in its presence, or to bottle it up for later enjoyment. Well before that moment, however, television asks advertisers to buy this very time, exchanging it for access to hypothetical consumers. And before that moment, television asks networks and stations to purchase time in the form of programming, in order to attract the advertisers, who hope the programs attract consumers. Time, in short, is the institution of television's primary product.17

È il tempo, secondo Derek Kompare, a governare l'attività primaria della televisione. In effetti, la creazione di valore nell'industria televisiva è un processo esteso e dilazionato nel tempo che, nel caso soprattutto delle scripted series, sfida lo stato ontologico di liveness del medium. La questione dei tempi di produzione del valore diventa di grande rilievo soprattutto nel corso della post-network era, con l'introduzione di tecnologie che permettono il time-shifted viewing e l'affermazione culturale di pratiche di fruizione 15 Sulla reputazione del broadcaster influiscono diverse variabili. Per esempio, nel caso in cui il programma sia nuovo e quindi non ancora testato, possono giocare un ruolo importante le medie di rete e quindi la garanzia derivante dalla popolarità del network. Rilevanti sono anche le prevendite in

syndication ( § 1.1.3), poiché il raggiungimento di una certa percentuale di copertura contribuisce a

definire anche l'investimento dei pubblicitari.

16 Cfr. A. Lotz, “How to Spend $9.3 Billion in Three Days: Examining the Upfront Buying Process in the Production of US Television Culture”, in Media, Culture & Society, 29:4, 2007, pp. 549–567. 17 D. Kompare, Rerun Nation. How Repeats Invented American Television, Routledge, New

personalizzata come il binge watching. Tratteremo questi argomenti a partire dal capitolo successivo. In questo paragrafo, ci occupiamo invece del processo di generazione di profitto nel corso della network era, quando vengono introdotti, ottimizzati e istituzionalizzati i cicli temporali standard di produzione e distribuzione. I network commissionano i programmi che intendono trasmettere alle case di produzione. La pratica più utilizzata è il finanziamento del deficit (deficit financing), che prevede che lo studio si occupi della copertura di circa due terzi dei costi di produzione mentre il restante terzo, il deficit, sia coperto dal network attraverso il pagamento di una licenza per la trasmissione dello show (license fee). Se il network ordina abbastanza episodi, lo studio può poi iniziare a guadagnare rivendendo lo show i n syndication (pratica che discuteremo fra poco). Se poi il programma in questione diventa una hit, aumentando quindi il proprio valore sul mercato ma anche i costi delle personalità di spicco come attori e showrunner (talent costs), la license fee può essere rinegoziata in favore della casa di produzione. In caso contrario, cioè se lo show si rivela un insuccesso e non vengono ordinati abbastanza episodi per la rivendita nei mercati secondari, è la compagnia di produzione a dovere assorbire la differenza fra i costi e la license fee. Tutto questo, però, in teoria. Perché in pratica i network, proponendo una license fee nettamente inferiore ai costi di produzione e godendo del loro status di unici compratori, possono imporre delle condizioni ad hoc agli studios che prevedono la partecipazione ai benefici derivanti dalla syndication (profit participation), ma anche un maggiore controllo creativo sulle serie prodotte.18

Per quanto riguarda la distribuzione, negli anni Sessanta i Big Three istituiscono il concetto di television season che, ricalcando il calendario didattico delle scuole americane, va da settembre a maggio. La produzione delle serie TV copre questo periodo con un numero totale di ventidue o ventiquattro episodi, trasmessi generalmente una volta a settimana, esclusi i periodi di vacanza (come lo spring break) o di festività (come Natale). La stagione estiva è anche conosciuta come rerun season perché dedicata soprattutto alla trasmissione delle repliche. Queste scelte di programmazione e distribuzione non sono solo basate su ipotesi a proposito delle attività dei telespettatori (più inclini a passare le serate davanti al televisore nei periodi di scuola e lavoro, piuttosto che durante le vacanze), ma tengono anche conto degli sweep months Nielsen. 18 M. Hilmes, Only Connect, cit., p. 194; A. Lotz, The Television Will Be Revolutionized, cit., pp. 97-99.

Nell'intento di mantenere degli ascolti ottimali durante i mesi-chiave di novembre, febbraio, maggio e luglio, i network organizzano la loro programmazione per lanciare le nuove serie a metà settembre, così che il pubblico sia già fidelizzato entro novembre. Nuovi episodi e alcune repliche si alternano poi nel corso dell'anno, organizzati in modo da fare coincidere i finali di mezza stagione e stagione (che generalmente raccolgono numeri importanti) con i “rastrellamenti”.19

Anche i cicli produttivi sono allineati alla television season. Ogni estate, gli executive dei network ascoltano centinaia di pitch dai produttori. L'autunno seguente, dopo una selezione, ogni network richiede le sceneggiature dei primi episodi (pilots) che, a seguito di un ulteriore processo di produzione, vengono girati a gennaio dell'anno successivo. Una volta pronti, sono quindi mostrati di nuove agli executive del network e a dei test audience per una valutazione. I pilot che ottengono i punteggi più alti guadagnano un ordine (greenlight) per alcuni episodi oppure per un'intera stagione, prima di venire presentati agli upfronts di maggio e debuttare quindi a metà settembre.20

Tornando alla distribuzione e alla programmazione, le repliche non sono comunque esclusiva della stagione estiva, ma vengono anche ampiamente utilizzate per coprire tutte le settimane che compongono la television season, come abbiamo visto per gli sweep months. Oltre a ciò, esse sono alla base del sistema televisivo proprio perché l'intero business della televisione è fondato sulla ripetizione in cicli continui. Quella televisiva è infatti un'economia della riproduzione, fondata sullo sfruttamento prolungato del prodotto attraverso diverse finestre distributive.21 Questa pratica inizia

già durante le sperimentazioni degli anni Trenta con la trasmissione di vecchi film e si consolida tra gli anni Cinquanta e Sessanta con le repliche di molte network series cancellate.22 Ma è attraverso la syndication che l'economia della ripetizione trova la sua

maggiore espressione.

Come è possibile che nel 2012 la sitcom degli anni Cinquanta I Love Lucy (CBS, 1951- 1957) riesca ancora a generare un profitto di venti milioni di dollari l'anno?23 La risposta

va cercata, appunto, nella syndication, una pratica che permette la ri-distribuzione dei 19 A. Lotz, The Television Will Be Revolutionized, cit., p. 116.

20 J. J. Ulin, op. cit., pp. 237-242.

21 Cfr. P. Auslander, Liveness: Performance in a Mediatized Culture, Routledge, New York/London 1999.

22 Cfr. D. Kompare, Rerun Nation, cit.

23 J. Flint, “I Love Lucy Still a Cash Cow for CBS”, in Los Angeles Times, 20 settembre 2012,

http://articles.latimes.com/2012/sep/20/entertainment/la-et-ct-cbslucy-20120920, ultimo accesso 13 marzo 2016.

programmi anche una volta chiusi e anche al di fuori dei circuiti dei network. Come per tutte le pratiche viste finora, anche la syndication ha delle origini radiofoniche. Tra gli anni Trenta e Quaranta, si diffonde in radio la pratica di registrare i programmi live per rivenderli a sponsor e stazioni locali.24 Questo modello viene presto adottato dalla

televisione dove, al fine di prolungare lo sfruttamento del prodotto, il detentore dei diritti di uno show (syndicator) può decidere di rivendere il programma ad altre emittenti, affiliate e non, generalmente dopo la prima trasmissione. Se all'interno di un network lo show viene trasmesso nello stesso giorno alla stessa ora da tutte le affiliate, con la syndication il canale che ritrasmette il programma compra il prodotto per poi mandarlo in onda secondo le proprie esigenze di palinsesto. I ricavi derivanti dalla transazione dipendono dal tipo di vendita adottato: uno show in syndication può essere venduto for cash, “per contanti”, nel qual caso la stazione compra anche i diritti a vendere gli spazi pubblicitari che, come abbiamo visto, con la distribuzione dei network sono invece generalmente già assegnati. I programmi possono anche essere ceduti alle nuovi emittenti attraverso la modalità definita barter, letteralmente “baratto”, in cui il syndicator ritiene il diritto di vendere gli spazi pubblicitari e può riservarsi altri benefici come accordi pluriennali con gli acquirenti. Cash e barter possono comunque essere combinate.

Esistono inoltre diversi tipi di syndication. L a first-run syndication indica gli show prodotti appositamente per essere trasmessi in prima visione su più reti contemporaneamente, solitamente in strisce quotidiane, cinque giorni a settimana (strip daily syndication). È il caso dei quiz show, ma anche di serie TV come la sitcom The Abbott and Costello Show (1952-1954), venduta in syndication dalla casa di produzione MCA Inc. a quaranta stazioni locali in tutto il Paese. Un altro esempio è quello della serie Colonel Humphrey Flack, trasmessa dal DuMont Television Network (uno dei rivali iniziali dei Big Three) dal 1953 al 1954 e poi “resuscitata” in first-run syndication dal 1958 al 1959 con il titolo di Colonel Flack. Altro tipo di syndication è quella off- network, che permette la vendita e la ritrasmissione di show di successo a emittenti al di fuori del network originale. L'international syndication permette infine la compravendita di show a livello internazionale. È quanto succede, per esempio, con le telenovelas sudamericane, ritrasmesse perlopiù da reti locali che puntano alle comunità 24 Queste registrazioni sono note come transcriptions.

latino-americane.