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La necessaria estensione del principio: “Principle of Welfare”

1.3. Il problema del rispetto del generale principio di offensività

1.3.2. The Harm Principle nel diritto anglosassone

1.3.2.5. La necessaria estensione del principio: “Principle of Welfare”

Come si è visto, secondo la tradizionale visione liberale, un’estesa nozione di “danno-offesa” indebolisce in modo significativo l’Harm principle nel suo significato di massimizzare la libertà e di frenare il potere statale. In aggiunta ai problemi di indeterminatezza ed elasticità, un altro limite del principio è che possiede una natura principalmente antropocentrica. Ciò significa, ad esempio, che è difficile giustificare i divieti penali laddove le condotte causino danni all’ambiente ma senza effetti dannosi sulle persone151.

Invero, il suo fulcro individualistico tende a confinare il diritto penale a valutare la prevenzione di danni verso individui piuttosto che prevenire danni verso l’intera società o singoli gruppi.

Come risorsa normativa per il diritto penale, il principio opera come una guida

ad excludendum. Spiega perché certe attività non dovrebbero essere punite, ma non

spiega perché altre dovrebbero esserlo. Non sussistono problemi soltanto nel definire il concetto di “harm”, ma lo Harm principle è altresì difficilmente descrittivo del

150 A. von HIRCH, Extending the Harm Principle: “Remote Harms” and Fair Imputation, in A.P. SIMESTER – A.T.H. SMITH, Harm and Culpability, Oxford University Press, 1996, p. 272.

151 S. BRONITT, B. MCSHERRY, Principles of Criminal Law, LBC Information Services, 2001, pp. 49 e ss.

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diritto penale moderno. Ciò nonostante, tale principio mantiene un’enorme influenza nel dibattito all’interno del diritto penale.

Il problema sorto nelle società moderne consiste nel fatto che il diritto penale punisce un più vasto ambito di comportamenti criminosi, facendo largo uso di illeciti minori aventi ad oggetto eventi remoti che possono porre in pericolo il regolare svolgimento di alcune attività (come per esempio la regolazione finanziaria). E tali regolamentazioni si ritengono necessarie nella misura in cui il funzionamento della società moderna fa adeguate previsioni per la realizzazione dei propri obiettivi individuali e sociali (basic to proper social functioning).

Tra questi illeciti minori, molti sono “regulatory offences” (il diritto penale sanzionatorio), i quali proibiscono condotte che non causano “direct harm to others”, mentre altri reati puniscono condotte che causano solamente danni indiretti.

Essi, infatti, hanno spesso a che fare con l’omesso rispetto delle disposizioni disciplinate dalle agenzie di settore. Qui il diritto penale è spesso invocato come un settore del diritto utile e rapido nel rinforzare il sistema di regolamentazione amministrativa. Tale scopo, tuttavia, non consente di affermare se l’azione o l’omissione abbia raggiunto o meno un sufficiente livello di offesa sociale tale giustificare l’intervento della sanzione penale.

Si è evidenziato che sarebbe sufficiente accettare con cautela la suddivisione dei reati in “real” e “regulatory offences” quale base per decidere dove il confine del diritto penale dovrebbe risiedere152.

Nel Regno Unito, il diritto penale include molte offese non classificabili come reati, anche se la colpevolezza è frequentemente non identificabile, trattandosi spesso di strict liability. Gli illeciti sanzionatori a responsabilità oggettiva sono accompagnati di solito da pene severe. Qui la violazione consiste in una condotta che è penalmente rilevante semplicemente perché è stata proibita (per esempio nei reati contro la salute): si tratta, come si vedrà, dei reati di “mala prohibita” (cfr. § 2.6.5.).

Sia il danno che il torto (wrongdoing) sono utilizzati per giustificare i reati sanzionatori per il rischio che essi causano al benessere di una società e all’interferenza delle libertà altrui. Tuttavia, è necessario chiedersi se attualmente è necessario rafforzare il diritto penale sanzionatorio piuttosto che la compagine degli illeciti civili o amministrativi. Ciò è particolarmente vero nella concezione di Mill la quale richiede

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la necessità di un danno serio e grave per giustificare l’imposizione di una sanzione penale. Ad ogni modo, l’idea che gli illeciti sanzionatori non siano veri e propri reati implica talvolta un giudizio carico di valore (value-laden judgement)153.

La tradizione individualistico-liberale ha seguito l’approccio di Mill nel proclamare che l’unica ragione accettabile per criminalizzare un comportamento è che questo causi “harm to others”. Secondo questo punto di vista, la legge dovrebbe rispettare l’autonomia di ciascun individuo sopra ogni cosa.

È incerto se tale argomentazione possa avere sempre successo: quando il concetto di danno viene esteso per coprire il rischio di un danno indiretto, il principio di Mill risulta inadeguato. A tal proposito è stato teorizzato un altro principio: si tratta del “Principle of Welfare” di Nicola Lacey154. Il concetto di welfare si riferisce a quei

valori, bisogni e interessi che una società - mediante il suo procedimento democratico- ha deciso essere fondamentali per il suo funzionamento. Le considerazioni sul benessere influenzano anche le decisioni nell’ambito del diritto penale. Sebbene rimanga da decidere come le violazioni di queste norme dovrebbero essere punite, la legittimazione di una qualche criminalizzazione sulla base del “welfare” non può essere messa in dubbio155.

Anche Ashworth afferma che il dibattito sulla legge e la morale dovrebbe essere vista soprattutto in termini di interazione tra una visione liberale e individualistica, che promuova l’autonomia, e una concezione più sociale di benessere. Mentre le questioni relative a “law and morals” sono state attratte dall’importante dibattito accademico e non solo, la più ampia e profonda questione sulla gravità dei reati ha ricevuto minore attenzione. Sebbene sia difficile ricercare una esatta gerarchia dei reati- in relazione alla loro gravità - anche all’interno di una società omogenea, è possibile fare alcuni progressi nella teoria di questi rilevanti argomenti.

153 J. LOVELESS, Criminal Law: Text, Cases, and Materials, Oxford University Press, 2016, p. 5. 154 N. LACEY, State Punishment: Political Principles and Community Values, Routledge, 1988; N. LACELY – C. WELLS, Reconstructing Criminal Law, Butterworths, 1998.

155 A. BRUDNER, Agency and Welfare in the Penal Law, in S. SHUTE, J. GARDNER, J. HORDER (edited by), Action and Value in Criminal Law, 1993.

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CAPITOLO SECONDO

IL MODELLO DEL REATO DI PERICOLO

2.1. Premessa: origini del concetto di pericolo