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L’accertamento del pericolo concreto: brevi cenni e rinvio

2.3. La qualificazione dei reati di pericolo nella dogmatica giuridica italiana: il pericolo

2.3.3. L’accertamento del pericolo concreto: brevi cenni e rinvio

Il pericolo concreto esige un accertamento ex ante o di prognosi postuma, a differenza dei reati di lesione/danno in cui il giudizio è ex post. Ciò significa che il giudice deve fare un “viaggio nel passato”, riportandosi idealmente al momento in cui si è verificata l’azione o l’evento la cui pericolosità si deve accertare.

Per poter formulare tale prognosi è necessario altresì stabilire il momento, la base e il metro del giudizio.

238 A. GARGANI, Il danno qualificato dal pericolo, cit., p. 406.

239 Diversamente, il legislatore ha inteso punire le morti e le lesioni espressamente nel delitto di inquinamento di cui all’art. 452- ter c.p.

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Quanto al momento del giudizio, come si affronterà amplius in tema di manipolazione di mercato (cfr. § 3.4.), all’interno della tradizionale prognosi ex ante, può cambiare il momento in cui far retrocedere il giudizio a seconda delle differenti posizioni che il pericolo occupa all’interno della fattispecie tipica. Il giudizio sarà retrocesso al momento della condotta nei reati in cui il pericolo qualifica la condotta (ad es. artt. 422, 432 c.p.) o il presupposto (ad es. art. 593 c.p.) o l’oggetto materiale (artt. 444 e 679 c.p.); viceversa, sarà riportato al momento tra la fine della condotta e l’inizio dell’evento tipico nei reati di evento di pericolo, nei quali il pericolo costituisce l’evento stesso (ad es. artt. 423 e 424 c.p.), o di evento pericoloso, in cui il pericolo è un attributo di esso (artt. 500 e 583 c.p.).241 Tali diverse tipicità oggettive dunque servono altresì a circoscrivere l’ambito temporale entro cui fissare il preciso e corretto momento del giudizio di pericolo. A parere di autorevole dottrina, ad ogni modo, nella gamma dei momenti in cui si svolge la condotta o in cui permane l’evento, si sceglierà fra tutti quello che comporta la prognosi indicante la più alta possibilità (rectius probabilità242) di verificazione dell’evento lesivo243.

In relazione alla base del giudizio si contrappongono in dottrina due tesi differenti: la tesi tradizionale della “base parziale” e la tesi più recente della “base totale”244. In particolare, la prima richiede di tenere in considerazione le circostanze,

al momento della condotta, conosciute dall’agente o generalmente conoscibili da un osservatore obbiettivo posto nella medesima situazione del soggetto agente. Per la seconda tesi, invece, è necessario prendere in considerazione tutte le circostanze esistenti nel suddetto momento. Più precisamente, ai fini del giudizio dovranno essere utilizzate il massimo delle conoscenze disponibili al momento del giudizio, comprese le eventuali, occasionali conoscenze ulteriori del singolo agente245. Si è evidenziato in dottrina come l’ultima tesi sembra più rispondente ai principi di offensività e di

extrema ratio. In tal modo, invero, si ammette la sussistenza del pericolo unicamente

241 Cfr. F. ANGIONI, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura

oggettiva, Giuffrè, 1994, p. 184 ss.

242 «La probabilità si ha quando è verosimile che la cosa sia vera, la stessa notazione del termine significando una proposizione, a favor della quale esistono argomenti o prove valide a farla passare, o ad essere ricevuta, per vera», cfr. J. LOCKE, Saggio sull’intelligenza umana, Mondadori, 2008, p. 745. 243 F. ANGIONI, op. cit., pp. 205-206.

244 In tal senso, F. ANGIONI, op. cit., p. 97 ss.; G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G.L. GATTA,

Manuale di diritto penale, cit. p. 253.

245 Per F. ANGIONI, op. cit., p. 105 ss., nella “base totale ex ante” andrebbero ricomprese anche le circostanze future prevedibili come certe, posto che esse possono essere considerate come già mentalmente esistenti; non vi rientrano, viceversa, le circostanze future probabili giacché non fanno parte del fatto tipico concreto oggetto del giudizio di pericolo.

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laddove sia esistito concretamente, con la contropartita tuttavia di indebolire la funzione general-preventiva dei reati di pericolo246.

Infine, circa il metro del giudizio, la probabilità247 dell’evento va determinata in base alla migliore scienza ed esperienza del momento storico di riferimento. Si dovranno utilizzare, in altre parole, le leggi delle scienze naturali, universali o statistiche fino a quel momento conosciute.

Si è evidenziato, infine, che le regole di esperienza riguardanti fenomeni governati da principi deterministici (leggi fisiche e naturali), in quanto esistenti da sempre, dovrebbero rientrare nel metro del giudizio anche se scoperte successivamente alla verificazione del fatto tipico248.

2.4. (segue) La qualificazione dei reati di pericolo nella dogmatica giuridica italiana: i reati di pericolo astratto

Si è detto che il nucleo centrale del diritto penale «classico» è costituito dai reati di danno, ossia reati in cui la condotta criminosa comporta una lesione effettiva del bene protetto (come esempio paradigmatico si consideri il delitto di omicidio).

Parallelamente, si è sviluppato ed espanso il modello incentrato sui reati di pericolo. Ciò, come anticipato, per effetto di due fenomeni.

Per un verso, l’evoluzione produttivo-tecnologica ha fatto aumentare le attività rischiose, ancorché socialmente utili, rispetto alle quali risulta opportuna l’emanazione di norme cautelari penalmente sanzionate dirette ad impedire la trasformazione del rischio in danno249. Sotto tale aspetto, la riscoperta dei reati di pericolo astratto sembra essere stata imposta dalla necessità di contrastare in modo efficace la moderna criminalità economica250.

Per altro verso, i compiti di natura solidaristica, assunti sempre più nelle mani dello Stato, hanno indotto il legislatore ad anticipare la tutela penale, per alcuni beni ritenuti rilevanti per la collettività, ad una soglia precedente alla loro effettiva lesione.

246 Così F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Cedam, 2017, p. 204.

247 In posizione diversa si pone M. GALLO, Reati di pericolo, in Foro pen., Roma, 1969, p. 2, il quale afferma che il pericolo consiste in un apprezzabile grado di possibilità, e non di probabilità, di un evento temuto.

248 Cfr. F. ANGIONI, op. cit., p. 155; contra, M. PARODI GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica

e politica criminale, Giuffrè, 1990, p. 353 ss.

249 Così G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 214.

250 G. FIANDACA, Note sui reati di pericolo, in Il Tommaso Natale, 1977, p. 175 ss.; in generale, su tali concetti, v. F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Giuffrè, 2003.

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Come noto, all’interno dei reati di pericolo251 si distinguono, altresì, i reati di pericolo concreto e i reati di pericolo astratto. Questi ultimi sono reati in cui il pericolo non integra un elemento costitutivo del reato, ma è soltanto la ratio dell’incriminazione; «il legislatore riserva a sé ogni valutazione inerente al pericolo, il reato sussiste anche se il pericolo non si è in concreto realizzato»252. Invero, il legislatore creando fattispecie di pericolo astratto anticipa la risposta penale ad un momento che precede la concreta messa in pericolo od offesa del bene sostanziale: «reprime fatti che minacciano l’esistenza o il godimento del bene»253.

Precisamente, il legislatore presume, sulla base di leggi di esperienza, che il compimento di determinate azioni faccia insorgere, nella generalità dei casi, un pericolo. Il legislatore, dunque, si limita a tipizzare una condotta, al cui compimento si accompagna generalmente la messa in pericolo di un bene254. Ciò per il motivo per

cui si tratta sovente di fattispecie che non permettono ex ante di controllare la sussistenza delle condizioni per il verificarsi dell’evento lesivo.

Esiste, in realtà, un ulteriore sottocategoria nei reati di pericolo: i reati di pericolo presunto. Questi ultimi, al contrario dei reati di pericolo astratto, non sono connotati da una pericolosità insita nella condotta stessa, ma il pericolo viene presunto “juris et de jure”, per cui non è ammessa neppure la prova contraria della loro esistenza255. Tuttavia, vi è da dire che oramai dottrina e giurisprudenza fanno unicamente riferimento alla tradizionale bipartizione tra reati di pericolo astratto e reati di pericolo concreto, utilizzando invece l’ulteriore categoria del pericolo presunto come mero sinonimo della categoria del pericolo astratto.

251 Sull’argomento, si vedano F. DEAN, L' incolumità pubblica nel diritto penale: contributo alla teoria

generale dei reati di comune pericolo, Milano, 1971; G. FIANDACA, Note sui reati di pericolo, in Scritti in memoria di G. Bellavista, I, ne Il Tommaso Natale, 1977; E. GALLO, Riflessioni sui reati di pericolo, Padova, 1970; M. GALLO, Reati di pericolo, in Foro pen., Roma, 1969; M. PARODI

GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990.

252 S. CANESTRARI, Reato di pericolo, in Enc. giur. Treccani XXVI, Roma, 1991, p. 2.

253 Così G. MARINUCCI - E. DOLCINI – G.L. GATTA, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, p. 252.

254 Così G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 215.

255 F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 205. Secondo G. M. PALMIERI, Contributo ad uno studio

sull’oggetto della tutela nel diritto penale dell’ambiente, cit., p. 88 i reati sono di pericolo astratto,

quando la disposizione contiene una presunzione di pericolo vincibile; mentre sono di pericolo presunto quando presentano un grado di presunzione assoluto ed invincibile.

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2.5. Pericolo astratto e limiti soglia: l’esempio delle “False comunicazioni