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La necessaria estensione del principio: “Fair Imputation Principle”

1.3. Il problema del rispetto del generale principio di offensività

1.3.2. The Harm Principle nel diritto anglosassone

1.3.2.4. La necessaria estensione del principio: “Fair Imputation Principle”

È stato evidenziato che l’Harm Principle è al contempo sotto-inclusivo (“underinclusive”), dal momento che non può includere tutti tipi di condotta che dovrebbero essere criminalizzati e al tempo stesso è sovra-inclusivo (“overinclusive”), perché rende punibili tipi di condotta che non dovrebbero essere puniti146.

Come visto, ben si comprende come il concetto di offesa -il cuore dell’Harm

Principle- è un concetto lontano dall’essere chiaro nel suo significato. Ci si chiede, in

particolare, se un’offesa è un danno ovvero se un danno alle future generazioni può considerarsi tale e, da ultimo, se i “danni potenziali” siano veri e propri danni («Is

offence harm? Is harm to future generations harm? Are potential harms harm?»)147. Cosa succede se la condotta in sé per sé non è dannosa, ma porta con sé il rischio di causare un danno? Per alcuni autori sussistono gravi inconvenienti nell’accettare i “potential harms” quali veri e propri danni, giacché ogni tipo di attività può considerarsi in ultima analisi potenzialmente dannosa148.

Ulteriore problematica consiste nel fatto che il diritto penale non ha solamente a che fare con la causazione di danni diretti ad altre persone, ma proibisce, ad esempio,

142 M.S. MOORE, Placing Blame, Oxford University Press, 1997, p. 16.

143 S.E. MARSHALL – R.A. DUFF, Criminalization and Sharing Wrongs, in The Canadian Journal of

Law and Jurisprudence, 1998, pp. 7-22.

144 In generale sull’argomento, T. NAGEL, Mortal Questions, Cambridge University Press, 2012, p. 24 ss.; B. WILLIAMS, Moral Luck, Cambridge University Press, 1981, p. 20 e ss.

145 A. CORNFORD, Resultant Luck and Criminal Liability, in R.A. DUFF – L. FARMER – S.E. MARSHALL – M. RENZO – V. TADROS (edited by), The Structures of the Criminal Law, Oxford University Press, 2012, p. 36 e ss.

146 R.A. DUFF – L. FARMER – S.E. MARSHALL – M. RENZO – V. TADROS, The Boundaries of

the Criminal Law, Oxford University Press, 2010, p. 20.

147 J. HERRING, Criminal Law. Text, Cases, and Materials, Oxford University Press, 2008, p. 22 ss. 148 J. HERRING, Criminal Law. Text, Cases, and Materials, cit., p. 22 ss.

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anche la causazione di danni allo Stato, alla morale pubblica e all’ambiente. In tali casi, sarebbe necessario calcolare la gravità del danno che la condotta ha causato.

Si è detto che il diritto penale dovrebbe cercare di punire solo le condotte che causano “harm to others” e non condotte che pongono in pericolo altri. Vi sono tuttavia molti reati che non causano “harm to others”. Il Terrorism Act del 2006, ad esempio, ha creato il reato di “glorificazione del terrorismo”: un sintagma vago, ma che non richiede che alcuna vittima sia ferita o uccisa. Nessuno poi deve essere danneggiato negli “inchoate offences” come il tentativo o la guida pericolosa ed esiste un vivace dibattito sui c.d “victimless offences” come il possesso di marijuana, anche se alcuni “victimless offences” sono trattati come i reati in cui un danno effettivo vi è stato149.

Molta dell’attrattiva dello Harm Principle risiede nella sua facile applicazione nei confronti di reati di danno verso singoli individui. Quando si applica a danni “con vittima” anche l’attribuzione della responsabilità penale sembra un’operazione alquanto lineare, dato lo stretto legame tra la condotta colpevole del soggetto agente e l’evento dannoso.

Viceversa, in relazione ai “remote harms” appare più difficile ritenere penalmente responsabile un individuo per le possibili conseguenze dannose della sua azione. Come è possibile imputare un danno remoto ed eventuale ad un dato soggetto? Anche quando la condotta antigiuridica è posta in essere intenzionalmente o quando aumenta empiricamente il rischio di eventuali conseguenze dannose, è necessario determinare se ed in che modo tali conseguenze dovrebbero essere imputate soggettivamente al soggetto agente. Tale è l’idea di “fair imputation”.

Nel suo scritto Von Hirsch ha tentato di dimostrare l’importanza dello sviluppo dei “Fair imputation Principles” quando si ha a che fare con i “remote risks”. Tale principio nasce dalla distinzione esistente tra gli illeciti penali applicabili alla collettività generalmente intesa e quelli che hanno a che fare con soggetti più specializzati. Per quel che concerne gli illeciti che cercano di prevenire i “remote

harms”, è importante rinforzare questa distinzione.

Inoltre, distinguendo tra misure penali generali e speciali si può anche attenuare il problema dell’utilizzo dei reati seriali (cumulative prohibitions). In altre parole, può la nozione di “fair imputability” dare supporto alla distinzione tra responsabilità generale e speciale? È vero che sussistono alcuni basilari doveri di cooperazione che

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ognuno deve rispettare in quanto cittadino, ma, al di là di questi doveri, la responsabilità di cooperare nel prevenire “remote harms” dovrebbe essere legata al ruolo che si ha all’interno della società. Nella concezione dell’imputabilità legata al ruolo, il dovere di cooperare per prevenire un eventuale rischio sembra ricadere, più logicamente, su coloro che sono più strettamente associati alla attività coinvolta150.

Ed allora, seguendo tale visione, l’ambito dei reati generali dovrebbe essere limitato: la condotta dovrebbe essere sufficientemente reprensibile per la sua illeceità da essere evidente alle persone ordinarie. Sarebbero inclusi i reati “mala in se” di ordinaria vittimizzazione, più le violazioni di alcuni basilari doveri pubblici. Viceversa, l’ambito dei reati che attengono alle attività specializzate non dovrebbero essere grandemente limitati. Potrebbero essere puniti sia gli “accumulative harms” che i reati di pericolo astratto. Tuttavia, dovrebbero essere ancora riconosciuti anche i vincoli della “giusta imputazione”: se non possono essere fornite giuste motivazioni per giudicare colpevole il soggetto per l’eventuale danno, allora il reato non dovrebbe sussistere.