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Capitolo 2 – Dalla cable agli over-the-top

2.1 La digitalizzazione

2.1.3 Le nuove fonti di profitto

La diffusione di DVR e VOD ha effetti sul panorama televisivo in due modi: da una parte agevola il non-linear viewing, cioè una forma di personalizzazione del consumo basata su una fruizione dei contenuti che non segue l'ordine del flusso televisivo e si afferma definitivamente con l'entrata nel mercato degli OTT. Dall'altra, costituisce la prima minaccia tecnologica al thirty-second commercials model che, in uno scenario in cui è possibile aggirare ancora più facilmente le interruzioni pubblicitarie, diventa sempre meno efficiente. Da un lato, infatti, gli inserzionisti non hanno più la certezza (per la verità già piuttosto flebile) che i loro spot raggiungano il target per cui hanno pagato. Dall'altro, non esiste ancora la possibilità, per i broadcaster, di monetizzare le eyeballs davanti ai programmi visti in modalità timeshifted. Queste due problematiche spingono dunque a una riconfigurazione di alcune pratiche industriali, che richiede a sua volta una rinegoziazione dei rapporti fra gli attori del mercato, primo su tutti quello fra 5 A. Lotz, The Television Will Be Revolutionized, cit., p. 146.

inserzionisti e broadcaster.

Una delle soluzioni è l'affinamento della pratica del product placement, che da basic (il marchio viene mostrato nello show senza che dei dialoghi richiamino l'attenzione su di esso) e advanced (l'uso di un prodotto specifico da parte dei personaggi della serie viene sottolineato dalla narrazione stessa) inizia a essere anche integrated. Nel product placement integrato assistiamo a una sorta di ritorno alla single sponsorhip, in quanto il brand sponsorizzato diventa parte della narrazione non solo in una determinata sequenza, ma per un arco temporale più ampio, che può coprire un'intera puntata o anche diverse stagioni della stessa serie. È questo il caso, per esempio, di Friday Night Lights (NBC, 2006-2011) e della catena di ristoranti Applebee's che, per quattro stagioni, compare nell'universo diegetico della serie non solo come luogo di ritrovo dei personaggi, ma anche come principale fonte di posti di lavoro per i liceali protagonisti. Esempio più recente è invece quello di Connection Lost, il sedicesimo episodio della sesta stagione di Modern Family (ABC, 2009-). Andata in onda negli USA il 25 febbraio 2015, l'intera puntata si svolge sul MacBook Pro di uno dei personaggi, mentre da un aeroporto utilizza programmi come Apple FaceTime e iMessage per mettersi in contatto con tutti i membri della famiglia e trovare la figlia irreperibile da una notte. Altro caso di forma maggiormente raffinata di collaborazione fra network e sponsor è quello del branded entertainment che, in ambito televisivo, consiste nella produzione di contenuti, solitamente di forma breve, finanziati dagli advertisers e prodotti dai broadcaster. Il branded entertainment combina dunque il principio finanziario della single sponsorhip alla formula narrativa del product placement integrato, per creare degli spot pubblicitari che il pubblico desidera guardare. Un esempio è l'accordo tra la Ford e il network FOX: nel 2003, infatti, il brand automobilistico ha sponsorizzato la serie 24 (FOX, 2001-2010) producendo un cortometraggio da sei minuti che richiama lo stile visivo e narrativo dello show televisivo e che è stato mandato in onda, in due parti, prima e dopo il primo episodio della terza stagione.

Accanto a forme di integrazione tra messaggi pubblicitari e narrazioni, troviamo alcune soluzioni tecnologiche implementate dai MVPD che, per favorire il licensing dei contenuti sulle loro piattaforme e creare un mercato redditizio per le parti coinvolte, si inseriscono nel rapporto fra broadcaster e inserzionisti. Molti carrier, per esempio, garantiscono la visione degli spot pubblicitari disattivano direttamente il fast-forward, la

funzionalità che permette di evitare la pubblicità nei contenuti registrati in DVR. Nel VOD, vengono inoltre introdotte le dynamic ad insertions, cioè le inserzioni pubblicitarie che interrompono il programma esattamente come quelle televisive, ma che sono impossibili da evitare e che cambiano a seconda dell'area geografica in cui avviene lo streaming e della profilazione che il provider fa dell'utente che sta fruendo il contenuto.

Di conseguenza, anche i termini di vendita degli upfront subiscono delle modifiche: se il mercato non è più limitato alla trasmissione televisiva, quindi ai dati di live viewership, è necessario che i dati Nielsen prendano in considerazione anche le nuove forme di consumo. E quando, nel 2005, uno studio preliminare della società dimostra che le case con DVR registrano il 30% dei programmi in un giorno e il 46% della prima serata, la necessità di monetizzare anche il timeshifted viewing si fa più pressante.6

Nel 2007 Nielsen introduce ufficialmente i dati relativi alle visioni in differita, risultato di negoziazioni con broadcaster e inserzionisti: i primi vogliono infatti che le misurazioni si estendano il più a lungo possibile, nella speranza che questo aumenti il valore degli show. I secondi, invece, continuano a prediligere le misurazioni live o, al limite, delle repliche trasmesse negli slots tradizionali. Questo porta alla creazione di tre nuovi valori, che vanno ad affiancare ratings e share. Innanzitutto vengono introdotti i live-plus-same-day, che fanno riferimento alle visioni nello stesso giorno della prima trasmissione (quindi sia in replica tradizionale, sia tramite DVR). Inizialmente questi vengono pubblicati insieme ai dati di live viewership, che mostrano così un generale aumento a cui corrisponde, di conseguenza, un aumento proporzionale del prezzo di vendita degli spazi pubblicitari. Per questo motivo sorgono delle proteste da parte degli inserzionisti e l'esperimento dei report “cumulativi” fallisce. Oggi Nielsen pubblica separatamente i dati live e quelli plus-same -day.7 I live-plus-three (C3) e i live-plus-

seven (C7), introdotti rispettivamente nel 2009 e nel 2013, misurano le visioni entro tre e sette giorni dalla prima messa in onda, in replica e DVR. Inizialmente inserzionisti e pubblicitari si rivelano però scettici riguardo ai C7 poiché, come commenta Aaron Cohen di Horizon Media: «advertisers like retailers and restaurants, anything with near- 6 B. Hughes, “Nielsen's DVR Impact Assessment Study”, in Media Insights: A Publication of Magna

Global, settembre 2005.

7 R. Kissell, “Big Four TV Nets Push for Ratings Consensus”, in Variety, 25 settembre 2013,

http://variety.com/2013/biz/news/big-four-tv-nets-push-for-ratings-consensus-1200665866/, ultimo accesso 13 marzo 2016.

term openings, are looking for one- to three-day campaign.»8 Tuttavia, a parte alcune

categorie di inserzionisti locali che puntano a campagne promozionali sul breve termine, il consenso sembra generale e i C7 vengono inclusi nelle negoziazioni degli upfronts a partire dal maggio 2014, dopo che Nielsen introduce anche dei commercial ratings che indicano la permanenza dei telespettatori davanti al televisore durante gli spot – e, se un telespettatore evita la pubblicità attraverso il fast-forward, non viene conteggiato. La crescente importanza dei dati relativi al timeshifted viewing si riflette quindi sulle scelte di programmazione dei network, che devono ricalibrare i concetti di hit, di show marginale e di fallimento. Per esempio, nel 2011 la serie Fringe (FOX, 2008-2013) rischia la chiusura quando registra 1.7% di ratings, ma viene salvata in seguito ai dati C7 che portano il totale a 2.5%. Stessa sorte per Parenthood (NBC, 2010-2015), che passa dal 2 al 2.9% in sette giorni.9

Se con i C3 e i C7 Nielsen riesce a mantenere la sua posizione di intermediaria tra inserzionisti e broadcaster, l'assenza di una soluzione davvero valida per la misurazione dei dati del VOD, che sono invece inclusi nei C3 o nei C7 solo se il programma dispone degli stessi spot pubblicitari della trasmissione televisiva, porta i network a cercare profitto dall'on demand quasi esclusivamente attraverso la vendita dei diritti di ritrasmissione agli OTT, almeno fino al secondo decennio del Duemila, quando anche i broadcaster potenziano i loro servizi proprietari di distribuzione digitale (§ 4.1).

Al di là dei tentativi di valorizzare nuovamente il rapporto fra broadcaster e inserzionisti, i network iniziano a cercare altre fonti di profitto attraverso strategie di marketing che, anche se non portano direttamente più spettatori ai programmi, generano comunque entrate derivanti da fonti alternative alla vendita di spazi pubblicitari. Per esempio, grazie al Cable Act del 1992, anche i network della broadcast television possono richiedere le carriage fees ai carrier via cavo e satellite. Questo perché la diffusione del cavo prima e la digitalizzazione poi hanno azzerato la necessità, per gli americani, di disporre di un'antenna per la ricezione gratuita da frequenze pubbliche, portando quindi i carrier a includere anche i network broadcast nei loro tiers.10 È quindi

8 A. Cohen, cit. in E. Bazilian, “DVR Data May Drive Some TV Show Renewals”, in Ad Week, 25 aprile 2011,http://www.adweek.com/news/television/dvr-data-may-drive-some-tv-show-renewals- 130983, ultimo accesso 13 marzo 2016.

9 Ibidem.

10 Fra le conseguenze principali di questa possibilità, osserviamo sia un aumento generale delle tariffe delle cable companies, sia una sempre più accentuata propensione di queste ultime all'acquisizione di canali locali o, su scala più ampia, di interi network, per far fronte ai costi crescenti, come nel caso di Comcast NBCUniversal, che approfondiremo nel prossimo capitolo.

questo il momento giusto, per alcune reti nazionali e locali, per iniziare ad approfittare della possibilità offerta dal Cable Act. Altra fonte di guadagno è nei mercati ancillari. I network iniziano infatti a sviluppare divisioni o cercare accordi di outsourcing per la produzione e la vendita di dispositivi home video come i DVD, ma anche delle colonne sonore degli show e del merchandising correlato. Come dichiara il vice-presidente di NBC nel 2000: «Instead of merely aggregating a great audience and letting other people sell to them, now we are going to sell things ourselves.»11 Una strategia adottata anche

da alcuni produttori indipendenti come Aaron Spelling, che apre un sito Internet (AsSeenIn.com) per la vendita online del merchadising dei suoi hit show Beverly Hills e Melrose Place.

Anche gli studios sviluppano strategie alternative per la generazione di profitto. Una di queste, che si consolida agli inizi degli anni Duemila, è detta repurposing e consiste nell'aggiunta di un'ulteriore finestra di distribuzione fra la prima trasmissione e la syndication. In breve, il proprietario del contenuto stipula accordi che permettono alla serie di generare profitti extra nel corso della prima messa in onda, sia permettendone la trasmissione diverse volte sul network broadcast che ne acquista i diritti (quindi con la tradizionale formula delle reruns), sia permettendone la trasmissione in contemporanea o poco tempo dopo su delle emittenti via cavo. È il caso, per esempio, di Law & Order: SVU (NBC, 1999-): la serie, prodotta da Studios USA per NBC, viene trasmessa prima sul network broadcast poi, due settimane dopo, sul canale via cavo USA Network. Lo stesso avviene con Charmed (The WB, 1998-2006), prima su The WB e poi su TNT, e con 24, prima su FOX e poi su FX.12