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Capitolo 2. Gli archivi: conservazione preventiva, valutazione dei rischi e princip

2.3 Principi di conservazione preventiva

2.3.1 Il risk assessment

Il preservation management non può ovviamente prescindere da un’attività accurata e scrupolosa di risk assessment, cioè di valutazione dei rischi effettivi che possono colpire l’istituto e il patrimonio in esso contenuto con un’analisi precisa dell’entità e della probabilità del verificarsi di questi pericoli. In questa fase è necessario individuare con esattezza qualsiasi minaccia, sia interna sia esterna, al materiale conservato, effettuando anche una valutazione chiara e meticolosa degli eventuali dispositivi di prevenzione di eventi calamitosi presenti, attivi ed effettivamente funzionanti all’interno della struttura, come sistemi antifurto e antincendio. Il risk assessment è una metodologia di valutazione che analizza le situazioni di rischio cominciando ad esaminare il contesto più ampio ed esteso possibile, restringendo gradualmente il proprio campo e indirizzandosi a man mano verso un contesto sempre più limitato e sempre più specifico: lo studio prenderà le mosse dalla valutazione del rischio della zona regionale in cui l’istituto si trova, considerando la probabilità di avvenimento di eventi calamitosi quali alluvioni, terremoti, maremoti, e altri disastri ambientali, per poi affrontare l’identificazione del rischio su una zona sempre più ridotta fino ad esaminare nello specifico l’area limitrofa dell’edificio. Una volta conclusa la fase di valutazione dei rischi esterni all’istituto, sarà necessario concentrare le proprie analisi su quelli che sono i pericoli all’interno della struttura, e così via fino a esaminare nello specifico lo stato di conservazione dei singoli materiali e le possibili calamità che potrebbero coinvolgerli. La valutazione dei rischi interni alla struttura potrebbe essere rivolta, per esempio, all’analisi dei materiali con cui è stato fabbricato l’edificio e alla loro resistenza al fuoco, allo studio della vulnerabilità di porte e finestre a una possibile intrusione di malintenzionati, di ordigni o altri dispositivi

pericolosi, alla prontezza e al grado di preparazione delle strutture e del personale impiegato a un eventuale evento calamitoso80.

Il risk assessment per poter essere strumento efficace di prontezza alle emergenze, deve essere integrato in un approccio strategico di gestione del rischio; la sua utilità diventa infatti sfruttabile solo nel momento in cui esso diventa un mezzo da combinare a una programmazione dettagliata delle attività di gestione del rischio e viene assunto come strumento per la comunicazione dello stato di fatto dell’ente e per la comprensione delle sue caratteristiche specifiche. La redazione di un piano di valutazione del rischio è un mezzo primario, inoltre, per creare la consapevolezza nella cittadinanza e nelle amministrazioni comunali, regionali, nazionali e internazionali e può rappresentare il punto di partenza per la richiesta di fondi e di interventi da parte di istituzioni e associazioni per la gestione dei pericoli con cui l’istituto si deve misurare. Per questo motivo, ogni stesura di un piano di conoscenza dei livelli di rischio che coinvolgono l’ente deve essere accompagnata da un programma completo e dettagliato delle attività e dei processi di gestione necessari per affrontare le problematiche riscontrate in fase di valutazione e per preparare la comunità ad affrontare potenziali pericoli.

È importante ricordare, però, che non tutti i rischi possono essere gestiti o contrastati, sia per una questione economica di necessità di fondi troppo ingenti, sia per una questione di probabilità di avvenimento minima, e quindi trascurabile: ogni ente, infatti, dovrà stabilire anche le tipologie e le entità dei rischi accettabili, quelli, cioè, per cui non si intende avviare delle attività di gestione e di risposta. Anche i rischi accettabili devono rimanere parte integrante della struttura globale di rischio dell’ente, per poter mantenere un livello di controllo e di sorveglianza costante e particolarmente elevato, vista e considerata l’assenza di dispositivi e di processi implementati di risposta. Dopo un processo attento di identificazione di un pericolo e di valutazione della sua probabilità di accadimento, è necessario selezionare i rischi per cui vale la pena attivare delle contromisure, e procedere poi con la stesura di un programma dettagliato con le diverse fasi di azione, il budget per la valutazione delle risorse necessarie, le norme a cui appellarsi e la divisione dei compiti e delle responsabilità.

La stima del rischio è un concetto matematico che richiede una procedura di calcolo precisa che tiene conto di due grandezze: la probabilità, cioè la frequenza del verificarsi un determinato evento e delle sue conseguenze, e la gravità che le conseguenze avrebbero sull’istituto, sulla collezione e sul personale impiegato. Mentre i valori di probabilità di un

80 MICHALSKI S., PEDERSOLI J. L., The ABC Method: a risk management approach to the preservation of

danno potrebbero essere reperibili presso istituti di valutazione e di controllo preposti alla misurazioni di determinate variabili, per esempio i centri di controllo riguardanti terremoti o esondazioni di fiumi, i parametri di valutazione della magnitudo di un rischio sono spesso prodotti e ricavati arbitrariamente dai dati specifici di un’azienda, molto spesso selezionando i rischi per cui vengono riscontrati i pericoli maggiori per l’istituto, confrontandoli anche con le prerogative e gli obiettivi stabiliti in fase di elaborazione della mission. Per questo motivo, la valutazione della rilevanza o meno di un rischio individuato dipende in maniera diretta dalle scelte effettuate dall’istituto stesso, e, sebbene esistano svariati esempi e modelli esemplificativi in materia, non è quindi direttamente ricavabile da fonti esterne. Si rende palese a questo proposito, la necessità di un’analisi il più possibile completa sui pericoli che effettivamente possono influire sul proprio istituto e soprattutto la necessità di effettuare scelte ponderate e oculate a proposito dei rischi accettabili e dei valori di gravità da attribuire a ogni rischio non accettabile.

Le guidelines dell'IFLA accompagnano un istituto di conservazione di materiale archivistico e documentario nella selezione degli elementi rilevanti da considerare ai fini di una valutazione dei rischi che potrebbero potenzialmente coinvolgere la struttura. Il primo passo consiste nella rilevazione dei pericoli provenienti dall’esterno che potrebbero rappresentare una minaccia per il patrimonio e per il personale impiegato nell’archivio: innanzitutto conviene prendere le proprie mosse dalla descrizione minuziosa delle caratteristiche dell’area in cui l’edificio si trova, prendendo in esame le specificità morfologiche del territorio e la connotazione specifica della zona, nel caso in cui si tratti di un territorio industriale, rurale, urbano; in seguito è necessario concentrarsi ad analizzare quali sono gli effettivi pericoli derivanti dall’area circostante, in particolare rischi di catastrofi ambientali, per esempio esondazioni di fiumi collocati nelle vicinanze, inquinamento dovuto a fabbriche e industrie vicine, incendi di aree boscose particolarmente a rischio, e così via. Sarà necessario anche soffermarsi sull’analisi di eventuali strutture e dispositivi di sicurezza posseduti all’esterno dell'edificio, come per esempio cancelli, inferriate, allarmi e meccanismi di controllo dell’area perimetrale, angoli bui e possibili nascondigli. Un elemento fondamentale di analisi in questo momento della propria valutazione dei rischi è sicuramente rappresentato dall’esame attento dei dati storici sui disastri e sugli eventi calamitosi avvenuti in passato nella stessa area di locazione dell’edificio.

Una volta conclusa la valutazione dei potenziali rischi provenienti dall’esterno dell’edificio, è necessario concentrarsi sui pericoli che si potrebbero generare all’interno dell’istituto stesso, individuando in maniera precisa tutte le debolezze e i difetti della struttura: i materiali di

fabbricazione dell’edificio e la loro resistenza sismica e a incendi, la caratteristica degli impianti idrici ed elettrici e la loro eventuale vicinanza al materiale delle collezioni, la presenza di materiali altamente infiammabili, l’eventuale vulnerabilità a infiltrazioni e inondazioni, il tutto accompagnato da un’indagine meticolosa dei dispositivi di sicurezza installati nell’edificio, associata alla descrizione del loro funzionamento e ai registri delle attività di manutenzione a cui devono essere sottoposti regolarmente.

La stima delle misure di prevenzione già attive deve ovviamente essere condotta considerando in maniera specifica le necessità e le peculiarità del materiale archivistico e documentario: in particolare, i sistemi automatici e manuali di spegnimento degli incendi devono essere specificatamente pensati per non danneggiare ulteriormente il materiale librario, è necessario attivare misure specifiche di controllo dei valori di temperatura e umidità all’interno degli ambienti anche in situazioni di emergenza, è fondamentale prendere le giuste precauzioni in caso di lavori di manutenzione e rifacimento agli impianti idrici ed elettrici per evitare cortocircuiti che potrebbero generare incendi o allagamenti nei locali di conservazione dei beni. Nello specifico, la letteratura scientifica di settore ha dedicato numerosi studi all’indagine dei migliori dispositivi di spegnimento di incendi81: per quanto

riguarda i meccanismi automatici di spegnimento, si sono individuati i rischi specifici legati all’utilizzo dei dispositivi più comuni della tipologia a sprinkler, cioè quella categoria di congegni che, non appena rilevano una presenza di fumo all’interno del locale in cui sono installati, rilasciano una quantità ingente di acqua sotto forma di pioggia sottile. Sebbene siano abbastanza affidabili ed efficienti e permettano un intervento rapido e tempestivo, presentano alcune problematiche legate alla possibilità di fuoriuscita accidentale, sia dalle bocchette di irrorazione sia dai tubi di trasporto dell’acqua, e al possibile ristagno dell’umidità all’interno delle camere di conservazione, senza considerare i danni causati dall’utilizzo di una considerevole quantità di acqua sui materiali documentari. La ricerca scientifica ha tentato di ovviare a questi problemi introducendo sul mercato dei meccanismi a sprinkler che, in condizioni regolari, contengono nei tubi e nelle bocchette aria pressurizzata che, in caso di attivazione, verrà rilasciata rapidamente per permettere alle tubature di riempirsi di acqua: questo meccanismo permette di ridurre al minimo il rischio di fuoriuscite accidentali. Inoltre, ultimamente sono stati introdotti meccanismi di spegnimento automatico a nebulizzazione che rilasciano particelle di acqua a pressioni elevatissime, che permettono un raffreddamento più rapido dei locali, rilasciando quantità ridotte di acqua allo stato liquido

e abbassando decisamente il rischio di danni da bagnamento dei materiali. Si ritiene fondamentale evidenziare la necessità di sottoporre i dispositivi di spegnimento automatico ad interventi di manutenzione e di controllo continui, per assicurarsi del loro corretto funzionamento e per evitare di incorrere in danni derivanti da possibili inceppamenti o da attivazioni spontanee ed accidentali.