• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: Business model e value chain dei videogiochi

2.1 Il business model dei videogiochi

2.1.2 Evoluzione del business model

2.1.2.1 Il modello P2P

Il modello di giochi P2P può essere considerato come il metodo “tradizionale” di vendita dei giochi, e consiste in un’architettura di mercato lineare: Development – Monetization

– Acquisition – Retention (D-M-A-R, Davidici-Nora, 2014). Dal punto di vista del

consumatore, questo modello si organizza in tre fasi: la monetizzazione, cioè l’acquisto del gioco, l’acquisizione, cioè la scoperta del gameplay del prodotto, e la ritenzione, cioè l’apprezzamento del gameplay e la ripetizione dell’atto di gioco. Il contenuto si dice essere venduto ad un prezzo premium, nel senso che il consumatore, per un prezzo unico,

ha accesso ad un contenuto unico (Davidici-Nora, 2014). Si noti che tale modello funziona sia attraverso una distribuzione fisica delle copie del prodotto, sia tramite una distribuzione digitale, come ad esempio tramite la piattaforma Steam, grazie al codice chiave (key code) unico associato ad ogni prodotto.

Dal punto di vista delle aziende produttrici, l’offerta è classicamente costruita sulla domanda, costituita dalla willingness-to-pay dei consumatori, come si vede dalla Figura 9. Il mercato, dunque, non copre tutti i consumatori, ma soltanto quelli disposti a pagare il premium price per il prodotto. La profittabilità del mercato è quindi data dal rapporto tra i costi di produzione più il margine e il prezzo medio di mercato (Davidici-Nora, 2014).

 

Figura 9 – La costruzione del mercato secondo il modello P2P (Davidici-Nora, 2013)

Per raggiungere quelle fasce di consumatori al di fuori del mercato, dunque indisposti a pagare il premium price, sono state sviluppate differenti strategie, arricchite dal passaggio alle piattaforme di distribuzione digitali: i prodotti possono essere più facilmente messi in sconto e i prezzi possono essere aggiustati dinamicamente (Rayna & Striukova, 2014); inoltre, le piattaforme pubbliche digitali permettono un supporto più facile in termini di

updates, community e contenuto addizionale (come servizi E-Sport, supporto per lo streaming, ecc.).

Il modello P2P si è evoluto con il tempo in diversi modelli, per andare incontro a differenti esigenze del produttore o del consumatore:

 il modello subscription richiede un pagamento mensile al consumatore per garantirgli l’accesso a uno o a più giochi. Tale modello è nato a seguito della

diffusione degli MMOG (Massive Multiplayer Online Games), che dovevano garantire un servizio e un contenuto online continuativo ai suoi utenti, secondo il paradigma GaaS (Game as a Service). Questo approccio mette il focus sulla ritenzione dei consumatori e sulla loro attività giornaliera, proponendo un flusso regolare di nuovo contenuto (Taylor, 2017).

Tale modello può essere combinato con il modello tradizionale, ponendo quindi un prezzo premium all’entrata e un pagamento mensile (Heimo et al., 2016). Un altro tipo di subscription riguarda l’accesso ad un portafoglio di giochi, seguendo il successo dei servizi di streaming come Netflix, secondo il modello gaming on-

demand, o cloud gaming (Chen, 2014). Un esempio di questo tipo è il servizio

OnLive, lanciato nel 2010 in California;

 i DLC (Downloadable Content) sono una forma per aggiungere contenuto ad un gioco già terminato e distribuito, creati dallo sviluppatore originale o da terze parti. Possono essere di varia natura, da cambiamenti estetici all’aggiunta di nuovi livelli o oggetti. Anch’essi sono caratterizzati da un premium price, anche se spesso sono distribuiti in pacchetti di DLC tramite dei Season Pass, che li raccolgono ad un prezzo scontato. Un’altra pratica comune è quella di rilasciare il gioco, a seguito dell’uscita di uno o più DLC, in una Special Edition che raccoglie, a prezzo ribassato, tutto il contenuto aggiuntivo disponibile.

La pratica di rilasciare uno o più DLC per un gioco poco dopo o lo stesso giorno della sua uscita (first-day DLC) è stata criticata, in quanto può significare che comprare il gioco non dia accesso all’intero contenuto (Heimo et al., 2016; Ransom-Wiley, 2006). Un’altra pratica mal vista è quella di rilasciare un gioco difettoso e affetto da bug, a causa di una cattiva gestione dei tempi di sviluppo, per poi far uscire un DLC a pagamento in cui quei difetti vengono corretti (Williams, 2017). In generale, la pratica dei DLC e dei Season Pass è vista come la volontà di monetizzare ulteriormente il gioco a costi ribassati, sfruttando dei meccanismi psicologici per indurre i consumatori a pagare per “sbloccare” tutto il contenuto (Reiner, 2016; Heimo et al., 2016);

 il preordine di un gioco prima della sua uscita può essere premiato dal produttore attraverso una serie di contenuto aggiuntivo che ha valore per il consumatore. Il lancio di un gioco non coincide con il suo effettivo rilascio, ma può avvenire mesi prima attraverso il preordine. Ciò è facilitato dalla distribuzione digitale, che

 alcuni giochi offrono agli utenti un periodo di prova del prodotto, al termine del quale l’utente può acquistare il gioco, secondo il modello freemium (Davidici- Nora, 2014). Prima della digitalizzazione della distribuzione, era uso diffondere delle copie demo dei giochi, contenenti una piccola parte di contenuto per far conoscere il prodotto, attraverso canali non tradizionali come le edicole e i negozi non specializzati;

 una tendenza recente è quello di rilasciare una versione non finita del gioco ad un numero ristretto di giocatori per raccoglierne le opinioni e il feedback. I giochi si dicono rilasciati in stadio alpha o beta, oppure in early-access (Bensen, 2013). Rilasciare un gioco in early-access permette di devolvere parte del lavoro di revisione e debugging del prodotto direttamente ai consumatori, stando attenti a raccoglierne le opinioni e i feedback in maniera appropriata (Johnson, 2012). Tali versioni del gioco comprendono generalmente un prezzo ridotto rispetto a quello del prodotto finale, che però consente ai developer di finanziare l’ulteriore sviluppo di un gioco, soprattutto alle aziende più piccole o agli indie developer (Berling, 2011). L’early-access è stato reso disponibile come servizio per gli sviluppatori da Steam nel 2013.

La pratica dell’early-access è vista come una dei trend più importanti dell’industria videoludica (Goslin, 2019a; Graft, 2013), ma ha attirato un certo numero di critiche: una delle principali riguarda il fatto stesso di rilasciare una versione incompleta del gioco, di qualità inferiore ad un prodotto finito ed infestata da bug (Plafke, 2013), mentre un’altra critica diffusa riguarda il tempo che i giochi passano in questo stato “non-finito”, e le accuse verso alcuni

developer di aver rilasciato un gioco incompleto, aver intascato i soldi delle prime

vendite ed aver abbandonato lo sviluppo (Goslin, 2019a; Yin-Pool, 2014).