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CAPITOLO 3: La figura del modder nell’industria

3.2 Il modder come prosumer

3.2.1 L’ascesa del prosumer

Il termine prosumer venne coniato da Alvin Toffler nel suo libro The Third Wave (1980), ma già degli studi precedenti da parte di McLuhan e Nevitt (1972) avevano previsto tale innovazione nei rapporti tra produttori e consumatori. Toffler aveva previsto che, con la crescita della mass consumption dei beni, le aziende avrebbero cercato profitto nella customizzazione dell’esperienza di consumo, che avrebbe dovuto seguire il design proposto dai clienti, come già avveniva nel mercato dell’architettura (Lorimer, 2014). Il profitto, dunque, si basa sul surplus che i clienti sono disposti a creare per ottenere un’esperienza di consumo più personale (Küklich, 2005).

Altri studi hanno proiettato la figura del prosumer nel ventunesimo secolo, e l’hanno collegata all’ascesa del world wide web e dell’informazione digitale (Kotler, 1986; Toffler & Toffler, 2006; Tapscott, 1994). Infatti, con l’avvento di Internet e la nascita del Web 2.0, si sono abbassati i costi di scambio e di condivisione delle informazioni sia per

(Szymusiak, 2015; Küklich, 2005). La figura del prosumer riunisce il produttore e il consumatore, il professionista e il dilettante, la ragione economica e il volontariato (Kawashima, 2010), all’interno di una cultura della partecipazione e della condivisione (Jenkis, 2006). A descrivere le attività di questo nuovo attore economico all’interno del contesto del Web 2.0 interviene Axel Bruns, che definisce il produsage come quel tipo di creazione di contenuti user-led che si trova nei diversi ambienti online come i social

network, le platform e l’ambiente open-source (Bruns, 2008).

Secondo Bruns (2008), il produsage è caratterizzato da quattro elementi:

 l’open partecipation di tutti gli utenti di una community alla creazione di nuovo contenuto, sostenuta dalla valutazione dei propri peers e dall’inclusione di tutti i partecipanti nel discorso produttivo (Burns, 2008). Il lavoro non è organizzato gerarchicamente, ma è volontario e self-regulated;

 una gerarchia fluida, in cui i leader sono in continuo cambiamento a seconda del loro contributo alla produzione. Inoltre, la struttura del produsage deve dare libero accesso alla produzione a tutti gli utenti, a qualsiasi livello di competenza (Bruns, 2008; Sotamaa, 2010). L’utente deve sentirsi libero di partecipare, senza leader che gli impongano una produzione forzata;

 la produzione di artefatti del produsage, che deve essere “palimpsestic” e granulare (Burns, 2008), cioè deve permettere di creare, ricreare e migliorare continuamente gli artefatti. Ogni utente deve poter accedere al contenuto e dare il suo contributo, in ogni momento. La granularità del prodotto permette ad una molteplicità di utenti di partecipare, ognuno con le proprie competenze, allo sviluppo dell’artefatto, aggiungendo valore proprio grazie all’eterogeneità degli attori in campo (Bruns, 2008; Bruns & Schmidt, 2011);

 la proprietà dei prodotti del produsage deve essere comune e condivisa. Gli utenti devono poter accedere facilmente al contenuto per dare il proprio contributo, senza che vengano applicate le leggi della proprietà intellettuale (Bruns, 2008; Postigo, 2010). Allo stesso tempo, i meriti individuali devono essere riconosciuti e retribuiti, per motivare l’attività degli utenti, ma senza permettere che soltanto una minoranza ci guadagni (Bruns & Schmidt, 2011).

La Figura 19 descrive efficacemente il modello di value network che sta al di sotto degli ambienti di produsage (Bruns, 2010). Come abbiamo visto nel Capitolo 2, gli attori del

e risorse, in maniera ciclica. I prodotti di questa iterazione di attività sono spesso di qualità pari a prodotti commerciali creati da aziende (Bruns, 2010).

 

Figura 19 – Modello di catena del valore del produsage (Bruns, 2010)

La teoria del produsage di Bruns si incontra con quella di Jenkins sulla cultura della partecipazione, o media convergence (2006a, 2006b), di cui abbiamo già accennato. Jenkins utilizza l’idea della convergenza per descrivere sia la figura del prosumer, all’incrocio tra produttore e consumatore, sia il processo di convergenza dei differenti

media nei processi produttivi legati all’uso delle nuove tecnologie (Jenkins, 2006b). Gli

utenti prosumer sono aggregati in cognitive communities, unite tramite internet, in cui partecipano ad una collective intelligence che produce e trasforma i contenuti (Bruns, 2008; Flew & Humpreys, 2005; Burger-Helmchen & Cohendet, 2011).

Jenkins (2012) illustra cinque concetti che caratterizzano il contenuto creato tramite la

media convergence, che riflettono in parte ciò che viene detto da Bruns (2008):

 il contenuto è partecipatorio: poche barriere all’entrata significa che tutti gli utenti possono partecipare ai processi di creazione, e sono invogliati a fare ciò dai contenuti stessi delle diverse piattaforme (Jenkins, 2006, 2012);

contenuto (Jenkins, 2012). Questo porta a nuovi processi di consumo, in cui il prodotto è assorbito e modificato a seconda dei desideri degli utenti;

 il contenuto è “spreadable”: il prodotto degli utenti può viaggiare per tutto il mondo, in una logica di circolazione in cui il contenuto ottiene valore nell’attraversare le diverse culture (Jenkins, 2012). Come in Burns (2008), più utenti co-partecipano alla creazione di contenuto, più questo acquista valore;  il contenuto è globale: grazie al world wide web, il contenuto può uscire dalla

cultura in cui è stato creato e raggiungerne altre, dando il via ad un processo di continua contaminazione, ed allargando l’audience di un prodotto (Jenkins, 2012);

 il contenuto può essere indipendente: le nuove possibilità offerte dal

crowdsourcing e la relazione con la community permettono ai prosumer di

mantenere indipendente dall’influenza delle industrie i loro prodotti (Jenkins, 2012).

Un’altra teoria che incrocia gli studi di Bruns e Jenkins è quella riguardante la common-

base peer production, sviluppata da Benkler (2002, 2006). Tale teoria descrive un nuovo

modello socioeconomico di produzione in cui il lavoro è portato avanti da gruppi di persone collettivamente, attraverso internet. La conoscenza all’interno di questi gruppi non è di proprietà, ma è condivisa ed accessibile a tutti (Benkler, 2006; Krowne, 2005). Il modello di Benkler si basa su due assunti:

 la produzione peer-to-peer permette ad ognuno di assegnarsi un lavoro in linea con le proprie competenze, i propri desideri e la propria creatività;

 il numero di persone coinvolte permette di differenziare enormemente gli input e gli output del lavoro e di ottenere ritorni sostanziali senza il bisogno di rapporti contrattuali (Benkler & Nissenbaum, 2006).

Come abbiamo visto, la principale motivazione che spinge gli individui a cooperare è la passione per il lavoro e gli argomenti (Tapscott & Williams, 2006). Altri concetti legati alla produzione common-base sono quelli di peer governance, cioè un nuovo metodo di gestione del lavoro bottom-up, in cui le decisioni sono prese da tutti in partecipazione (Kostakis, 2010; Benkler, 2006; Krowne, 2005), e di peer property, che riguarda la natura innovativa delle leggi che tutelano il diritto d’autore, che devono essere inclusive e non esclusive (Benkler, 2006; Bauwens, 2005).

3.2.1.1 Pratiche di produsage

Molte delle piattaforme di aggregazione di informazioni e contenuti nate con il Web 2.0 si basano sul concetto di produsage illustrato da Bruns (2008) e sulla teoria della convergenza di Jenkins (2006). Il primo esempio portato da Bruns per dimostrare l’idea di produsage è Wikipedia, l’enciclopedia online più famosa al mondo, lanciata da Jimmy Wales e Larry Sanger nel 2001. Wikipedia, al contrario di altre enciclopedie classiche che basano il loro contenuto solo sulla parola degli esperti, è creata da tutti gli utenti in una continua cooperazione aperta (Bruns, 2006; Benkler, 2006). Non ci sono leader definiti, e gli utenti possono liberamente cooperare, valutando e aggiustando il lavoro degli altri, imparando e scambiandosi informazioni (Tapscott & Williams, 2006). Un altro celebre esempio di produsage e common-based production è il sistema operativo Linux, collegabile alla filosofia di sviluppo software open-source (Bruns, 2006). Linux venne rilasciato nel 1991 da dall’ingegnere americano Linus Torvalds come una risorsa di free code, in cui tutti gli utenti potevano contribuire al miglioramento del software sotto la guida della open license (Torvalds, 1992). Attraverso la collaborazione e la partecipazione aperta a tutti gli utenti, la qualità del software avanza ad una velocità molto maggiore rispetto ai modelli chiusi (Burns, 2010).

Per citare pratiche più recenti che interpretino i principi del produsage e della common-

based production, possiamo citare diverse app e piattaforme di successo, che hanno

saputo incanalare il lavoro dei prosumer in il modello platform di business, come abbiamo visto nel Capitolo 2 (Moazed 2015; Choudary, 2013). Tra tali piattaforme, che hanno contribuito al successo della app economy (Simon et al., 2014), possiamo citare:

 i diversi social network, il cui uso è oggi diffuso tra miliardi di persone, e che si concentrano sulle connessioni tra gli utenti e il contenuto generato da questi (Burns, 2006), come Facebook, Instagram, Twitter e Tumblr. Tutte queste piattaforme producono e promuovono un ambiente dominato dal produsage, dove gli utenti sono incoraggiati a condividere contenuto e interagire, valutando il contenuto degli altri, a costi praticamente nulli: l’unico requisito è il possesso di un cellulare o di un PC (Burns, 2010; Jenkins, 2006);

 il produsage può riguardare anche contenuto diverso da quello specificamente

software ed ingegneristico. Piattaforme come Airbnb, lanciato nel 2007 (McCann,

divano o un posto in macchina, ad altri utenti, secondo i principi della sharing

economy (Hamari et al., 2016; Ertz et al., 2019);

 una delle novità più importanti che ha riguardato l’attività dei prosumer negli ultimi anni è stata la nascita di siti e piattaforme di crowdfunding, come Kickstarter, Patreon e GoFundMe (Conte, 2017; Burns, 2010). La possibilità di trovare facilmente dei finanziamenti per i loro progetti, o di poter trasformare la loro passione in un lavoro, ha spinto molti content creator, come videomaker, scrittori, musicisti o ingegneri, ad adottare queste piattaforme (Pham, 2013). In cambio dei soldi degli utenti, i content creator si impegnano a sviluppare contenuto aggiuntivo e vantaggi esclusivi per coloro che pagano di più (Conte, 2017).

La nascita e la diffusione di queste social platform ha avuto un grande impatto sulla diffusione del produsage e sulle concezioni della proprietà e dell’uso di contenuti online e condivisi (Bruns, 2006; Jenkins, 2006). Vedremo come questo ha fatto sorgere nuove sfide per il diritto riguardante il copyright e l’applicazione delle leggi sulla proprietà nel prossimo Capitolo.

3.2.1.2 Il prosumer nell’industria videoludica

Alla luce di quanto visto fino ad adesso, è facile inserire le pratiche di modding e le altre attività di creazione di contenuto originale proprie dell’industria videoludica all’interno della più grande cultura del produsage (Hong, 2013; Küklich, 2005; Postigo, 2010; Shivonen, 2011). Come abbiamo visto nel Capitolo 2, il value network costruito attorno all’attività dei modder è ravvicinabile a quello descritto da Bruns (2010). Inoltre, la natura tecnologica della pratica del modding lo rende molto vicino alla cultura open-source e alla common-base peer production descritta da Benkler (2006). All’interno dell’industria videoludica, possiamo riconoscere molte figure di prosumer tradizionali: i content

creator operano su YouTube, su Twitch e sui forum per creare e condividere contenuto

riguardante i prodotti videoludici e diffondere informazione. L’online community videoludica non si distingue, per queste attività, da altre community, come quella dell’industria cinematografica (Shivonen, 2011).

Tuttavia, il modding va oltre la cultura partecipativa di Jenkins (2002) e, forse, va oltre anche al produsage di Bruns (2006). Le mod sono prodotti trasformativi, che modificano un prodotto già esistente, in maniere che risultano impossibili ad altre industrie (Küklich,

2005; Postigo, 2010). In questo senso, i modder non sono semplicemente dei content

creator, ma rappresentano una forza trasformativa che mira a riappropriarsi dei prodotti

videoludici tramite la personalizzazione del contenuto (Jenkins, 2002; Shivonen, 2011). Facendo ciò, si espongono a dei rischi, tra cui quelli legati al rapporto con le aziende e i

publisher, detentori dei diritti e della proprietà intellettuale sui prodotti modificati (Hong,

2013; Coleman & Dyer-Whiteford, 2005). Il rischio principale è che le aziende si approprino del lavoro dei modder, capitalizzando sulla passione dei loro utenti (Küklich, 2005). Tale rischio si inserisce in un discorso più ampio, che riguarda la natura dell’attività del modding e del prosumerismo in generale.