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Il regime eurounitario degli abusi di mercato

La regolamentazione dei “Market Abuse” ha una lunga storia nell’Unione europea. Si evidenziava da tempo, invero, l’esigenza di evitare una frammentazione del mercato dovuta allo sfruttamento di asimmetrie informative o di comportamenti che provocano distorsioni informative385. Se in un mercato finanziario si diffonde l’idea che alcuni operatori posseggono più informazioni di altri, gli operatori che ricevono le informazioni meno complete sono disincentivati dal partecipare agli scambi, con gli evidenti effetti negativi sulla crescita del mercato stesso.

L’adozione di regole volte ad imporre la pubblicità delle informazioni rilevanti presuppone l’adesione ad una forma di efficienza che implica una valutazione normativa secondo cui solo le informazioni di pubblico dominio influiscono sulla formazione del prezzo386. L’attenzione è dunque incentrata sui meccanismi di mercato che, in presenza di un adeguato livello di informazione, possono portare a risultati soddisfacenti in relazione alla fissazione del prezzo, contribuendo in ultima analisi alla realizzazione dell’efficienza allocativa del mercato stesso. In tale ottica, appare chiara la caratteristica della “impersonalità” propria dell’informazione al mercato finanziario: l’informazione è dovuta al mercato nel suo complesso, mentre non rilevano direttamente per la singola transazione e l’imposizione del relativo obbligo non è volto al superamento di un’asimmetria informativa tra le due parti contrattuali.

Mentre il mercato nel suo insieme è diventato più efficiente a causa della rapida e libera trasmissione delle informazioni, i casi di irrazionalità nel mercato sono divenuti più comuni, o almeno così sembrano essere. Invero, il mercato nel suo insieme o il prezzo di una singola azione possono agire in modo insolito o addirittura irrazionale, creando ad esempio delle “bolle speculative”. Una bolla speculativa si verifica quando il prezzo di mercato di un'azione inizia a scostarsi dal suo valore intrinseco e ciò può avvenire gradualmente o meno. Lo scoppio della bolla, tuttavia, di solito avviene molto rapidamente, nel momento in cui il prezzo di mercato di una 385 M. SEPE, Abusi di mercato, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), Manuale di diritto bancario e

finanziario, Wolers Kluwer- Cedam, 2015, p. 765 ss.

386 Si veda, L. PICARDI, Mercato finanziario e profili di responsabilità da omesse o inesatte

informazioni, in M. RISPOLI FARINA – A. SCIARRONE ALIBRANDI- E. TONELLI (a cura di), Regole e mercato, tomo II, Giappichelli, 2017, pp. 136-137.

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borsa ritorna al suo valore intrinseco ovvero al di sotto di esso. Tale fenomeno è ormai ben noto, ma le ragioni della sua verificazione sono meno chiare387.

I fenomeni relativi ai grandi aumenti dei prezzi seguiti da un crollo nonchè l'irrazionalità generale dei mercati finanziari e di altri mercati economici, sono stati da tempo individuati. È stato documentato che numerose crisi finanziarie si sono susseguite in tutto il mondo a partire dal 1618 fino ai primi anni del XXI secolo. Probabilmente una delle prime crisi più celebri è avvenuta nel Seicento in Olanda quando il prezzo dei bulbi dei tulipani, dopo una crescita esponenziale, crollò tanto rapidamente da comportare un vero e proprio “crash” finanziario (c.d.

Tulipmania)388.

Per tali ragioni, si è andata sempre più affacciando l’idea di punire le asimmetrie informative, in modo da evitare distorsioni nel mercato e, in ultima analisi, ingiuste speculazioni.

Anche sul piano economico, si è ritenuto utile, se non necessario, punire gli abusi di mercato visto il loro costo per il mercato e per la società. Secondo le stime della Commissione Europea, è stato ritenuto che i market abuse equivalgano ad un costo congiunto di 0,0721 per cento del volume delle transazioni389. La Commissione ha affermato che il valore totale dei market abuse nel 2010 (precisamente insider trading e manipolazione del mercato) in termini di volume di transazioni, fosse nell’Eurozona di 13,3 bilioni- un valore che si considera sottostimato rispetto al costo totale degli abusi in tutti i mercati finanziari europei, dal momento che si basa unicamente sulla valutazione degli equity market.

L’idea iniziale di regolamentare il mercato fu proposta a partire dagli anni ’60 nel “Segrè Report” del 1966, il quale tuttavia si limitò ad analizzare la situazione del mercato di capitali europeo in quel periodo390. La prima vera e propria regolamentazione dei Market Abuse nell’Unione Europea si ebbe, invece, nel 1979 con la “Stock Exchange Listing Directive” (79/279/EEC), la quale introdusse all’art. 17 l’obbligo di “disclose” in relazione ad singoli importanti avvenimenti. Il passo successivo fu la “Insider Dealing Directive” (1989/592/EEC) del 1989, la quale

387 Così P. BARNES, Stock Market Efficiency, Insider Dealing and Market Abuse, Gower, 2009, pp. 63-64.

388 C.P. KINDLEBERGER – R.Z. ALIBER, Manias, Panics and Crashes. A History of Financial

Crises, Palgrave, 2005, p. 99 ss.

389 European Commission, Staff Working Paper Impact Assessment, SEC, 2011, p. 200.

390 European Commission, The Development of a European Capital Market – Report of a Group of Experts Appointed by the EEC Commission (1966).

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tuttavia, al contrario del “Market Abuse Regulation”, si focalizzò soltanto sulla definizione e sul divieto di insider trading.

Ad ogni modo, la prima importante legislazione riguardante non solo l’insider trading ma anche altri aspetti degli abusi di mercato fu la prima “Market Abuse

Directive” (2003/6/EC), la quale costruì una cornice ampia e completa per la

regolamentazione degli abusi di mercato. Tuttavia, nel momento in cui doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali di ogni Stato membro, sorsero enormi differenze circa l’applicazione delle disposizioni in esame.

Tali differenze ebbero - ed hanno tuttora in alcuni casi - un impatto negativo sull’integrità del mercato e sulla protezione degli investitori. Tale mancanza di uniformità e l’ambito limitato di applicazione della regolamentazione nonché la crisi finanziaria del 2007/2008 portarono, alla fine degli anni 2000, ad una discussione sulla riforma della direttiva, la quale si concluse con l’emanazione del Regolamento che stabilì una comune cornice regolatoria sugli abusi di mercato.

Per ciò che attiene al delitto di “market manipulation”, per il diritto dell’Unione europea si trattava di una novità giacché la “Insider Trading Directive” (1989/592/EEC) disciplinava unicamente l’ipotesi di insider trading. Il primo atto di legislazione europea riguardante la manipolazione del mercato fu stesa dal “Forum Of

European Securities Commission” (FESCO) nel 1999, la quale sviluppò un primo

abbozzo di definizione di abuso di mercato. Sempre nel 1999, la Commissione pubblicò il suo piano d’azione sullo “Implementing the Framework for Financial

Markets”, discutendo sull’emanazione di una direttiva che includesse, tra le altre cose,

il reato di manipolazione del mercato. Oltretutto, il “Final Report of the Committee of

Wise Men on the Regulation of European Securities Markets” (c.d. Lamfalussy

Report) del 2001 segnalò come il mercato comune avesse bisogno di una chiara e concisa definizione di manipolazione del mercato, specialmente per il fatto che tale reato era completamente sconosciuto nel diritto nazionale di alcuni Stati Membri.

Sulla base di questi reports, la Commissione pubblicò il suo primo disegno per una direttiva sul Market Abuse nel maggio 2001, che fu in seguito adottata come “Market Abuse Directive” o MAD I (2003/6/CE). La MAD I richiese agli Stati membri di predisporre un illecito amministrativo o civile per l’abuso di mercato il quale fu modellato in parte sul regime degli abusi di mercato adottato dalla Regno Unito. Nella Direttiva è stato affermato che l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato sono da ostacolo alla reale e piena trasparenza del mercato,

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che è il requisito fondamentale perché tutti gli operatori economici siano in grado di operare su mercati finanziari integrati (considerando 15).

Quanto alla manipolazione del mercato, in forza dell’art. 5, gli Stati membri furono obbligati a reprimere ogni individuo dall’alterare il mercato finanziario. In particolare, l’art. 1 prevedeva una definizione generale di manipolazione del mercato, seguendo la tradizionale distinzione tra “transaction-based market manipulation” e “information-based market manipulation”.

Tuttavia, l’impatto pratico della direttiva fu piuttosto limitato. In particolare, durante la crisi finanziaria e visti alcuni scandali che si verificarono nel mercato dei capitali di alcuni Stati membri, si comprese che un certo numero di condotte e tecniche di trading non rientravano in tale disposizione (come ad es. lo “short selling”).

Dati questi problemi, nell’ottobre 2011 la Commissione pubblicò un disegno per un “Market Abuse Regulation” al fine di sostituire la direttiva del 2003. Anche questa nuova stesura seguì la distinzione precedentemente accennata. La Market Abuse

Regulation o MAR è entrata in vigore il 2 luglio 2014, ma larga parte del regolamento

ebbe effetto solo a partire dal 3 luglio 2016391. Il Regolamento, che ha abrogato completamente la precedente direttiva del 2003, ha l’intento di stabilire un’interpretazione più uniforme del quadro dell’Unione in materia di abusi di mercato, definendo più chiaramente le regole applicabili in ciascun Stato membro.

Più in particolare, nel Regolamento ritroviamo le quattro forme differenti di manipolazione del mercato sviluppate dalla disciplina di “capital market”392. Queste

sono la “information-based manipulation”, la “transaction-based manipulation”, lo “short selling” e altre forme di manipolazione393.

Ciò che risulta più complicato nei casi di manipolazione di mercato è capire se sussista o meno un livello artificiale di prezzo delle azioni, dal momento che ciò presuppone la determinazione di un giusto ed esatto prezzo di mercato degli strumenti finanziari. Nei casi di “information based manipulation”, tale determinazione risulta più semplice, poiché rileva solo un’enorme crescita o caduta del prezzo dello strumento finanziario nel mercato collegata con la diffusione di segnali falsi o

391 Per un’approfondita ricostruzione delle vicende europee, v. S. MOCK, History, Application,

Interpretation, and Legal Sources, in M. VENTORUZZO – S. MOCK, Market Abuse Regulation. Commentary and Annoteted Guide, Oxford University Press, 2017, p. 9.

392 Si veda anche N. MOLONEY, EU Securities and Financial Markets Regulation, Oxford University Press, 2014, p. 740 ss.

393 S. MOCK, The Concept of Market Manipulation, in M. VENTORUZZO – S. MOCK, Market Abuse

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ingannevoli. Tuttavia, la determinazione del prezzo giusto rispetto al prezzo artificiale, pur risultando molto difficile e talvolta anche impossibile da stabilire, non è sempre necessaria. Nella “transaction-based manipulation”, infatti, è sufficiente che il soggetto agente abbia posto in essere una condotta manipolativa in generale.

Sebbene il legislatore europeo abbia disciplinato il regime degli abusi di mercato attraverso un regolamento, molti aspetti cruciali del nuovo regime sono governati dal “Market Abuse Directive on Criminal Sanctions” o MAD II (2014/57/EU). Il legislatore europeo, infatti, ha evitato di includere alcuni aspetti all’interno del Regolamento e ha deciso di inserirle in una direttiva - approccio considerato spesso insufficiente – in ragione del fatto che l’Unione europea possiede soltanto una competenza indiretta in materia penale. Invero, in forza dell’art. 83, § 1 TFUE, il legislatore europeo può solo stabilire, mediante direttive, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave (inserite in un elenco tassativo che comprende nove materie) che presentano una dimensione transnazionale.

Il paragrafo 2 dell'art. 83 TFUE conferisce all'Unione il mandato di adottare direttive per stabilire norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni laddove il ravvicinamento delle disposizioni nazionali si rilevi indispensabile per garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione394.

Dunque, ai sensi dell'art. 83 TFUE, al fine di armonizzare il diritto penale sostanziale, solo le direttive possono essere utilizzate. Una direttiva è vincolante per quanto riguarda il risultato da raggiungere per ogni Stato membro destinatario, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi395. Le direttive volte ad armonizzare il diritto penale devono essere adottate sulla base di una proposta della Commissione o su iniziativa di un quarto degli Stati membri (art. 76 TFUE)396.

L'Unione utilizza lo stesso meccanismo di ravvicinamento tra singoli ordinamenti che ha praticato nel corso degli anni in altri settori, come ad esempio in quello del mercato interno. Tuttavia, in relazione alle definizioni di reato nascono forti

394 In relazione ai rapporti tra diritto penale e diritto dell’Unione europea si vedano G. MARINUCCI- E. DOLCINI – G.L. GATTA, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, p. 49 ss.

395 V. L. DANIELE, Diritto dell’Unione europea, Giuffrè, 2018, p. 241 ss.

396 S. SUMMERS – C. SCHWARZENEGGER – G. EGE – F. YOUNG, The Emergence of EU Criminal

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discordanze ed evidenti disomogeneità. Ciò è avvenuto altresì in tema di abusi di mercato.

Nel caso di “Spector Photo”397, la Corte ha stabilito che, posto che l'obiettivo della direttiva del 2003 sull'insider trading e sulla manipolazione del mercato era quello di garantire l'integrità dei mercati finanziari e la fiducia degli investitori in tali mercati, se la condotta incriminata fosse stata subordinata all'esistenza di un elemento aggiuntivo (in questo caso psicologico), si sarebbe indebolita l’armonizzazione tra i singoli ordinamenti statali. In sostanza, la Corte ha ritenuto che gli Stati membri non dovessero attuare la direttiva in modo più rigoroso. L'armonizzazione minima è la massima armonizzazione in questo contesto e non conferisce agli Stati alcun potere discrezionale per discostarsi dalla direttiva. Tuttavia, è bene evidenziare che tale conclusione non dovrebbe essere considerata l’approccio generale della Corte: il modo in cui la Corte interpreta il termine “minimo” dipende invero dall'oggetto o dallo spirito dello strumento e dal contesto più ampio del mercato interno e dell'area di riferimento398.

Ed allora, in forza dell’art. 5, § 1 della direttiva del 2014, gli Stati membri sono unicamente obbligati ad assicurare che la manipolazione del mercato sia trattata come un illecito penale solo nei casi gravi e quando le condotte manipolative siano state commesse con dolo.

Sebbene la manipolazione del mercato sia definita all’art. 12 del regolamento e vietata dall’art. 5, par. 1 della direttiva del 2014, quest’ultimo prevede una diversa definizione della manipolazione quale elemento del reato. Tale differenza risiede nel fatto che, per gli obiettivi del diritto penale è necessario un approccio più stringente, al fine di rispettare il principio generale di legalità e di determinatezza. L’art. 5, come detto, richiede solo agli Stati membri di disciplinare il reato di manipolazione del mercato nei casi seri di manipolazione e quando questa sia commessa intenzionalmente. La gravità della manipolazione è definita all’inizio della direttiva del 2014 (considerando 12), “in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto

sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato, dell’alterazione del valore dello strumento finanziario o del contratto a pronti su merci ovvero l’ammontare dei fondi

397 Corte di Giustizia europea, Spector Photo Group NV e Chris Van Raemdonck v. Commissie voor het

Bank-, Financie- en Assurantiewezen, 23 dicembre 2009, Causa C-45/08.

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utilizzati in origine oppure quando la manipolazione è commessa da soggetti impiegati o che lavorano all’interno del settore finanziario ovvero presso un’autorità di vigilanza o di regolamentazione”.

In conclusione, il regime di abusi di mercato dell'UE, che vieta sia l'abuso di informazioni privilegiate sia la manipolazione del mercato, è caratterizzato da complesse norme di legge che sposano prescrizioni tecniche con esenzioni, “defences” e “safe harbours”399.

Da ultimo, è bene sottolineare che a partire dal 3 gennaio 2018, in tutti i paesi dell’Unione europea devono applicarsi una nuova direttiva (MiFID II) ed un nuovo regolamento (MiFIR). La direttiva precedente “MiFID o Markets in Financial

Instruments Directive” (2004/39/EC) è stata applicata dai Paesi dell’Unione europea

a partire da novembre 2007. Fu il fondamento della regolamentazione europea dei mercati finanziari giacché tentò di aumentare la competitività degli stessi creando un unico mercato per i servizi e le attività di investimento ed assicurando un alto livello di protezione per gli investitori in strumenti finanziari. Nell’ottobre del 2001 la Commissione europea ha poi adottato una proposta legislativa di revisione della MiFID che ha preso la forma di una nuova direttiva ed un nuovo regolamento. Dopo più di due anni di dibattito la “Directive on Markets in Financial Instruments” e il “Regulation on Markets in Financial Instruments”, comunemente chiamati MiFID II e MiFIR, sono stati adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

Tale nuova cornice normativa ha lo scopo di potenziare la protezione verso gli investitori e di rendere più efficiente e trasparente il funzionamento dei mercati finanziari400.

3.2. Quadro normativo ed evoluzione storica della disciplina italiana