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Il Piano di Bacino della Regione Liguria (Legge regionale n.18 del 21 giugno 1999)

PARTE SECONDA: IL QUADRO NORMATIVO

CAPITOLO 2 – LE NORME A CARATTERE REGIONALE

3. Il Piano di Bacino della Regione Liguria (Legge regionale n.18 del 21 giugno 1999)

Con la legge regionale n.18 del 1999 sono stati previsti i criteri per la formazione di diversi piani di settore, tra i quali i “Piani di Bacino”, demandando alle Provincie il compito di redazione ed approvazione degli stessi tra cui il “Piano di bacino ambito 20 della Spezia” adottato dalla Provincia di La Spezia. Infatti, ai sensi dell’art.1 lo scopo di tale legge è quello di definire “la disciplina generale, gli

obiettivi e l’attribuzione agli Enti locali delle funzioni amministrative in materia di ambiente, bilancio idrico e difesa del suolo, energia al fine di stabilire il riparto, fra le Regioni e gli Enti locali delle funzioni ed attività…”.

Come si può notare la cura degli interessi differenziati insistenti su un determinato territorio, ed in particolare, quella degli interessi di carattere ambientale, viene rimessa ad atti di pianificazione urbanistica- territoriale quali il piano paesaggistico, il piano parco, il piano di bacino idrografico. Questi ultimi, però, sono diversi dagli altri piani urbanistici perché non contengono delle prescrizioni urbanistiche ma prevedono ulteriori precetti che non riguardano la trasformazione fisica del suolo ma la sua tutela. Tali piani contengono al loro interno delle prescrizioni sull’assetto del territorio che resistono alle prescrizioni degli altri strumenti urbanistici se queste sono eventualmente contrastanti con quanto previsto dai piani di settore. Questo principio lo ritroviamo, per esempio, nell’art.17 della Legge 183 del 198981 il quale prevede che le prescrizioni del piano di bacino “hanno carattere immediatamente

vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dello

81 La legge n.183 del 18 maggio 1989 prevede le norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. Infatti ai sensi dell’art. 1 ha come scopo quello di “assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione

del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi”.

61 stesso piano di bacino”.82 Il piano di bacino, pertanto, deve essere

rispettato da tutti gli altri piani urbanistici

In generale, l’art. 17 della legge 183/1999 definisce il piano di bacino come “lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo

mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme di uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque”. Si tratta quindi di un

piano di settore contenente una molteplicità di funzioni tra le quali innanzitutto la funzione tecnico-operativa con cui si prevedono le opere necessarie per lo sviluppo e il riequilibrio territoriale, e le opere per la conservazione del suolo e della tutela dell’ambiente. In secondo luogo una funzione normativa con la quale vengono previste tutta una serie di direttive per la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica e idraulica e per l’uso delle acque e dei suoli che devono essere rispettate dagli altri enti pubblici.

In riferimento al piano di bacino ambito 20 questo prevede, tra le finalità indicate all’art. 1, il compito di perseguire il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche del territorio ed inoltre la programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa dei terreni. Per quanto riguarda l’ambito 20 che comprende il Golfo della Spezia, il piano di bacino all’art. 5 prevede alcuni indirizzi vincolanti tra i quali il divieto di interventi che richiedano ulteriori sbancamenti e riporti che modifichino in maniera negativa la configurazione morfologica attualmente esistente. Le prescrizioni previste all’art. 5, ai sensi dell’art. 19 del piano stesso, prevalgono sulle previsioni previste all’interno degli strumenti urbanistici comunali e vincolano la pianificazione di livello regionale, provinciale e comunale, con effetti di integrazione della stessa, e in caso di contrasto, di prevalenza su di essa.

82 Urbani P., & Matteucci S., “Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti”, Giappichelli, Torino, 2013, p.247-252

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Va infine citata l’importanza del soggetto pubblico sovraregionale che si occupa della formazione del piano di bacino, ossia l’Autorità di bacino, prevista in tutti gli undici bacini nazionali indicati dalla legge 183/1989. Attualmente con il D. Lgs. 152 del 2006 si parla non più di Autorità di bacino ma di “Autorità di distretto”, le cui funzioni sono state estese su tutto il territorio nazionale.

Il procedimento di approvazione di tale piano è piuttosto complesso prevedendo la partecipazione di una pluralità di amministrazioni. L’autorità di bacino innanzitutto propone il piano, per mezzo del proprio organo definito Conferenza operativa (alla quale partecipano le Regioni e le Province autonome formulando pareri sul progetto di piano). Quando il piano viene approvato a maggioranza nella Conferenza istituzionale permanente, l’Autorità di Bacino ne cura anche la pubblicazione. Si prevede inoltre, entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, la possibilità per le parti interessate di partecipare attivamente al riesame e aggiornamento del piano di bacino. Il piano viene adottato dall’autorità di bacino a maggioranza e viene trasmesso al Consiglio dei Ministri il quale dà la propria approvazione dopo aver sottoposto il piano ad una procedura di Valutazione ambientale strategica (VAS). La difficile procedura di attuazione del piano deriva anche dalla complessità contenutistica del piano stesso visti i diversi obiettivi che si prefigge. Su tale aspetto è intervenuto anche il legislatore prevedendo la possibilità che il piano di bacino sia redatto per sottobacini o per stralci relativi ai settori funzionali di riferimento (art.65, comma 8, D.Lgs. 152/2006).

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CAPITOLO 3 – LE NORME A CARATTERE