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PARTE SECONDA: IL QUADRO NORMATIVO

CAPITOLO 3 – LE NORME A CARATTERE PROVINCIALE E COMUNALE

1. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTC) venne introdotto con la Legge 142 del 1990 sull’ordinamento delle autonomie locali ed oggi è previsto all’art. 20 del Testo Unico degli Enti Locali. Tale strumento è sempre stato considerato come necessario per il superamento dei problemi causati dalla presenza nel nostro territorio italiano di diversi Comuni di piccole dimensioni. In realtà, nonostante la necessità appena detta, il PTC è stato introdotto piuttosto tardi a causa dell’attribuzione alle Province di funzioni residuali. Ad esse venne successivamente assegnato un ruolo sempre più centrale fino a divenire il soggetto rappresentante degli interessi di una comunità più vasta e ciò ha portato ad essa il riconoscimento di competenza in materia territoriale, prevedendo appunto la possibilità di formare un piano territoriale di coordinamento. Sul punto va detto che questo provocò un intervento della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 343 del 1991, stabilì che l’art. 20 del TU ee.ll (prima art. 15 della L.142 del 1990) nel prevedere il compito di pianificazione a livello provinciale non ha escluso la subordinazione del PTC all’eventuale strumento di pianificazione territoriale regionale.

Un’ulteriore funzione riconosciuta alla Provincia è quella di controllo, laddove affidatagli dalla Regione, attraverso la quale deve verificare che le prescrizioni contenenti nei piani urbanistici comunali vengano rispettate dal piano territoriale di coordinamento provinciale

Il piano territoriale di coordinamento provinciale, ai sensi dell’art. 20 del TU ee. ll, è un piano di direttive che prevede gli indirizzi generali per l’assetto del territorio ed inoltre, sempre in tale articolo, indica i soggetti destinatari del piano che devono conformarsi ad esso. Il PTC, infatti, detta, oltre agli indirizzi di pianificazione generale, anche

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i modi per attuare le scelte provinciali a livello locale, individuando le “invarianti territoriali” che i Comuni devono rispettare in sede di redazione dei propri strumenti urbanistici. Esso rappresenta pertanto un limite alla discrezionalità del Comune in ambito di pianificazione.

Inoltre il D.lgs. 112 del 1998, all’art. 57, stabilisce che le Regioni debbano prevedere con una legge che il PTC abbia il valore e gli effetti dei piani di settore che intervengono per la tutela dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo e delle bellezze naturali. Tutto ciò avviene grazie ad un’intesa tra la Provincia e le amministrazioni competenti, locali o statali che siano. Appare chiaro che tale disposizione abbia come scopo quello di unificare la pluralità dei piani di settore che disciplinano gli interessi differenziati presenti su un territorio, considerato che quest’ultimi spesso costituiscono seri ostacoli a causa della previsione di prescrizioni poco coordinate tra di loro.

Guardando nello specifico il PTC della Spezia, nel paragrafo 2 del capitolo precedente si è fatto cenno all’inserimento, tra il livello regionale e il livello provinciale, delle Città metropolitane, enti sostitutivi delle province in determinate città individuate dalla Legge n.56 del 2014 (Legge Delrio). Dovendo trattare del progetto Waterfront di La Spezia, non essendo quest’ultima compresa tra le città metropolitane, si rimane a livello provinciale trattando del relativo “Piano Territoriale di Coordinamento”.

Il PTC della provincia di La Spezia, nel rispetto del D. Lgs. 267/2000 (art. 20), del D.lgs 112/1998 (art.57) e del Titolo III della L.U.R.83 è stato approvato con Delibera del Consiglio provinciale n.127 in data 12 luglio 2005, rappresentandosi come strumento relativo a

83 Il D.lgs. 267 del 18 agosto del 2000 è noto come “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. Il D.lgs. 112 del 31 marzo del 1998 si intitola “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n.59”.

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“perseguire lo sviluppo del proprio territorio in forme ambientalmente

responsabili e socialmente eque”84. Rispettoso dei principi

fondamentali rilevabili dalla L.U.R. (sussidiarietà, adeguatezza, responsabilità e cooperazione), il PTC fornisce gli “indirizzi strategici

per le politiche e le scelte di pianificazione territoriale, paesistica, ambientale e urbanistica di rilevanza sovracomunale”85.

Sempre nel rispetto della legge urbanistica regionale, al Piano vengono assegnati quattro compiti:

a) guida ed ispirazione per le azioni di conservazione e trasformazione del territorio;

b) indicazione degli obiettivi e delle strategie conseguenti;

c) definizione delle condizioni da rispettare negli interventi territoriali, significativi e non;

d) definizione delle azioni per ottenere il consenso politico ed amministrativo ai progetti.86

Come suggerito dall’art. 21 della L.U.R., il PTC contiene indicazioni di diversa natura. Quelle di “natura argomentativa”, prive di efficacia normativa, sono la base per quelle successive. Quelle di “natura propositiva” forniscono l’orientamento per le azioni di pianificazione e programmazione del livello subordinato, ossia per i Comuni. Le indicazioni di “natura dispositiva/regolamentare”, invece, sono costituite da direttive, rivolte agli atti di pianificazione successivi che impongono la motivazione per un eventuale mancato recepimento, e da prescrizioni, ossia imposizioni vere e proprie per i Comuni nel redigere i propri piani. Quelle di “natura programmatica” servono a trasformare gli obiettivi del Piano in politiche e progetti di intervento, mentre quelle di “natura valutativa”, infine, esplicitano la sostenibilità delle politiche del PTC orientando il monitoraggio successivo.87

84 Art.1.1, comma 1, delle Norme Attuative del PTC. 85 Art.1.1, comma2, delle Norme Attuative PTC. 86 Art.1.3 delle Norme Attuative PTC.

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Interessante ed importante, soprattutto ai fini della presente trattazione, come il PTC si pone nei confronti della pianificazione comunale. Infatti, è chiaramente definito che il PTC, nel rispetto dell’art. 20, comma 1, lett a), della L.U.R. “coordina i contenuti della

pianificazione dei Comuni”, non solo per gli aspetti locali, ma,

soprattutto, per gli effetti sovracomunali, promuovendo la cooperazione e le intese tra i vari enti. È inoltre ben chiarito che, laddove la loro pianificazione incida sul livello provinciale, i Comuni devono adeguarsi alle indicazioni del PTC.88

Analoga azione di coordinamento viene assegnata al PTC nei confronti dei piani di bacino (art.2.1) e dei loro effetti sulla pianificazione locale, che della pianificazione dei parchi (art. 1.6) anche se con l’approvazione dei Piani di Parco le loro disposizioni sostituiscono successivamente quelle del PTC.

Importante per il riflesso sul progetto Waterfront il contenuto degli art. 5.3 e 5.4 dedicati rispettivamente alle aree produttive della filiera del mare ed alle aree produttive portuali. Nel primo caso il PTC riconosce la caratteristica marittima della provincia, con particolare riferimento alle attività produttive che insistono nei comuni del golfo, ossia La Spezia, Portovenere e Lerici. Riferendosi alle pianificazioni comunali, si coglie come obiettivo quello di rendere disponibili per la filiera del mare eventuali aree dismesse o cessate da parte delle attività cantieristiche, militari o nautiche in genere. L’obiettivo citato si tramuta in obbligo per le varianti eventuali di tali piani tanto da precisare che “i

PUC prevedono che ogni eventuale dismissione di attività produttive, civili o militari, avvenga in coerenza con l’indirizzo generale di potenziamento delle attività connesse alla filiera del mare”.89

Determinante, sotto il punto di vista delle imposizioni che vengono poste, quanto indicato dal PTC in merito alle aree produttive

88 Art.1.5 delle Norme Attuative PTC. 89 Art.5.3 delle Norme Attuative del PTC.

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portuali. Si fa riferimento innanzitutto ad una strategia multisettoriale nell’ambito della giurisdizione dell’Autorità Portuale spezzina, con precise indicazioni sul come indirizzare lo sviluppo dei diversi tratti costieri del golfo. Da una crescita di tipo turistico che si integri con le caratteristiche delle borgate marinare del lato occidentale sul golfo (da Portovenere a Marola), si passa all’indirizzo di nuove funzioni urbane turistiche per il tratto di costa cittadino principale, quello tra il Molo Mirabello e Calata Paita, ossia il tratto che dovrebbe essere recuperato alla disponibilità della cittadinanza e che costituisce il principale punto di blocco del progetto Waterfront. Per il porto commerciale vengono definite indicazioni di una crescita sostenibile, e quindi compatibile con la vivibilità per i quartieri adiacenti, nel tratto tra la Calata Paita e il Molo Enel, nonché la realizzazione di nuove funzioni urbane e produttive legate al mare all’altezza del Molo Pagliari, riqualificando anche le varie marine già presenti e consolidando l’aspetto cantieristico fino al Muggiano, integrando tale attività con ulteriori funzioni turistiche fini a Lerici.

Le prescrizioni del PTC rispetto alla crescita del porto commerciale appaiono tassative e improntate alla sostenibilità delle azioni di sviluppo del rispetto della reciprocità compensativa tra le attività portuali e il tessuto urbano. Si definiscono chiaramente i massimi ingombri che il porto commerciale dovrà avere, con obblighi prescrittivi per il Piano Regolatore Portuale, con indicazione specifica sia della creazione della fascia di rispetto tra porto e città che della superficie totale massima del porto stesso, con modalità riferite all’intesa tra Autorità Portuale, Provincia e Comune.

Appare pertanto evidente l’influenza del PTC sulle pianificazioni ad esso subordinate (PUC e PRP) e, di conseguenza, sul progetto Waterfront che identifica in questi tre strumenti pianificatori le proprie principali normative di riferimento.

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