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Recupero del principio attraverso il c.d criterio teleologico

2.5. Pericolo astratto e limiti soglia: l’esempio delle “False comunicazioni sociali”

2.5.2. Argomenti contrari alla configurazione dei reati di pericolo astratto

2.4.3.2. Recupero del principio attraverso il c.d criterio teleologico

Orbene, il recupero dell’offensività attraverso l’utilizzo dell’art. 49, comma 2 c.p. consiste in una tesi poco accolta dalla giurisprudenza. La strada indicata dalla 297 Si veda G. NEPPI MODONA, voce: Reato impossibile, in Dig. disc. pen., vol. XII, Torino, 1996, p. 260 ss.

298 Così S. CANESTRARI, voce: Reato di pericolo, cit., p. 8.

299 Come sottolinea F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 210-211, in un sistema incentrato sul principio di offensività (…) l’idea di un fatto tipico ma inoffensivo è una contraddizione in termini.

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giurisprudenza della Corte Costituzionale300, con un indirizzo pressoché ventennale, consiste nell’interpretazione e nell’applicazione “in chiave di offesa” delle fattispecie di pericolo astratto. Ciò che emerge dalle sentenze della Corte è l’affermazione della struttura “composita” del principio di offensività, il quale, anche in relazione ai reati di pericolo astratto, opera su un duplice livello. La condotta è punibile in quanto, in primo luogo, risulti oggettivamente pericolosa per un bene giuridico e, in secondo luogo, in quanto realizzi nel caso concreto il pericolo descritto nella norma incriminatrice301.

Per quel concerne il primo livello di operatività del principio di offensività, la Corte Costituzionale302 ha affermato che le fattispecie di pericolo astratto non sono incompatibili in linea di principio con il dettato costituzionale. Il principio in esame, secondo l’interpretazione della Corte, consiste in un controllo di discrezionalità del legislatore nella scelta del ricorso a tali modelli delittuosi: ciò che importa è che la scelta non risulti viziata da «manifesta irragionevolezza o arbitrarietà», ma sia il frutto di rigorosi apprezzamenti fondati sull’esperienza. È necessario che la valutazione della pericolosità della condotta descritta dalla fattispecie si basi su “regole di esperienza” (rectius su “leggi scientifiche”). In realtà la Corte nulla dice dei casi in cui si possa parlare di “manifesta irragionevolezza o arbitrarietà”. È possibile ipotizzare, tuttavia, che sia prospettabile quando, per un verso, la valutazione di pericolosità non si basi su leggi scientifiche e, per altro verso, quando la possibilità che ad una certa condotta si accompagni un dato pericolo sia assolutamente remota.

Per quel che riguarda il secondo livello di operatività, vale a dire l’idea secondo cui si può punire una condotta unicamente quando l’offesa prevista in astratto dal legislatore si sia realizzata anche nella situazione concreta, il principio di offensività obbligherebbe il giudice ad interpretare la fattispecie in chiave teleologica. Questo è il modello prospettato dalla giurisprudenza ed utilizzato in tutto il sistema penale italiano303. La giurisprudenza, infatti, predilige il recupero dell’offensività del

300 Cfr. Corte Cost.,11 luglio 1991, n. 333, in Foro it., 1991, I, p. 2628 ss., con nota di G. FIANDACA; Id.,18 luglio 1997, n.247, in Giur. cost., 1997, p. 2328 ss.; Id., 21 novembre 2000, n. 519, in Giur. cost., 2000, p. 4069 ss.

301 Così M. CATENACCI, I reati di pericolo presunto tra diritto e processo penale, cit., p. 1426. 302 Così, in particolare, Corte Cost., 11 luglio 1991, n. 333, cit. e Corte cost. 20 maggio 2016, n. 109, in

Cass. pen., 2016, p. 3192, con osservazioni di E. APRILE.

303 Da ultimo, in tema di disastri, la Corte di legittimità ha affermato che ai fini della configurabilità del delitto di disastro colposo, costituente un reato di pericolo astratto, vada comunque accertata l’offensività in concreto del fatto, verificando, con giudizio ex ante se, alla luce degli elementi concretamente determinatisi, dell’espansività e della potenza del danno materiale, il fatto fosse in grado

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comportamento attraverso l’arricchimento semantico dei termini utilizzati dal legislatore. La Consulta precisa come il principio di offensività sia un «canone ermeneutico» da cui scaturirebbe un dovere di valutazione della pericolosità in concreto, tesa ad evitare «una arbitraria ed illegittima dilatazione della sfera dei fatti da ricondurre al modello legale»304. In aggiunta, chiarisce che quella valutazione va, in ogni caso, ricondotta alla più generale valutazione di tipicità del fatto storico. Tale ricostruzione evita il rischio, precedentemente analizzato, dell’eccessiva discrezionalità del giudice derivante dal recupero dell’offensività attraverso il c.d. reato impossibile.

Per argomento teleologico, o della ratio legis, a una disposizione va attribuito il significato corrispondente non alla soggettiva intenzione del legislatore, bensì alla funzione oggettivamente svolta dalla disposizione - o comunque razionalmente attribuibile alla stessa. L’argomento teleologico ammette anche un’interpretazione “evolutiva”: un’interpretazione cioè che ne adegui il significato al cambiamento nel tempo della funzione svolta305.

Secondo il c.d. criterio teleologico di interpretazione della fattispecie, il giudice deve interpretare i termini utilizzati dal legislatore nella norma incriminatrice, attribuendo loro una pregnanza di tipo semantico e con riferimento ai beni o interessi tutelati. In dottrina si ritiene che il riferimento al bene giuridico concorra a delimitare la sfera del penalmente rilevante: nell’interpretazione di norme incriminatrici, infatti, vanno escluse soluzioni esegetiche che includano nella fattispecie fatti non offensivi dell’interesse tutelato306. Attraverso tale criterio, dunque, si limita la fattispecie ai soli

fatti che sono concretamente lesivi del bene giuridico.

Un esempio, in tal senso, può essere dato dal reato di incendio di cui all’art. 423 c.p., che prevede la sanzione penale per «chiunque cagiona un incendio…». Il termine “incendio” utilizzato dal legislatore può essere interpretato in vari modi, facendo rientrare nella fattispecie tipica anche il caso di taluno che dia fuoco ad un giornale in mezzo alla strada. Tale caso sembra lontano dal costituire un pericolo per la pubblica incolumità. Orbene, nel rispetto del c.d. criterio teleologico, il giudice al

di esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero potenzialmente indeterminato di persone (Sez. IV, 14 novembre 2018, n. 14263, in C.E.D. Cass., n. 275364).

304 Corte Cost. 11 luglio 2000, n. 263, in Giur. cost., 2000, p. 2069, con note di SALERNO- FERRARA. 305 M. BARBERIS, Filosofia del diritto. Un’introduzione teorica, Giappichelli, 2003, p. 269.

306 In questi termini cfr. F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Giuffrè, 1983, p. 103.

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fine di recuperare l’offensività di tale reato di pericolo astratto, interpreterà il termine “incendio” con “fuoco di vaste dimensioni”307. Anche la Corte Costituzionale ha

sottolineato che «per incendio- ai fini dell’art. 423 c.p.- sono richieste la vastità, la violenza, la capacità distruttiva, la diffusibilità del fuoco»308. Pertanto, attraverso il carattere pregnante dell’espressione “incendio” si circoscriverà la punibilità unicamente alla verificazione di azioni concretamente pericolose per la pubblica incolumità. L’interpretazione teleologica dovrà tenere conto non solo del telos, del fine, cui tende il ricorso allo strumento penale, ma anche dei controinteressi che si oppongono a tale strumento o ne sollecitano la delimitazione309.

2.6. I reati che anticipano la tutela penale o a carattere preventivo nel