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Il sequestro preventivo: finalità e presupposti applicat

LE MISURE CAUTELARI REAL

2. Il sequestro preventivo: finalità e presupposti applicat

L’art.11 comma 1 lett.o della legge n.300 del 2000 si limitava a imporre al legislatore delegato la previsione di misure cautelari interdittive, omettendo qualsiasi riferimento in ordine al sequestro preventivo o conservativo. Il legislatore delegato però, ha ritenuto opportuno introdurre le cautele patrimoniali nella sezione IV dedicata alle misure cautelari, non ravvisando alcuna incompatibilità fra queste misure patrimoniali e il sistema delle sanzioni interdittive irrogabili in via anticipata all’ente, salvo il caso del sequestro preventivo in senso proprio che come riporta la relazione al d.lgs.8 giugno 2001 n.231, che

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è da considerarsi non applicabile in questo caso. Stando all’art.53, il giudice può disporre in via cautelare il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca ex art.19, cioè del prezzo o del profitto del reato, fatta eccezione per la parte che può essere restituita al danneggiato e salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede; nel caso in cui non fosse possibile procedere alla confisca del prezzo o del profitto si procede col c.d. sequestro preventivo “per equivalente”, ovvero la confisca cade nei riguardi di somme di denaro, beni o altre utilità aventi valore equivalente al prezzo o al profitto del reato (come previsto dall’art.19 comma 2). Appare evidente come la finalizzazione del vincolo reale alla sola fruttuosità della futura e definitiva apprensione della cosa, in caso di condanna dell’ente comporti lo smarrimento dello scopo precauzionale tipico della cautela in questione e si risolva nella mera anticipazione dell’esecuzione della sanzione della confisca. Come afferma il Bernasconi, “la locuzione

preventivo ha più che altro una valenza di tipo temporale”91, anziché

precauzionale rispetto al pericolo di aggravamento o di reiterazione dell’illecito, sortendo infatti solo l’effetto di anticipare l’apprensione delle cose confiscabili con la sentenza di condanna. In questo modo si nota come la misura cautelare in questione venga ad assumere una valenza conservativa del patrimonio dell’ente, per impedirne la sottrazione o dispersione. Questa impropria sovrapposizione tra la cautela del sequestro preventivo e la sanzione della confisca, fa riemergere riserve di costituzionalità dovuti ai dubbi sulla conformità del decretato normativo con la previsione costituzionale dell’art.27 comma 2 Cost. Riguardo ai presupposti applicativi, si sono manifestate perplessità riguardo all’applicazione dei requisiti richiesti dall’art.45, il quale apparentemente sembra disporre solo rispetto alle

91 A.BERNASCONI, Confisca e sequestro preventivo: vecchi arnesi interpretativi e nuove frontiere di legalità, in Resp.amm.soc.enti, 2011 p.211

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misure cautelari. Secondo la giurisprudenza questa disposizione non

trova spazio rispetto al sequestro preventivo delle società92, per

l’adozione del quale basterebbe la verifica sull’astratta configurabilità dell’illecito, ritenendo quindi applicabili i presupposti formulati in ambito codicistico stabiliti dall’art.321 comma 2 c.p.p, per la cautela reale preordinata alla confisca a norma dell’art.240 c.p..93Si ritiene inoltre che il presupposto del fumus commissi delicti si sostanzia nella configurabilità sul piano astratto dell’illecito contestato all’ente e al giudice si richiede solo di accertare che l’illecito sia riconducibile ad una delle fattispecie previste dal d.lgs.; per il periculum in mora, si reputa che si risolva nella pericolosità in sé della cosa oggetto di sequestro, senza alcun bisogno di una prognosi di pericolosità. La dottrina a riguardo manifesta diversità di vedute: secondo una parte è

possibile aderire alla prospettazione della giurisprudenza94, mentre

per un’altra non sarebbe possibile la trasposizione nel processo penale de societate dell’orientamento formulato rispetto alla misura codicistica, in quanto così facendo si finirebbe per confondere le due fattispecie di sequestro (art.53 e art.321 comma 2 c.p.p.), che in realtà sono diverse per natura e funzione, così si postula la necessità di un’applicazione estensiva delle condizioni ex art.45 anche alla misura

reale95. Sarebbe irrazionale ammettere che l’intervento cautelare si

moduli su un diverso grado di intensità indiziaria, solo in ragione dell’oggetto su cui si dirige. Depone in senso favorevole a questa

92 Cass.16 febbraio 2006, Miritello, cit. “per il sequestro preventivo dei beni di cui è

obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dall'art. 19 ..., dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il "periculum" richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p., essendo sufficiente accertarne la confiscabilità una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato”, in Riv.pen.,2007 93 Cass.sez.un. 17 dicembre 2003, Montella, in Cass.pen. 2004, p.1182

94 R.BRICCHETTI, Anticipo sulla “pena” con il sequestro conservativo, cit. p.97 95 F.PERONI, Il sistema delle cautele, op.cit.p.266

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interpretazione, la vocazione afflittiva-conservativa collegata alla cautela reale in questione, svincolata dalle preoccupazioni precauzionali che animano l’omologo istituto del codice, qui funzionale all’esecuzione di una confisca intesa non come pena bensì come misura di sicurezza. Per compensare la minore garanzia collegata all’anticipazione in via cautelare di una pena si dovrebbe pretendere in sede di vaglio dei presupposti applicativi un irrigidimento dei medesimi rispetto a quanto ritenuto sufficiente per l’omologo istituto codicistico. Si dovrebbe ritenere non sufficiente da parte del giudice la verifica dell’esatta impostazione formale della contestazione, ma egli dovrebbe spingersi a rinvenire il fumus della possibilità di pervenire, all’esito dell’accertamento, alla confisca del prezzo o del profitto del reato. Il giudice quindi dovrebbe ritenere probabile la futura condanna dell’ente e dovrebbe motivare anche in ordine al fatto che le cose di cui è chiesto il sequestro costituiscano il prezzo o il profitto del reato. Si ritiene che solo nell’ipotesi di sequestro previsto dall’art.321 comma 1 c.p.p. il presupposto della misura cautelare sia il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati. In questa eventualità, il sequestro assolve alla finalità di interrompere quelle situazioni di pericolosità che possono crearsi con il possesso della cosa, per scopi di prevenzione speciale nei confronti della protrazione o della reiterazione della condotta illecita, ovvero della commissione di ulteriori pregiudizi. Nel sequestro funzionale alla confisca, disciplinato dall’art. 321 comma 2 c.p.p., il periculum si ricollega alla confisca del bene che non è correlata alla pericolosità sociale dell’agente ma a quella della res. Nel caso di confisca obbligatoria il rapporto di pertinenza tra bene e reato è interamente assorbito nella verifica della confiscabilità del bene e l’illegittimità del sequestro può

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essere affermata solo nel caso in cui tale confiscabilità sia da escludere, alla stregua delle risultanze processuali conseguite in base alle norme giuridiche. Sennonché a differenza dell’omologa previsione codicistica, nell’art. 53 la sequestrabilità dei beni non risiede nella pericolosità dei beni stessi, ma nel pericolo di una dispersione del prezzo o del profitto del reato, oggetto di futura confisca. Se l’apprensione della cosa è giustificata dal pericolo di una sua dispersione, allora proprio questo dovrebbe essere oggetto di valutazione del giudice, il quale non dovrebbe ritenersi esentato da un accertamento, sia pure allo stato degli atti e in via presuntiva, di una

concreta e plausibile probabilità di dispersione96.